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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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AFFRETTATI PIANO




di Gregoriana Labarile

Il cammino interiore e la meditazione di consapevolezza una strada per la felicità. Definito dagli stessi Autori un insieme di riflessioni sul cammino interiore e sulla pratica della meditazione, il nuovo libro di Corrado Pensa e Neva Papachristou si offre con cristallina semplicità al lettore toccando con gentile delicatezza tutti i temi che risuonano nel cuore di chi si pone l’urgente, vitale, a volte drammatica e non priva di paure e inquietudini, domanda: posso essere felice?

Affrettati piano. Il cammino interiore e la meditazione di consapevolezza: una strada per la felicità edito da Astrolabio Ubaldini, traccia il sentiero di questo cammino interiore lungo il quale affrettarsi, come suggerisce il titolo, con entusiasmo e sollecitudine, ma anche con una lentezza attenta e premurosa, con una paziente gradualità che non evoca la fretta di arrivare all’ipotetica meta, ma si riferisce piuttosto alle qualità di attenzione, cura e impegno. Qualità che sono volte a orientare la nostra mente come un girasole, nelle parole di Neva Papachristou, verso il sole che le farà da nutrimento, ovvero il Dharma e la sua pratica che “con i suoi raggi luminosi, è fonte di vita per i nostri cuori”. Dunque rivolgere la mente verso il sole anziché farla vagare dolorosamente.

Con la meditazione, grazie alla coltivazione della pacificazione e della consapevolezza, abbiamo l’opportunità di vedere quanto spesso lasciamo vagare la mente in maniera casuale, distratta, senza cura, a “briglie sciolte”. E, sempre grazie alla pratica, capiamo come questo procedere, o, per meglio dire, questo lasciarsi trascinare dalla confusione e dall’incuria, è un modo tutt’altro che salutare di condurre le nostre vite. *(Le parti in corsivo sono citazioni tratte dal libro)

Dunque il libro descrive le principali caratteristiche o, per meglio dire, le qualità, le sfumature di luce, gli odori e i sapori che s’incontrano percorrendo il sentiero del Dharma, in un dialogo continuo tra le suggestioni, i suggerimenti, gli insegnamenti, le storie più belle attinte dai grandi cammini spirituali (buddhista ma anche cristiano) e la semplicità spesso poetica dell’insegnamento, di cui i due maestri e autori del libro sono le appassionate voci, calato nella quotidianità in cui ciascuno può riconoscere le mille sfaccettature della sua stessa vita: da un sms particolarmente aspro che ci ha feriti alle sfide e ai misteri più grandi dell’esistenza, come l’ineluttabilità del dolore e il misterioso destino della morte.

Il nostro desiderio più profondo è il desiderio di bene e di pace e, se cominciamo a onorare questo desiderio, saremo sicuramente più contenti.

Accompagnati da Corrado Pensa e Neva Papachristou, ci ritroviamo così a investigare su ciò che ci sta maggiormente a cuore – vale a dire il nostro rapporto con la sofferenza, con tutto il groviglio di difficoltà che spesso dolorosamente l’accompagna – in un percorso delicato come il silenzio da custodire in un ritiro. In questo percorso vengono esposte con gradualità e attenzione le nostre più grandi fragilità, mentre allo stesso tempo ci viene offerto lo strumento prezioso della meditazione grazie al quale possiamo osservarle con coraggio prima ancora di scoprire che possiamo diventare più forti, nelle avversità e non solo.

Il lavoro interiore si svolge dentro di noi, rendendoci sempre più vasti, più sensibili e più capaci di accogliere, all’insegna della sollecitudine, le nostre umane fragilità. Tuttavia il suo raggio d’azione rompe le barriere dell’io e fa sì che noi si riesca a condividere con le persone che incontriamo nella nostra vita i doni preziosi della pratica. E questo è il frutto più dolce di ogni cammino interiore.

Pagina dopo pagina, Affrettati piano svela le enormi e sorprendenti potenzialità del cammino interiore fondato sulla meditazione di consapevolezza (sati nell’antica lingua pali, a molti nota con il termine inglese mindfulness). Partendo dalla presentazione di una cosa apparentemente semplice come la consapevolezza del respiro, per arrivare all’esposizione di numerose modalità di pratica in azione. Senza mai dimenticare molteplici qualità intrinseche della presenza mentale, come ad esempio la fiducia (saddhā), che alimentano un senso più profondo di benessere, concetto spesso inteso superficialmente. Allo stesso tempo inoltre, ci avviamo a scoprire come, alla radice della sofferenza, non ci sia poi altro che un malinteso senso dell’io, ritrovandoci a rivedere le cose che abbiamo sempre pensato in una luce nuova. Finiremo così con l’osservare, con grande sorpresa, come le mille negatività che ci affliggono quotidianamente non sono altro che abitudini della mente, fantasmi reificati della difficoltà di amare se stessi;

[…] è un cammino lungo, perché una parte di noi è pronta a parlare del danno che provoca il non amore per noi stessi, ma un’altra parte di noi non gradisce la cosa più importante: essere consapevoli della sofferenza generata dall’inimicizia per noi stessi. Ossia non vuole entrare in contatto con la nostra abitudine alla negatività. Il consiglio è quello di trattare noi stessi con rispetto, così come siamo ora, piuttosto di rispettarci a condizione di esserne degni.

