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è chiamata libero mercato

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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LA KABBALAH E IL POTERE DI SOGNARE



di Catherine Shainberg

Io dormo, ma il mio cuore veglia”.
CANTICO DEI CANTICI 5:2

Sono stata una sognatrice per tutta la mia vita. Da bambina, quando sentivo la musica, vedevo immagini in technicolor. Vivevo con le fate e gli angeli. Entravo nei sogni degli altri. “Vedevo” queste persone e le aiutavo nel mio sogno. La mia mamma diceva che mi stavo perdendo nei sogni. Voleva che fossi concreta. Io pensavo di esserlo.

Per esempio, sapevo che il sogno non era un’alternativa accettabile ai compiti di scuola. Allora il mio sistema consisteva nell’ascoltare con un orecchio e immaginare che ciò che il maestro diceva si infilasse in una tasca della mia mente, come nel secondo stomaco di un cammello. Avevo imparato che, visualizzando quella tasca, più tardi, durante un’interrogazione, avrei potuto attingere a quelle informazioni.

Nel frattempo, la mia vita reale scorreva in un altro mondo. Seduta al mio banco, in classe, lasciavo il mio sguardo salire fino a un angolo del soffitto e continuavo a sognare tutto il giorno e non c'era nessuno più saggio di me. Da giovane, quando pensavo di andare all’università, non riuscivo a immaginare alcuna materia altrettanto interessante quanto le belle immagini e i suoni che trovavo nei miei sogni. Poi, crescendo, le belle immagini e la musica dei mondi interiori che appartengono agli artisti divennero molto reali per me. Decisi di studiare arte.

Parigi è piena di chiese, palazzi, giardini, statue e fontane. Ad ogni angolo c’è qualcosa con cui riempirsi gli occhi. Da studentessa d’arte girovagavo al Louvre per guardare i quadri. Spesso, dopo aver studiato un dipinto, dovevo andare a casa per calmarmi. Sentivo tutto in maniera molto intensa. Mi domandavo perché alcuni colori e forme mi emozionavano mentre altri mi lasciavano indifferente. Circondata da tante delizie e possibilità visive, ho iniziato a giocare con le forme e i colori.

Mi divertivo a coprire un elemento all’interno di un quadro, ad esempio un limone in un dipinto di Matisse e tutto si spegneva nel quadro. Oppure guardavo una fotografia di La parabola dei ciechi di Bruegel, stampata al contrario e i ciechi nel dipinto, invece di cadere inevitabilmente verso destra, come nel quadro originale, erano girati verso sinistra e si trovavano a fissare in modo buffo e imbarazzante un buco nel terreno – l’effetto era completamente diverso.

Volevo sapere se esistevano delle leggi che descrivessero il modo in cui la forma, il colore e la direzione influiscono sulle nostre emozioni. Mi rendevo conto che certi colori che apparivano nei sogni mi spaventavano, mentre gli altri mi rendevano molto felice. Sentivo che ogni volta che entravo a Notre Dame, la cattedrale gotica che si erge sulla Senna, il mio corpo sembrava più leggero e diventava più alto e sereno. Se, senza che io lo sapessi, c’era un dipinto di Cézanne alle mie spalle, ad un certo punto iniziavo a sentire un formicolio sulla schiena. Ero in grado di riconoscere il pittore senza dovermi girare.

Gli altri erano altrettanto sensibili? Erano forse altrettanto sensibili senza saperlo? Sapevo che le persone dicevano di sentirsi bene in alcuni luoghi, mentre altrove si sentivano oppressi. Dove potevo trovare altre informazioni su questo tipo di esperienze? E che cosa ne avrei fatto di queste conoscenze dopo averle acquisite?Volevo scrivere la mia tesi di dottorato su questo tema, ma i miei professori erano piuttosto indifferenti e volevano indirizzarmi verso argomenti più concreti. Abbandonai tutto.

