Idee e Pratiche per una Vita Consapevole

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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ECONOMIA E SPIRITUALITA'


 di Paolo Scroccaro

 

«Per chi ragiona bene, la ricchezza conforme a natura ha i suoi limiti e il suo confine, tracciato tutto intorno dal bisogno come da un compasso» (Plutarco, La passione della ricchezza, 4)
I termini che fanno da titolo non sono necessariamente antitetici, come l'opinione comune è per lo più portata a credere; un accordo, un nesso organico può nuovamente ricomparire, come già era accaduto in epoche premoderne. Imponendo una "misura" risanatrice all'economia e alla tecnica, seguendo gli orientamenti già discussi, rivitalizzando le possibilità interiori degli individui, restituendo ad essi quelle qualità che il fanatismo del lavoro "meccanico" aveva eclissato, si ricreano anche i presupposti per una contestuale rivivificazione del senso, oggi smarrito, del culto, della festa e della vita contemplativa. Tutto questo è in sintonia con gli insegnamenti della saggezza tradizionale.
La furia produttivistica, diffondendo l'ossessione per l'azione smisurata e per la velocità illimitata in ogni campo, ha reso impossibile un'esistenza dignitosa alle persone e agli altri esseri in un mondo continuamente stravolto dalle illusorie promesse del profitto e del Prodotto Nazionale Lordo; con il tramonto del paradigma economicistico, delle cui avvisaglie si è detto in precedenza, la vita potrà finalmente tornare a gustare quei ritmi naturali, lenti, ristoratori, che gli idoli del progresso avevano sottratto.

"Nel mondo devastato dalla tecnica, potrà prodigiosamente rifiorire una nuova ospitale dimora, proprio come il tenace filo d'erba riesce ad aprirsi uno spazio vitale nell'asfalto della strada abbandonata" Sarà così possibile recuperare il legame sociale, che l'etica mercantile aveva marginalizzato, e con esso lo spirito della comunità non utilitaristica, rispettosa di tutti gli esseri in quanto tali, sensibile alla sacralità dell'ordine dell'universo, capace di porre al vertice delle sue attenzioni la cura per la conoscenza disinteressata e per la realizzazione interiore degli individui, in armonia con il cosmo che gratuitamente nutre e sorregge.
Tra dimensione politico-economica ed esigenza spirituale, vi può essere intima connessione o, al contrario, opposizione; come ben sapevano Aristotele e gli antichi, una comunità virtuosa e ordinata sul piano civile ed economico, favorisce anche la ricerca spirituale, poiché le virtù "dianoetiche", che costituiscono il vertice naturale dell'individuo e della polis, hanno come presupposto quelle "etiche". Quindi, per dirla con San Tommaso,"è necessario alla perfezione della comunità umana che vi siano uomini dediti all'inutile vita contemplativa". (Commento alle Sentenze, 4, d. 26, 1, 2).

Ai nostri giorni, purtroppo, tra i citati momenti non può che regnare la contesa, poiché la saggezza filosofica, oltre ad essere assai rara e mescolata a deformazioni culturali di vario genere, è per di più osteggiata in nome dell'attivismo produttivistico, strutturalmente incapace di rispettare quanto non rientra nel suo progetto di dominio. Gli attardati sostenitori di esso continuano ad imporlo come unica medicina per la nostra civiltà, che proprio a causa di esso si trova gravemente ammalata; essi perciò ben meritano il giudizio rivolto in un'antica commedia al medico ciarlatano:
"La tua medicina non fa che aggravare la malattia".

Se una riforma radicale diventa oggi indispensabile, essa non può che partire dagli esempi concreti, forniti da quanti sono capaci di testimoniare in anticipo quello che ai più non risulta ancora visibile, avendo essibisogno di attendere l'ulteriore precipitare degli eventi, vale a dire l'approfondirsi della crisi della civiltà produttivistica.
"La riforma deve cominciare da se stessi. Prediche agli altri, articoli magnifici che pretendono di salvare il mondo [...] pensare che tutto questo possa portare ad una soluzione equivale ad ingannarsi [...] non posso né parlare né pensare di trasformare il mondo, se non comincio con chi mi è più vicino" (R. Panikkar, Ecosofia, Cittadella 1993, pag. 53).

Nello stesso tempo, è vero che "l'uomo non raggiunge la salvezza, la pienezza umana, come persona [...] se non si realizza nella polis" (Ecosofia, pag. 32).

