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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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IL SERVIZIO COME ESPRESSIONE DI SE'



di Vittorio Viglienghi 
 
Parlare del servizio come di uno degli aspetti portanti della Nuova Era non è affatto semplice, soprattutto perché si tratta di un termine già ampiamente utilizzato nell’era uscente, e quindi già carico di significati, interpretazioni e contenuti che devono essere innanzitutto rimossi. E non si tratta appunto di cosa semplice, considerato lo spessore che questi engrammi ormai collaudatissimi hanno assunto nell’inconscio collettivo.
 
Quali sono infatti le interpretazioni convenzionali e scontate del termine?
In linea di massima sono due: una per così dire laica, e una religiosa, entrambe comunque caratterizzate da un netto ed esclusivo riferimento all’idealismo, che nella prima si esprime squisitamente nel concetto di volontariato, e nella seconda nell’atteggiamento di dedizione, devozione, rinuncia, oblatività, sacrificio, ecc. Si possono tutti ben riassumere nel concetto del cosiddetto “spirito di servizio”, che ha in effetti rappresentato e tuttora rappresenta un valore di punta di quest’epoca, ma che si rivela essere ampiamente insufficiente e fuorviante, se si vuole – come è mio intendimento – considerare l’argomento sullo sfondo della Nuova Era.
 
Il disinteresse, la generosità, la dedizione, la rinuncia, il servizio in nome di..., qualunque cosa o chiunque sia questo “nome”, non trova infatti spazio nella Nuova Era, e vi resta quindi estraneo. Questo perché – e non solo a livello di servizio – nella Nuova Era non esiste il lavoro in conto terzi, ma solo il lavoro in proprio. Non esistono dipendenti, ma solo liberi professionisti. Non esiste il servizio a... o l’essere al servizio di..., ma solo il servizio, e basta. Il verbo servire, cioè, si coniuga solo all’intransitivo.
 
E questo ci introduce a quella totale risignificazione del termine di servizio che è un indispensabile passaggio da realizzare per poter effettivamente collocare l’argomento nell’ottica della Nuova Era. Del vecchio concetto di servizio va recuperato giusto il termine, il nome, ben svuotato di ogni contenuto precedente. Solo a questo punto si può allora prendere in considerazione come si può configurare il tema del servizio nella Nuova Era, e qual è la nuova accezione che in essa vi assume.
 
A mio avviso, l’essenziale fattore di differenziazione del servizio nella Nuova Era risiede nel soggetto di questo servizio, che a differenza di prima è ora rappresentato dall’Io fenomenico illuminato dal Sé e non più dalla personalità, o da qualche parte di essa.
E questo che cosa implica? Implica che l’avvenuto processo di integrazione e di sviluppo della personalità, quindi di individuazione, di accentramento della coscienza nell’Io e quindi di apertura al Sé transpersonale, ha comportato un riconoscimento fondamentale, quello della realtà spirituale, o transpersonale, che sottostà al mondo fenomenico. L’accesso alla vibrazione del Sé comporta il naturale riconoscimento dell’unità essenziale di tutto ciò che è manifesto, e in particolare del principio di unanimità, vale a dire la percezione della profonda ed essenziale unità che accomuna tutti gli uomini.

Cioè il riconoscere che siamo realmente fratelli, che non siamo separati, altri da noi; l’empatizzare e il compassionare spontaneamente l’altro; il riconoscere, il rapportarsi a- e l’amare il Sé nell’altro..., vale a dire insomma il riconoscimento della fratellanza nell’accezione più ampia del termine come la dimensione più autentica – anche se profonda e non immediata – del rapporto interpersonale e di gruppo.
L’apertura della coscienza al Sé implica ancora il riconoscimento della realtà sottostante all’apparenza, lo spostamento dal mondo degli effetti a quello delle cause, l’affrancamento dai condizionamenti del passato, individuali e collettivi, la cosiddetta guarigione della “memoria” (cioè il risanamento e la bonifica dell’in-conscio), ecc.
 
Ora, se l’autentica apertura della coscienza alla vibrazione del Sé conduce inevitabilmente a questa serie di riconoscimenti, sono proprio questi stessi riconoscimenti che consentono di operare il fondamentale trasferimento dal “servizio all’ideale” al “servizio al reale”, cioè al servizio. Tutto ciò che prima era oggetto di fiducia, di fede, di speranza, di ipotesi, di aspirazione o di vaga intuizione, alla luce dell’avvenuto “riconoscimento” diventa oggetto di esperienza, e quindi di valutazione.
 