Immaginatevi un sognatore da solo a Parigi, senza lavoro, senza scopo. Che cosa fa? Ebbene, sogna. Sognavo e i sogni mi dicevano che cosa fare. Tuttavia, queste indicazioni che ricevevo avevano un prezzo che mi ritrovai a pagare in termini di dolore psicologico, poiché non avevo ancora imparato a fidarmi completamente dei miei sogni. Di conseguenza, non ero in grado di fare ciò che mi veniva suggerito di fare, senza sperimentare tanta ansia e timore per il mio futuro.

Dover affrontare ogni giorno in uno stato d’incertezza rispetto alle decisioni fondamentali della vita è difficile persino quando siamo dei sognatori realizzati. Iniziai a lavorare per una casa editrice e lì incontrai un giovane ebreo dell’Africa del Nord. Ascoltavo le sue idee, incontravo i suoi amici – erano tutti ebrei dell’area del Mediterraneo – e parlavo con loro. Ero sconvolta dalla fluidità del loro pensiero, dalla forza della loro immaginazione e dalla loro gentilezza. Volevo immergermi nel loro mondo. Andai in Egitto; vi tornai quattro volte e poi visitai il Libano, la Siria e la Giordania. Non mi bastava mai. In questi Paesi mi sentivo a casa.

Provengo da un’antica famiglia aristocratica francese della Dordogna. All’epoca, una delle mie spiegazioni per questa passione per il Medio Oriente era che si fosse risvegliato in me un qualche gene fino ad allora sopito di uno dei miei antenati che aveva preso parte alle crociate.Poi, altre circostanze, oltre al sognare, mi portarono al mio successivo spostamento, in Israele. Andai in un kibbutz, nel deserto. Beh, veramente non sapevo che cosa stessi facendo! Invece di frequentare un’università dell’Ivy League negli Stati Uniti, dove mi era stata offerta una borsa di studio, stavo raccogliendo frutta nel Negev.

Non avevo una professione, ero senza soldi e senza prospettive e non parlavo l’ebraico. Rimasi lì per due anni. Furono i peggiori anni della mia vita. I sogni cessarono. Ero nel buio, disperata e senza amici. Il ritorno a casa era fuori discussione. Vivevo in solitudine.Nel kibbutz c’era un gruppo di giovani ebrei francesi. Uno Shabbat vennero a trovarli alcuni amici da Gerusalemme. Nonostante la mia solita scontentezza, sentirli parlare in francese funzionò da calamita e mi ritrovai accanto a loro sul prato.

Chiesi a un uomo di nome Eli come fosse la comunità francese a Gerusalemme. Mi disse che girava intorno a una donna di nome Colette. Al suono di questo nome, C O L E T T E, la mia mente esplose e si trasformò in una luce bianca. Vidi un’enorme stella brillare e sapevo, sentii fortemente, al di là di ogni dubbio, di dover incontrare questa signora.Non sapevo nulla di lei ed Eli non sapeva dirmi altro, se non di averla incontrata una volta. Dal momento in cui il suo nome fu pronunciato, io ripresi a sognare. Mi annotai il numero di telefono di Eli e alla prima occasione andai a Gerusalemme.

In effetti, nulla è facile, poiché veniamo messi alla prova lungo l’intero percorso. Eli non si presentò all’appuntamento. Tornai a Gerusalemme per ben sei volte, nel frattempo ci fu la guerra dello Yom Kippur, ma Eli continuò a non volermi portare da lei. Ci misi tanto a capire che temeva che, una volta arrivati da Colette, lei ci avrebbe ignorati entrambi.

Nel frattempo, il mio desiderio di incontrarla cresceva. Con pochi soldi in tasca, lasciai il kibbutz e mi trasferii a Gerusalemme. A quel punto, Eli non aveva più scelta. Doveva accettare il fatto che ero una ragazza strana e un po’ esagerata, che voleva a tutti i costi essere presentata a questa donna carismatica e che quello che pensava lui aveva poca importanza. Alla fine mi portò da Colette.

