Un famoso dottore dell’Islâm, Imâm Abû Hâmid Muhammad ibn Muhammad al-Tûsî al-Ghazâlî, elaborò la forma definitiva che avrebbe preso il Sunnismo (la corrente maggioritaria della religione islamica), guadagnandosi il titolo di Prova dell’Islâm (hujjat al-islâm) e di Rinnovatore (mujaddid) del suo secolo. Su di lui è ormai stato scritto moltissimo. Ragion per cui ci si può esimere dal dilungarsi qui sulle sue notizie bio-bibliografiche1.
Tra i numerosi scritti che egli lascia spicca per importanza e per mole l’Ihyâ’ ‘ulûm al-dîn2 (La rivivificazione delle scienze religiose) che, composta durante il decennio del suo volontario esilio, segnò la provvidenziale riconciliazione tra l’essoterismo islamico e la sua Via esoterica, il Sufismo (tasawwuf). Questa monumentale Summa, divisa in quattro tomi che trattano rispettivamente degli atti di culto (‘ibâdât), dei comportamenti raccomandati (‘âdât), delle cause della perdizione (muhliqât) e delle qualità che portano alla salvezza (munjiyyât), si compone di quaranta libri complessivi dei quali solo meno di una decina attendono una traduzione in lingue occidentali.
Tra questi compare anche il XXXVIII, il Kitâb al-murâqaba wa al-muhâsaba (Della vigilanza e dell’esame di coscienza). Collocato quasi alla conclusione di tutta l’opera come una cerniera tra i libri che descrivono le dodici stazioni (maqâmât) del Cammino iniziatico (sulûk) e quelli che analizzano le due tecniche spirituali della meditazione (tafakkur) e del ricordo della morte (dhikr al-mawt), il testo in questione tratta della sorveglianza (murâbata), un raffinatissimo ed elaborato metodo di indagine psicologica finalizzato alla purificazione dell’anima e destinato ad essere messo in pratica da tutti i musulmani in generale e dai sûfî in particolare.