nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario

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VIVERE INSIEME
INTRODUZIONE ALLE CULTURE COMUNITARIE
VIVERE INSIEME
REPORTAGE DA AUROVILLE
REPORTAGE DA AUROVILLE


La Comunità di Adventure di Auroville

Adventure è una Comunità intenzionale, nel senso che raggruppa un numero di persone che hanno deciso di condividere uno spazio e un tempo sia fisico che spirituale.
È situata nella cosiddetta Green Belt di Auroville, la cintura verde dedicata al rimboschimento, all'agricoltura, al verde.  Nonostante ciò è molto vicina al centro della township Auroville, al Matrimandir, al Visitors' Center, alla Solar Kitchen, inoltre contigua al villaggio Tamil di Edyanchavadi e attigua alla Udavi School, la prima scuola di Auroville (in senso temporale).
Fisicamente viviamo in alloggi chiamati "capsule", abitazioni tradizionali di questa zona, fatte di legno con il tetto di foglie di palma o cocco, aperte ai quattro lati con portelloni triangolari, in qualche caso  con la parte inferiore in muratura.
Comunque ogni abitazione è differente, alcune hanno il "dojo" esterno o una cucina o un laboratorio, tutte i servizi esterni, tutte a una certa distanza e non a vista una dall'altra, immerse naturalmente nel verde. Servizi in comune sono la cucina, un ufficio chiuso in muratura da cui ci colleghiamo ad internet con un sistema centralizzato, un dojo detto Ganesha dove ci riuniamo regolarmente per meditare insieme, cantare bhajans un paio di volte la settimana, tenere riunioni per organizzare i lavori e le decisioni comuni, e fare il cosiddetto sharing settimanale.
Lo sharing, che in inglese vuol dire condivisione, è un momento molto importante, solitamente il giovedì sera dopo cena, alle 8, ci riuniamo nel dojo (una grande capanna di forma ottagonale aperta su tutti i lati) con al centro un piccolo mandala di fiori e candele, incenso e le foto dei Maestri, ma anche con altre simbologie non solo indiane. Dopo una breve meditazione o concentrazione collettiva e il canto di un om, cerchiamo di aprire i nostri cuori agli altri, partendo dagli avvenimenti della settimana, ma non necessariamente, cercando di comprendere e farci comprendere, aprendosi appunto, e condividendo le nostre sensazioni, positive o negative del momento, cercando diContinua...

IL DONO DEL VECCHIO RABBINO
IL DONO DEL VECCHIO RABBINO
Il “Dono del vecchio rabbino” racconta la storia di un monastero in decadenza nel quale vivevano quattro anziani monaci e l’abate i quali erano molto preoccupati per la fine del loro ordine monastico.
Nei boschi intorno al monastero si trovava una capanna usata ogni tanto come eremitaggio da un rabbino.
Dopo anni di preghiere, contemplazioni e meditazioni, il gruppo dei monaci aveva sviluppato una certa sensibilità e percepivano la presenza del rabbino quando era presente nella capanna-eremo.
L’abate, afflitto e addolorato per la situazione difficile del suo monastero decide di chiedere consiglio al rabbino.
Continua...
ESPERIMENTI GIAPPONESI PER NUOVE GENERAZIONI
ESPERIMENTI GIAPPONESI PER NUOVE GENERAZIONI di Lex Veelo

La conferenza internazionale sugli ecovillaggi è stata una meravigliosa opportunità per conoscere realtà in Giappone che intendono attuare progetti per la creazione di ecovillaggi. Ci era stato detto che la gente in Giappone un tempo aveva un forte senso della comunità nei loro migliaia di villaggi rurali e nei quartieri cittadini. Avevano anche un antico e sacro, senso di comunione con la natura, in particolare con gli alberi e con le foreste. Il Giappone infatti è ancora oggi riuscito a conservare il 66% della loro nazione insulare con la foresta, che rappresenta una cifra impressionante se si considera che la forte pressione di cancellare le foreste per ottenere aree coltivabili sempre maggiori ed alimentare la popolazione in aumento.
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DAL SUNSPLASH AL RAINBOW GATHERING


 

