Le cose sono unite da legami invisibili, non si può cogliere un fiore senza turbare una stella - Albert Einstein

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TU & IO
Incontro amicizia condivisione unione,
l'Amore e i suoi impedimenti
TU & IO
COME L'ALBERO DALLA TERRA
Come l'albero dalla terra
e dalla roccia l'acqua
dall'uomo l'amore
Danilo Dolci-1957
PER QUANTO STA IN TE
Kostantinos Kavafis

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te:
non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano gioco
balordo degli incontri e degli inviti
sino a farne una stucchevole estranea.
QUANDO AMI
AMI TUTTO IL MONDO

Cecilia Chailly
Quando ami, ami tutto il mondo. E non solo le persone, anche gli animali, le piante, gli oggetti. L'amore non può essere un gioco di potere, e forse neppure una relazione, perché é uno stato d'animo autonomo, che comprende tutto....
Devo accettare di amarti incondizionatamente, perché solo così posso vivere questo sentimento che altrimenti mi corrode come un acido.Voglio alimentarmi dell'amore che ho per te, é la carica della mia esistenza, la linfa della mia vita che altrimenti é spenta. Amando te amo il mondo. E vorrei che il mondo partecipasse alla gioia del mio amore, e non importa se é solo mio né se il tuo preferirai darlo a qualcun altro....

da "Era dell'Amore"
ONDA DELL'AMORE
Cecilia Chailly
Se é vero che c'è un destino, se é vero che il pensiero e quindi i sentimenti esistono e si trasmettono, come é possibile che tu trovi qualcuno che tu ami più di me?
Il mio amore é la mia forza, con esso posso superare tutte le gelosie, tutte le necessità. A me basta amarti. E amando te amerò anche me, e tutti quelli che mi circondano. E cercherò solo l'amore, solo nei luoghi e nelle persone che mi permetteranno di tornare a vivere col sorriso sempre aperto...E il tuo spirito sarà con me, nel cerchio che con gli altri formeremo, e gireremo insieme nella ruota dell'amore cosmico che per sempre ci circonderà.

da"Era dell'Amore"
Aver bisogno

Se tu fossi incerta
ti sarei da guida
Se fossi impaurita
ti farei coraggio.
Se fossi debole
ti rafforzerei.
Se fossi smarrita
ti condurrei per la via.
Se fossi minacciata
potrei difenderti.
Se fossi triste
suonerei una musica pura.

Da sola, sarei tuo compagno
se poi, ti sciogliessi in lacrime
potrei asciugarle
con i miei capelli
e ricomporre il tuo sentimento.
Se fossi disperata
potrei darti Luce.

Io, sono l’altra parte
quella che non si svela mai
estremo bagliore
del momento grave.
 
Misteriosa paura
ti tiene allo specchio.
Tu forse conosci dagli altri,
Così forte, sicura e invulnerabile,
l’amore che si riceve
e nulla sai ancora
della preziosa bellezza
dell’amor che si dà.

P.I. 30-06-2005
IMPEGNO E MATRIMONIO: QUANDO EROS E' UN MISTERO
IMPEGNO E MATRIMONIO: QUANDO EROS E' UN MISTERO di Stuart Sovatsky

Nel mondo erotico, i voti e le premesse sono al servizio delle possibilità e delle potenzialità che possono sbocciare nei momenti condivisi di suspense, e non delle certezze e delle aspettative preconcette. Come si colloca quindi l'impegno in queste acque eraclitee? Proviamo a contattare questo mondo nel suo punto più vulnerabile: la nostra paura dell'amore e del rapporto. Il profondo valore della scoperta della nostra inadeguatezza in questo modo di prendere reciproco impegno erotico non sta nello stimolarci a fare meglio la prossima volta. Questo atteggiamento si adatta unicamente ai contratti legali e commerciali, modelli che hanno preso il controllo del matrimonio, nella pratica e attraverso i loro ben regolati vocabolari. Ma applicare queste forme formalizzate di impegno al rapporto erotico può portare gravi distorsioni. Similmente la psicologia popolare trasforma l'impegno in qualcosa “a cui lavorare”. È diventato un cerchio in cui uno dei due partner cerca di far saltare l'altro (o se stesso). Ma, nel mondo dell'eros-mistero, l'impegno non può essere un contratto, un'aspettativa di stabilità o un segno di “progresso” del rapporto.
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LA NUOVA EDUCAZIONE, FIGLIA DELLA NUOVA CULTURA