La strada era molto tranquilla. I glicini e le buganvillee fiorivano ovunque. L’entrata di casa sua era in parte nascosta da rose selvatiche e gelsomini. Il portone era blu. Gli scalini scendevano nel giardino. La porta era socchiusa.

Ci trovammo nella semioscurità ed uno specchio alto accolse i nostri riflessi. Entrammo in un piccolo salone pieno di cuscini e tappeti orientali, con un meraviglioso candelabro arabo di rame che pendeva dal soffitto. Una voce ci invitò ad entrare nella stanza che era la stanza da letto di Colette, anche se assomigliava di più al salotto di una regina. Colette era distesa sul letto, adagiata su altri cuscini. La stanza era decorata con un rivestimento algerino a pannelli di legno del sedicesimo secolo che avrebbero meritato di essere esposti in un museo. Ci fece cenno di accomodarci sulle sedie accanto al suo letto. Mi chiese: “Che cosa vuoi?”. Senza battere ciglio, la voce del mio sogno parlò: “Insegnami come le immagini muovono le persone!”.

Colette rise: “Ti stavo aspettando da tanto tempo!”. Chi era Colette? Non mi ero nemmeno presa la briga di chiederlo; mi sembrava di conoscerla da sempre. Durante il nostro primo incontro nemmeno lei sembrava molto interessata alla mia storia, quanto piuttosto alle immagini che riuscivo a vedere con l’occhio della mente: “Chiudi gli occhi, espira lentamente tre volte, immagina … e poi dimmi quello che vedi”. Capii in seguito che le mie immagini rivelavano tutto ciò che le interessava sapere di me e del percorso che la mia vita stava seguendo. Le mie immagini rappresentavano una mappa, un libro che lei era in grado di leggere per guidarmi. I suoi commenti erano per me un sostegno importante. Mi sentivo a mio agio, per cui mi lasciavo guidare da ciò che “vedevo”. Era iniziata una grande avventura e questa ricerca di me stessa stava per portarmi più lontano di quanto avrei mai pensato che fosse possibile, persino all’esplorazione di strutture e concetti universali. Colette mi vietò di fare domande e di leggere qualsiasi testo che avesse a che fare con le immagini, i sogni o i miti. Le immagini stimolate dalla lettura avrebbero potuto mescolarsi e confondersi con le mie im- magini interiori, lei mi disse, e non avrei mai conosciuto il mio vero Io. Io ero il libro e il testo era dentro di me.

Chi era Colette? I miei occhi mi dicevano che era una grande dame. Lo capivo dalla sua postura e dai suoi modi regali, come anche dalla sua grazia e dalle attenzioni per gli altri che mi ricordavano le mie prozie e i miei prozii. Dalla Guerra dei sei giorni nel 1967, Colette non ha mai, neanche per un giorno, lasciato la sua casa, né abbandonato la sua via, per essere sempre a disposizione di chi ne avesse avuto bisogno.

Colette era per me una potente calamita, materna e terrificante allo stesso tempo. In sua presenza mi sentivo completamente nuda ed esposta. Ne ero affascinata e profondamente innamorata. Colette mi diede i vestiti di sua figlia, che era venuta a mancare, e mi accolse nel suo cuore e nella sua vita. Ben presto venni a sapere che Colette proveniva da un'antica e celebre famiglia ebrea di medici di Algeri. Suo padre, un neurochirurgo noto in tutta l'Africa del Nord, era stato soprannominato dagli Arabi “le grand Marabou” (il grande uomo santo). Colette aveva lavorato come assistente personale di suo padre per quattordici anni durante i quali egli le aveva insegnato ad osservare i pazienti e a diagnosticare i loro disturbi. Non è mai successo, negli anni trascorsi con lei, che Colette abbia formulato una diagnosi sbagliata. Prima di dedicare la vita alle persone che avevano bisogno del suo aiuto, Colette era stata una ballerina, una musicista e una scultrice. In seguito, aveva studiato a Parigi con il Dott. Desoille che aveva sviluppato la tecnica del reve éveillé dirigé (“La terapia del sogno da svegli guidato”). In seguito, dopo aver ottenuto una laurea in psicologia, Colette aveva lavorato nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Algeri.

