Oggi non è più chiamata schiavitù,
è chiamata libero mercato

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TU & IO
Incontro amicizia condivisione unione,
l'Amore e i suoi impedimenti
TU & IO
COME L'ALBERO DALLA TERRA
Come l'albero dalla terra
e dalla roccia l'acqua
dall'uomo l'amore
Danilo Dolci-1957
PER QUANTO STA IN TE
Kostantinos Kavafis

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te:
non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano gioco
balordo degli incontri e degli inviti
sino a farne una stucchevole estranea.
QUANDO AMI
AMI TUTTO IL MONDO

Cecilia Chailly
Quando ami, ami tutto il mondo. E non solo le persone, anche gli animali, le piante, gli oggetti. L'amore non può essere un gioco di potere, e forse neppure una relazione, perché é uno stato d'animo autonomo, che comprende tutto....
Devo accettare di amarti incondizionatamente, perché solo così posso vivere questo sentimento che altrimenti mi corrode come un acido.Voglio alimentarmi dell'amore che ho per te, é la carica della mia esistenza, la linfa della mia vita che altrimenti é spenta. Amando te amo il mondo. E vorrei che il mondo partecipasse alla gioia del mio amore, e non importa se é solo mio né se il tuo preferirai darlo a qualcun altro....

da "Era dell'Amore"
ONDA DELL'AMORE
Cecilia Chailly
Se é vero che c'è un destino, se é vero che il pensiero e quindi i sentimenti esistono e si trasmettono, come é possibile che tu trovi qualcuno che tu ami più di me?
Il mio amore é la mia forza, con esso posso superare tutte le gelosie, tutte le necessità. A me basta amarti. E amando te amerò anche me, e tutti quelli che mi circondano. E cercherò solo l'amore, solo nei luoghi e nelle persone che mi permetteranno di tornare a vivere col sorriso sempre aperto...E il tuo spirito sarà con me, nel cerchio che con gli altri formeremo, e gireremo insieme nella ruota dell'amore cosmico che per sempre ci circonderà.

da"Era dell'Amore"
Aver bisogno

Se tu fossi incerta
ti sarei da guida
Se fossi impaurita
ti farei coraggio.
Se fossi debole
ti rafforzerei.
Se fossi smarrita
ti condurrei per la via.
Se fossi minacciata
potrei difenderti.
Se fossi triste
suonerei una musica pura.

Da sola, sarei tuo compagno
se poi, ti sciogliessi in lacrime
potrei asciugarle
con i miei capelli
e ricomporre il tuo sentimento.
Se fossi disperata
potrei darti Luce.

Io, sono l’altra parte
quella che non si svela mai
estremo bagliore
del momento grave.
 
Misteriosa paura
ti tiene allo specchio.
Tu forse conosci dagli altri,
Così forte, sicura e invulnerabile,
l’amore che si riceve
e nulla sai ancora
della preziosa bellezza
dell’amor che si dà.

P.I. 30-06-2005
IMPEGNO E MATRIMONIO: QUANDO EROS E' UN MISTERO
IMPEGNO E MATRIMONIO: QUANDO EROS E' UN MISTERO di Stuart Sovatsky

Nel mondo erotico, i voti e le premesse sono al servizio delle possibilità e delle potenzialità che possono sbocciare nei momenti condivisi di suspense, e non delle certezze e delle aspettative preconcette. Come si colloca quindi l'impegno in queste acque eraclitee? Proviamo a contattare questo mondo nel suo punto più vulnerabile: la nostra paura dell'amore e del rapporto. Il profondo valore della scoperta della nostra inadeguatezza in questo modo di prendere reciproco impegno erotico non sta nello stimolarci a fare meglio la prossima volta. Questo atteggiamento si adatta unicamente ai contratti legali e commerciali, modelli che hanno preso il controllo del matrimonio, nella pratica e attraverso i loro ben regolati vocabolari. Ma applicare queste forme formalizzate di impegno al rapporto erotico può portare gravi distorsioni. Similmente la psicologia popolare trasforma l'impegno in qualcosa “a cui lavorare”. È diventato un cerchio in cui uno dei due partner cerca di far saltare l'altro (o se stesso). Ma, nel mondo dell'eros-mistero, l'impegno non può essere un contratto, un'aspettativa di stabilità o un segno di “progresso” del rapporto.
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QUALITA' DELLA VITA, QUALITA' DELLE RELAZIONI