di Maurizio Modaffari

Poniamoci questa domanda:
Cosa offre la società e la cultura in cui viviamo alle nuove generazioni? Prima di dare una risposta a questa domanda, vediamo come un osservatore attento e al disopra delle parti descrive la nuova generazione:
"...il bambino è aperto in modo naturale agli eventi. Ha un interesse innato e una profonda curiosità ad apprendere e a scoprire i fatti e le leggi della vita." "L’apertura emotiva e la sensibilità possono essere coltivate soltanto quando il bambino si sente sicuro nel suo rapporto con gli adulti.

La sicurezza è indispensabile per uno sviluppo completo e armonioso." "Se in un modo o nell’altro si insinua la paura nella relazione, sarà difficile per il bambino mantenere quell’integrità iniziale. Ogni forma di paura produce dipendenza!" (1)

Riprendiamo la domanda iniziale. L’offerta della società e della cultura alle nuove generazioni sembra a prima vista ragionevole: un percorso formativo nel quale gli obiettivi principali sono rappre-sentati dal lavoro e dalla sicurezza fisica.

Molta dell’attenzione è posta agli esami e al conseguimento di un titolo accademico, che rappresentano, in quest’ottica, le tappe preliminari per realizzare competenza professionale, carriera, denaro: il successo di un uomo è misurato in questi termini. La coerenza dell’offerta viene meno quando, osservando più da vicino la situazione, emerge che lo stile educativo che pone l’accento su esami e verifiche, oltre a basarsi sulla sfiducia, sul controllo e sulla competizione, insinua un sottile senso di paura, e quindi di dipendenza, nel minore. Non è certo una novità affermare che la sfiducia, il controllo, la competizione, la paura e la dipendenza rappresentano i sentimenti più diffusi nella nostra società. Cosa accade in sostanza?
Che quel bisogno di riferimenti che rassicura e incoraggia uno sviluppo naturale, si trasforma lentamente in un legame basato sul controllo e la dipendenza.

La paura del futuro.

Parlare di disoccupazione è divenuto ormai luogo comune. C’è chi ha preso il ruolo di accrescere l’ansia portando dati, cifre e testimonianze di dramma; c’è chi per opposizione ricopre il ruolo di salvatore promettendo nuovi posti di lavoro e di ripresa economica. E’ un gioco tutt’altro che sano di cui siamo tutti spettatori più o meno passivi. Le coscienze che vengono alla luce subiscono sin dall’inizio questa atmosfera di profonda insicurezza che evidentemente non può che condizionare tutto il periodo formativo. Perché stupirsi, in questo senso, della profonda insoddisfazione e della ricerca quasi ossessiva di evasione che accompagna i giovanissimi? Lo scopo della nuova educazione è quella di uscire da questo clima di paura e insicurezza, tipici di una visione puramente materialista della vita, e di aprirsi con fiducia e rispetto al mistero della vita.

La vita è mistero quando ci spogliamo da false illusioni. Abbiamo paraocchi di ogni tipo: in questi ultimi decenni ci stiamo annebbiando di tecnologia e di informatica. Ci troviamo nella cosiddetta era dell’informazione; un’infinita rete superficiale di inconsistenza che ottunde gli animi ed estende il pettegolezzo su scala planetaria. E’ solo togliendoci da una situazione tanto assurda quanto mortificante e riportando la nostra tensione vitale alla ricerca e alla scoperta della vita e del suo mistero, che riusciremo a ridare un senso e una direzione al vascello che ci ospita.

