di Wendell Berry
Conosciamo bene l’immagine della disintegrazione della vita nel nostro tempo come una cattedrale smembrata, in cui i vari campi della cultura non stanno più in rapporto gli uni con gli altri o nell’ambito di nessun tipo di comprensione della loro unità. Tutto questo può essere anche visto e le sue tensioni possono essere sentite più immediatamente, come un ambiente domestico smembrato. Senza l’ambiente domestico – non come un ideale unificante, ma come una pratica condizione di reciproca dipendenza e impegno, per la quale occorre abilità, disciplina umana e lavoro – marito e moglie hanno cominciato a scoprire che era sempre meno possibile progettare e mettere in pratica il loro matrimonio. Senza molto di preciso da poter fare l’uno per l’altra, mancano di ragioni pratiche per stare insieme. Può piacer loro la reciproca compagnia, ma questa è un motivo per l’amicizia, non per il matrimonio.
A parte l’affetto per i figli che possono avere e gli astratti legali ed economici, la loro unione resta giustificata soltanto dall’energia sessuale. Forse la più pericolosa, certamente la più immediatamente dolorosa, conseguenza della disintegrazione dell’ambiente familiare è l’isolamento della sessualità. La separazione dell’energia sessuale dalle funzioni della famiglia e della comunità che dovrebbe potenziare e arricchire è analoga a quell’altra moderna divisione fra la fame e la terra. Quando non è più alleato per prossimità e analogia alle leggi nutritive che legano l’ambiente domestico ai cicli della fertilità e alle stagioni, alla vita e alla morte, l’amore sessuale perde solennità e la sua gioia più alta. Perde il senso della sua efficacia e responsabilità. Diventa “autonomo”, da valutarsi solo per se stesso, e perciò frivolo, distruttivo anche di se stesso.
Quelli che parlano di sesso come “divertimento”, e credendo di rivendicargli un “nuovo spazio”, non fanno altro che riconoscerne lo spostamento dall’ambito dell’ambiente naturale. L’isolamento espone la sessualità a due influenze che la semplificano pericolosamente: l’atmosfera del romanticismo sessuale e l’economia capitalistica. Per “romanticismo sessuale” intendo la sentimentalizzazione dell’amore sessuale che per generazioni è stata realizzata dalle canzonette, dai romanzi di moda. Con questi mezzi ai giovani è stata insegnata una serie di falsità estremamente pericolose:
1. Che le persone innamorate devono seguire i modelli affermati di bellezza fisica, e che non essere belli secondo queste norme significa non essere amabili.
2. Che le persone innamorate sono, o dovrebbero essere giovani – anche se si dice che l’amore dura “per sempre”.
3. Che il matrimonio è una soluzione – mentre la cosa più deviante che una storia d’amore possa fare è di finire “felicemente” con un matrimonio, non perché non esista un matrimonio felice, ma perché il matrimonio non può essere felice se non lo si rende felice.
4. Che l’amore, da solo, indipendentemente dalle circostanze, può creare l’armonia e risolvere serie divergenze.
5. Che l’amore “troverà una via” e alla fine vincerà su ogni genere di difficoltà pratica.
6. Che l’uomo e la donna “giusti” sono “fatti l’uno per l’altra”, o che il matrimonio sono “scritti nel cielo”.
7. Che quelli che si amano sono “tutti l’uno dell’altra” o “il mondo intero l’uno per l’altra”.
8. Che il matrimonio monogamico è perciò logico e normale, e “rinunziare a tutti gli altri” non comporta nessuna difficoltà.
Una giovane coppia che crede in queste cose non potrebbe essere più crudelmente esposta alle abrasioni dell’esperienza – o meglio preparata a sperimentare il matrimonio come un’altra di quelle torve ed ironiche concorrenze moderne in cui la vittoria di uno è la sconfitta di tutti e due.
Mentre l’esperienza sostituisce l’ingenuità con l’irritazione, l’esclusività dell’ideale sentimentale lascia il posto alla possessività del capitalismo sessuale. Fallendo, perché non possono non fallire, l’obiettivo di essere tutto l’uno per l’altra, marito e moglie diventano solamente l’uno dell’altra. Il sacramento dell’unione sessuale, che all’epoca dell’ambiente domestico era una comunione di compagni di lavoro e successivamente cercò di essere un paradiso di amanti, è ora diventato una specie di mercato in cui marito e moglie rappresentano l’altro come loro proprietà sessuale. La concorrenza e la gelosia, imperfettamente addolcite e travestite dall’illusione del corteggiamento, diventano leggi guida, e funzionano a isolare i due membri della coppia all’interno del loro matrimonio. Il matrimonio diventa la capsula del destino sessuale. L’uomo è costretto a considerare gli altri uomini, e la donna le altre donne, come minacce.