Nelle attuali società occidentali il bisogno primario non è più la mera sopravvivenza ma la qualità della vita: prima di tutto stare bene. Ma che cosa significa stare bene?
Da qualche decennio a questa parte stiamo comprendendo che la salute non è solo assenza di malattia ma qualcosa di molto più complesso: è vivere con ritmi che rispettano i nostri limiti; è abitare un ambiente sano e accogliente; è svolgere un lavoro che ci realizza e gratifica; è nutrire il corpo e la mente di cibi sani, non manipolati; è avere buone relazioni con le persone con cui siamo in contatto, nella vita privata come in quella lavorativa; è stare bene con se stessi, stimarsi, amarsi, rispettare i propri bisogni, coltivare i propri interessi, sviluppare i propri talenti. Insomma, stare bene significa essere in armonia con se stessi e con l’ambiente esterno. Si tratta, come si vede, di una definizione ben più ampia di quella tradizionale - che guarda soltanto al benessere materiale e al buon funzionamento del corpo – ma soprattutto qualitativamente diversa, in quanto non è basata sulle quantità (possesso di beni - assenza di malattie) ma sulle relazioni che sussistono:

a) tra le diverse componenti dell’essere umano, che per semplicità raggrupperemo in 4 dimensioni base: corporea, emotivo/affettiva, mentale e spirituale;
b) tra l’essere umano e il suo ambiente esterno
c) tra l’essere umano e i suoi simili

L’armonia non dipende dalle quantità ma dai rapporti che sussistono tra un elemento e l’altro. Si ha armonia quando il sistema è in equilibrio: un equilibrio dinamico.
Ad esempio, essere in armonia con se stessi significa essere consapevoli dei bisogni provenienti da tutte e quattro le suddette dimensioni del nostro essere, ascoltarli e soddisfarli in modo equilibrato; se invece ne riconosciamo solo alcuni e trascuriamo o, peggio, neghiamo gli altri, creiamo squilibrio e quindi malessere, sofferenza, malattia. Ad esempio, crea sofferenza (sia fisica che psicologica) privilegiare troppo la sfera mentale a scapito di quella corporea ed emozionale, oppure incentrarsi troppo sugli aspetti materiali trascurando quelli affettivi e spirituali.
Su scala macrosociale produce aridità e sofferenza il materialismo, che privilegia il corpo e la mente negando il cuore e lo spirito, ma producono sofferenza anche le religioni, almeno quelle istituzionali, che enfatizzano lo spirito e il cuore oscurando le altre dimensioni della natura umana. La via maestra che conduce al benessere e alla felicità non è nella mente ma neppure nel corpo o nello spirito o nelle emozioni, bensì in un armonico equilibrio tra di essi: ognuno di questi aspetti è solo una parte dell'essere, e se una parte — quale che sia — prende il sopravvento sul tutto non può che derivarne sofferenza.
In una visione olistica dell’essere umano, appare evidente che salute e salvezza non sono sfere separate della condizione umana, ma dimensioni interdipendenti, sfaccettature di un unico ologramma.
Uno dei motivi – forse il principale - per cui il campo delle medicine e terapie non convenzionali si sta sempre più sviluppando è proprio il bisogno delle persone di essere riconosciute nella loro interezza, e non più come corpi separati dalle menti separate dai cuori separati dallo spirito. Sinora la tendenza dominante è stata quella della separazione e settorializzazione: affidare la cura del corpo ai medici, la cura della mente e delle emozioni agli psicologi, la cura dello spirito ai preti . Ma chi cura l’intero? Chi si prende cura della persona? Oggi le persone vogliono sentirsi intere e riconosciute come tali; sono stanche di sentirsi negare i loro diritti più elementari appena varcata la soglia di un ospedale; sono stanche di dover rinnegare e reprimere i loro bisogni corporei ed emozionali se vogliono avvicinarsi ad una religione. Sono stanchi di credere che per godere del benessere materiale si debba rinnegare lo spirito o che per garantirsi la salvezza di debba mortificare il corpo e rinunciare ai suoi piaceri, quasi fossero entità contrapposte e non aspetti di un’unica individualità.
Le medicine e terapie non convenzionali si stanno diffondendo sempre più proprio perché adottano modelli olistici e di conseguenza danno una alta considerazione alla persona nella sua globalità, ascoltando e rispettando i suoi bisogni e considerando i suoi sintomi come conseguenze di uno squilibrio che chiama in causa non una ma molteplici dimensioni, tra loro interdipendenti.

Livelli e cause della sofferenza umana nella visione olistica

Secondo il modello olistico, si possono individuare in sostanza quattro livelli di sofferenza, rispettivamente connessi alle quattro dimensioni dell'essere in precedenza citate:

1) Sofferenza corporea, connessa a patologie di varia natura con evidenti sintomi fisiologici — insomma, le malattie tradizionali, dal raffreddore al cancro — cioè l'attuale campo d'azione della medicina.
2) Sofferenza emozionale (o psicodinamica), connessa a ferite affettive e traumi emozionali, ad abbandoni e paure; i sintomi più comuni sono le fobie, le chiusure, le proiezioni, la depressione fino alle vere e proprie allucinazioni, insomma tutto quello che rientra attualmente nel campo della psichiatria e della psicoterapia, dalle nevrosi alle sindromi borderline fino alle vere e proprie psicosi.
3) Sofferenza esistenziale, derivante dal conflitto tra la spinta interiore dell'individuo a realizzarsi, a fare un lavoro che gli piace e a vivere la propria vita mettendo a frutto i propri talenti e il proprio sentire, da un lato, e i condizionamenti, i limiti socioculturali e la tendenza al conformismo dall'altro. Siamo ad un livello di sofferenza che la medicina e la psicologia tradizionali, come pure il senso comune, non riconoscono affatto come tale ma semmai come "grilli per la testa", semplicemente perché la quasi totalità dell'umanità ne soffre e quindi rientra nella normalità. Non a caso lo psicologo Abraham Maslow la definisce psicopatologia della normalità. Abbiamo già parlato in precedenza dell'importanza di realizzare se stessi e affronteremo ulteriormente il tema della sofferenza esistenziale in un successivo paragrafo.
4) Sofferenza spirituale, che deriva dal senso di separazione tra l'io e il Sé, tra noi e gli altri, tra l'individuo e il Tutto, tra l'uomo e Dio. E' la sofferenza primaria, simboleggiata dal mito del peccato originale e da altri miti consimili presenti in quasi tutte le religioni, una sofferenza la cui guarigione si fa rientrare nel campo d'azione delle religioni, della spiritualità, del misticismo.

Non solo si individuano più livelli di sofferenza (mentre la cultura materialistica della frammentazione considera solo il primo, o al massimo il secondo punto della lista) ma tali livelli vengono considerati interconnessi, nel senso che ogni sofferenza che si produce ad un livello genera, prima o poi, sofferenza anche sugli altri livelli (per cui ogni divisione va intesa come puramente indicativa).
Ad esempio, una sofferenza emozionale intensa (oppure blanda ma protratta nel tempo) crea uno scompenso negli equilibri energetici del corpo che può produrre un indebolimento delle difese immunitarie e permettere l'insorgere di una malattia a livello corporeo. Anche la scienza ufficiale sta iniziando ad accettare questa visione psicosomatica delle cose. Ma non finisce qui. Le cause di una sofferenza emozionale possono originarsi al livello emozionale stesso (come nel caso di incomprensioni, problemi relazionali, aggressioni etc.) oppure derivare dal livello superiore, mentale, come nel caso di un conflitto tra i bisogni affettivi, da un lato, e le idee che la persona ha a riguardo, dall'altro, ad esempio un conflitto interiore tra il bisogno sessuale da un lato e la credenza che tale bisogno sia malvagio e vada represso (mentale -> emozionale).
Comunque vada il conflitto, quale che sia la parte che prevale tra le due — l'istintuale o la morale — si genererà una sofferenza mentale, o come senso di colpa per aver ceduto alla pulsione sessuale o come frustrazione per averla repressa. Tale sofferenza mentale, protraendosi nel tempo, potrà avere conseguenze sia sul piano emozionale sia poi su quello fisico.
Così come i bisogni del corpo sono quelli di sopravvivere, di stare bene e di provare piacere, quelli dello spirito sono di conoscere se stessi, di coltivare i propri talenti, di esprimere la propria creatività, insomma di realizzare la propria unicità e individualità in armonia con gli altri e col Divino, dove "realizzare" non riguarda l’affermarsi sociamente ma il mettere a frutto i propri talenti, come nell'omonima parabola evangelica. Questa aspirazione profonda a realizzarsi, che ogni individuo porta dentro di sé, è scarsamente o per niente riconosciuta dalla cultura dominante, improntata su valori quali il benessere materiale, l'affermazione sociale e l'uniformità o conformismo; si crea pertanto un conflitto tra detti bisogni e le credenze e i valori interiorizzati dall'individuo e comunque vada a finire si produrrà sofferenza.
Se prevale il conformismo e i bisogni materiali avremo un individuo ben integrato socialmente ma intimamente insoddisfatto, frustrato, che pagherà l'aver soffocato la sua creatività e i suoi talenti con un assopimento generale, una desensibilizzazione e una riduzione del flusso di energia vitale che si rifletterà inevitabilmente a livello emozionale e poi fisico. Se invece prevale troppo la tendenza alla realizzazione individuale si avrà una persona originale, libera e creativa ma sradicata dall'ambiente sociale e intimamente frustrata nei suoi bisogni materiali di sicurezza, e anche questo si traduce in sofferenza emozionale e eventualmente fisica.
Il punto centrale per la risoluzione dei conflitti non è di far prevalere l'una o l'altra delle dimensioni in gioco, ma di realizzare una sintesi armonica tra di esse, in cui il pendolo non oscilli più da un estremo all'altro ma trovi una posizione di equilibrio, uno sviluppo armonico dell'essere umano che tenga nella giusta considerazione tutti i suoi aspetti e bisogni e lo aiuti a comprenderli, svilupparli e viverli in modo naturale, senza scissioni dualistiche, senza repressioni e sensi di colpa, senza privilegiarne o sottovalutarne alcuno.