Lo scopo dichiarato della nuova educazione è quella di invertire questa tendenza, di riscrivere la scala di valori su cui fondare la nuova cultura e la nuova società. E’ per questo motivo che il primo passo della nuova educazione è riservato agli adulti! Gli uomini e le donne interessati alla nuova educazione, che evidentemente implica un profondo interesse per un nuovo modo di vivere questo pianeta, dovranno prima d’ogni altra cosa preparare in coscienza questo evento.

Bambini e ragazzi saranno gli ultimi ad usufruirne. Sarà necessario prima costruire un tessuto di coscienze adulte coerenti, che farà da alveo d’accoglienza della generazione futura. Solo quando gli adulti saranno profondamente interessati e avranno prodotto in coscienza questo spostamento di rotta, sarà possibile infondere e perpetuare in modo naturale e culturale il "nuovo" a cui alcuni di noi aspirano.

Tornando alla situazione attuale, mi sembra abbastanza evidente che l’educazione, così come è concepita, dia il primato all’acquisizione di conoscenze; in questo modo la mente diviene molto simile ad una macchina che funziona solo all’interno di stretti canali preordinati.

A nulla servono tutte quelle iniziative interdisciplinari che se in apparenza uniscono la conoscenza, dall’altra mantengono inalterato l’atteggiamento di fondo. Siamo immersi in un clima che favorisce l’uniformità mentale, e siamo messi nella situazione - paradossale per un sistema democratico - in cui lo stato ci impone ciò che dobbiamo divenire. Naturalmente tutte le persone riflessive ne sono consapevoli, ma sfortunatamente sembrano accertarlo.

Non basta la riflessione consapevole di questo stato di cose, non basta saperlo. E’ assolutamente necessario sentire la necessità, un’imperativa necessità di cam-biamento, perché questa comprensione si tramuti in azione! Parliamoci con franchezza.

Finché non faremo in coscienza l’esperienza di una profonda e lacerante insoddisfazione e continueremo ad ascoltare le parole con una mente meccanica ed abituata a trasformare tutto in schemi e concetti, nulla cambierà nel nostro stile di vita. L’esperienza dell’insoddisfazione, quando vissuta in profondità, è simbolicamente l’esperienza di una fiamma ardente che trasforma la coscienza di un uomo; è solo in quella trasformazione che ci sarà aperta la porta al nuovo millennio.

Non sto parlando naturalmente in termini materialistici; non sto dicendo che alcuni passeranno ed altri moriranno a livello fisico. Voglio dire che se, a livello di coscienza, non si produce questo spostamento, il nuovo millennio sarà solo visibile nei calendari, perché il resto rimarrà tale e quale.

Il "cosa" e il "come".

I nuovi uomini non si preoccuperanno più di "cosa" pensare, ma di "come" pensare: mi sembra il passaggio naturale di chi sposta l’attenzione dal mondo materiale delle apparenze, al mondo sottile del mistero e della vita. Anche gli scienziati della nuova fisica, della nuova medicina e della nuova biologia se ne sono resi conto: molte delle loro opere descrivono questa consapevolezza in modo dettagliato.

Non si tratta naturalmente di considerare il mondo esterno come apparenza illusoria e priva di significato. Non si tratta neppure di chiudersi in se stessi in un’affannosa e morbosa attenzione egocentrata.

Si tratta di guardare e di partecipare con spirito nuovo agli eventi della vita. E lo stesso discorso è valido per l’osservazione: non saremo più preoccupati di "cosa" osserviamo, ma di "come" osserviamo. Anche qui l’equilibrio è fondamentale: chi sceglie l’interno a scapito dell’esterno, o la mente a scapito del corpo, o il cuore a scapito della mente o l’individuo a scapito del collettivo non può che essere fuori rotta.

