Il vero viaggio di scoperta non consiste
nel cercare nuove terre ma nell'avere nuovi occhi.

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
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MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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VIENE SETTEMBRE


di Arundhati Roy

Grazie. Mi piacerebbe vedervi meglio ma è piuttosto buio. Sono contenta di essere qui e del fatto che Howard Zinn sia qui a presentarmi, perché non lo avevo mai incontrato prima e penso che sia un essere umano magico. Grazie Howard [applauso].

Proprio ora, Howard mi ha chiesto come faccio a decidere a quale evento o incontro dire di sì, e a quale no. Ed io ho detto che credo sia uno su cinquanta in media che accetto di fare. Sono molto felice ed orgogliosa di essere qui perché le persone che hanno parlato prima di me sono quelle che veramente ammiro e rispetto. Perciò, grazie alla Lannan Foundation per avermi invitato.

Ho molte cose da dire e spero che non mi ci voglia troppo per dirvele. Sono una scrittrice e così ho di fatto scritto quello che voglio dire, per due ragioni. Uno, perché sono sicura che siate molto più interessati al modo in cui scrivo che non al modo in cui parlo. E secondo, perché le cose che ho dire sono complesse, pericolose in questi tempi pericolosi e credo che dobbiamo essere molto, molto precisi su ciò che vogliamo dire e in come lo diciamo e per il linguaggio che usiamo. Perciò spero che vi vada bene se ve lo leggo.

Il mio discorso oggi si intitola "Arriva Settembre".

Gli scrittori pensano di scegliere le storie dal mondo. Comincio a credere che sia la vanità a farglielo credere. Che di fatto è al contrario. Le storie scelgono gli scrittori dal mondo. Le storie si rivelano a noi. Il racconto pubblico, quello privato - ci colonizzano. Ci commissionano. Insistono per essere raccontate. Fiction e non-fiction sono solo tecniche diverse per raccontare delle storie. Per ragioni che non capisco del tutto, la fiction fuoriesce da me come danzando, e la non-fiction mi è strappata fuori dal sofferente mondo malato in cui mi sveglio ogni mattina.

Il tema di molto di ciò che scrivo, fiction come non-fiction, è la relazione tra il potere e l'impotenza ed il conflitto infinito, circolare in cui sono impegnati. John Berger, quel meraviglioso scrittore, scrisse una volta: "Mai più si racconterà una storia come se fosse l'unica". Non ci può mai essere solo una storia. Ci sono solo modi di vedere. Perciò quando racconto una storia, non lo faccio come un ideologo che oppone una ideologia assolutista ad un'altra, ma come una narratrice che vuole condividere il suo modo di vedere le cose. Benché possa apparire altrimenti, la mia scrittura non riguarda davvero nazioni e storie; riguarda il potere. La fisica del potere. Credo che l'accumulazione di un potere vasto, non ostacolato, da parte di uno stato o di una paese, una corporation o un'istituzione - o finanche un individuo, uno sposo, un amico, un fratello - indipendentemente dall'ideologia, produca eccessi quali quelli che racconterò qui.

Vivendo, come milioni di noi, all'ombra dell'olocausto nucleare che i governi di India e Pakistan continuano a promettere alla loro cittadinanza sottoposta a lavaggio del cervello, e nel distretto globale della Guerra contro il Terrore (ciò che il presidente Bush chiama, con accenti biblici, "la missione interminabile"), mi ritrovo a pensare molto alla relazione tra i cittadini e lo stato.

In India, quelli di noi che hanno espresso il loro punto di vista su bombe nucleari, grandi dighe, globalizzazione neoliberale e sulla minaccia crescente del fascismo hindù, punti di vista che sono in disaccordo con quelli del governo indiano - sono etichettati in quanto "antinazionale". Sebbene quest'accusa non mi riempia di indignazione, non è una descrizione esatta di ciò che faccio o penso. Perché una persona "antinazionale" è una persona che è contro la sua nazione e, per inferenza, a favore di una qualche altra. Ma non occorre essere "antinazionali" per essere profondamente sospettosi nei confronti di ogni nazionalismo, per essere antinazionalisti.

