ELEZIONI: DOPO IL VOTO NULLA SARA' COME PRIMA
di Massimo Marino
Ad un anno esatto dal referendum costituzionale, dove il successo del NO ha bloccato il tentativo di rottamazione di parti vitali della Costituzione (e indirettamente dell’Italicum) e a 24 ore dall’assemblea romana in cui sarebbe nato qualcosa di nuovo a sinistra è difficile trovare o sostenere commenti entusiasti e neppure auspici di un futuro radioso. I commenti, quando espressi con sincerità, sono perlopiù desolanti. Ma resta da comprendere perché siamo a questo punto e perché la strada del cambiamento, anche per chi dà un qualche credito e qualche chance al M5Stelle, si è fatta nell’ultimo anno ancora più stretta.
Lorenza Carlassare (costituzionalista per il NO, di Libertà e Giustizia): «Il 4 dicembre abbiamo ottenuto una vittoria schiacciante. Ma ha prodotto un effetto molto modesto sul sistema politico. Naturalmente abbiamo evitato guai peggiori, eppure dietro quei tantissimi “No” al referendum costituzionale c’erano delle richieste che sono andate deluse. Non c’è stato il cambiamento che era lecito sperare. Se devo cercare le ragioni di questa delusione non posso che partire dal ruolo di Renzi».
Antonio Floridia (Ricercatore su Partecipazione e sistemi elettorali): “A un anno dal referendum che ha affossato anche la legge elettorale, l’Italicum, che della riforma costituzionale renziana era il naturale complemento, ci ritroviamo con un nuovo sistema elettorale, di cui si è detto e si dovrà continuare a dire tutto il male possibile. Tutto inutile, dunque? La vittoria del “No” non ha lasciato alcun segno? .. Lungi dall’essere una sciagura, il ritorno a un sistema limpidamente proporzionale – con una soglia di sbarramento non aggirabile al 4 o al 5 per cento – potrebbe rappresentare il solo terreno su cui almeno provare a invertire un radicale processo di delegittimazione delle istituzioni democratiche “
Aldo Giannuli (storico, ricercatore e blogger): “ Cosa sta succedendo sul palcoscenico della politica italiana? Niente. Per carità, non manca il trambusto ed anzi ce ne è troppo: frenetici cambi di casacca, nuovi-vecchi partiti che si riciclano, promesse elettorali a spam, colpi di scena e frettolosi abbandoni della barca che affonda, ma nulla che abbia un senso o qualche valore politico...”
Loris Caruso (ricercatore all’Università di Milano e Torino su il manifesto):” Lo spettacolo di sé che la sinistra italiana sta dando in questi mesi impone una riflessione.. Da dieci anni la sinistra italiana non fa altro che provare a ricostruirsi sul terreno elettorale. Senza riuscirci. Anzi, andando incontro ad avvitamenti sempre più paradossali. Dalle forze che hanno governato con Prodi non è mai potuto nascere un nuovo progetto politico...”
Guido Viale (ecologista, economista, su Pangea):” per me il concetto di ‘sinistra’ non si può più riabilitare. Molto semplicemente, non ha più alcun senso. La stessa sterile battaglia che si fa per capire quanto a sinistra o a centro-sinistra, con il trattino o senza, sia un partito o l’altro, denota il vuoto totale dei temi sui quali ci si dovrebbe confrontare. Io ho partecipato come promotore a tre esperimenti falliti: ‘Alba’, ‘Cambiare si può’ e ‘L’altra Europa con Tsipras’. In tutti e tre i tentativi, dove, nonostante le ripetute insistenze, non c’era la parola ‘sinistra’, si è cercato di misurarsi su cose da fare .. vedo che la battaglia, tra D’Alema, Bersani, Civati, è ancora sul misurare il grado di ‘sinistra’ che ciascuno ha nel sangue.”
Proviamo però ad approfondire un po’ andando oltre un condivisibile pessimismo.
Il referendum del 4 dicembre scorso (è bene ricordare non promosso da alcuno ma di fatto obbligato dalle regole costituzionali) è stato un miracoloso sussulto salito dal profondo del paese che, come nel 2011, ha visto fondersi insieme per un momento temi, richieste e proteste di quella parte quasi maggioritaria del paese, che normalmente nessuno (movimento, partito o coalizione, neppure i 5stelle) è in grado neanche lontanamente di rappresentare stabilmente: la difesa della Costituzione, il rigetto del renzismo, il rifiuto della precarietà sociale diventata norma.
I sostenitori organizzati del NO invece provenivano in gran parte da una serie ripetuta e prolungata di clamorose sconfitte che ne avevano ripetutamente mostrato l’inadeguatezza per un percorso credibile di cambiamento. Malgrado che il vecchio sistema dei partiti andasse lentamente a pezzi fra subordinazione ai potenti, corruzione e clientelismo era fallita fra ambiguità e divisioni la cosiddetta primavera dei 12 referendum, era fallito quello delle regioni contro le trivelle.