La piena fioritura di un essere umano col suo potenziale, di una società con la sua cultura, del pianeta nel suo insieme, può avvenire solo in un processo di inclusione. Ogni atto di esclusione è destinato a produrre squilibrio prima o poi. "Ma allora", potrebbero obiettare alcuni, "neanche la violenza, la corruzione o la perversione vanno escluse?" E’ importante che vi siano considerazioni di questo tipo perché mettono alla prova la genuinità delle affermazioni.

L’organismo umano con il suo sistema immunitario dà un bell’esempio di cosa accade quando movimenti patogeni tendono a mettere in pericolo l’equilibrio dell’insieme. Ogni evento patogeno necessita dell’intervento di un sistema immunitario sano! Quando diveniamo sensibili a come funziona il nostro pensiero e la nostra coscienza, allora la sensibilità si estenderà anche al potere di discriminazione, che è il nostro sistema immunitario a livello psicologico e sociale.

E’ importante cogliere profondamente la distinzione tra esclusione e discrimi-nazione. Nell’atto di discriminare è implicita l’attenzione e la capacità di ragionare in modo indipendente e autonomo. Quando una mente ha queste qualità, anche le azione che ne derivano avranno una qualità particolare.

Il potere dell’autonomia psicologica.

E’ per questo motivo che prima di rivolgersi ai bambini e ai giovani sarà necessario che gli adulti coinvolti abbiano chiarito con loro stessi questo punto: una società di eguali si crea solo quando gli uomini e le donne che la compongono possiedono questa autonomia e questo potere.

L’attuale lotta sociale che mira a produrre uguaglianza a livello economico e materiale o a qualsiasi altro livello è, e continuerà ad essere, vuota di significato finché non sarà accompagnata dalla reale indipendenza dei singoli individui dai meccanismi ereditati: sarà questo il requisito che permetterà il fiorire di una nuova civiltà.

Una tale indipendenza sarà possibile quando l’ambiente deputato allo sviluppo e alla formazione delle nuove generazioni sarà costituito da essere umani che testimonieranno individualmente e nelle loro relazioni questa indipendenza. La bellezza intrinseca di questa indipendenza sta nel suo potere: un uomo che la possiede non ha paura di nessun evento della vita. Noi esseri umani siamo drammaticamente impauriti dalla vita. Forse non ce ne rendiamo conto fino in fondo ma la maggior parte delle nostre azioni e dei nostri pensieri nasce dalla paura.

Abbiamo paura di essere giudicati, paura di non essere compresi, di rimanere soli, di non avere abbastanza risorse materiali, di non riuscire ad esprimerci. Potrebbe apparire un’affermazione troppo unilaterale, ma basta osservare con distacco gli eventi per rendersi conto che viviamo in una cultura del controllo, dove la ricerca di potere e di piacere sono solo gli effetti inevitabili di un’insicurezza e di un’ignoranza nei confronti dell’esistenza. Siamo insicuri e ignoranti, e questo ci spinge a nasconderci dietro il sottile velo dell’arroganza conoscitiva.

La nostra ignoranza (utilizzo questo termine nel suo significato letterale, senza quindi una connotazione morale), è l’aver fissato tutta la nostra attenzione sugli aspetti materiali della vita. Noi pensiamo che l’esistenza reale sia quella percepibile dai sensi. Lo so che alcuni, soprattutto in questi ultimi anni, fanno un gran parlare di spirito, di ricerca interiore, di sviluppo della coscienza, ma sostanzialmente rimaniamo ancorati nell’illusione che la vita, quella vera, sia rappresentata dall’aspetto tangibile, sensibile e manifesto. Non è vero? Allora diciamoci con spassionata sincerità quanti di noi hanno completamente superato il senso dell’attaccamento? L’attaccamento è la prova del fuoco!

