Dal momento della loro prima pubblicazione nel 1921 i Tipi psicologici hanno costituito uno dei testi junghiani di maggiore diffusione. L'opera è in realtà quanto mai ricca, e per molti versi profondamente originale. Jung vi abbandona la pretesa, che era ancora di Freud, di concepire la psicologia come scienza esatta, e riconosce invece come ineliminabile la presenza di un fattore irriducibilmente soggettivo.
Nella elaborazione delle sue ventennali osservazioni cliniche, sulle quali soprattutto si fonda la definizione e la descrizione degli otto tipi psicologici principali da lui enucleati, egli integra la scoperta della realtà dell'inconscio, costituendo così la sua tipologia come psicodinamica, nel senso che la psiche individuale è vista ed esplorata nel rapporto dialettico di conscio e inconscio; e teorizza la presa di coscienza come progressivo superamento delle opposizioni in un processo di crescente equilibrio, che chiama di individuazione, concetto questo che costituirà poi sempre un cardine della sua opera.
Né la ricerca si confina all'elaborazione della sola esperienza psicoterapeutica. Secondo un modo di esposizione a lui proprio, Jung inserisce nella riflessione sui casi individuali larghi riferimenti storici, densissimi e illuminanti, che non testimoniano soltanto della sua sterminata cultura, ma indicano, al fondo delle sue teorie, la coscienza dell'inseparabilità dei problemi del singolo dai problemi collettivi. Del volume fa anche parte un utilissimo glossario, in cui Jung ha raccolto definizioni e concetti propri al suo linguaggio.