Il paniere di frutta raccoglie, a cura dello stesso Tagore, ottantasei liriche tratte da vari poemi in lingua bengali pubblicati tra 1886 e 1915. Al centro dell’opera è il rapporto dell’uomo con il Dio “suonatore di flauto”, il mitico Kr.s.n.a, il cui amore generoso pervade ogni cosa. Dinnanzi alla sua prodigalità e a fronte dei doni ricevuti e sperperati in vita, il poeta sente il desiderio di offrirsi come un frutto maturo del suo giardino alla divinità. Con semplicità e umiltà porge al Dio tutto quel che gli è rimasto, ossia se stesso, con la preghiera di essere accolto. Non gli resta quindi che l’abbandono fiducioso all’ignoto, laddove si ritrova l’amore perduto, e la constatazione della grandezza divina, con fede nella gioia e nel perdono dopo la sofferenza e il dolore.
“La mia notte è trascorsa / sul letto del dolore. / Ho gli occhi stanchi, e il cuore angosciato / non è ancora pronto a incontrare / il mattino colmo di gioia. // Stendi un velo su questa nuda luce / che abbaglia e allontana da me / lo splendore e il fluire della vita. // Lascia che il mantello della tua tenera oscurità / m’avvolga tra le sue pieghe / e protegga il mio dolore dall’urto del mondo / solo per un attimo.”
Una lirica altissima rivolta alla sensibilità dell’uomo, orientale come occidentale, di ogni tempo.