Il medico napoletano Raffaele Valieri curava, più di un secolo fa, i "pazienti incurabili" con "sigarette" e altri preparati a base di cannabis.
Questi non erano malati terminali, né irriducibili tossicomani, ma solo povera gente ammalata di miseria e delle sue conseguenze patologiche (malattie polmonari, nervose, ecc).
Convinto che per molti di quei malanni la cannabis fosse il rimedio migliore, Valieri si preoccupava soprattutto di abbassare i costi, proclamando e dimostrando l’opportunità di sostituire quella indiana con l’italiana, ugualmente efficace a dosi doppie.
I risultati di quelle esperienze sono riassunti nel breve trattato che lo stesso Valieri pubblicò nel 1887, qui riprodotto per la prima volta e arricchito da alcuni altri testi di quegli anni.
La testimonianza del professor Raffaele Valieri sugli usi medici della cannabis, nonostante sia passato oltre un secolo, è ancora un documento scientifico di grande interesse, che conferma e anticipa molte "scoperte" recenti della scienza medica occidentale.
E mentre Svizzera, Germania, Austria, Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda hanno avviato specifici progetti di ricerca e somministrazione, nel paese dell’italiano Valieri è ancora problematico parlarne.