Poiché reputava limitate le tecniche diDesoille, Colette sviluppò dei metodi incentrati su pratiche di visualizzazione ancestrali, trasmessi dalla sua famiglia nonché elaborati dal suo genio creativo, mettendo infine a punto il potente e coerente sistema onnicomprensivo che descriverò in questo libro.

Colette aveva nobili origini, sia per linea materna che paterna, e discendeva da un'antica stirpe di Sefarditi cabalisti, potendo vantare, tra i suoi diretti antenati, il Rabbino Isacco il Cieco dalla Provenza, il primo cabalista medievale di cui vi è traccia nella letteratura, e Jacob ben Sheshet, uno dei protagonisti del circolo cabalistico di Gerona e seguace di Isacco il Cieco, entrambi principalmente noti per la loro audace esplorazione dei misteri attraverso esercizi mistici, le cui origini risalgono probabilmente alla Kabbalah della Merkavà.

Questa forma di Kabbalah, la più antica, di cui troviamo traccia nei testi midrascici e talmudici, nonché nella letteratura che tratta dei Heikhalot e della Merkavà e nei numerosi manoscritti apocrifi, come il Libro di Enoch in ebraico, era praticata nel primo e secondo secolo sia dai cittadini comuni, che dai saggi dell’era talmudica, tra i quali Rabbi Akiba, il più eminente studioso del tempo. Il compito di chi la praticava era quello di visualizzare l’ascensione attraverso le sfere celesti, spesso raffigurate come palazzi diversi (gli Heikhalot), fino al Cocchio-Trono (Merkavà) dal quale il discepolo che riusciva a raggiungere questo stadio, “vedeva” l'immagine del Signore (a volte chiamato il Kavod) in alto, una figura dalle sembianze umane” (Ezechiele 1,26).

Nei loro testi, i cabalisti descrivono un'ininterrotta catena di trasmissione (ad esempio, lo Zohar, il più influente di tutti i testi cabalistici, è stato attribuito dal suo autore, Mosè de Leon, al saggio del secondo secolo, Simeon Bar Yochai), risalente ai tempi talmudici e biblici. La Bibbia ebraica è certamente ricca di rivelazioni – a partire dalle visioni dei profeti come Ezechiele, Elia e Enoch, ai sogni dei patriarchi Abramo, Giacobbe e Giuseppe, e alle visioni di Mosè, Samuele, o Giona. Dalla lettura del testo biblico è evidente che la forma prevalente di comunicazione con il Divino siano state le visioni. Quindi, in linea con le pratiche dei propri antenati, il lavoro di Colette è empirico. Alcuni esercizi si basano sul testo, ma, a differenza di altri metodi cabalistici, il suo metodo non implica lo studio diretto o l'analisi del testo, non si analizzano le possibili permutazioni delle lettere (tecnica nota come “Gematria”), né si studia “L'Albero della Vita” con le sue dieci sfere energetiche. Il lavoro di Colette è pura Kabbalah; kabbalah significa“ricevere”, nel senso che si “riceve” dal proprio sguardo interiore. Pertanto, il suo genere di Kabbalah non è un mistero, un sapere di difficile accesso, ma una ricerca del campo delle immagini la cui lingua è comune agli uomini di ogni confessione.

Non ero ebrea quando ho incontrato Colette e lei non mi ha mai parlato dell’ebraismo. Soltanto dopo che le immagini mi suggerirono di dare uno sguardo all’ebraismo, lei mi mostrò alcuni testi cabalistici. Ciò che ho letto in questi libri confermava tutto quello che avevo scoperto dentro di me con la pratica della visualizzazione. A quel punto mi sono convertita all’ebraismo perché, chiaramente, ero un’ebrea. Altri studenti hanno scoperto di essere buddisti o sufiti o cristiani. Le nostre anime si sono espresse attraverso le nostre immagini e siamo stati guidati verso i nostri veri destini.