Infine, il libro mette a disposizione, senza mai smettere di essere una lettura fruibile e accessibile, tutti gli strumenti più importanti  che il Buddha ha offerto attraverso il suo insegnamento: e così, tra le sue pagine, risuona la promessa che è possibile incarnare nella nostra vita di tutti i giorni gli insegnamenti sulla gentilezza amorevole (mettā), l’equanimità (upekkhā), l’urgenza di praticare (saṃvega), la compassione (karuna), la consapevolezza (sati) e tutti gli altri che non sono qui elencati, fino al mistero più profondo che abita nel nostro cuore come un diamante che attende di essere scrostato dalle sue impurità.

Dare il cuore al mistero significa svuotarsi di tutte le opinioni che imprigionano. Dare il cuore al mistero e attendere vuoti e sorridenti ci sembra un atteggiamento contro ogni logica. La logica desidera avere tutto sotto controllo e diffida dell’aprirsi al mistero che è in noi. E quando improvvisamente la barriera abituale scompare, scopriamo che l’oltre, la possibilità di pace, è già in noi: il mistero della consapevolezza che ci abita.

Ora, se da un lato la riflessione degli autori ci illustra gli insegnamenti del Nobile Ottuplice Sentiero della tradizione buddhista, essa ci invita allo stesso tempo, nello spirito aperto e interreligioso che la caratterizza, a contare sulla crescita e sulla maturazione di qualità universali come pazienza, calma concentrata, gentilezza amorevole, saggezza, equanimità, pace interiore e così via. Attraverso l’addestramento sollecito alla pratica, Corrado Pensa e Neva Papachristou ci aprono alla possibilità che tutto questo si realizzi effettivamente per noi, diventi realtà e verità, qui e ora, quando poniamo l’attenzione alle cose così come sono, nel momento in cui lasciamo essere, secondo le istruzioni della pratica meditativa. Questo particolarissimo tirocinio svela sia l’ottimismo della possibilità di un cambiamento, sia la sua apertura a un orizzonte più ampio che punta a un senso più profondo dell’esistenza radicato nell’amore e nella felicità.

Sia per quanto concerne la felicità, sia per quanto riguarda l’amore vale lo stesso discorso: dobbiamo impararli. Infatti ne abbiamo le radici dentro di noi e possiamo perciò farli crescere, e non poco. Io credo, a proposito di tutto ciò, che non andiamo lontani dal vero se affermiamo che chi percorre un cammino interiore è una persona intenta a fare un tirocinio di saggezza, felicità e amore. Infatti perché mai lavorare sugli inquinanti – che sono causa di infelicità, cioè di dukkha – se non per approdare gradualmente al loro contrario, cioè alla saggezza, alla felicità, all’amore?

La paziente investigazione proposta nel libro scandaglia attraverso situazioni ed esempi tratti dalla vita di ogni giorno, tutte le sfumature degli inquinanti, individuati, secondo la proposta dell’insegnamento buddhista, in attaccamento, avversione e confusione. Ci mostra poi come essi prendano forma attraverso le nostre azioni e la nostra reattività, non intesa come spesso si pensa come prontezza di riflessi nel far fronte alle situazioni difficili ma intesa, in questo contesto, come reazione immediata in cui agiamo una pulsione, facendoci meccanicamente trascinare da essa, in azioni che causano dolore agli altri e a noi stessi. Grazie all’esplorazione degli autori, osserviamo come gli inquinanti dell’attaccamento, dell’avversione e della confusione ci procurino per lo più sofferenza e finiscano poi per dare un fondamento fittizio alla percezione della nostra identità che, anziché proteggerci dalle avversità dell’esistenza, ci rende invece più fragili, lasciandoci in balìa delle mille negatività che sperimentiamo ogni giorno (orgoglio, rancore, rabbia, malanimo, umiliazione, sconforto, e così via).