Individuo e comunità rappresentano qui il microcosmo e il macrocosmo, la comunità è in un certo senso la proiezione dell'individuo, come diceva Platone, i cui suggerimenti politici meritano d'essere rimeditati.
La vera politica non è apparato tecnico-burocratico, volto alla gestione del potere e dell'esistente, come oggi accade ovunque, a destra, al centro e a sinistra. La grande politica, cioè l'arte politica "regale" di cui parlava Platone (cfr. Politico 276 e) si prende cura della polis in profondità e non esteriormente, cioè secondo l'Idea, non secondo il calcolo pragmatico del momento: ma i tempi non sembrano ancora maturi per una tale rinascita della politica, occorre pazientare e intanto preparare l'humus e seminare, affinché qualcosa, più avanti, possa germogliare. Nell'attesa, possono contare molto le testimonianze individuali, che possono veicolare migliori e più saggi comportamenti collettivi, per i quali non deve risultare sprecato il detto di Solone: "Noi non scambieremo la nostra virtù con la loro ricchezza".

L'emergere d'individui capaci di tanto è possibile là dove si affermi una trasformazione graduale del livello coscienziale, orientato verso un ampliamento della visione e non del possesso: a tal fine, è indispensabile
imparare a superare l'attaccamento alle forme limitative, cioè agli oggetti grossolani (denaro, P.N.L., mezzi tecnologici sempre più potenti, merci di consumo superflue se non nocive...) e sottili (prestigio, celebrità, sentimentalismi, moralismi superficiali...); così facendo si impara via via a disciplinare quella tensione desiderante che spinge incessantemente verso le cose, trasformando la vita in tormento esistenziale, poiché "il desiderio troppo intenso verso ogni cosa suscita la più intensa paura di rimanerne privi, e in tal modo la nostra gioia diviene debole e malsicura, come fiamma esposta al vento" (Plutarco, La serenità interiore, 16);inoltre, occorre ricordare che "la dolcezza e il sorriso della vita non provengono dall'esterno" (Plutarco, Virtù e Vizio, 1).

A seguito dell'espansione coscienziale di cui sopra, il moto psichico agitato, veloce, ossessivo, diventa più calmo; si impara ad apprezzare la lentezza, il ritmo che ritorna su se stesso, tipico delle realtà cosmologiche inviolate: e poiché "gli uomini nelle città, troppo bramosi di vanità o di sconvolgimenti, manifestano insanità" (Pindaro), per conseguire questa stazione spirituale è oggi più che mai necessario poggiare su quel sostegno che è dato dal sottrarsi il più possibile al frastuono della città, proprio come faceva H. D. Thoreau1, e cercare ristoro e ispirazione nella natura selvaggia2, o almeno non troppo stravolta dalla violenza tecnologica.

"Credi a chi ne ha esperienza: nelle foreste troverai più che non nei libri. L'albero e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi imparare dai maestri"
(San Bernardo di Chiaravalle, Lettera a Enrico Murdach)

Si comincia così a sperimentare ed assaporare una leggerezza esistenziale prima sconosciuta, poiché l'energia mentale, in quanto pressata di continuo da stimoli artificiosi, tipici del degrado cittadino, era
insidiosamente attirata verso mete centrifughe ed eterogenee, con le inevitabili implicazioni quanto a smarrimento, inquietudine, lacerazione interiore. Il vivere risultava così perennemente instabile, frastornato
nel flusso sregolato del divenire, del consumismo, del desiderio: era cioè privo di "centro"; ora invece acquista via via dignità, compostezza, fierezza, stabilità irremovibile... proprio come il maestoso abete al
limitare superiore della foresta, che essendo saldamente radicato nel suolo accogliente, può vincere le asperità del luogo che, ripido e scosceso, non può che apparire inospitale all'inesperto viaggiatore
occasionale.

Vi è già in tutto questo un qualche adombramento della condizione tipica di antichi dei, perché ci si installa in una dimensione preparatoria rispetto alla conquista dell'imperturbabilità assoluta cara a Giuliano e agli altri filosofi classici d'Occidente e d'Oriente, i quali consideravano la pax profunda, la perfetta "non-agitazione" (cioè la condizione di trascendenza rispetto al mutamento aritmico e sgraziato) come vetta
irrinunciabile alla quale conduce il sentiero della realizzazione3.