L’approccio al reale è il coronamento finale di una compiuta e lunghissima tensione all’ideale, e nello stesso tempo ne rappresenta l’esaurimento. Il servizio cambia allora repentinamente volto. Non più sostenuto dall’adesione all’ideale, si trasforma nella naturale conseguenza del riconoscimento del reale. Vale a dire, rappresenta semplicemente… il punto di vista del Sé, o dell’anima, nelle faccende quotidiane, nostre e della società in cui siamo inseriti!
 
Il servizio allora come dimensione dell’anima, che permea di sé la forma, la personalità. L’unico servizio che rimane, il servizio per eccellenza – che sostituisce e trascende tutte le precedenti, presunte forme di servizio – è allora l’esprimere e il manifestare l’anima in noi, cioè il vivere come anima.
 
Il servizio è allora far vivere e agire il Sé in noi, lasciare che la nostra personalità sia agita dal Sé. È la vita dell’anima vissuta attraverso la personalità oppure, in termini più figurati, il profumo dell’anima emanato dalla personalità. In questo senso, la qualità del nostro servizio dipenderà molto dal grado di purificazione, integrazione e allineamento della nostra personalità. Il servizio sarà spontaneo e fluido nella misura in cui sarà stabile e “pacifico” l’allineamento e il rapporto gerarchico tra il Sé e la personalità, ma anche – e forse soprattutto – nella misura in cui sarà permanente il nostro stato di autoidentificazione nel Sé. Se infatti il miglior servizio è quello di porsi al servizio del Sé, la misura della nostra autoidentificazione nel Sé determinerà poi anche la percentuale di “intransitività” e quindi di autenticità del nostro servire!
 
Questi due fattori, l’allineamento della personalità e la stabilità dell’identificazione nel Sé sono dunque quelli che determinano la qualità del servizio espresso. Qualità che è variabile caso per caso, e momento per momento. Infatti, se da un lato la presenza stessa della dimensione del servizio – cioè del viversi come anima e del vivere come anima – essendo la qualità transpersonale per eccellenza già di per sé denuncia un notevole grado di avanzamento nella propria psicosintesi individuale, nonché l’avvenuto superamento di alcuni passaggi critici di questo processo, da un altro lato l’interazione dell’energia dell’anima sulla personalità non sempre è facile, né tantomeno spontanea, se non a livelli veramente avanzati di integrazione della personalità e di progresso nel cammino spirituale.

Si può anzi dire che è proprio nella costruzione di un rapporto dinamico tra Sé e personalità che si sviluppa la prima direttrice del servizio. Ed è proprio per questo che è lecito, e anche doveroso riconoscere che il primo servizio è verso se stessi.
 
In questo senso, si può allora dire che il servizio si esprima attraverso l’“asservimento” delle energie dell’Eros al principio direttivo del Logos, implicando quindi un preciso senso di direzionalità e finalizzazione, ovvero il passaggio da un’espressione autonoma, spontanea e diffluente delle energie dell’Eros a una loro utilizzazione specifica, finalizzata e diretta; ovvero da un livello entropico di dispersione di queste energie primarie ad un livello sintropico di utilizzazione delle stesse.

Servizio è asservire la forma al proposito, al principio direttivo. È la cooptazione della personalità nel servizio al progetto del Sé. Le istanze della personalità cedono il passo progressivamente alle istanze del Sé, cioè di gruppo, cioè alla dimensione transpersonale. La dimensione personale – una volta interamente sviluppata e integrata – viene così progressivamente asservita a quella transpersonale.
 
Questo processo di qualificazione e direzionamento delle energie della personalità, specialmente all’inizio, è ovviamente quasi sempre conflittuale e contradditorio, per cui spesso accade che la dimensione del servizio venga magari intravista e riconosciuta, ma non poi espressa e attuata. Vi sono allora tecniche, strumenti che si rivelano di grande utilità in questo impegno di apertura al servizio.

Una di queste tecniche è rappresentata ad esempio dall’immaginazione. A volte infatti il riconoscimento non è chiaro, non è completo, e quindi va verificato con un atteggiamento sperimentale, con l’uso appunto dell’immaginazione. Il viversi come anima è in fondo un impegno all’autocreazione, è l’impegno ad un percorso che è unico per ciascuno, che non ha punti di riferimento precisissimi o inequivocabili (ma solo indicazioni), e che va quindi costruito da parte di ciascuno anche con una buona dose di fantasia e di inventiva.
 