Il nazionalismo di un tipo o altro è stato la causa di gran parte dei genocidi del XX sec. Le bandiere con pezzi di stoffa colorata che i governi usano prima per avvolgere il cervello della gente e poi come sudario per seppelire i morti [applauso]. Quando le persone capaci di pensare autonomamente (e qui non includo i grandi gruppi mediatici) cominciano a manifestare sotto le bandiere, quando scrittori, pittori, musicisti, registi sospendono il loro giudizio e ciecamente si mettono al servizio della "nazione", è tempo per tutti noi di alzarci e preoccuparci. In India lo abbiamo visto accadere subito dopo i test nucleari del 1988 e durante la guerra contro il Pakistan nel 1999. Negli USA lo vedemmo durante la guerra del Golfo e lo rivediamo ora durante la "Guerra contro il Terrore". Quella bandiera americana made-in-china. [risa]

Recentemente, quelli che hanno criticato le azioni del governo USA (inclusa io stessa) sono stati chiamati "antiamericani". L'antiamericanismo oggi sta per essere consacrato ad ideologia.

Il termine "anti-americano" è usato di norma dall'establishment americano per screditare e, non falsamente - ma dobbiamo dire inaccuratamente - definire i suoi critici. Una volta etichettati come antiamericani, c'è buona probabilità che si sia giudicati prima di essere ascoltati, e l'argomentazione si perderà nel saldatore dell'orgoglio nazionale ammaccato.

Ma che significa "antiamericano"? Significa essere contro il jazz? o contro la libertà di parola? Che non si prova piacere a leggere Toni Morrison o John Updike? Che si ha un discorso in sospeso con le sequoie giganti? Significa che non si ammirano le migliaia di americani che hanno marciato contro le armi nucleari, o le migliaia di contrari alla guerra che costrinsero il proprio governo a ritirarsi dal Vietnam? Significa che si odiano gli Americani?

Questo subdolo mescolamento della cultura americana, della musica, della letteratura, della bellezza mozzafiato della natura, dei piaceri ordinari di gente ordinaria con la critica nei confronti della politica estera dei governi americani (di cui, grazie alla "stampa libera" americana, tristemente, la maggior parte degli americani conosce ben poco) è una strategia deliberata ed estremamente efficace. È come un esercito in ritirata che si rifugia in una città densamente popolata, sperando che la possibilità di colpire civili possa dissuadere il nemico dallo sparare.

Ma ci sono molti americani che sarebbero mortificati dall'associazione con le politiche del loro governo. Le critiche più accurate, mordaci, incisive, ilari dell'ipocrisia e delle contraddizioni della politica USA provengono da cittadini americani. Quando il resto del mondo vuole sapere ciò che il governo americano sta per fare, ci rivolgiamo a Noam Chomsky, Edward Said, Howard Zinn, Ed Herman, Amy Goodman, Michael Albert, Chalmers Johnson, William Blum ed Anthony Arnove perché ci dicano cosa succede. [applauso]

Similarmente, in India, non centinaia, ma milioni di noi sarebbero offesi se fossimo in qualsivoglia forma associati alle politiche fasciste del governo indiano attuale, che, tralasciando il terrorismo di stato perpetrato nella valle del Kashmir (in nome della lotta contro il terrorismo), ha anche chiuso un occhio sul recente progrom contro i musulmani del Gujarat, che ha visto la supervisione dello stato. Sarebbe assurdo pensare che coloro che criticano il governo indiano siano "anti-indiani" - benché il governo stesso non esiti mai ad assumere quella posizione. È pericoloso cedere al governo indiano o a quello americano o a chiunque, se è per questo, il diritto a definire ciò che "India" o "America" debba significare.

