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è chiamata libero mercato

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L'ECOLOGIA IN PRATICA
UNO STILE DI VITA NATURALE
PER SE' E PER IL PIANETA
L'ECOLOGIA IN PRATICA
Sono la natura
sono la terra.
i miei occhi sono il cielo,
le mie membra gli alberi.
Sono la roccia,
la profondità dell'acqua,
non sono qui per dominare
la Natura.
Io stesso sono la Natura.

Indiani Hopi

Questa terra é sacra
<b>Questa terra é sacra</b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
ONDE DI CRESCITA INTERIORE
ONDE DI CRESCITA INTERIORE La crisi ecologica - ovvero il principale problema di Gaia - non è l’inquinamento, i rifiuti tossici, il buco nell’ozono o qualcosa del genere. Il principale problema di Gaia è che un numero non sufficiente di esseri umani si è sviluppato ai livelli di coscienza postconvenzionali, planetari e globali in cui sarebbero spinti automaticamente alla cura per il globale comune. E gli esseri umani sviluppano questi livelli postconvenzionali, non imparando la teoria dei sistemi, ma passando attraverso almeno una mezza dozzina delle principali trasformazioni interiori, che vanno dall’egocentrico all’etnocentrico al mondocentrico, punto in cui e non prima, possono risvegliarsi a una profonda e autentica cura per Gaia. La prima cura per la crisi ecologica non consiste nell’imparare che Gaia è la Rete della Vita, per quanto vero ciò sia, ma nel promuovere queste numerose e ardue onde di crescita interiore, nessuna delle quali viene indicata dalla maggior parte di questi approcci del nuovo paradigma.
Continua... 
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE 1 L’Italia vive l’anomalia di un nuovo Medioevo. Più che in altri paesi, è visibile in Italia l’emergenza ecologica, il degrado sociale e la crisi di fondamentali valori etici; permangono aree vaste di ignoranza, incapacità, ingiustizia. Meno facilmente che altri paesi, l’Italia quindi può affrontare la conversione ecologica delle attività economiche, il risanamento ambientale e morale del paese, la partecipazione diretta delle persone alla attività sociale ed una effettiva realizzazione di una sana cultura dei diritti e dei doveri che dovrebbero regolare ed ispirare la vita sociale collettiva. 2 Sia in Europa che nel resto del pianeta, vi è una tripla crisi :a) economica e finanziaria (causata da un modello di crescita superato) b) ambientale conseguente, c) socio-culturale. Tre grandi crisi che non trovano più risposte adeguate dal sistema della politica: non dai partiti socialdemocratici in crisi dappertutto e neppure dall’egoismo sociale e dall’indifferenza ambientale dei vari partiti conservatori. Solo un modello sociale e produttivo eco-orientato ed eco-sostenibile, che all’idea di una crescita senza limiti sostituisca un idea di sobrietà, che non escluda anche l’utilità di avere aree di decrescita virtuosa e felice, può essere in grado di affrontare le difficoltà del presente. ...Continua...
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO di Maneka Gandhi

Mangiare carne è una delle maggiori cause della distruzione ambientale. Ogni specie non solo ha il diritto di vivere, ma la sua vita è essenziale per il benessere dell’umanità. Ciò che chiamiamo sviluppo, cioè la sterile città nella quale portiamo i nostri cani al guinzaglio, non è vita. Ci abituiamo così velocemente al malessere, alla tensione, alle carestie e alle alluvioni che pensiamo che i pezzi di carta che teniamo in tasca possano sostituire un corpo sano e una mente gioiosa. Scegliamo di non sapere che, praticamente tutte le nostre malattie sono causate dalla mutilazione e dall’uccisione di animali: dai 70.000 acri di foresta pluviale del Sudamerica abbattuti ogni giorno – che in gran parte servono per far pascolare il bestiame – fino al virus Ebola, proveniente dalle scimmie strappate dal loro habitat naturale in Africa allo scopo di fare esperimenti. Abbiamo ottenuto più cibo uccidendo i lombrichi con le nostre sostanze chimiche o abbiamo ottenuto più malattie? Abbiamo ottenuto una salute vigorosa allevando forzatamente bestiame per il latte e la carne, o abbiamo piuttosto ottenuto emissioni di gas metano che hanno contribuito enormemente all’effetto serra, mettendo in pericolo la vita del pianeta? Continua...

LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE
LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE

di Lester Brown

Per creare una economia sostenibile bisognerà sostenere una rivoluzione ambientale, come è avvenuto per quella agricola e industriale. Alla fine del libro Piccolo è bello, Schumacher parla di una società che violenta la natura e danneggia gli esseri umani e, da quando queste parole sono state scritte, diciotto anni fa, abbiamo potuto vedere con maggiore evidenza i modi con i quali la nostra società agisce proprio in quella direzione.Mi trovavo all’aeroporto di Dulles e presi una copia del US News and World Report, che conteneva un editoriale di David Gergen, un alto funzionario dell’Ufficio Stampa di Reagan alla Casa Bianca. L’articolo descriveva quello che stava accadendo oggi alla società americana e l’autore affermava che, in un certo senso, abbiamo perso la strada. Continua...

RISPETTA LA (TUA) NATURA
<b>RISPETTA LA (TUA) NATURA </b> Michele Vignodelli

Il nostro corpo e la nostra mente sono meraviglie naturali in pericolo, da difendere come le foreste, i fiumi, il mare e le montagne. Sono continuamente aggrediti dal sistema tecnologico ed economico che ci governa, proprio come il resto del mondo naturale.
Non potremo mai rispettare e vivere veramente la suprema bellezza e armonia della natura esterna se non cominciamo da noi stessi. Eppure esiste una spaventosa ignoranza sulla nostra natura interna, che fa pensare a una congiura del silenzio.
Negli ultimi anni sono emerse abbondanti prove dell’esistenza di
Continua...
RICORDO DI IVAN ILLICH
RICORDO DI IVAN ILLICH


di Giannozzo Pucci *

Il primo libro di Illich, pubblicato alla fine degli anni '60, riguarda appunto la Chiesa nel processo di trasformazione della società moderna (The Church, change and development).
Il secondo, del 1970, intitolato "Celebration of Awareness (Celebrazione della consapevolezza": un appello alla rivoluzione istituzionale), è contro le certezze delle istituzioni che imprigionano l'immaginazione e rendono insensibile il cuore.
Poi, nel 1971, esce "Descolarizzare la società", che è stato al centro del dibattito pedagogico internazionale con la tesi che la scuola produce la paralisi dell'apprendimento e danneggia i ragazzi, educandoli a diventare meri funzionari della macchina sociale moderna. Convinto che il sistema educativo occidentale fosse al collasso sotto il peso della burocrazia, dei dati e del culto del professionalismo, combatteva i diplomi, i certificati, le lauree,
Continua...

LA VENDETTA DI GAIA
LA VENDETTA DI GAIA

di James Lovelock

La vendetta di Gaia : assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita, ai danni dell'organismo vivente che ci ospita. Ora, assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Il parassita e' un essere che vive a spese di un altro organismo. Se ne nutre, cresce, si riproduce e prospera. Eppure, la sua non e' una strategia lungimirante. Le energie dell'organismo ospite diminuiscono giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Finche' un giorno accade l'inevitabile: l'organismo ospite si avvia a una fine certa. E il parassita, senza risorse, e' destinato a scomparire. Questa immagine e' la perfetta metafora della storia della specie umana. A dimostrarlo sono i fatti. Migliaia di anni di occupazione del pianeta hanno provocato distruzione degli habitat, estinzione di molte specie, emissioni record di gas serra in atmosfera e nubi di polveri sottili nell'emisfero nord e sulle metropoli. Un'aggressione prolungata alla quale la Terra ora reagisce innescando una lunga serie di disastri naturali, quali inondazioni e uragani, sempre piu' numerosi e violenti, ed eventi climatici estremi, come estati torride e punte di freddo anomalo. Il pianeta che abitiamo non ha piu' anticorpi per difendersi. E allora attacca.
Lo sostiene a gran voce uno scienziato autorevole e indipendente, James Lovelock, nel suo nuovo libro, The revenge of Gaia (La vendetta di Gaia) in uscita il 2 febbraio in Gran Bretagna! . Il nostro mondo, afferma, potrebbe avere superato il punto d! i non ritorno: la soglia oltre la quale non possiamo fare piu' nulla per evitare che, entro la fine del secolo, i cambiamenti causati dall'attivita' umana distruggano la nostra civilta' Continua....
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LA LORO ECOLOGIA E LA NOSTRA


II filosofo Andre Gorz, capace di guardare nel futuro, aveva previsto, in questo testo apparso nel 1974, il recupero dell’ecologia da parte dell’industria, dei gruppi finanziari – in una parola, da parte del capitalismo.
EVOCARE L’ECOLOGIA è come parlare del suffragio universale e del riposo domenicale: in un primo tempo, tutti i borghesi e tutti i partigiani dell’ordine costituito vi dicono che volete la loro rovina, il trionfo dell’anarchia e dell’oscurantismo. Poi, in un secondo tempo, quando la forza delle cose e la pressione popolare diventano insostenibili, vi sì accorda quel che si respingeva il giorno precedente e, fondamentalmente, non cambia nulla.


