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Citando i testi più vari, e dando prova di un gusto marcato per la trasgressione, l'autore invita a sottrarsi, senza fanatismi e senza contrapposizioni violente, al totalitarismo della società contemporanea, ai suoi imperativi futili, per recuperare autonomia e uno sguardo disincantato e lucido, ma attento alla dolcezza. Se la dolcezza fosse una forma di debolezza, se fosse soltanto il contrario della violenza, e il segno infamante di un'impotenza, non si capisce come sarebbe potuta sopravvivere, tanto a lungo, a tutti i suo nemici. Eppure la dolcezza non si traduce in un potere. E' difficile, per esempio, che porti all'elaborazione di concetti o di slogan. Qualcuno potrebbe pensare che questo rappresenti una consapevole debolezza, ma io non sono d'accordo.
Semplicemente, la veemenza, l'intensità, la potenza della dolcezza si collocano su un altro piano. E se per caso un giorno essa riuscisse a occupare un posta dominante nella nostra società - benché credo non succederà tanto presto - bisognerebbe rinunciarvi, come si abbandona una posizione, come si diserta. La lettura di questo curioso libriccino è stimolante. Seguendo il gusto dell'autore per la divagazione e per l'anticonformismo, scopriamo come rendere più lieta la vita, come imparare a godere di istanti, sentimenti ed esperienze raffinati, e d'altro lato impariamo a riflettere sugli aspetti negativi e sgradevoli del nostro panorama sociale, per cercare di evitarli.
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