"Apri il cuore e accontentati di quello che la vita ti concede. Siamo tutti invitati alla festa della vita,
dimentica i giorni dell'oscurità, qualsiasi cosa possa essere successa non è la fine"
  Augusto Daolio

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ECONOMIA CONSAPEVOLE
Etica e spiritualità per una nuova
economia consapevole e sostenibile
ECONOMIA CONSAPEVOLE
DI FRONTE AL FETICISMO DEL DENARO
L'ETICA E' INSUFFICIENTE

DI FRONTE AL FETICISMO DEL DENARO<BR>L'ETICA  E' INSUFFICIENTE
Raoul Vaneigem
Di fronte al feticismo del denaro, l'etica, necessaria quanto si vuole, è insufficiente. Sperare di moralizzare gli affari é vano quanto incitare ad una maggior igiene chi vive su un cumulo di spazzatura. Niente, in compenso, é più apprezzabile della libertà di parola concessa a tutti affinché una fioritura di idee nuove presieda alla ricostruzione dell'esistenza individuale e della società in un momento in cui un sistema fondato sulla ricerca esclusiva del denaro che rovina i
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LA SERENITA' INTERIORE
Plutarco

Gli insensati disprezzano e trascurano
perfino i beni di cui dispongono
perché con il pensiero
sono perennemente protesi verso il futuro
UN'ALTRA ECONOMIA: CARTA DEI PRINCIPI
UN'ALTRA ECONOMIA: CARTA DEI PRINCIPI
1. Sono comprese nella definizione di altra economia, intesa come diversa e alternativa a quella oggi dominante, tutte le attività economiche che non perseguono le finalità del sistema economico di natura capitalistica e di ispirazione liberista o neo liberista. In particolare sono da essa rifiutati gli obiettivi di crescita, di sviluppo e di espansione illimitati, il perseguimento del profitto ad ogni costo, l’utilizzazione delle persone da parte dei meccanismi economici e nel solo interesse di altre persone, il mancato rispetto dei diritti umani, della natura e delle sue esigenze di riproduzione delle risorse.
2. Le attività di altra economia perseguono il soddisfacimento delle necessità fondamentali e il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone, sono dirette all’affermazione di principi di solidarietà e di giustizia, hanno come finalità primaria la valorizzazione delle capacità di tutti. Sono comprese in questa definizione anche le attività che prevedono la parziale o graduale uscita dal sistema economico dominante e le sperimentazioni di stili e modelli completamente nuovi di vita sociale, di
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IN CHE MODO IL LAVORO E' IN RAPPORTO CON LE FINALITA' E GLI SCOPI DELL'ESSERE UMANO?
IN CHE MODO IL LAVORO E' IN RAPPORTO CON LE FINALITA' E GLI SCOPI DELL'ESSERE UMANO?

di Maurizio Di Gregorio

Tutti gli insegnamenti spirituali hanno sempre riconosciuto che qualsiasi uomo non deve lavorare solo per tenersi in vita ma anche per tendere verso la perfezione. Per i bisogni materiali sono necessari vari beni e servizi che non potrebbero esistere senza il lavoro dell’uomo, per perfezionarsi però l’uomo ha bisogno di una attività dotata di senso che magari anche attraverso l’affronto e la soluzione delle difficoltà gli permetta di esprimersi, di”trovarsi”, di realizzare un opera con cui si senta in armonia e che gli permetta anche un rapporto armonico con la società e con tutto l’universo. Per Schumacher i fini del lavoro umano sono: 1) provvedere a fornire i beni necessari ed utili; 2) permettere a ciascuno di utilizzare e di perfezionare i propri doni e talenti, come buoni amministratori di se stessi; 3) Agire al servizio degli altri per liberarci del nostro egocentrismo ...Continua...
MESSAGGIO DALL'UNIVERSO
MESSAGGIO DALL'UNIVERSO