Fatta questa lunga ma necessaria premessa veniamo adesso al tema specifico delle emozioni e relazioni interpersonali.

L’importanza delle relazioni con gli altri

Come si è detto in apertura, oggi il bisogno (e il problema primario) è la qualità della vita, ed essa dipende in larga misura dalla quantità e qualità delle nostre relazioni interpersonali. Le relazioni interpersonali influenzano la formazione e la continua trasformazione della nostra identità e individualità; determinano il grado di soddisfazione o insoddisfazione nella nostra vita privata: negli affetti, nelle amicizie, in famiglia; si riflettono sulla gratificazione o frustrazione che riceviamo sul lavoro; influenzano il nostro benessere psicofisico e possono favorire l’insorgere di vere e proprie patologie psicoemotive, psicosociali e perfino psicosomatiche – insomma sono alla base di tutte le principali sfere del nostro vivere sociale. Ciò nonostante sia i singoli che le istituzioni dedicano a queste problematiche ben scarse attenzioni e risorse e i risultati negativi di questa disattenzione non mancano purtroppo di manifestarsi.
Il cuore del problema è che nessuno ci ha mai insegnato a comunicare, ad impostare in modi sani e costruttivi i nostri rapporti con gli altri, a gestire efficacemente le nostre emozioni, ad esprimere appropriatamente i sentimenti. In passato la vita di relazione si svolgeva secondo regole e schemi ferrei, e la comunicazione aveva un ruolo marginale; Oggigiorno si è passati da rapporti impostati su copioni socialmente prestabiliti e rigidi a relazioni autodeterminate e flessibili, dalla comunicazione formale alla spontaneità, dai tabù sessuali alla totale libertà, dal controllo e repressione delle emozioni all’espressività senza freni. Si tratta a mio avviso di un mutamento evolutivo, positivo, ma per gestire questa nuova libertà e le tensioni che essa comporta sono necessari nuovi adeguati strumenti di interazione sociale: strumenti ben diversi e assai più complessi di quelli dei nostri antenati, poiché un conto è seguire binari prestabiliti, uguali per tutti, altra cosa è orientarsi tra più strade possibili o addirittura in mare aperto; un conto è accontentarsi di sopravvivere, altra cosa è credere nelle proprie aspirazioni e quindi essere capace di scegliere, tra le molte possibilità, quella più adatta alla loro realizzazione.
Avere buone relazioni non è questione di fortuna, non dipende dal frequentare le persone giuste o dall’incontrare il principe azzurro o la fata turchina, ma dalle nostre capacità di comunicare con consapevolezza, di affrontare i conflitti in modi pacifici e costruttivi, di gestire efficacemente le nostre emozioni e di esprimere appropriatamente i sentimenti. Dobbiamo insomma imparare a comunicare con gli altri e anche con noi stessi, a gestire i conflitti esteriori e anche quelli interiori poiché, come ho meglio mostrato altrove, queste dimensioni sono strettamente interdipendenti .
Ne consegue che l’educazione emotivo-relazionale dei bambini e degli adulti – come pure l’istituzione di una adeguata rete di servizi di counseling relazionale - dovranno essere tra le priorità dei prossimi anni se vogliamo perseguire una politica sociale imperniata sulla prevenzione del disagio psico-sociale e sulla qualità della vita, e se vogliamo davvero creare i presupposti per una pace duratura.
Per informazioni Enrico Cheli


Molto comprensibile ma di difficle applicazione per quanto mi riguarda. Mi trovo in una situazione psicologica che riscontro nell'articolo.Purtroppo mi è stata diagnosticata una problematica BorderLine, inizialmente documentandomi su internet cosa volesse dire mi vedevo moltissimo in questa condizione, anche se inizialmente ci fossi rimasto molto male poi col passare del tempo ho preso coscenza del problema ed ora mi sembra di stare decisamente meglio.
Prima non volevo ammettere di avere un simile problema, quindi devo ammettere che la depressione mi ha portato attraverso una diagnosi di un neurologo una nuova consapevolezza.Comunque il percorso per me è sempre abbastanza difficoltoso.
Trovo in questo periodo difficoltà a relazionarmi con gli altri anche se il mio lavoro commerciante(Il dialogo con gli altri è indispensabile) mi piace e mi è sempre piaciuto solo che ultimamente lo faccio con molta difficoltà.
Non riesco a capirmi puoi darmi qualche consiglio, perchè sento, per il mio bisogno di equilibrio psico-fisico il dialogo relazionale con gli atri è indispensabile.
Roberto

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