La vita non è ideale, ma è bella e spaventosa allo stesso tempo. Questa è la grande verità che siamo invitati ad affrontare e, in virtù del cammino interiore, vediamo meglio sia la bellezza sia la fragilità della vita. Imprevedibilità, precarietà e vulnerabilità fanno paura ai nostri teneri cuori che corrono a cercare sicurezza nella reattività, diventando così sempre più fragili e timorosi. In verità l’unico rifugio sicuro è quello che possiamo trovare nel coraggio della consapevolezza: la luce della consapevolezza autentica, che è particolarmente penetrante, permette di vedere quanta fragilità derivi dalla non accettazione della verità delle cose così come sono.

Con sincero realismo inoltre, il sentiero del cammino interiore, liberato dalle erbacce e che ritroviamo gradualmente tra le pagine del libro, si rivela non privo di difficoltà, soprattutto nell’analisi del rapporto con le asprezze che si incontrano ogni giorno nella vita di relazione con se stessi e con gli altri. Dunque, accompagnati dalla fiducia di poter coltivare il bene innanzitutto per noi, gradualmente possiamo aprirci, attraverso le parole degli Autori, a un orizzonte etico di incontro con l’altro e a un bene più ampio.

Possiamo ricordare l’immagine del cucchiaino di sale: messo in un bicchiere rende l’acqua molto salata e amara, ma la stessa quantità di sale, versata in un grande recipiente, non sarà quasi percepibile. Questa immagine mi pare un’evidente indicazione del potere del lavoro interiore che, un anno dopo l’altro, ci rende meno chiusi e contratti, più spaziosi, più aperti, e dunque, per usare una parola centrale nel Dharma, più equanimi, ossia gradualmente più liberi da attaccamento, avversione e confusione.                                                                                 

In questo ritrovato orizzonte di libertà dove il pensiero, la parola e l’azione non sono più guidati dalle compulsioni al giudizio, alla negatività, all’attaccamento, all’avversione ma dalla saggezza che con la pratica diventa un orientamento, un moto spontaneo, un’inclinazione amorevole del nostro cuore e della nostra mente, è possibile cominciare a coltivare il bene comune, nel terreno fertile delle fondamentali qualità umane di benevolenza e di amore.

Credo che sia importante comprendere che il lavoro interiore è sì qualcosa che compiamo nel nostro cuore, ma quello che andiamo a dissodare non è una nostra proprietà, ma una vera e propria riserva di bene a disposizione di tutti. Per me questa riflessione, solo apparentemente semplice, è in grado di risvegliare una più profonda motivazione a dedicarsi alla pratica con maggiore costanza e fiducia. Infatti può essere che abbiamo cominciato il cammino con l’idea che ci avrebbe aiutato a stare anche solo un po’ meglio. Eppure, mano a mano che coltiviamo la nostra mente-cuore, comprendiamo che possiamo stare parecchio meglio e che, dal nostro maggiore benessere, traggono beneficio anche le persone con le quali entriamo in relazione.

Essere devoti al bene, espresso nelle parole di Corrado Pensa come “definizione precisa e insieme solenne dell’amore”, appare contemporaneamente un moto di autoriflessione su se stessi e di apertura all’altro, orientato dalla sincera intenzione di comprensione, di cura, di un rinnovato incontro con la sofferenza inevitabile, fondato sull’accettazione non secondo una concezione rinunciataria e debole, ma secondo un’idea di lasciar essere che con gentilezza e delicatezza incontra limiti e fragilità che tutti condividiamo in quanto esseri umani.

C’è una bella espressione in vari autori dharmici che è caring awareness, consapevolezza sollecita. Questo significa che l’osservazione di cui stiamo parlando è sostenuta dall’intenzione di prendersi cura rimanendo ancorati all’intenzione di bene, che è poi il motore dell’intero cammino.                                   

Una lettura nutriente, parla al cuore dei praticanti che desiderano rinnovare con entusiasmo la loro motivazione alla pratica, ma anche rivolta a chiunque voglia osservarsi con onestà e sincerità, senza paura di incontrare le proprie angosce più profonde. In conclusione, Affrettati piano, nella sua accuratezza, amorevolezza, sincerità, somiglia al tocco leggero di una mano che sfiora la superficie calma di un lago a primavera e irradia sugli aspetti più bui dell’esistenza la luce di una consapevolezza tranquilla e allo stesso tempo gioiosa.

Che noi si possa essere solleciti a coltivare la pace, a scegliere pensieri, parole e azioni capaci di portare serenità nelle nostre vite. […] Che noi si possa essere sempre più aperti ad accogliere la verità che si manifesta in noi e fuori di noi. […] Che in virtù del cammino interiore noi si possa nutrire con fiducia le qualità del cuore, pronti a condividerle, perché queste, come l’amore, crescono per condivisione.

Gregoriana Labarile
26 Luglio 2018

 


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