Ritornando ora al concetto di servizio come espressione del vivere come anima, è interessante, e molto significativo, ipotizzare un accostamento tra il rapporto Io/volontà e quello Sé/servizio. Il servizio sta al Sé come la volontà sta all’Io. Ne rappresenta cioè la “funzione” più vicina, più prossima. Come tale il servizio parteciperà intimamente di quelle che sono le diverse dimensioni del Sé. Quella “discendente” verso il proprio veicolo di manifestazione, la personalità, tramite l’Io; quella “orizzontale” verso il regno delle anime, dell’Unico Sé; e infine quella “verticale” verso la dimensione assoluta dello Spirito.
 
Genericamente parlando, si può dire che questa partecipazione si traduca nella ricerca, nel riconoscimento e nell’espressione conseguente di quei “principi” fondamentali noumenici che presiedono alla manifestazione della vita, in particolare nella Nuova Era. E cioè il principio della buona volontà, dell’unanimità e della presenza di una divinità essenziale che accomuna nel profondo tutto ciò che esiste. E questo in una triplice direzione: all’interno di noi, tra noi e gli altri, e tra noi e il più grande organismo di cui siamo parte, corrispondentemente appunto alla triplice natura del Sé: individuale, collettiva e universale.1
 
In questa accezione di vivere come anima, il servizio è appunto caratterizzato dall’espressione dell’aspetto qualitativo, che è poi quello specifico dell’anima stessa. Infondere la qualità dell’anima in ogni aspetto della nostra vita, anzi della vita: ecco un’altra possibile definizione di servizio. Qualità che sarà essenzialmente quella dell’amore, un amore illuminato e forte. Un amore che ha mille modi di esprimersi, nelle tre direttrici d’azione: ad esempio come comprensione amorevole, compassione, irradiazione, benedizione, ecc., ma sempre relativi ad un atteggiamento, ad un’attitudine interiore, e non ad azioni specifiche. Il servizio in quanto aspetto d’espressione d’amore non può rappresentare altro che una dimensione qualitativa, e non quantitativa. Dipende insomma da come facciamo le cose, e non da che cosa facciamo.
 
Un aspetto particolare e privilegiato in cui si esprime l’amore e quindi il servizio è poi quello educativo, educazione di noi stessi ed educazione degli altri. Educazione che nella sua accezione più alta altro non è se non l’impegno continuo alla realizzazione di sé e degli altri. Cioè l’impegno – se rivolto a se stessi – a vivere sempre al massimo delle proprie possibilità e a rendere attuali le proprie potenzialità, e – se rivolto all’esterno – ad attivare negli altri la loro coscienza di sé, ad accendere la loro autocoscienza.

Evocare infatti nell’altro la sua autoidentificazione nel Sé è senza dubbio quanto di più alto si possa pensare di “educere” in lui. E anche questo è servizio, per eccellenza. Viversi come anima, per vivere l’altro come anima, affinché anche l’altro infine si possa vivere come anima. Questa è la carità più alta, questa è la massima espressione d’amore a livello interpersonale, e nello stesso tempo è anche la forma di servizio più praticabile che ci si possa proporre. Perché in fondo dipende solo dalla presenza, dalla presenza sì di qualcun altro, ma soprattutto dalla “presenza” di noi a noi stessi, e alla “presenza” dell’altro. Di nuovo, dipende cioè solo da un atteggiamento qualitativo della nostra coscienza.
 
A conferma poi del fatto che il miglior insegnamento è dato dall’esempio, in altri termini si può anche dire che l’impegno a realizzare la nostra natura profonda ci costituisce di riflesso a diapason viventi per coloro che sono alla ricerca del loro accordo. È solo un’anima risvegliata che può risvegliare altre anime! E questo è un interessante esempio di come inevitabilmente – quando si parla di una qualità transpersonale – sia difficile distinguere tra l’aspetto individuale e quello collettivo, proprio perché essi sono compenetrati. Il servizio come autoeducazione non è distinguibile dal servizio come educazione. Ed è in quest’ottica che il famoso dettato evangelico: “Ama il prossimo tuo come te stesso” diventa soltanto inevitabile, un semplice dato di fatto.
 
Vi è poi da considerare la terza grande direttrice di servizio, che a sua volta trae origine da un nuovo riconoscimento, che è quello della propria appartenenza ad un più grande organismo che ci comprende, e di cui facciamo parte; cioè dall’intuizione della reale consistenza della dimensione planetaria in cui siamo inseriti.