Sono numerosi coloro che, fra gli industriali, si rifiutino di tener conto delle esigenze ecologiche. Ma queste hanno già cosi tanti sostenitori capitalisti che la loro accettazione da parte delle potenze economiche sta diventando una possibilità concreta. Allora tanto vale, sin da ora, non giocare a nascondino: la battaglia ecologista non è un fine in sé, ma una tappa. Essa può creare delle difficoltà al capitalismo e obbligarlo a cambiare; ma quando, dopo aver a lungo resistito con la forza e l’inganno, alla fine esso cederà poiché l’impasse ecologica sarà diventata ineluttabile, integrerà questa costrizione come ha integrato tutte le altre.


Perciò bisogna subito porre la questione apertamente: che cosa vogliamo noi? Un capitalismo che si adatti alle costrizioni ecologiche o una rivoluzione economica, sociale e culturale che abolisca le costrizioni del capitalismo e, di conseguenza, instauri un nuovo rapporto degli uomini con la collettività, il proprio ambiente e la natura? Riforma o rivoluzione? Non dite assolutamente che questo problema è secondario e che l’importante è non insozzare il pianeta al punto da renderlo inabitabile. Perché neanche la sopravvivenza e un fine in sé: vale la pena sopravvivere, come si domanda Ivan Illich, in «un mondo trasformato in un ospedale globale, in una scuola globale, in una prigione globale e dove il compito principale degli ingegneri dell’anima sarà fabbricare uomini adatti a questa condizione?» [...]


È meglio tentare di definire, sin dall’inizio, per cosa si lotta e non solamente contro cosa. Ed è meglio tentare di prevedere come il capitalismo sarà colpito e trasformalo dalle costrizioni ecologiche, piuttosto che ritenere che esse provocheranno la sua scomparsa e nient’altro. Ma, innanzitutto, che cos’è, in termini economici, una costrizione ecologica? Prendete, per esempio, i giganteschi complessi chimici della valle del Reno a Ludwigshafen (Basf), a Leverku-sen (Bayer) o Rotterdam (Akzo). Ogni complesso combina i seguenti fattori: • risorse naturali (aria, acqua, minerali) che erano finora ritenute gratuite perché esse non potevano essere riprodotte (rimpiazzate);


• mezzi di produzione (macchine, edifici), che costituiscono capitale immobile, che deperiscono e che bisogna dunque rimpiaz zare (la riproduzione), preferibilmente con mezzi più potenti e più efficaci, in grado di fornire all’impresa un vantaggio sui propri concorrenti;
• forza lavoro umana che richiede anch’essa di essere riprodotta (è necessario nutrire, curare, alloggiare, educare i lavoratori). Nell’economia capitalista, la combinazione di questi fattori, in seno al processo produttivo, ha come obiettivo prevalente il massimo del profitto possibile (il che, per un’impresa preoccupata del proprio avvenire, significa anche: il massimo della potenza, quindi di investimenti, di presenza sul mercato mondiale). La ricerca di questo risultato si ripercuote profondamente sul modo in cui i differenti fattori sono combinati e sull’importanza relativa che è assegnata a ciascuno di loro.
L’impresa, per esempio, non si chiede mai come fare perché il lavoro sia più piacevole, la fabbrica tuteli al meglio gli equilibri naturali e lo spazio di vita delle persone, i propri prodotti rispettino gli obiettivi che si danno le comunità umane. [...]


