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Homo sapiens, homo faber, homo aeconomicus, zoon politikon…
La classificazione del genere homo, che si compie sotto auspici scientifici o filosofici, empirici o ideali, è un dato costante della storia del pensiero.
A quale potente definizione di uomo obbedisce la modernità? Quella dell'individuo come 'essere di bisogno', destinato incessantemente ad approntare i mezzi per soddisfare i propri fini, supponendo che questi ultimi siano illimitati.
Si guardino, ad esempio, i grandi generi sotto cui è stata catalogata l'umanità dalla cultura moderna e affiorerà sempre questo noccilo duro: l'uomo ricerca razionalmente il suo miglior interesse e non smette di lavorare, di accumulare, di scambiare o di conservare…
I concetti di dono e di gratuità qui esposti non costituiscono tanto la negazione paradigmatica o la contraddizione dialettica del calcolo e dell'accumulazione, quanto la loro sfida simbolica, la loro 'parte maledetta', incessantemente soffocata, incessantemente rinascente.
Ma al di là della critica - sempre limitata e condizionata dal suo oggetto - questo saggio propone un vero e proprio rivolgimento di quei valori e codici che oggi sembrano dominanti.
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