Se non siamo più attaccati ai possessi materiali, riusciamo ad esserlo a livello affettivo. Se anche questo è superato, fatto già abbastanza raro, ci attacchiamo alle idee e alle convinzioni: su questo punto cadono praticamente tutti. L’attaccamento fisico ed emotivo è superabile, ma l’attaccamento mentale è talmente diffuso che risulta praticamente irrisolto.

Perché l’attaccamento è la prova del fuoco?

Semplicemente perché possiamo attaccarci solo a qualcosa che consideriamo separato da noi. Può essere un oggetto esterno, un sentimento o un’idea, questo poco importa. L’illusione della separatezza, oltre a generare paura, insicurezza, controllo, compe-tizione, conflitto, ecc., preclude la possibilità di sperimentare l’effettiva ed essenziale unità e integrità della vita.

Il senso di una nuova educazione.

Considerando quanto appena detto è necessario chiarire quale siano i valori su cui fondare la nuova cultura e la nuova società.

Come dicevamo all’inizio, "il primo passo è riservato agli adulti. Gli uomini e le donne interessati alla nuova educazione e a un nuovo modo di vivere questo pianeta, dovranno prima d’ogni altra cosa preparare in coscienza questo evento. Sarà quindi necessario costruire un tessuto di coscienze adulte coerenti, che farà da alveo d’accoglienza della generazione futura."

Solo quando gli adulti coinvolti avranno prodotto in coscienza questa modifica-zione, sarà possibile "far nascere" in modo naturale il "nuovo" a cui aspiriamo. E’ evidente, in queste parole, l’analogia con il concepimento, la gestazione e la nascita di un bebè.

Anche la nuova educazione seguirà queste tre fasi per venire alla luce. Essa però non è ancora nata: è stata più volte concepita dalla coscienza di singoli uomini, i quali si sono preoccupati di annunciarla, sia per iscritto che oralmente, alla famiglia umana, come ad esempio Carlyle, fine pensatore del secolo scorso, che attorno al 1850 scriveva:
"Nei giorni in cui viviamo, perfino gli stolti si chiedono quale possa essere il significato di quanto accade; poche generazioni umane hanno visto tempi più impressionanti. Continue calamità, cataclismi, sfacelo, confusione indicibile... Una piccola spe-ranza non ci può bastare, poiché la rovina è chiaramente... universale. Se il mondo deve continuare ad esistere, va assolutamente rinnovato... E’ tempo di far sì che anche il più ottuso degli uomini sia portato a domandarsi donde venga e dove vada". (2)

O ancora da Rufus M. Jones che in modo ancora più incisivo scriveva nel 1928: "...ahimè, nessuno di tali raggiungimenti (scientifici e di sintesi dello scibile umano) fa di noi degli uomini migliori. Non vi è nessuna proporzione tra i depositi in banca e la bontà di cuore. La conoscenza non equivale affatto alla saggezza e alla nobiltà d’animo... Il mondo non ha mai visto un così grande esercito di educatori all’opora con la gioventù dei vari paesi, né mai prima della storia si è speso tanto denaro per l’istruzione, sia inferiore che superiore. L’effetto complessivo tuttavia, produce la spiacevole sensazione che il bersaglio sia stato mancato. I nostri istituti di istruzione pubblica producono dei buoni allievi ed impartiscono ad un gran numero di individui una massa di fatti scientifici. C’è, tuttavia un pietoso insuccesso nella meta principale dell’educazione, che è, o dovrebbe essere, la formazione del carattere, lo sviluppo spirituale, la cultura dell’anima." (3)

La nuova educazione è stata concepita nelle coscienze sensibili ma non è ancora nata. Il perché di questo fatto è molto semplice: non è sufficiente che un individuo, o una serie di singoli individui sparsi qua e là nella storia concepiscano questa necessità. Il concepimento e la gestazione vanno compiuti nella coscienza di un gruppo vivente e operante: solo così la nuova educazione potrà manifestarsi.

La costruzione di una coscienza di gruppo è dunque il passo successivo verso la nuova cultura.