La Kabbalah ebraica viene tradizionalmente trasmessa soltanto agli uomini. Tuttavia, come succede a volte nelle famiglie sefardite, nella famiglia di Colette anche le donne erano state incoraggiate allo studio, al coinvolgimento e ad una partecipazione attiva; tra gli antenati illustri di Colette troviamo Dona Gracia Mendoza, la più grande figura ebraica femminile del Rinascimento; in tempi più recenti, la nonna di Colette era stata una illustre maestra di Kabbalah, che era solita ospitare nel suo giardino i rabbini e gli uomini importanti di Algeri per pomeriggi di brillanti e calorose discussioni. Colette era giovanissima quando ricevette da suo nonno, attraverso l’imposizione delle mani, la benedizione della famiglia per applicare gli insegnamenti della loro discendenza. Aveva tre nèi distinti (sul terzo occhio, sul palmo della mano sinistra e sul cuore) che, secondo la tradizione familiare, erano segni fisici ad indicare che era nata per salvare gli ebrei e il mondo. Infatti, insieme al fratello adolescente José Aboulker, Colette organizzò il movimento di resistenza nell’Africa settentrionale, il che portò allo sbarco delle truppe americane nei pressi di Algeri e contribuì in seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Colette è stata la “Voce della Libertà” alla Radio Algerina durante la guerra. È stata un eroe di guerra decorato; la sua vita è descritta nei libri di storia dell'epoca.

Colette divenne in seguito presidente della WIZO (Women’s International Zionist Organization – Organizzazione Femminile Sionista Internazionale) nell’Africa del Nord. Tutti la cercavano – ebrei, musulmani e cristiani – ed è stata nominata esorcista ufficiale della Chiesa Cattolica. I Rosacroce le hanno conferito la Medaglia d’Onore che soltanto quattro donne, tra le quali Eleanor Roosevelt, avevano ricevuto prima di lei.

Insieme al marito, Arie Moscato, shaliach (ambasciatore dello Stato di Israele in giro per il mondo) e, successivamente, controllore di stato per la città di Gerusalemme, Colette ha lavorato diligentemente per la causa di Israele. Ogni sabato sera Arie apriva le porte della loro casa di Gerusalemme per accogliere i loro ospiti e festeggiare insieme la fine dello Shabbat. Le persone arrivavano da tutto il mondo per stare con Colette e per ricevere i suoi insegnamenti. Verso la fine della sua vita, considerava il suo lavoro con i malati terminali una priorità. Molti di loro, dopo aver messo in pratica ed eseguito i suoi esercizi, sono ancora oggi tra noi. In occasione del giubileo dei tremila anni che celebrava il regno di Re Davide, la città di Gerusalemme ha onorato i suoi straordinari contributi e risultati conferendole la prestigiosa Medaglia dell’Amato.

Questi sono soltanto gli elementi essenziali della vita di Colette. Ci vorrebbe un libro per raccontarvi tutto ciò che lei ha realizzato nel corso della sua vita. Ha cambiato la mia vita, innanzitutto, come lo fece per altre innumerevoli persone. Lei diceva che noi, i suoi studenti, eravamo le sue vere medaglie.

Non passò molto tempo prima che Colette iniziasse a mandarmi in giro come sua ambasciatrice per portare i suoi esercizi e parole di conforto ai malati, ai soldati feriti e ai malati mentali negli ospedali di Gerusalemme. Su un piccolo foglio di carta mi scriveva gli esercizi, un’idea, oppure le indicazioni iniziali. Ben presto, con la sua benedizione, ho cominciato a insegnare una forma di fisioterapia basata sullo studio del movimento tratto dalle storie ebraiche bibliche. Per venire incontro alle esigenze dei miei studenti, ho sviluppato le immagini per ogni forma di difficoltà o disturbo fisiologico. Poco importava se ero seduta nel giardino di Colette oppure mi facevo in quattro per servire la comunità – in ogni caso, ero sbocciata e mi stavo evolvendo. Avevo trovato il mio giardino dell'Eden dentro e fuori di me. Colette mi disse una volta: “Cammina davanti a me, devi diventare più grande di me!”.