[...] Nella segregazione della privatezza sessuale risultante, ha inizio la disintegrazione della comunità. L’energia più conviviale e unificante perde e sue forme comunitarie e diventa alienante. Questa dispersione in nessun luogo è stata chiaramente esemplificata che non nella sostituzione delle antiche danze fatte in circolo, in cui tutte le coppie danzavano insieme, con le cosiddette danze da sala da ballo, in cui ogni coppia balla da sola. Una parte significativa degli usi nelle sale da ballo è, o era, che il cambio delle coppie veniva realizzato sotto forma di una scambio. Non è un caso che questa capitalizzazione dell’amore e del matrimonio sia stata seguita da un’epidemia di divorzi e da mode in cui ogni ballerino si muove da solo.
[...] Il principio che mise fuori tutti gli altri, chiuse la coppia dentro, diventò un vicolo cieco del sesso. Il modello della concorrenza economica si dimostrò altrettanto falso nel matrimonio che nell’agricoltura. Come altre capsule, la miopia del principio di selezione si dimostrò distruttiva di ciò che escludeva: la natura della sessualità stessa.
[...] La capsula del romanticismo sessuale lascia fuori questa generalità, la generalità dell’istinto, esclude Afrodite e Dioniso, e fallisce per quella ragione. Anche se l’amore sessuale può durare fra le stesse due persone per lungo tempo, non può farlo sulla base di questa pretesa esclusività di affetto. Il capitalismo sessuale, che poi non è altro che il romanticismo sessuale deluso, come reazione alla delusione fa l’opposta supersemplificazione: considera la propria sposa un esemplare di una generale specie o categoria, necessariamente difficile. Tutti e due questi atteggiamenti guardano all’amore sessuale come una proprietà. Il romanticismo sessuale piagnucola “tu appartieni a me”. Il capitalista sessuale pensa la stessa cosa ma ha smesso di piagnucolare. Tutti e due danno per scontato che la proprietà sessuale di una persona basti a lui e a lei, e che la moralità di quella sufficienza deve per sempre stare in guardia contro l’espropriazione.
Dentro la capsula del matrimoni, come in quella dell’economia, ciascuno intende sfruttare la sua proprietà e proteggerla. Appena l’idea della proprietà diventa astratta o economica, tutti e due questi motivi cominciano a governarla. Essi sono, certo, contraddittori; tutto quello che uno può veramente proteggere è il proprio “diritto” o intenzione di sfruttamento. La proprietà e le privatezze usate per il matrimonio possono essere derivate dal riconoscimento che il sesso di sfruttamento, come l’economia di sfruttamento sono un affare sporco. Si nasconde la sessualità del proprio matrimonio per la stessa ragione che si scrive “Proprietà privata – Vietato l’accesso” alla porta della miniera a cielo aperto. La tragedia, più spesso sentita che riconosciuta, è che ciò che viene sfruttato diventa indesiderabile.
La capsula protettiva diventa una prigione, una casa di morti in piedi, ogni corpo una prova incriminante, o una serra che esclude i vicini e gli agenti atmosferici a vantaggio di una qualche crescita strana e innaturale. Il matrimonio aggrinzisce in una noiosa vigilia di doveri e legalità, Marito e moglie diventano necessariamente concorrenti, perché la loro sola libertà è di sfruttarsi a vicenda o fuggire. E’ perciò possibile immaginare un recinto più generoso, un ambiente domestico accogliente per i vicini e gli amici; un orto aperto agli eventi meteorologici, fra i boschi e la strada. E’ possibile immaginare un vincolo matrimoniale che leghi una donna e un uomo non solo l’una all’altro, ma alla comunità del matrimonio, l’amorosa comunione a cui tutte le coppie partecipano: la festa e celebrazione sessuale che li unisce a tutte le cose che vivono e alla fertilità della terra, e la responsabilità sessuale che li lega al passato e al futuro umano. E’ possibile immaginare il matrimonio come un legame umano sofferto e gioioso, sempre rinnovabile e rinnovante, e che instancabilmente ritrova la memoria, la passione e la speranza.
Estratto da:
Il Corpo e la Terra, (Libreria Ed. Fiorentina)