di E.F. Schumacher

Il nostro "ambiente", si potrebbe dire, è l'Universo meno noi stessi. Se oggi sentiamo che non tutto è in ordine con l'ambiente, al punto che richiede la protezione del suo Segretario di Stato, il problema non riguarda l'Universo come tale, ma il nostro impatto su di esso. Questo impatto sembra produrre, troppo spesso, due effetti deleteri: la distruzione della bellezza naturale, che è sufficiente già di per sé, e la distruzione di ciò che viene chiamato "equilibrio ecologico", o la salute e il potere di sostenere la vita della biosfera, che è anche peggio. Qui farò riferimento solo al secondo punto, e cioè ciò che stiamo facendo al pianeta. Chi è "noi" in questo contesto? E' la "gente-in-generale"? E' la popolazione mondiale? Sono tutti e nessuno? No, non sono tutti e nessuno. La grande maggioranza delle persone, anche oggi, vive in un modo che non danneggia seriamente la biosfera o esaurisce il dono delle risorse naturali.
Queste sono le persone che vivono in culture tradizionali. In genere ci riferiamo a loro come ai poveri del mondo, perché conosciamo di più la loro povertà piuttosto che la loro cultura. Molti diventano anche più poveri nel senso che perdono il loro capitale più prezioso, cioè la loro tradizione culturale, in rapida disintegrazione. In alcuni casi uno potrebbe a ben diritto affermare che diventano più poveri mentre diventano un po' più ricchi. Mentre abbandonano i loro stili di vita tradizionali e adottano quelli del moderno occidente, possono anche avere un crescente impatto dannoso sull'ambiente.
Resta il fatto, tuttavia, che non è la gran parte della popolazione povera a mettere a rischio la Navicella Spaziale Pianeta ma il relativamente esiguo numero di ricchi. La minaccia all'ambiente, e in particolare alle risorse e alla biosfera, deriva dallo stile di vita delle società ricche e non da quello dei poveri. Anche nelle società povere troviamo alcuni ricchi e finché questi aderiranno alla loro tradizione culturale fanno poco danno, o non lo arrecano affatto. È solo quando vengono "occidentalizzati" che scaturisce il danno all'ambiente. Ciò dimostra che il problema è alquanto complicato. Non è semplicemente questione di ricchi o poveri – i ricchi fanno danni e i poveri no. È una questione di stili di vita. Un americano povero può fare molti più danni ecologici di un asiatico ricco. Continua...

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STORIA, EVOLUZIONE E APPROCCI DEL MICROCREDITO



di Redazione FioriGialli

Il microcredito è uno strumento di sviluppo economico, che permette alle persone in situazione di povertà ed emarginazione di aver accesso a servizi finanziari. Secondo i dati dell’UNDP – United Nations Development Program (il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite), il 20% più ricco della popolazione mondiale ottiene il 95% del credito complessivamente erogato nel mondo. Nei Paesi in via di sviluppo, milioni di famiglie vivono con il reddito delle loro piccole attività economiche rurali ed urbane, nell’ambito di quella che è stata definita come economia informale. La difficoltà di accedere al prestito bancario, a causa dell’inadeguatezza o assenza di garanzie reali e delle dimensioni delle microattività, ritenute troppo ridotte dalle banche tradizionali, non consente alle microimprese di svilupparsi o di liberarsi dai forti vincoli dell’usura. I programmi di microcredito propongono alternative soluzioni per queste microattività economiche (agricolture, allevamento, produzione e commercio/servizi), pianificando l’erogazione di piccoli prestiti a microimprenditori o gruppi di questi che hanno forte necessità di risorse finanziarie, per avviare o sviluppare progetti di auto-impiego. L’incremento di reddito che ne deriva porta a migliorare le condizioni di vita dei loro nuclei famigliari, determinando contemporaneamente un impatto significativo a livello comunitario. Avendo come target di riferimento i poveri, i programmi di microcredito molto spesso prevedono, oltre a servizi di carattere finanziario, anche una combinazione di servizi di supporto alla microimpresa, come: formazione tecnica e gestionale; creazione di reti commerciali; condizioni per la raccolta di risparmio. In modo più appropriato questi programmi assumono la denominazione di progetti di microfinanza.

La storia del microcredito
L’idea del microcredito si diffonde grazie al lavoro di Bank, la “banca villaggio” fondata nel 1976 da Muhammad Yunus in Bangladesh. Questa banca rurale nasce per concedere prestiti e supporto organizzativo ai più poveri, riuniti in gruppi di beneficiari (Solidarity Group), tradizionalmente esclusi dal sistema di credito tradizionale. Sull’esempio della Grameen Bank, che oggi è la quinta banca del Bangladesh, diverse Organizzazioni Non Governative (ONG) internazionali hanno adottato nel corso degli ultimi venti anni programmi di microfinanza/microcredito, al fine di integrare progetti d’intervento a sostegno dell’economia locale dei Paesi in via di Sviluppo. E’ così che si sono attivate: Accion Internacional, Care Internacional, FINCA International, ACODEP (Asociacion de Consultores para el Desarrollo de la Pequena y Microempresa). Allo stesso tempo, si è diffuso nel contesto Europeo un approccio al microcredito sostanzialmente differente, che considera quelli che sono gli aspetti socio-economici più propriamente caratteristici del vecchio continente. Sono sorte poi, tanto in America Latina come Africa e Asia, Istituzioni di Microfinanza specializzate nella gestione di progetti di microcredito: Vita Microbank in Benin, Fundasol (Fundacion Uruguaya de Cooperacion y Desarrollo Solidario) in Uruguay, Financiera Calpia in El Salvador solo per citare alcuni esempi. In questi anni si sono sperimentati differenti programmi di microfinanza/microcredito, a seconda delle caratteristiche del contesto locale, dove cultura, economia, dimensione, tipologia di società influiscono nella vita del paese. Non si possono definire specifiche regole nella realizzazione dei programmi di sviluppo economico, in particolare utilizzando lo strumento del microcredito, e non vi è una disciplina che dia indicazioni precise; tuttavia è oggi possibile classificare alcune metodologie di microcredito, che possono dare un orientamento di carattere generale.