Chi può misurarsi con tale generosità? All’amata Colette dedico questo libro. Lei è mia madre e io sono sua figlia. Siamo per sempre unite nello Spirito. Lei mi ha insegnato a fidarmi di ciò che sapevo già e mi ha insegnato molto altro, che in parte leggerete nelle pagine di questo libro.

Colette amava raccontare storie sui suoi antenati. Queste storie sono parabole e fonte d’ispirazione per i suoi studenti sparsi per il mondo, “numerosi come granelli di sabbia e stelle celesti”. Quando si tratta di un grande maestro, sono convinta che, dietro ogni sua allieva o suo allievo diretto, ci siano migliaia di altri studenti che lei consiglia nel sogno. Per me, la parte più stupefacente di questa storia è che Colette sia la realizzazione del mio sogno!

Più tardi sono emersi altri dettagli che hanno soltanto rafforzato il nostro legame. La casa di famiglia di Colette ad Orano, in Algeria, dove è cresciuta in un periodo della sua infanzia, era di fronte alla casa di mia madre! Colette ha frequentato la stessa scuola di mia mamma e delle mie zie, le conosceva tutte.

E come si può spiegare il fatto che io assomigli moltissimo a qualcuno della famiglia di Colette? Un gene trasferito nel sogno deve essere saltato dalla casa di Colette nel grembo di mia madre. I viaggi seguono una spirale e tornano alle origini, con qualcosa che si aggiunge ad ogni giro. Il sogno è spesso più misterioso di quanto si possa sognare!

Prologo al libro Kabbalah e il Potere di Sognare - come risvegliarsi ad una vita visionaria - edizioni Tavas  distribuito da Il Libraio delle Stelle
 
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05 APRILE 2019 BOLOGNA - MEDITAZIONE - L'ESPERIENZA DEL RAJA YOGA
17 APRILE 2019 MILANO - CELEBRAZIONE EQUINOZIO DI PRIMAVERA E MEDITAZIONE DELLA PASQUA
13 - 14 APRILE CANTAGALLO (PO) - TEMPIO INTERIORE - SEMINARIO DI DANZA SUFI
13 - 14 APRILE 2019 FIRENZE - WORKSHOP LA SAGGEZZA DEL CUORE - PER INSEGNANTI E GENITORI
02 APRILE 2019 MILANO - IL POTERE DELL INTUIZIONE
14 APRILE 2019 MILANO - IMPARIAMO AD INTERPRETARE SEGNI E COINCIDENZE - CON GIAN MARCO BRAGADIN
05 APRILE 2019 PERUGIA - MEDITAZIONE E ARTE
25 - 28 APRILE 2019 GROSSETO - SEMINARIO DI ASCOLTO DI SE CON IL RESPIRO
27 APRILE 2019 FIRENZE - HO OPONOPONO IL SEGRETO HAWAIANO
27 - 28 APRILE 2019 MONTELUPO FIORENTINO - CORSO DI COSTELLAZIONI FAMILIARI E SISTEMICHE
25 - 26 - 27 - 28 APRILE 2019 BELLARIA IGEA MARINA (RN) - OSHOFESTIVAL 2019
06 APRILE 2019 ROMA - TRA LUCE E OMBRA - SEMINARIO ESPERIENZIALE
12 APRILE 2019 SAN PIETRO IN CERRO (PC) - LIBERA LE EMOZIONI
03 APRILE 2019 PRATO - L'UNIONE - I 12 PASSI DELL AMORE
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