I conflitti armati che hanno funestato il secolo che volge al termine, e non sembrano destinati a cessare, sono la prova di quanto sia illusoria l'idea del "pacifismo lacrimoso" di cui parla Aldous Huxley: l'idea cioè che basti mostrare agli uomini le crudeltà della guerra perchè essi finalmente vi rinuncino. E' urgente invece, secondo Eibl-Eibesfeldt , elaborare una nuova cultura della pace che, spazzando via ogni pregiudizo antropocentrico, riconosca la realtà istintuale che condiziona i nostri comportamenti.
Le ricerche condotte per anni dal nostro autore hanno contribuito a demistificare i luoghi comuni del buon selvaggio e di società animali idilliache: l'aggressività è diffusa ovunque, ma è sciocco colpevolizzare una funzione naturale per il semplice fatto che l'abbiamo in comune con la bestia.
Proprio dal regno animale viene invece la prova che la natura ha imboccato la strada della risoluzione non violenta dei conflitti. Fra i vertebrati le lotte per il rango e per il territorio raramente portano all'uccisione di un individuo della stessa specie perchè il conflitto assume forme ritualizzate, ove rimane solo una traccia della originaria distruttività.
La via alla pacificazione resta aperta, perchè segnali di acquietamento bloccano la spirale pericolosa della violenza. Così nell'animale e così anche nell'uomo; non però nel conflitto fra gruppi, dove per una sorta di malaugurata mutazione culturale (la "pseudospeciazione") i freni inibitori perdono ogni efficacia.