Come è noto, la meditazione è pratica comune a tutte le religioni. Nell’Islam, il Corano fa perno nelle sue ammonizioni sulla necessità di meditare per scoprire i segni (âyât) di Allâh nel creato, nella storia e nell’uomo stesso . La tradizione profetica (sunnah) non manca di consigliare la meditazione e di metterne in risalto i meriti. Presso i sûfî il fikr, o meditazione, viene abitualmente messo in rapporto con il dhikr, o recitazione giaculatoria dei nomi di Dio. Nell’esercizio del fikr il sûfî si concentra su un soggetto religioso e medita “secondo una concatenazione di idee o un susseguirsi di evocazioni che egli interiorizza e rivive”; nell’esercizio del dhikr invece, concentratosi sul soggetto, egli ne ripete continuamente il nome, dapprima verbalmente e poi interiormente e “lascia che il campo della coscienza si annienti” in esso.
Gli autori precedenti ad al-Ghazâlî, pur esortando alla meditazione ed elogiandone i meriti, sembrano essere stati restii a trattarla. Per quanto mi risulta, il primo a scrivere sull’argomento è stato il noto sûfî Ibn Abî ’d-Dunya (m. 281/894) nel suo Kitâb at-tafakkur wa’l-i‘tibâr, “Libro della meditazione e della considerazione”, purtroppo irreperibile. È sorprendente il fatto che le più celebri opere di Sufismo, quali il Kitâb at-ta‘arruf di al-Kalâbâdhî (m. 385/995) , il Qût al-qulûb di Abû Tâlib al-Makkî (m. 386/996) e la Risâlah di al-Qushayrî (m. 465/1074) , non dedicano alcun capitolo al fikr, ma si dilungano invece sugli stati mistici (ahwâl) e sul dhikr.
Questa lacuna trova conferma nelle parole dello stesso al-Ghazâlî che all’inizio del suo libro così si esprime: “La maggior parte degli uomini pur avendo conosciuto il merito e il valore della meditazione (fikr), hanno ignorato la sua vera natura e i suoi frutti, donde essa prende inizio e dove può arrivare, qual è la sua via e quale ne è il campo, quale il metodo e quale il modo [di compierla] e non si è mai insegnato come, su che cosa e perché si debba meditare...”; e più appresso, dopo aver riportato quanto i dotti riferiscono sui meriti della meditazione, rivela che nessuno di loro “s’è mai curato di parlare della reale natura di essa e di spiegare come debba farsi ”. Il Kitâb at-tafakkur costituirebbe pertanto, a dire dello stesso al-Ghazâlî, la prima esauriente trattazione del fikr, e certamente, aggiungiamo noi, data la personalità del suo autore, la più importante della letteratura religiosa arabo-islamica...
Dal Testo
Lode a Dio che non ha predeterminato [agli uomini] una direzione né un campo cui pervenire [con la meditazione] sulla Sua Potenza e non ha stabilito un percorso verso il recinto della Sua Grandezza ai gradini che l’immaginazione loro deve salire e al gettito degli strali che la loro mente deve fare, ma ha lasciato confuso e stupefatto il cuore di coloro che cercano nell’impervio deserto della Sua Gloria sicché ogni qualvolta essi fremono per raggiungere il loro scopo sono a forza allontanati dagli splendori della Maestà, ma quando, disperando di raggiungerla, essi vorrebbero allontanarsi, si sentono gridare dai padiglioni della Bellezza: "Perseveranza! Perseveranza!". Poi vien detto loro: "Datevi a riflettere sulla vostra umile condizione di servi; perché voi, se meditaste sulla Maestà del Signore, mai la potreste misurare; e se cercate qualcosa che esorbiti dal prendere in esame le vostre qualità, allora considerate come vi arrivino senza sosta gli uni dopo gli altri le grazie e i benefici di Dio eccelso e rinnovate per ognuno di questi il ricordo di Dio e la gratitudine a Lui.
Meditate sull’oceano delle divine predisposizioni, come esso riversi sul mondo bene e male, utilità e danno, difficoltà e facilità, successo e perdita, ripristino e rovina, occultamento e divulgazione, fede e miscredenza, riconoscimento e disconoscimento. Se poi passate dall’esame degli Atti [divini] a quello della [Sua] Essenza, tentate un’impresa nefanda e mettete n pericolo voi stessi, superando il limite dell’umana facoltà col fare cosa oltraggiosa e ingiusta; difatti gli intelletti restano abbagliati prima ancora di essere da Lui illuminati, ricadendo indietro necessariamente, per forza". Benedizione e copiosa salvezza siano su Muhammad, signore dei figli d’Adamo, anche se egli non reputò gloria la sua signoria, - una benedizione che rimanga per noi come provvigione e tesoro [quando saremo] nei recinti della Risurrezione -, e anche sui suoi Familiari e Compagni, ognuno dei quali fu come luna piena nel cielo della religione e guida per gruppi di Musulmani! ....