a)Peer Lending

Solidarity Group
E’ una metodologia di concessione dei crediti, dove in un gruppo composto da 3 a 10 persone, ogni partecipante risponde del credito degli altri membri in proporzione alla quota del proprio prestito. In via generale, i membri del gruppo devono appartenere alla medesima comunità; in uno stesso gruppo non devono esserci stretti legami di parentela; i prestito sono di ridotto importo e devono e la restituzione è rateizzata nel breve periodo. Il credito può essere concesso secondo differenti procedure: a) a rotazione, dove il membro successivo riceve il prestito soltanto quando il precedente ha completamente ripagato il proprio prestito; b) il credito è concesso contemporaneamente ad ogni membro del gruppo; nessuno può ricevere un secondo prestito se tutti i componenti del gruppo non hanno ripagato. In questo caso le attività economiche dei membri del gruppo devono essere differenziate altrimenti la garanzia viene meno, essendo le produzioni tutte soggette agli stessi rischi di fallimento.

Village Banking
Una Village Bank è un’associazione di credito e prestito gestita a livello comunitario, che generalmente è costituita da 20-25 membri, spesso donne. La banca è finanziata attraverso la mobilizzazione di fondi all’interno del gruppo (internal account), così come da prestiti provenienti da istituzioni finanziarie esterne (external account). L’internal account, composto di risparmio dei membri, capitale accumulato per interessi, diviene gradatamente più consistente, sganciandosi progressivamente dalla necessità di attingere all’external account. Il prestito di gruppo è costituito dalla somma dei prestiti individuali. I prestiti sono erogati in cicli successivi (10-12 mesi), dove il corretto ripagamento prevede l’incremento dei crediti futuri.

Revolving Loan Funds
Le Community Managed Revolving Loan Funds (CMRLF) sono gruppi finanziari informali tipicamente composti da 30-100 membri, spesso donne. Le CMRLF possono essere paragonate a piccole banche che mobilizzano e gestiscono i propri fondi e tendono a diventare nel tempo istituzioni indipendenti. Per questo ai membri è richiesto di risparmiare, anche se i fondi iniziali provengono dall’esterno, sia in forma di prestito che di grants.

Saving and Loan Associations
Le Associazioni di credito e risparmio sono generalmente istituzioni sostenibili, finanziate dagli stessi risparmi locali. Svolgono un’attiva funzione d’intermediazione finanziaria, in particolare attraverso la mediazione di flussi economici dalle aree urbane, e semi urbane, a quelle rurali, assicurando una permanenza delle risorse di prestito all’interno della comunità, dove i risparmi sono stati mobilitati.

b)Individual Lending


Questa è la forma più antica di micro-lending e la più vicina alla metodologia adottata dalle banche commerciali. Questa metodologia necessita di frequenti contatti con i clienti individuali. L’ammontare dei prestiti e tipicamente maggiore rispetto alle altre metodologie, richiede quindi un’analisi più attenta per ridurre il rischio. Per la concessione dei prestiti sono richieste garanzie reali, anche se a volte di carattere simbolico.

L'evoluzione del microcredito
Il potenziale contributo del microcredito alla lotta alla povertà è ora riconosciuto anche dalle grandi istituzioni mondiali deputate a sostenere lo sviluppo: Banca Mondiale; Fondo Monetario Internazionale; Nazioni Unite. La sempre maggiore attenzione al microcredito ha portato all’organizzazione del primo Microcredit Summit tenutosi a Washington tra il 2-4 febbraio 1997, con la partecipazione di rappresentanti di ONG, intermediari finanziari e imprese impegnate nel sociale, gruppi di base del Nord e del Sud del mondo, agenzie delle Nazioni Unite, Governi nazionali, istituzioni internazionali. In questa sede è stato ufficialmente lanciato l’obiettivo di organizzare un “movimento” mondiale di operatori per raggiungere 100 milioni di famiglie, specialmente le donne di queste famiglie, tra le più povere in assoluto, con la concessione di crediti ed altri servizi finanziari ed aziendali per attività di auto-impiego e auto-sviluppo, entro l’anno 2052. In Europa e in Italia gli esempi di microcredito si rifanno alle esperienze di finanza etica. Negli anni 70 in Italia si costituiscono le MAG (Mutue Auto Gestione), che raccolgono risparmio dai soci per utilizzarlo a favore di progetti nell’ambito dell’economia sociale e della cooperazione internazionale. Numerose ONG italiane hanno poi adottato lo strumento del microcredito nei loro programmi di sviluppo, ritenendolo un importante mezzo per la ridefinizione delle politiche di sviluppo economico. A Padova un solido sistema composto da tre istituzioni ha dato vita ad un importante centro di intervento nel campo del microcredito e della finanza etica: Banca popolare Etica; Consorzio Etimos; Fondazione.