Ma ecco che, soprattutto nella valle del Reno, l’affollamento umano, inquinamento dell’aria e dell’acqua hanno raggiunto un grado tale che l’industria chimica, per continuare a credere o che soltanto a funzionare, si vede costretta a filtrare i propri fumi e scarichi, ovvero a riprodurre delle condizioni e delle risorse che finora, erano considerate «naturali» e gratuite. Questa necessita di riprodurre l’ambiente inciderà in maniera evidente- bisogna investire sull’inquinamento, quindi accrescere la massa di capitali immobili; è necessario, poi, assicurare l’ammortamento (la riproduzione) degli impianti di depurazione: e il prodotto di questi ultima (la proprietà relativa dell’aria e dell’acqua) non può essere venduto con profitto. C’è insomma un aumento simultaneo del peso del capitale investito (della «composizione organica»), del costo di riproduzione di quest ultimo e dei costi di produzione, senza un corrispondente aumento delle vendite. Di conseguenza, delle due l’una o il margine di profitto si abbassa,oppure il prezzo dei prodotti aumenta. L’impresa cercherà evidentemente di alzare i suoi prezzi di vendita. Ma non ne uscirà fuori cosi facilmente: tutte le altre ditte inquinanti (cementifìci, metallurgia, siderurgia, ecc.) cercheranno, anch’esse, dì far pagare i propri prodotti più cari per il consumatore finale. Prendere in conto le esigenze ecologiche avrà infine questa conseguenza: i prezzi tenderanno ad aumentare più velocemente dei salari reali, dunque il potere d’acquisto del popolo sarà compresso e tutto avverrà come se il costo dell’inquinamento fosse prelevato dalle risorse di cui dispongono le persone per comprare le merci.


La produzione di queste ultime tenderà quindi a stagnare o ad abbassarsi; ciò aggraverà la predisposizione alla recessione o alla crisi. E tale arretramento della crescita e della produzione che, in un altro sistema, sarebbe potuto essere un bene (meno automobili, meno rumore, più aria, giornate di lavoro più corte, ecc), avrà degli effetti completamente negativi; le produzioni inquinanti diventeranno dei beni di lusso, inaccessibili alla massa, senza smettere di essere alla portata dei privilegiati; le disuguaglianze si approfondiranno; i poveri diventeranno relativamente più poveri e i ricchi più ricchi.
L’assunzione dei costi ecologici avrà, insomma, gli stessi effetti sociali ed economici della crisi petrolifera. E il capitalismo, lungi dal cedere alla crisi, la guiderà come ha sempre fatto: dei gruppi finanziari ben piazzati approfitteranno delle difficoltà dei gruppi rivali per assorbirli a basso costo ed estendere il proprio dominio sull’economia. Il potere centrale rafforzerà il suo controllo sulla società: tecnocrati calcoleranno livelli «ottimali» di inquinamento e produzione, promulgheranno regolamenti, estenderanno i domini della «vita programmata» e il campo di attività dei dispositivi di repressione. [...]


Dite che nulla di tutto ciò è inevitabile? Certo. Ma è proprio ciò che rischia di accadere se il capitalismo è costretto ad assumersi i costi ecologici senza che un attacco politico, lanciato a tutti i livelli, gli strappi il controllo delle operazioni e gli opponga tutto un altro progetto di società e di civiltà. Perché i partigiani della crescita hanno ragione almeno su un punto: nel quadro dell’attuale società e dell’attuale modello di consumo, fondati sulla disuguaglianza, il privilegio e la ricerca del profitto, la non-crescita o la crescita negativa possono soltanto significare stagnazione, disoccupazione, crescita dello scarto che separa ricchi e poveri. Nel quadro dell’attuale modello di produzione, non è possibile limitare o bloccare la crescita ripartendo al contempo più equamente i beni disponibili.


Finché si ragionerà all’interno di questa civiltà non egualitaria, la crescita apparirà alla massa delle persone come la promessa -per quanto completamente illusoria – che un giorno esse smetteranno di essere «sotto-privilegiate», e la non-crescita apparirà come la loro condanna alla mediocrità senza speranza. Perciò non è tanto la crescita che bisogna combattere quanto la mistificazione che essa comporta, la dinamica dei bisogni crescenti e continuamente frustrati sulla quale essa riposa, la competizione a cui essa predispone incitando gli individui a voler innalzarsi, ciascuno, «al di sopra» degli altri. Il motto di questa società potrebbe essere: Ciò che è bene per tutti non vale niente. Tu sarai rispettabile solo se hai «meglio» degli altri.
Ora, è l’inverso che bisogna affermare per rompere con l’ideologia della crescita: È degno di te solo ciò che è bene per tutti. Merita di essere prodotto solo ciò che non privilegia né umilia alcuno. Possiamo essere più felici con meno opulenza, perché in una società senza privilegi, non ci sono poveri.

(Traduzione di V. C.)

* Andre Gorz è morto nel settembre del 2007. Questo testo,apparso nell’aprile del 1974 nel mensile ecologista Le Sauvage,è stato pubblicato nel 1915 dalle edizioni Galilée, con La firma di Michel Bosquet, pseudonimo di Gorz. come introduzione alla raccolta Ecologie et politique; trad. it. Ecologìa e polìtica, Cappelli, 1978.

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