di Vandana Shiva
L’associazione armoniosa con la terra che ha caratterizzato le millenarie pratiche agricole delle donne viene oggi minacciata dall’attuale modello agricolo militare-industriale. La maggior parte del pianeta, per la maggior parte della sua storia, ha soddisfatto i propri bisogni alimentari grazie a una agricoltura centrata sulle donne.
In questo tipo di agricoltura le conoscenze vengono condivise; le altre specie e le piante non vengono considerate "proprietà", ma parenti; la sostenibilità si basa sul rinnovo della fertilità della terra e sulla rigenerazione della biodiversità e delle specie. In questo contesto non c’è posto per monocolture basate sull’ingegneria genetica e sul monopolio dei semi del diritto internazionale alla proprietà (IPR, international property right).
Le pratiche agricole dominanti mostrano crescenti caratteri di mascolinizzazione, appropriandosi di risorse e diritti delle donne relativi all’agricoltura di sussistenza e presentandosi come le sole alternative per sfamare il mondo. In realtà le nuove biotecnologie creano insicurezza alimentare e morte per fame, sprecano risorse con monocolture, mantenute utilizzando intensi incentivi.
Monocolture e monopoli simboleggiano una mascolinizzazione dell’agricoltura.
La mentalità di guerra alla base dell’agricoltura militare-industriale è evidente nei nomi assegnati agli erbicidi che distruggono le basi economiche per la sopravvivenza delle donne più povere nelle aree rurali del Terzo Mondo.
Gli erbicidi prodotti dalle imprese Monsanto sono battezzati "Farla finita", "Machete" ecc.
Un’altra ditta, l’American Home Products chiama i suoi erbicidi "Pentagono", "Squadrone", "Vendetta" ecc.
Questo è linguaggio di guerra.
La sostenibilità si basa sulla pace con la terra. L’applicazione più diffusa dell’ingegneria genetica in agricoltura è la resistenza agli erbicidi, cioè la coltivazione di specie resistenti agli erbicidi.
Un esempio sono i prodotti Monsanto chiamati "Round Up Ready Soya and Cotton". Quando vengono introdotti nei sistemi agricoli del Terzo Mondo favoriscono l’aumento dei prodotti chimici e quindi un maggior numero di problemi ambientali. Inoltre distruggono la biodiversità che rappresenta la base per il sostentamento delle donne in ambito rurale.
Ciò che per Monsanto sono erbacce, per le donne del Terzo Mondo sono cibo, foraggio e medicine.
Per millenni le donne hanno mantenuto la continuità dei semi nonostante guerre, inondazioni e carestie.
La mascolinizzazione della biodiversità ha portato ad utilizzare tecnologie violente che impediscono ai semi di germinare in tempo di raccolti. Si tratta di una tecnologia descritta come
"Terminator technology".
La germinazione a termine è un mezzo per accumulare capacità e capitali e per espandere i mercati. Mentre i mercati crescono per Monsanto, si riduce l’abbondanza della natura e quella a disposizione degli agricoltori. Quando seminiamo preghiamo:
"Possa questo seme essere eterno". Viceversa, Monsanto e il Dipartimento per l’agricoltura del governo degli Stati Uniti ripetono
"Che questo seme sia a termine in modo che i nostri profitti e il monopolio siano eterni".
La violenza intrinseca ai metodi e alle metafore utilizzate dal business agricolo e dalle imprese di biotecnologia è violenza contro la biodiversità della natura e contro l’esperienza e la produttività delle donne.
C’è una violenza intrinseca alla distruzione della diversità attraverso le monocolture e alla distruzione della libertà conservando e scambiando semi attraverso i monopoli IPR.
E’ una violenza contraria alle diverse vie nonviolente delle donne di conoscere la natura e garantire la sicurezza alimentare. La diversità di sistemi di conoscenze e di produzione è la strada da seguire per far sì che le donne del Terzo Mondo continuino ad avere un ruolo centrale come conoscitrici, produttrici e approvvigionatrici di alimenti.
Uno dei miti più errati propagati dai protagonisti della rivoluzione verde è l’affermazione che l’alta varietà di prodotti (HYV, High Yield Varieties) abbia ridotto il numero di ettari a per la produzione agricola, preservando milioni di ettari di biodiversità. L’esperienza dell’India ci insegna che invece di destinare più terre alla conservazione,
i sistemi di coltivazione industriale distruggono la diversità e aumentano lo sfruttamento della terra. Ciò avviene perché ogni ettaro di monocoltura produce un solo prodotto e le altre colture devono venire coltivate altrove.
Inoltre, la riduzione delle coltivazioni industriali fa aumentare anche le risorse utilizzate dal bestiame.
L’allevamento di tipo industriale consuma 3 volte più biomassa di quello ecologico e richiede 3 volte più ettari di terra per produrre mangimi per animali. Infatti l’Europa utilizza nel Terzo Mondo una quantità di terra pari a 7 volte il proprio territorio per produrre mangimi per l’allevamento di animali.
Solo per produrre foraggio (compreso quello per l’esportazione), i Paesi Bassi si sono appropriati di una superficie di circa 100.000 – 140.000 Km quadrati di terra coltivabile, in buona parte in paesi del Terzo Mondo come India e Thailandia.
Questo dato corrisponde a una superficie pari a 6-7 volte il totale di terre destinate all’agricoltura nell’intero paese.
La combinazione di coltivazioni e allevamenti industriali aumenta del 400% l’uso della terra, mentre incrementa solo del 20% il frumento e il latte. Le risorse in eccesso utilizzate dai sistemi industriali, sia per la rivoluzione verde o le nuove biotecnologie, potrebbero essere utilizzate per sfamare la gente: lo spreco di risorse determina fame.
L’ingegneria genetica e i monopoli IPR depredano le donne del Terzo Mondo della loro creatività, della capacità di innovazione e di prendere decisioni in agricoltura. Tutto il mondo ne soffrirà.
Le contadine del Terzo Mondo costituiscono la base della sicurezza alimentare e garantiscono la sicurezza alimentare insieme con le altre specie.
Vandana Shiva
(traduzione di Alessio Surian).
Articolo tratto dal n. 26 del mensile TerraViva, Inter Press Service, Roma, e Centro Nord-Sud del Consiglio d’Europa
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