Banca popolare Etica è un istituto finanziario ordinario. E’ sottoposta alla vigilanza di Banca d’Italia e aderisce al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi: il risparmiatore beneficia della protezione accordata a tutti i risparmiatori bancari. Il cliente di Banca Etica opta però per una realtà del mondo bancario, e più largamente dell’universo economico del tutto atipica: un’impresa che agisce al servizio di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale. La mission di Banca Popolare Etica è di creare un “profitto sociale”. I principi fondamentali su cui si basa Banca Etica sono gli stessi che hanno ispirato il movimento delle Mag (Mutue di Autogestione) in Italia e delle banche alternative nel resto del mondo. Nella fattispecie: la partecipazione dei soci; la possibilità di orientare il proprio risparmio verso progetti con finalità sociali; il sostegno ad iniziative socio-econmiche senza scopo di lucro; la trasparenza.

Etimos è un consorzio non profit di microfinanza con sede a Padova ma attivo in tutto il mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo e nelle aree di conflitto e crisi economica. Nato nel 1989 come Ctm-Mag, ha potuto erogare, grazie alle risorse fornite da cinquemila risparmiatori, oltre 60 miliardi di crediti al commercio equo e solidale e all’economia sociale in Italia. Inoltre è stato tra i principali promotori della prima banca interamente rivolta al sociale del nostro paese, la Banca popolare Etica, con la quale mantiene ancora oggi rapporti di stretta collaborazione. I soci del consorzio sono attualmente circa 100: cooperative del commercio equo e solidale, ong, associazioni, fondazioni ed enti religiosi. Bastano piccoli capitali per rispondere a grandi bisogni: piccoli prestiti, somme minime ma fondamentali per la sopravvivenza quotidiana di migliaia di individui nei paesi più poveri. Esiste infatti un universo di soggetti “non bancabili”, esclusi dai tradizionali circuiti finanziari: ne fanno parte venditori di strada, piccoli commercianti, artigiani, agricoltori per i quali, spesso, anche somme esigue costituiscono un’opportunità per far decollare le proprie attività. Quest’economia popolare, sia pure precaria, rappresenta, nei paesi del sud, la principale fonte di reddito per moltissime famiglie. Il sostegno a questa economia, anche attraverso la nascita di forti legami di solidarietà tra i soci italiani del consorzio e le comunità dei sud del mondo, rappresenta il significato profondo delle attività di Etimos, che attualmente opera in oltre 10 paesi: dall’America del Sud a quella Centrale, dall’Africa al Medio Oriente e ai Balcani.

La Fondazione Choros opera a servizio della crescita globale dell’uomo e promuove l’Economia Sociale e la Finanza Etica a livello nazionale e internazionale. La Fondazione Choros si propone di sviluppare iniziative che valorizzino, sia al Nord che al Sud, le risorse umane, ecologiche, sociali ed economiche e che sono rivolte allo sviluppo umano. La Fondazione Choros persegue tali finalità attraverso: La ricerca applicata nello Sviluppo Sostenibile, nella Microfinanza e nell’Economia Sociale, attraverso l’identificazione, la discussione e la soluzione dei principali vincoli sociali ed economici allo sviluppo. In particolare la Fondazione realizza: Studi di prefattibilità per verificare il contesto sociale ed economico. Studi di fattibilità per verificare le principali condizioni socio-economiche di un paese allo scopo di realizzare un programma di Microfinanza. Analisi dello sviluppo della Microfinanza e del Microcredito in particolari aree identificate. Valutazione socio-economica di programmi di Microfinanza. Formulazione di specifiche indicazioni per lo sviluppo nel lungo termine di Istituzioni di Microfinanza. Analisi per la pianificazione e realizzazione di assistenza tecnica per lo sviluppo di MFIs. Analisi per la pianificazione e realizzazione di assistenza tecnica per la microimpresa. Network con Istituzioni di Finanza Sociale Europee e Banche Etiche. Training di base e avanzato. La Fondazione Choros fornisce conoscenze e strumenti innovativi per migliorare l’efficienza di progetti di finanza sociale. Supporto a programmi di Microcredito. La Fondazione supporta la microimpresa permettendo al continuità e la sostenibilità di progetti di Microfinanza. La Fondazione Choros raccoglie fondi presso soggetti privati e pubblici allo scopo di sostenere progetti di elevato valore sociale, sia in Italia che nel mondo. Particolare rilevanza hanno i progetti di sviluppo nei paesi del Sud del mondo colpiti da guerre o da gravi crisi sociali, economiche, ambientali.