Non a caso, anche nella Bibbia è prescritto:"Abbiate otium (fermatevi)e riconoscete che io sono Dio" (Salmi, 45, 11)

Quel che vale per il singolo, vale anche per l'insieme: la società caotica è caratterizzata dall'agitazione produttivistica insensata, cui si attaglia bene il giudizio di Plutarco:

"Gli insensati disprezzano e trascurano
perfino i beni di cui dispongono
perché con il pensiero
sono perennemente protesi verso il futuro"
(La Serenità Interiore, 14)

Tale società manca di stabilità e armonia, e riproduce necessariamente (cioè per essenza e non per accidente) conflitto, sfruttamento, insoddisfazione, dolore... una collettività composta e guidata da individui
scentrati e psicolabili, non potrà mai essere riordinata artificiosamente tramite megaprogrammi sociopolitici pretenziosi che, magari in buona fede, propongono astrattamente ideali di pace, di eticità, di solidarietà, cui non corrispondono realizzazioni personali adeguate4, nemmeno da parte di coloro che di tali programmi sono promotori... Solo persone interiormente pacificate e capaci di autonomia rispetto al dominio della megamacchina sociale dominante, possono far maturare, nel luogo adatto, i semi per una comunità capace di armonia e reciprocità, operando giorno dopo giorno per il suo comparire non nel grigiore delle rumorose sedi politiche, ma nella compostezza discreta della testimonianza, poiché l'esempio ha una forza straordinaria, quella della causa finale che attira invece di coartare, come ben sapeva Plutarco che non a caso scrisse le Vite Parallele.

Per concludere con il massimo di semplicità:
"Quando tanti uomini piccoli in tanti posti piccoli fanno delle cose piccole, cambiano la faccia del mondo" (Proverbio tradizionale)

 Note
1- "Penso che non riuscirei a mantenermi in buona salute, sia nel corpo che nello spirito, se non trascorressi almeno quattro ore al giorno -e generalmente sono di più- vagabondando per i boschi, per le
colline e per i campi, totalmente libero da ogni preoccupazione terrena." (H. D. Thoreau, Camminare, Mondadori 1991, pag. 11).

"Una regione in cui una foresta primitiva affondi le proprie radici nel materiale decomposto di un'altra foresta primitiva è un territorio che favorisce non soltanto la fioritura di grano e di patate, ma anche di poeti e di filosofi per le generazioni a venire." (Camminare, pag. 39).

2- A. Naess ha opportunamente elogiato l'esperienza del "vivere in capanna" con queste parole:"Nei paesi scandinavi, la consapevolezza energetica viene sviluppata fin dall'infanzia attraverso la
tradizione della friluftsliv, cioè della vita a contatto con la natura. Dopo aver soggiornato in una capanna, il ritorno a una vita in cui l'energia è utilizzata nel modo usuale, il fatto che tanta ricchezza sia accolta senza gioia, lo spreco incredibile di cui è oggetto hanno sempre un forte impatto emotivo. La tradizione della vita nelle capanne è uno degli elementi ecosoficamente più efficaci di vigilanza permanente contro i
comportamenti distruttivi della vita moderna." (Ecosofia, Red 1994, pag. 114).

Ovviamente, esperienze del genere non solo educano alla sobrietà nel campo dei consumi più di mille prediche: più in generale, e conseguentemente, concorrono a far apparire quella sensibilità contemplativa
alla quale allude anche San Bernardo nella citata Lettera a Murdach e in altre.

3- Così come l'Assoluto viene indicato nei testi religiosi e filosofici come completezza, autosufficienza, non-dipendenza, allo stesso modo la persona e la comunità cercheranno di portare all'atto qualità capaci di
imitare tale "pienezza" di essere, con la quiete che ne consegue: "D'un tratto cessò il vento, e fu bonaccia, senza un alito: un Dio addormentò le onde" (Odissea).
La prossimità alla pace interiore e allo stato contemplativo, o comunque la preparazione ad essi, richiede certe costanti nella vita individuale e comunitaria, che seguono il filo conduttore del "limitare ciò che è causa di abnorme moto psichico", in nome dell'adeguazione ai ritmi cosmici, immagine nel tempo dell'eterno sovratemporale, come dicevano gli antichi. Da qui discendono la disciplina del desiderio, delle passioni, dei consumi, l'elogio dell'indipendenza, dell'autosufficienza, della serena lentezza esente da agitazione e dell'economia ordinata e stazionaria, non funzionale al profitto ma al bene comunitario.

4- "[...] Chi governa deve prima acquisire il controllo su se stesso, raddrizzare la propria anima [...] chi è scomposto non può dare compostezza, chi non ha ordine dentro di sé non può darlo agli altri." (Plutarco,
Chi governa deve avere paideia).Vale qui anche il verso di Euripide: "Fai il medico degli altri, e tu sei coperto di piaghe"

Paolo Scroccaro [07/10/2005] Fonte: estovest.net  



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