Oggi, mentre constatavo la grande quantità di rifiuti prodotti al Sunsplash, a un tratto ho iniziato a riflettere sul Rainbow. Tante volte ho provato a descriverlo, a me stesso e agli altri, in modo almeno in parte esauriente. Ogni volta finivo per ridurlo alle attività che vengono svolte quando si sta lì, a come si passa il tempo. In questo modo, al fine di semplificare la spiegazione, finivo quasi sempre per banalizzarlo. 
A volte, non raccontando l'atmosfera e la cordialità tra le persone e non spiegando le motivazioni e lo spirito che stanno dietro tutta una serie di abitudini e comportamenti, questi sono stati fraintesi se non addirittura criticati. 
Quando per esempio a una riunione di Greenpeace una ragazza mi ha parlato del Rainbow come del diavolo, ci rimasi proprio male. Se l'era presa con il fatto che aveva letto che non si potevano bere alcolici e portare cani. Ho provato a spiegarle i motivi ma è stato inutile. 

Dopo esperienze di questo tipo, ora penso che quello che dovrebbe essere detto prima di ogni altra cosa è che il raduno Rainbow è un esperimento. Un tentativo di sperimentare, di vivere modi diversi di relazionarsi con gli altri, di gestire gli interessi comuni, di prendere decisioni, modi diversi di mangiare, di cucinare, di passare il tempo, modi diversi di organizzarsi,di insegnarci a vicenda le nostre conoscenze e abilità, di partecipare alla realizzazione di un evento, soprattutto, un tentativo di provare stati mentali e disposizioni d'animo non ordinari: la fiducia invece della diffidenza, la calma invece della fretta, la partecipazione invece della pigrizia, l'entusiasmo invece della noia, il sentirsi a proprio agio invece che in imbarazzo, l'autonomia invece della dipendenza, il silenzio interiore piuttosto che l'ininterrotto flusso di pensieri, la speranza piuttosto che lo sconforto. 

E lo scopo di un tale esperimento non è dire che bisogna vivere sempre così, ma piuttosto sapere che vivere così è possibile. E la consapevolezza di questa possibilità è una grande ricchezza, perché può aiutarci nel ri-orientare e ri-definire i nostri valori, le nostre aspirazioni, le nostre abitudini. Sapere che possiamo convivere pacificamente grazie al reciproco rispetto e alla partecipazione, senza gerarchie, senza servizio d'ordine, senza organizzazioni pagate per occuparsene, può farci capire che possiamo autogestirci più di quanto crediamo; sapere che ci possiamo divertire e star bene senza bere alcool può farci capire che non è indispensabile bere tutte le volte che ne abbiamo occasione; assaporare collettivamente il gusto e la soddisfazione di un pasto alla cui preparazione hai contribuito personalmente ci può far capire cosa si perde a mangiare in un bar, in un ristorante o in un fast food; partecipare a corsi di meditazione e workshop di ogni tipo gratuitamente ci mostra come nella nostra società si è persa la disponibilità al dono, all'offerta volontaria e disinteressata del proprio tempo; trascorrere un periodo di tempo spostandosi solo a piedi ci rende ancora più evidente l'eccessiva frequenza con cui utilizziamo l'automobile e l'assurdità del traffico e dello smog; prendere decisioni che ci riguardano discutendone in cerchio ci mostra quanto sia bello e quanto poco spesso quanto avvenga; trovarsi in un contesto in cui ci viene chiesto per rispetto di un interesse o di un bene comune di limitare la nostra libertà (per esempio di buttare una sigaretta per terra) può farci capire che siamo abituati a un eccessivo individualismo. 

Tutto questo però non significa non bere mai più una birra, non entrare mai più in un'automobile, non mangiare mai più un tramezzino, non fare parte di organizzazioni o non andare a votare. Un aspetto molto bello del Rainbow è che è totalmente non commerciale: niente viene comprato e niente viene venduto. Ogni cosa può soltanto essere donata o ricevuta gratuitamente. Anche in questo caso, quasta scelta non sta a significare che il denaro sia inutile, di per sè sbagliato e da eliminare. E' invece un modo per riscoprire la bellezza del dono, dell'offerta volontaria, della partecipazione spontanea...
Tutto questo non si può certo spiegare in 20 secondi, ma raccontare del Rainbow come di una sorta di campeggio nel bosco dove si mangia insieme, si suona, si giocola, facendo attenzione a fare la raccolta diffrenziata è sicuramente troppo riduttivo..

"..forestiero che cerchi la dimensione insondabile
 la troverai fuori città dove finisce la strada..."
F. Battiato.
 
Luglio 2005


di Jonas Di Gregorio luglio 2005


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