In Europa altri esempi vengono dalla nascita delle Banche Etiche come Triodos, ABS, Gls Gemeinschaftsbank. Triodos Bank nasce in Olanda nel 1980 e opera nei settori dell´economia sociale, dell´ambiente, del non-profit, dell´arte, della cooperazione internazionale e del commercio equo-solidale. ABS (Alternative Bank Suisse) nasce nel 1990: oggi la raccolta supera i 220 miliardi di lire e gli impieghi ammontano a 195 miliardi di lire. Altre Banche alternative Citizen Bank (Giappone), Eko-Osuuspankki (Finlandia), South Shore Bank (USA, Oikos (Danimarca), Merkur (Danimarca), Banque Populaire du Haut-Rhin (Francia) sono membri di INAISE (International Network Association of Investors in Social Economy), rete internazionale degli attori che a vario titolo contribuiscono alla crescita dell’economia sociale.

I diversi approcci al microcredito
Oltre all’erogazione di servizi finanziari di credito e risparmio, l’istituzione di microfinanza può supportare lo sviluppo delle micro/piccole attività economiche (micro/small economic activities) anche attraverso l’erogazione di servizi di formazione e assistenza tecnica, in relazione alle necessità specifiche del target group.
Se è vero che il credito è uno strumento in grado di aumentare gli investimenti produttivi, è altrettanto vero che una buona gestione dell’attività può migliorare l’efficienza; l’introduzione di nuove tecnologie può incrementare la produttività delle micro/piccole attività economiche e un miglior accesso ai mercati può aumentarne il volume di vendite.

Possiamo individuare quattro tipi principali di servizi accessori al servizio di risparmio e credito:

* Business management services: questi servizi aiutano i beneficiari a migliorare il controllo e l’efficienza della propria attività economica. Questo tipo di servizio può essere erogato attraverso corsi di formazione o servizi di assistenza individuali. Essi possono riguardare la formazione su: business planning, amministrazione, contabilità, gestione finanziaria, definizione dei prezzi, gestione del personale.
* Assistenza tecnica: volta ad assistere i clienti nel miglioramento della produttività dell’impresa. Questo servizio può essere offerto attraverso corsi collettivi o di assistenza tecnica individuale o fornendo informazioni sulle tecnologie produttive più appropriate.
* Servizi di marketing: volti ad assistere i clienti nell’incremento delle vendite. Questo servizio può essere erogato attraverso corsi collettivi e individuali, studi di mercato, accesso alle informazioni sui mercati, assistenza nell’organizzazione di consorzi dei clienti, accesso a mezzi di trasporto più economici.
* Servizi di orientamento: volto a fornire informazioni ai clienti sui servizi correlati alla loro attività economica quali servizi di assistenza legale, fiscale o amministrativa.

Servizi integrati
I programmi di microfinanza sono inquadrabili in base all’approccio seguito nell’erogazione dei servizi. Possiamo individuare due principali tipi di approccio: * Approccio “minimalista”: Riferibile a quei programmi che si concentrano esclusivamente sull’erogazione di servizi finanziari. * Approccio “integrato”: Si utilizza in riferimento a programmi di microfinanza/microcredito che forniscono accanto a servizi finanziari, servizi di supporto tecnico all’attività svolta dai beneficiari.

La ragione principale che spinge molte Organizzazioni internazionali ad abbracciare il primo approccio riguarda l’autosufficienza del programma di microcredito. L’esperienza ha dimostrato che i tradizionali servizi di management training costituiscono un costo ulteriore per l’istituzione erogatrice e inibiscono in modo considerevole la capacità dell’organizzazione di operare senza fonti finanziarie sussidiate (attraverso donors). Inoltre attraverso l’assistenza tecnica trasmettiamo alla popolazione locale un’insieme di know how, che nel tempo può essere trasferito ad un numero sempre maggiore di persone. E’ in questo modo che trasferiamo, nel rispetto delle condizioni socio-culturali, un “modello” che abbia un impatto a livello comunitario nel lungo periodo; il rischio nel caso contrario è che quando il progetto finisce non abbiamo lasciato altro che “soldi”.

