Oltre le dune, al di là degli arbusti, a tre rossi tramonti e tre albe aranciate dalla città di Jaisalmer, molto oltre il Deserto di Thar, gli avvoltoi turbinavano alti nel cielo. Un uomo si assestò in sella al suo cammello e levò lo sguardo per osservarli. Schermandosi gli occhi con una mano, scrutò nella luce abbagliante del sole finché non li vide atterrare, pronti a rialzarsi con frenetici movimenti. Il vento caldo, che aveva soffiato da est per tutto il giorno, all'improvviso cambiò direzione. Il cammello sussultò, allargò le narici e si guardò attorno. L'uomo gli diede un colpetto sul collo e gli parlò in tono rassicurante. Ma il suo sguardo, sotto il cappello floscio, era torvo. Si rimise in marcia.
Pochi istanti dopo, avvistò la prima carcassa. La sabbia stava ormai per ricoprirla quasi del tutto. Il viaggiatore smontò di sella e coprì a piedi l'ultimo centinaio di metri. Quelle che a prima vista parevano basse dune, in realtà erano altre otto salme, tutte semicoperte di sabbia. La più modesta doveva essere lunga due metri e mezzo; la più grande, oltre quaranta, con il corpo squamoso che sprofondava nella terra. Per quasi tutta la lunghezza, parevano serpenti. Ma nella parte superiore mostravano fattezze umane, con tanto di torso, testa e due braccia. A un esame più attento, risultò chiaro che non si trattava affatto di uomini. Erano naga, morti. L'esploratore si chinò per osservare meglio il più giovane dei draghi.
Era ancora un cucciolo. Dalla bocca gli pendeva una crosta di schiuma giallastra. L'uomo si rabbuiò. Posò per terra la sacca da viaggio e ne estrasse un taccuino e un astuccio. Quindi pescò un coltellino e si allungò a prelevare un piccolo campione di saliva con la lama. Con ogni cautela, tese il temperino verso la creatura molto, molto piano finché ... Accanto al suo orecchio sentì scattare il cane di una pistola. L'uomo impietrì. A questo punto, una rozza voce dall'accento londinese ringhiò: «Ehi, perché non li lasci in pace, amico? Ormai sono andati.» L'uomo si voltò molto piano per vedere il suo assalitore. Il londinese, in una malconcia giacca nera striata di sabbia bianca del deserto, sfoderò un ghigno di denti giallastri.
«Sei Noah Hayes» disse al viaggiatore, «ti conosco di fama. E so anche perché sei qui. Puoi chiamarmi Shadwell.» Il viandante ritrasse il coltellino, recuperò il suo cappello e lo usò per tergersi la fronte. Quindi se lo rimise in testa e sputò per terra. «5hadwell?» esclamò con una strascicata cadenza texana. «A quanto ho sentito, sei un trafficante di draghi. Complimenti, bella professione ripugnante. Bene, che accidenti vorresti da me, Shadwell?» «Niente, ma se ti piacciono tanto i draghi stecchiti e compagnia, forse potrebbe interessarti vederne uno vivo» biascicò Shadwell con un altro sorrisone. Poi, mentre con la mano destra teneva la pistola puntata su Noah Hayes, con la sinistra si sbottonò la giubba.
A quel gesto, dalla tasca interna si levò uno sbuffo di fumo, e una minuscola creatura coperta di scaglie fece capolino e scrutò Hayes con freddi occhietti scintillanti. Era un piccolo drago. «Perché intanto non saluti il mio Flitz, qui» disse Shadwell. Il draghetto diede una sbirciata attorno e scoprì le zanne in direzione di Hayes. Ma non appena notò il naga privo di vita, si ritrasse e preferì tornarsene al sicuro nel taschino della giacca di Shadwell. Alla vista del chiaro disagio di Flitz, Shadwell eruppe in un' aspra risata. «Ehi, tutto a posto, amico» biascicò. «Quei naga si sono presi una brutta malattia e sono stecchiti e sepolti. Tranquillo. Non devi toccarli però. Che ne pensi invece di un bel rapimento?» Shadwell additò Hayes. Allora Flitz sollevò il capo e fissò il texano.
Dopodiché, senza mai distogliere lo sguardo, l'animaletto azzurro schizzò come un lampo sulla spalla di Shadwell. TI quale non batté ciglio e restò con la pistola puntata contro Hayes. «Vai, ragazzo» tuonò. A questo comando, Flitz piombò dritto sull'uomo ad artigli sguainati e zanne scoperte, pronto all' as¬salto. Hayes cacciò un urlo e cercò di coprirsi il viso. In quel momento, da dietro una duna spuntò la donna dall'aspetto più sinistro che avesse mai visto ...
(Prologo del libro)