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Scheda approfondimento
ZEN

Parola giapponese che deriva dal cinese ch'an (forma abbreviata di thc'anna), trascrizione della parola sanscrita dhyana, cioè "meditazione", nel senso profondo di fusione con la realtà suprema. E' dunque, come lo yoga, una pratica per giungere alla comprensione non razionale della verità del tutto. Verso il 527 il monaco Bodhidharma introdusse il buddismo in Cina, il metodo Zen venne in stretto contatto con l'insegnamento taoista. Dalla Cina passò poi in Giappone.

Per lo Zen, nirvana (essere) e samara (ciclo vitale del continuo divenire), apparentemente contrapposti, sono invece la stessa cosa. Il nirvana, che il saggio intuisce anche nelle cose più comuni, è "qui e ora", nel bel mezzo del samara, uno stato di unità in opposizione ad uno di molteplicità.

La traduzione occidentale poco si presta a descrivere il molteplice senso originario del termine, che usa il significato di meditazione più come il centro a cui ruota il vero e più completo significato. Lo stesso è per la pratica Zen: attraverso di essa il Maestro educa i discepoli ad una esperienza completa e profonda della vita, rinunciando alle distorsioni dell'ego ed ai filtri che assorbiamo inconsciamente dall'ambiente in cui viviamo; senza questi, noi possiamo sperimentare la realtà così com'è, fino ad arrivare a liberarci dalla sofferenza.

"...Versare tutta l'acqua di un recipiente così com'è in un altro..." Questa frase del M° Dogen (1200-1253) con grande chiarezza illustra il fulcro dell'educazione Zen e cioè alimentare continuamente il rapporto tra Maestro e discepolo, un contatto da persona a persona, da esperienza a esperienza al di là di astrattismi e speculazioni dialettiche.

Lo Zen è stata definita la religione dei Samurai. La pratica dello Zen conduceva il guerriero ad ottenere quello stato di Mushin (non-mente) essenziale all'efficacia nel combattimento. La continua consapevolezza del proprio essere nel momento presente in una ricerca di armonia ed efficienza sono alla base dell'educazione Zen.

Bodhidharma, principe indiano, venne in Cina per diffondere il Buddhismo e si stabilì nel tempio di Shaolin. Quivi insegnò ai monaci la corretta meditazione Zazen riconducendoli all'originario insegnamento del Buddha e le tecniche da combattimento ed energetiche che ristabilirono il corretto equilibrio mente-corpo. Da allora la meditazione è sempre stata parte integrante, insostituibile, della pratica delle arti marziali cinesi e successivamente giapponesi. Il momento contemplativo diviene il fondamento insostituibile dell'azione, favorendo un'immediatezza nella comprensione attraverso il corpo del significato profondo del Budo e ristabilendo quella intuitività primordiale che l'uomo moderno ha perduto e che le Arti Marziali si prefiggono di recuperare.

E' famoso il detto : "Ken Zen Ichinyo": il pugno (karate) e lo zen sono una cosa sola. Questa affermazione viene frequentemente fraintesa col significato che poiché il Karate e lo Zen hanno il medesimo sapore non è necessario praticare Zazen. In realtà l'affermazione "Ken zen Ichinyo" significa proprio il contrario: che la pratica dinamica del Karate al suo livello più alto si integra indissolubilmente con la stabile e rigorosa postura dello Zazen, creando una reciproca e fruttuosa influenza.