Le microimprese
Il target servito dal microcredito è costituito da microimprenditori, ovvero persone che svolgono attività produttive anche molto piccole e limitate, ma che hanno notevoli opportunità di svilupparsi se assistiti con servizi finanziari specifici. Dislocate tanto nelle aree urbane come in quelle rurali dei paesi in via di sviluppo, queste attività sono di commercio, servizi, produzione agricola, artigianale e su piccola scala. In molti casi vengono coinvolti i familiari e pochi altri dipendenti in piccole attività orientate al sostentamento dell’economia familiare. La tecnologia utilizzata è obsoleta e difficilmente sono previsti investimenti a causa della scarsità delle risorse. Le entrate sono per lo più rivolte al miglioramento delle condizioni di vita della famiglia e solo nel caso di imprese più avviate sono indirizzate al reinvestimento nell’attività produttiva o nel miglioramento del luogo di lavoro. L’economia di queste attività è strettamente legata all’economia familiare dei proprietari: solo nelle situazioni più consolidate e con maggior coinvolgimento di dipendenti c’è una tendenza a separare gli aspetti economici dell’attività da quelli della famiglia. Anche le strategie sono differenti a seconda della scala di attività: si va dall’obiettivo della diversificazione della produzione per incrementare il reddito familiare e per minimizzare il rischio; alla maggiore specializzazione in particolari attività, prima per aumentare le entrate della famiglia e poi, comunque, per migliorare i profitti. In luoghi dove la sicurezza del lavoro è spesso compromessa, i microimprenditori sono in molti casi non riconosciuti, anche legalmente, dal sistema economico e bancario. Tuttavia, sono il fulcro dello sviluppo economico locale ed il potenziale meccanismo attraverso cui puntare per migliorare il benessere delle comunità di riferimento. I beneficiari di molti programmi di microcredito sono donne: si cerca in questo modo di migliorare la loro condizione e coinvolgimento nelle attività economiche, e quindi il loro ruolo all’interno delle comunità; anche perché esse hanno dimostrato in diversi casi una migliore gestione dell’economia familiare e dell’educazione dei figli. Le donne, inoltre, si sono rivelate molto più affidabili degli uomini quanto a gestione dei crediti e ripagamento delle quote.

Il ruolo del microcredito nei programmi di lotta alla povertà
Il cambiamento di prospettiva nei programmi di aiuto allo sviluppo: dalla donazione al credito. La metodologia del microcredito rivoluziona il modo di pensare l’aiuto allo sviluppo nei programmi di cooperazione internazionale. Si tratta infatti di uno strumento che stimola l’attività produttiva e la dignità delle persone a cui viene data una possibilità di crescita che non viene regalata, ma “prestata”. Si abbandona in questo senso la logica del puro dono che tanti danni ha spesso recato quanto a conseguenze di forzati programmi assistenziali e di creazione di meccanismi di dipendenza. Quella che viene riconosciuta è la fiducia nella possibilità della persona: il credito prima ancora che monetario è fiducia al microimprenditore e al suo progetto. Lo sviluppo economico viene sostenuto in questo caso attraverso la responsabilizzazione dei microimprenditori, come protagonisti e fautori della propria crescita. Coloro che ricevono un prestito sono spinti a lavorare duramente per restituirlo: per loro è un occasione che, se fallisce, non si ripeterà facilmente. Il tentativo di ogni progetto di microfinanza/microcredito è quello di creare le condizioni di sostenibilità dei programmi e delle istituzioni che ne prendono parte, ovvero la loro piena indipendenza operativa da interventi finanziari esterni e la creazioni, quindi, delle condizioni per una continua e duratura operatività. Nei Paesi in via di sviluppo risulta molto importante il contributo che l’economia informale dà allo sviluppo economico nazionale. Le attività sommerse, non riconosciute di piccoli contadini, artigiani, commercianti tentano di sopravvivere all’economia dell’esclusione. Le microimprese si presentano come fulcro della crescita del benessere delle comunità locali oltre che la principale fonte di reddito per milioni di persone. Le attività di queste diverse microimprese con i loro progetti di riscatto economico-sociale possono nel loro insieme arrivare a rappresentare fino al 50% di alcune economie nazionali. Secondo le Agenzie dell’ONU vi sono oggi nel mondo 500 milioni di microimprese, ma solo il 2% di esse ha accesso al credito. Puntando al potenziamento di queste attività si cerca pertanto di rinvigorire i settori economici più vitali, che possono consentire un rilancio dell’occupazione, la circolazione di risorse e opportunità di investimenti.

