René Girard spiega: «Il titolo intende riferirsi a quella voce che per tutta la vita mi sono sforzato di ascoltare e trascrivere». E quella voce – sempre coperta dal «nostro coro unanime» e dalle «mode tiranniche» dell’antropologia – è l’urlo soffocato del capro espiatorio, vittima del linciaggio fondatore. La «realtà» sarebbe dunque quella svelata da una teoria – denominata mimetica – di poderosa forza interpretativa, che pervade l’intera opera di Girard: «una teoria di cui non so se sono stato io a crearla, o se non è stata lei a creare me».
E alla teoria mimetica si ispirano anche gli scritti raccolti in questo volume, in cui il pensiero di Girard si addensa e al tempo stesso si espande in quei territori dove è impossibile distinguere tra filosofia, antropologia, letteratura e religione: dai due saggi iniziali, che dimostrano l’incompletezza dello schema strutturalista riguardo al mito e all’origine del pensiero simbolico, ai due dedicati alla figura di Nietzsche, indagata nel suo rapporto con i coniugi Wagner – visto come «un triangolo mitologico» – e nella sua posizione radicalmente anticristiana; dallo scritto che demolisce l’accusa di antisemitismo mossa ai Vangeli a quello che sottolinea l’aspetto profetico e apocalittico di Dostoevskij; dal saggio sulla peste nella letteratura e nel mito a quello sulla comicità, in cui si svela come pianto e riso siano un’erma bifronte, o meglio una maschera doppia e sovrapposta.
Per finire con una riflessione aperta sulla contemporaneità, dove Girard addita nel concetto di innovazione l’ultimo idolo, l’ennesima «astuzia della ragione» per eludere le domande fondamentali.