Il misticismo indiano si pone come un cardine per la conoscenza. Infatti, la sua esperienza diretta dei principi universali che regolano il divenire della materia rappresenta un dato soggettivo, in grado di essere convalidato e allo stesso tempo di convalidare gli altri metodi oggettivi di conoscenza.
Il pensiero indiano ha sempre considerato l’esperienza mistica soggettiva come uno degli elementi indispensabili per attuare una somma di tutti i diversi sistemi filosofici e giunge così ad un sapere immortale, eterno, onnicomprensivo, che trascende ogni limite e contingenza per tramandarsi intatto attraverso i secoli. La conoscenza è dunque una e una soltanto, anche se le strade per arrivarci possono essere molteplici.
Nella vita dei veri mistici, la fede esercita una grande influenza. Ciò in cui si crede non è mera registrazione intellettuale di opinioni e di esperienze temporanee, ma rappresenta la dinamica, il tono dominante della loro personalità, man mano che questa si sviluppa e si perfeziona. Il misticismo non è una teoria intellettuale, ma è, fondamentalmente, un principio di vita attivo, formativo, creativo, esaltante ed elevante.
Questo è il misticismo vero, perché è diretto alla liberazione dello spirito e all’ottenimento della felicità. L’Autore approfondisce e descrive i cinque tipi di misticismo fondamentale: quello sacrificale, quello delle Upanishad, quello dello Yoga, quello del Buddhismo e quello Bhakti, e numerose loro derivazioni.