Il credito si accompagna in molti casi al risparmio. In alcuni programmi il risparmio da parte dei più poveri deve precedere la richiesta di credito. In questo caso una piccola somma del credito ottenuto viene trattenuta e destinata ad un fondo di risparmio obbligatorio che serve, sia come garanzia addizionale, sia per favorire la cultura del risparmio anche tra le fasce più povere della popolazione, al fine di programmare le risorse economiche in funzione delle esigenze della famiglia. Il risparmio significa poi maggiore sicurezza per far fronte a situazioni di crisi e di inaspettate calamità naturali: la prevenzione prende piede nella cultura di queste comunità. A livello di Istituzioni di Microfinanza il risparmio è più comunemente utilizzato come garanzia di prestito (cash collateral) per cui non viene restituito, anche se remunerato, fino a che il prestito non è stato ripagato: solo le istituzioni abilitate alla raccolta del risparmio possono prendere tali misure. Lo strumento del risparmio è di notevole importanza per le istituzioni che mirano al raggiungimento della propria sostenibilità e a quella dei programmi che promuovono, perché possono fare affidamento su questa fonte come entrate da mobilitare.

La coesione sociale
Lo strumento del microcredito nasce in Bangladesh, non solo come puro strumento finanziario ma anche con l’intento di sostenere legami e vincoli più forti all’interno delle comunità locali, in quanto la partecipazione allo sviluppo economico è collettiva. La tipologia di credito ai gruppi evidenzia proprio questa necessità di coesione sociale perché crea forti vincoli di pressione all’interno dei gruppi, relativamente alle quote da rimborsare, nonché una forte solidarietà e aiuto comunitario di fronte alle difficoltà di pagamento. Anche oggi ed in diverse parti del sud del mondo molti programmi di microcredito puntano allo sviluppo partecipativo attraverso metodologie bottom-up (che puntano cioè dal basso verso l’alto), privilegiando gli interessi della comunità nel suo insieme.

La sostenibilità delle organizzazioni di microfinanza
Si possono stabilire tre livelli di sostenibilità per le organizzazioni che offrono servizi di microfinanza, a seconda del grado di copertura dei costi derivanti dalla propria attività. Al livello 1 un programma viene definito “sussidio-dipendente” poiché le sue entrate, sostanzialmente interessi, non sono sufficienti neppure a coprire i costi di cassa per la gestione del portafoglio, né tantomeno il pagamento degli interessi passivi sui finanziamenti ottenuti. In questo caso il programma necessita di iniezioni di capitale fresco e, se ciò non avviene, viene utilizzato e quindi eroso il capitale sociale oppure vi è una riduzione forzata delle spese amministrative. Le organizzazioni del livello 1 non sono autosostenibili, e mostrerebbero probabilmente una perdita in bilancio se i sussidi venissero tenuti separati nella valutazione delle entrate e della costituzione di fondi perdite. Al livello 2 troviamo programmi che hanno raggiunto l’autosufficienza operativa, ottenendo il break-even sui flussi di cassa. In stadi avanzati in tale livello, potremmo trovare organizzazioni, che riescono a coprire anche i costi relativi alla creazione di fondi ammortamento e di fondi perdite. Si può per questo livello parlare di autosostenibilità, nel senso che l’organizzazione può continuare a operare nel medio-lungo periodo senza necessariamente ricorrere a sussidi e donazioni. Il tasso d’interesse attivo applicato è sufficientemente elevato da permettere di far fronte al costo reale dei fondi ottenuti in prestito, anche se tra questi spesso vi è una buona proporzione di sussidi e prestiti a condizioni agevolate. In ogni caso il tasso d’interesse applicato non è sufficiente a coprire l’inflazione e il costo commerciale dei fondi (senza sussidi e condizioni vantaggiose). Ovviamente vi sono, a questo livello, limitate capacità di accesso al mercato finanziario. Un programma al livello 2 mostra tipicamente un profitto operativo in bilancio se i sussidi venissero tenuti separati nella valutazione delle entrate e della costituzione di fondi perdite. Al livello 3 un programma ha raggiunto un’autosufficienza finanziaria piena, nel senso che è in grado di coprire, oltre a tutti i costi operativi, il costo reale dell’inflazione e il costo effettivo di mercato dei fondi di terzi. Si tratta di programmi assolutamente indipendenti da agenzie donatrici e da donazioni in generale e può espandere la propria attività nel territorio grazie alla possibilità di accedere al mercato finanziario e attuare un rilevante effetto leva sul proprio capitale sociale. A questo livello un programma mostra rilevanti margini di profitto in bilancio “pulito” dai sussidi e dalle concessioni ricevute. Solamente se raggiungono il livello 3 le MFI hanno la capacità di attrarre investimenti privati nella base azionaria. Attualmente la gran parte dei programmi di microfinanza si trova al livello 1, ed una relativa minoranza ha raggiunto il livello 3.