Quello stesso concetto di interdipendenza che è ormai così ampiamente riconosciuto sul piano fisico – a livello ad esempio economico, demografico, ecologico, ecc. – viene cioè proiettato anche sugli altri piani: emotivo, mentale e intuitivo, dilatando così alla dimensione planetaria il raggio del proprio servizio. Che si apre infatti ad una gamma inesauribile di interventi, considerato il grado di “inquinamento” che affligge i cosiddetti piani sottili del Pianeta, e di cui l’inquinamento ambientale e atmosferico non sono altro che l’inevitabile riflesso; e considerato anche il ruolo fondamentale che l’uomo detiene nei confronti degli altri regni di natura, in ordine al loro processo evolutivo, e quindi anche a quello globale dell’organismo planetario.
 
Dedicarsi all’ecologia del Pianeta, alla bonifica e alla “guarigione” di tutti i suoi livelli, a cominciare da quelli emotivo e mentale, configura quindi una dimensione totale di servizio che può fra l’altro essere svolta benissimo anche solo tra le mura della propria casa, come un tempo lo era da pochi “servitori” all’interno delle loro grotte...
 
Il riconoscimento della realtà concreta dell’inconscio collettivo – a livello emotivo, mentale e spirituale – e la profonda comprensione delle leggi della psicodinamica e della portata delle loro implicazioni, ha in altre parole definito una nuova enorme area di intervento, o di servizio, che nel nostro linguaggio si potrebbe anche definire come psicosintesi sociale. Se è vero che 1’energia segue il pensiero, e se la forma altro non è che un pensiero aggregato di desiderio, allora diventa consequenziale riconoscere che il destino non soltanto dell’umanità, ma dell’intero Pianeta, risiede di fatto nelle mani dell’uomo, anzi nella sua coscienza.

Farsi carico, per la propria parte, di questa responsabilità, di questo diritto/dovere, significa in fondo recuperarsi alla propria realtà più profonda e più nobile, e cominciare ad esperire una prima dimensione universale di servizio.
 
Rispetto infine alla specificità del servizio, quelli che abbiamo finora considerato sono aspetti del servizio che sono di natura propriamente collettiva, e quindi ugualmente validi per tutti, appunto perché relativi alla dimensione qualitativa del servizio stesso, che abbiamo visto riassumersi nell’atteggiamento di vivere come anima. Questi aspetti sono senz’altro i più interessanti e meritevoli d’attenzione e di studio, sia perché sono generali, sono gli stessi per tutti, sia perché – anche se in misura diversa – sono alla portata di tutti coloro che nel proprio cammino evolutivo cominciano ad aprirsi coscientemente alla dimensione transpersonale.
 
Nei casi in cui il rapporto, l’avvicinamento e l’identificazione con il Sé siano abbastanza approfonditi, può tuttavia accadere che il servizio assuma anche per l’individuo una connotazione specifica, si estrinsechi cioè anche in una dimensione “quantitativa”, che si aggiunge così a quella qualitativa.

Per chi in coscienza incomincia ad essere responsivo alla volontà transpersonale, l’intuizione di quello che si intravede essere il progetto, il proposito del Sé si traduce inevitabilmente nell’investimento mirato e selettivo della propria personalità – ormai recuperata ad un rapporto puramente strumentale – in una specifica direzione di servizio. Che viene così ad assumere, oltre all’aspetto qualitativo, anche un preciso contenuto, un suo aspetto formale.
 
Ed è soltanto adesso, con questo preciso e imprescindibile passaggio, che anche la personalità – definitivamente consacrata e conquistata alla prospettiva dell’anima – può infine autenticamente accedere alla dimensione del servizio. È soltanto l’illuminato riconoscimento della “vocazione” del Sé, di una vocazione che è ormai riconosciuta propria da una coscienza che ormai si riconosce nel Sé, che promuove la personalità alla dimensione del servizio.
 
Al servizio dell’anima aggiungendo così infine quello della personalità, con tutto il suo prezioso corredo di potenza proprio del piano fisico. Direzionato dal proposito, qualificato dall’anima, agito nella forma, il servizio si rivela allora nel suo significato ultimo.

Vittorio Viglienghi
(Archivio personale - Psicoenergetica.it)
 

1 A questo proposito in Archivio Assagioli Online - AS - ID Doc. 13248 Assagioli scrive: “Differenza tra: 1. Sé Superiore (collocato nel supercosciente); 2. Il Sé Supremo (la “Stella”); 3. L’unico Sé Universale. [traduzione dall’inglese dell’autore].


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