Il libro di Robinson ha tanto da insegnare.
L'autore ha il grande merito di aver considerato certe piante, indipendentemente dalla loro origine geografica, per le qualità che rendono possibile – in un ambiente tutto artificiale come il giardino – la loro associazione e coniugazione: quel che gli interessa non è tanto la loro introduzione, la loro novità, ma la loro traduzione in quello che è il linguaggio del parco e del giardino, dove possono – quando l’opera è riuscita – coesistere armonicamente i narcisi accanto ai Cornus canadensis, le piante indigene accanto alle esotiche.
E sotto questo aspetto dell’educazione a un gusto che va oltre i purtroppo ancora imperanti schemi diffusi in Italia sul modo di disporre i fiori dentro gli spazi del giardino e del parco.