2005: Anno Internazionale del Microcredito
Nell’anno internazionale del microcredito, 66 milioni di famiglie tra le piu’ povere del mondo hanno beneficiato di microprestiti, secondo i dati di un rapporto diffuso dalla Campagna del vertice sul microcredito. Sono passati 30 anni da quando il professore di economia Mohammed Yunus, il bengalese pioniere delle banche etiche, fondò la Grameen Bank «inventando» il microcredito a beneficio di comunità di donne nei villaggi rurali tra le paludi del Bangladesh, e ormai i piccoli prestiti per avviare o espandere microattività sono diventati il nuovo paradigma per realizzare l’utopia del "make poverty history": consegnare la povertà alla storia.

Oggi il miliardo di persone che costituisce il quinto più povero della popolazione della Terra, produce solo l'1 per cento del risparmio mondiale e riceve appena lo 0,2 per cento del credito. E’ come dire che il 20 per cento dei risparmi dei poveri sono prestati ai ricchi: chi non puo’ offrire garanzie economiche non riceve credito e quindi non puo’ avviare attività che lo aiutino ad uscire dall’indigenza. Il microcredito interrompe il circolo vizioso della povertà perchè non richiede solo le garanzie economiche, ma si basa su garanzie sociali: per esempio valutando come più affidabile una donna con figli ed inserita nel tessuto del suo villaggio, od un disabile che cerca di avviare un’attivita per creare una fonte di reddito per la famiglia. E i tassi di ritorno dei prestiti sono spesso superiori a quelli delle banche "profit".

I crediti in media non superano i 100 dollari, ma spesso è quanto basta per aprire un negozio alla periferia di una cittadina del Mali, un’attivita’ di pilatura del riso nel sud est asiatico, un servizio di taxi con risciò a pedali, o la vendita di contratti per telefoni cellulari in zone rurali. Dall’Africa subsahariana alla Lapponia, l'84 per cento di coloro che ricevono microcrediti sono donne, spesso abbandonate dai mariti, vedove o con sulle spalle famiglie numerose. Altre categorie che beneficiano di microprestiti sono per esempio i disabili vittime di mine antiuomo, gli ex combattenti, e i contadini il cui raccolto è stato distrutto dalle cavallette e che senza un prestito dovrebbero abbandonare la terra che coltivano da generazioni per andare ad ingrossare le fila dei disperati che cercano nelle discariche delle periferie della grandi città.

A concedere microprestiti sono in genere banche etiche, ONG, agenzie di sviluppo della cooperazione e organismi intergovernativi: dalla banca mondiale, all’ONU ed alle sue agenzie specializzate come l'Ifad, il fondo internazionale per lo sviluppo agricolo con sede a Roma. La riduzione della povertà estrema è il primo degli «obiettivi di sviluppo del millennio» sottoscritti da oltre 180 capi di stato, ed il microcredito è ormai il simbolo della cooperazione allo sviluppo che funziona: locale, mirata, a favore delle categorie più svantaggiate e non di elite corrotte. Il "microbenessere" che deriva da piccole attività spesso si traduce in migliore accesso ai servizi sanitari e scolastici per le donne e i bambini, promuovendo anche lo «sviluppo umano» e non solo quello economico.

I dati del «Rapporto sullo stato della campagna del vertice sul microcredito 2005» sono stati raccolti da più di tremila istituzioni in tutto il mondo e la loro diffusione coincide con la conclusione dell'anno internazionale del microcredito indetto dall’assemblea generale dell’ONU. Sono stati raggiunti complessivamente più di 92 milioni di «clienti», 66,6 milioni dei quali tra i più indigenti che vivono con meno di un dollaro al giorno; 66,6 milioni di famiglie povere significano circa 333 milioni di persone, cifra quasi equivalente alla popolazione della vecchia Europa dei 15.

L'obiettivo della campagna sul microcredito, un progetto delle Nazioni Unite basato sul Fondo Educativo della ONG Results, è di raggiungere 175 milioni di famiglie tra le più povere del mondo entro la fine del 2015. "Dai risultati emersi in questi studi e a solo 10 anni dalla scadenza degli Obiettivi di sviluppo del millennio - ha dichiarato Sam Daley Harris, direttore della campagna- sarebbe irresponsabile che i principali donatori, come la Banca Mondiale, continuassero a spendere meno dell'1 per cento all'anno nella microfinanza". 


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