A questo punto andrebbe spiegato cos’è una coscienza di gruppo e in cosa differisce dalla coscienza individuale e dalla coscienza di massa, ma non penso sia questa la sede idonea per approfondire questi punti.

Credo anzi che, per gli adulti interessati al futuro, lo sforzo sia proprio quello di sperimentare di persona la distinzione tra questi diversi livelli della coscienza. La psicologia umanistica e transpersonale in generale, e la psicosintesi in particolare, hanno elaborato dei programmi di formazione per adulti precisi e dettagliati che mirano a far sperimentare direttamente e a far acquisire in modo duraturo questo spostamento in coscienza.

Il famoso adagio delfico "conosci te stesso", acquista, sotto questa luce, un significato che va oltre il puro interesse individuale: si inserisce in un preciso programma che coinvolge il gruppo umano nel suo insieme e che ha come obiettivo la realizzazione di una nuova civiltà e di una nuova cultura.

La formazione del carattere, lo sviluppo spirituale e la cultura dell’anima, ritenuti da Jones le mete dell’educazione, devono quindi divenire i valori su cui fondare questo programma di costruzione del "nuovo": naturalmente negli adulti, prima che nei bambini e nei giovani. Ogni tentativo di saltare questo passaggio è destinato a fallire. La costruzione di valori non può essere fatta per corrispondenza o attraverso l’uso del computer, o via internet. Non esistono mezzi tecnologici che permettono il rinnovamento in coscienza.

E’ solo cominciando a spostare l’attenzione dal mondo esterno delle forme tangibili, al mondo interiore della realtà sottile, che sarà possibile, ad un certo punto, comprendere meglio le relazioni tra questi due mondi. Il nostro errore è stato sempre quello di tenere separati questi due mondi, credendo erroneamente che l’uno fosse indipendente dall’altro.

Per analogia, è la stessa separazione che è avvenuta tra Oriente e Occidente. E’ bene avvertire, a questo proposito, del pericolo che oggi stiamo vivendo noi occidentali e che già molti acuti osservatori hanno cominciato a segnalare: quello di cadere, per eccesso di entusiasmo o per mancanza di discriminazione, nel polo opposto dell’interiorità, trascurando completamente la vita della forma.

Né l’uno, né l’altro devono acquisire il primato dell’attenzione: ma la sintesi tra questi due poli, che poi non è altro che la nobile via di mezzo proposta dal Buddha già 2500 anni fa. Quindi riassumendo i valori comuni che costituiscano la base su cui costruire la nuova cultura e la nuova civiltà, possiamo dire:

• che la conoscenza di sé dovrà essere unanimamente riconosciuta come la più alta forma di conoscenza, e dovrà accompagnare ogni momento informativo e didattico • che la "scienza della meditazione" dovrà divenire la scienza delle scienze nella vita di un uomo e di una società

• che non più il bambino o il ragazzo, ma l’adulto dovrà per primo incarnare l’insieme dei valori su cui verrà costruito il futuro

• che non sarà più sufficiente che singoli individui vivano in coscienza questa esperienza e la trasmettano ad altri per iscritto o con la testimonianza diretta come è avvenuto in passato, ma che...

• un gruppo di uomini e donne profondamente interessati al "nuovo" costituisca un alveo, una coscienza di gruppo, su cui far fiorire le iniziative orientate verso il futuro, compresa quella educativa (scienza dei retti rapporti)

• che la coscienza di gruppo abbia come passo successivo la costituzione di una "coscienza tra gruppi", ossia il germe di una coscienza planetaria, che operi "nella cooperazione, nella comprensione e nella compartecipazione" (come suona un antico mantram).
L’intelligenza, la bontà e la volontà di bene saranno pertanto i naturali frutti della nuova educazione.

Bibliografia:

(1) J. Krishnamurti: Di fronte alla vita, Astrolabio
(2) (3) A.A.Bailey: Dall’intelletto all’intuizione, Nuova era

Atti del convegno di Psicosintesi educativa 1997

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