Tutta la problematica ambientale era stata da anni archiviata senza rilevanti movimenti di opposizione (inceneritori, tav, declino delle rinnovabili negli ultimi tre anni, inversione di tendenza delle emissioni malgrado COP 21, ripresa del mercato dell’auto invece della espansione della mobilità collettiva, stallo del recupero e riciclo dei materiali in moltissimi comuni.. ). Fallimenti ripetuti , dopo anni di annunci, dei progetti di far nascere dal basso un nuova ipotesi di alternativa radicale unita e larga, sia a sinistra sia nel campo ecologista. Una telenovelas per il momento chiusa con il cartello elettorale di MDP, Sinistra Italiana e Possibile nato ieri a Roma.
Che ha scavalcato, lasciato fuori, o perduto, oltre ad alcuni vecchi concorrenti, gran parte di quelli che potevano essere nuovi e un po’ più interessanti protagonisti. Che è unito in una analisi banalmente ostile del M5Stelle invece di cercarlo come possibile compagno di strada.
Non è nato nessun partito nuovo, neanche una confederazione di soggetti diversi. Il programma verrà steso nelle prossime settimane (e ci sarà da ridere...). Il nome sembra essere quello annunciato da Grasso, fino ad un mese fa esponente ed iscritto del PD. Quanto staranno insieme quei possibili 30 eletti dal giorno dopo il voto ? E per fare cosa, con chi? Non prendiamoli troppo sul serio. Nessuno si è sciolto in niente e il giorno dopo il voto si vedrà..
Certo si può fare anche peggio: la pazzia napoletana di presentare un’altra lista o almeno darne l’illusione, come al solito fuori tempo massimo e quando l’ennesima occasione di aggregazione sostenibile è stata persa. La sinistra italiana è innamorata (sempre delusa) delle elezioni e non concepisce l’idea che si possano costruire progetti e grandi aggregazioni lontano dal voto, costruite in un giusto equilibrio fra la base e la necessaria espressione di leadership.
Il Rosatellum è l’ennesimo tentativo di impedire l’espressione di un sistema proporzionale con una adeguata soglia per rappresentare il voto espresso dagli elettori (il 3% è troppo basso, facilita il proliferare di liste costruite per l’occasione e disincentiva la spinta a costruire fusioni vere e stabili di forze simili e la nascita di partiti seri e duraturi). Le liste finte sono già state preannunciate dalla nascita negli ultimi mesi di 6-7 gruppi parlamentari nuovi i quali avranno titolo a presentare le liste senza raccolta di firme ne per la Camera ne per il Senato. I collegi uninominali con la possibilità di coalizioni (che il giorno dopo il voto possono dissolversi in un baleno) sono un vero e proprio imbroglio per l’elettore, che vota il rappresentante di una coalizione nel suo collegio senza sapere che un minuto dopo la chiusura dei seggi quella coalizione di fatto potrebbe non avere più alcuna consistenza.
Il meccanismo è stato costruito con precisione in funzione anti M5S ed è molto efficace per la raccolta clientelare e per favorire i vari tipi di fenomeni corruttivi in ambito locale. Singolare che si sia posta l’attenzione prevalente sul problema delle preferenze e delle cosiddette liste bloccate. Questione irrilevante e per giunta discutibile. Quale differenza fa votare il nome scelto dal partito o votarlo fra i tre o quattro presentati dallo stesso partito ?
L’enigma tripolare
In un sistema momentaneamente tripolare basato su un apparente equilibrio di forze, con in aggiunta una quinta colonna della stabilità del sistema attuale dato da un astensionismo vicino alla metà degli elettori, non ci sono soluzioni possibili se non si trovano antidoti alla frammentazione sociale che non dà a nessuno un vero mandato per una profonda riforma ( bella o brutta che sia) della società italiana.
Le elezione del prossimo marzo chiudono un epoca storica di 25 anni.
Dopo il voto nulla sarà più, per necessità, come prima.
Che si passi per una nuova coalizione fra centro-destra e centrosinistra (con le probabili perdite di pezzi al loro interno) o che si assista al problematico tentativo di formare un governo da parte del M5Stelle è molto alta la probabilità di tornare al voto in tempi brevi e riaprire il tema delle regole elettorali. E’ mia opinione che un sistema tripolare tende rapidamente ad essere sostituito da uno sgradevolissimo bipolarismo imposto (del resto in crisi in tutto il mondo). In questo caso la volontà degli elettori di fatto evapora.
Oppure - più difficilmente – il bipolarismo può dar luogo ad un equilibrato e più auspicabile pluralismo in cui l’idea di società futura che si propone ed il rapporto con i vari settori sociali del paese, possano ritornare al centro del confronto politico detto democratico.
Massimo Marino
Torino, 05-12-2017
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