Chiamare qualcuno "anti-americano", cioè accusarlo di essere "anti-americano" (o, se è per questo, anti-indiano o anti-timbuktuiano) non è solo razzista, è un fallimento dell'immaginazione. L'inabilità a vedere il mondo in termini diversi da quelli definiti dall'establishment per te. Se non sei un bushiano, sei un talebano. Se non ci ami, ci odi. Se non sei buono, sei cattivo. Se non sei con noi, sei con i terroristi.

L'anno passato, come molti altri, commisi pure io l'errore di deridere questa retorica post-11 settembre, rigettandola come stupida ed arrogante. Ma mi sono resa conto del fatto che non è affatto stupida. È in realtà una forza di reclutamento per una guerra sbagliata e pericolosa. Ogni giorno sono stupita di quanta gente crede che opporsi alla guerra contro l'Afganista equivalga a sostenere il terrorismo, o votare a favore dei talebani. Ora che lo scopo iniziale della guerra - catturare Osama bin Laden (vivo o morto) - sembra essere in cattive acque, gli obiettivi sono stati spostati. Si è detto che l'intera questione della guerra era rovesciare il regime talebano e liberare le donne afgane dal burqa, ci viene chiesto di credere che i marines americani sono in missione femminista [risata, applauso]. (se è così si fermeranno poi in Arabia Saudita, loro alleato militare?) [risata] Pensiamola in questi termini: in India esistono delle reprensibilissime pratiche sociali contro gli "intoccabili", contro cristiani e musulmani, contro le donne. Il Pakistan ed il Bangladesh usano maniere ancora peggiori nel trattare le minoranze e le donne. Dovremmo bombardarli? scacciare il fanatismo dall'India a suon di bombe? Possiamo aprirci la strada verso il paradiso femminista con le bombe? [risate] È così che le donne conquistarono il diritto di voto in USA? O la maniera in cui la schiavitù fu abolita? Possiamo trovare riparazione per il genocidio di milioni di nativi americani sopra i cui cadaveri gli Stati Uniti furono fondati bombardando Santa Fe? [applauso]

Nessuno di noi ha bisogno che gli anniversari ci ricordino ciò che non possiamo dimenticare. Perciò non è più che una coincidenza il fatto che mi trovi ad essere qui, sul suolo americano, nel mese di Settembre - un mese di spaventosi anniversari. In rilievo nella mente di tutti, soprattutto qui in America, è l'orrore di ciò che è diventato noto come 11-S. Quasi 3 mila civili persero la vita in quel mortale attacco terrorista. Il dolore è ancora profondo. La rabbia ancora forte. Le lacrime non si sono asciugate. Ed una strana, mortifera guerra sta imperversando nel mondo. Eppure, ogni persona che ha perso un amato di sicuro sa, segretamente, in profondità, che nessuna guerra, nessun atto di vendetta, nessun "taglia-erba" lanciato sugli amati di qualcun altro o sui figli di qualcun altro, smusserà gli spigoli del dolore e riporterà quelle persone indietro. La guerra non può vendicare i morti. La guerra è solo una brutale dissacrazione della loro memoria.

Innescare un'altra guerra - questa volta contro l'Iraq - manipolando cinicamente il dolore della gente, confezionandolo per specials televisivi, sponsorizzati da corporations che vendono detersivi e scarpe da ginnastica, è svalutare e sminuire il dolore, sottrargli significato. Ciò che vediamo ora è una mostra volgare del business del dolore, il suo commercio, il saccheggio finanche dei sentimenti umani più privati a scopo politico. È una cosa terribile e violenta che uno stato faccia questo al suo popolo. [applauso]

Non è molto intelligente parlare pubblicamente di questo tema, ma ciò di cui vorrei davvero parlarvi è la Perdita. La perdita ed il perdere. Il dolore, il senso di aver fallito, l'abbattimento, la perdita della sensibilità, l'incertezza, la paura, la morte del sentimento, la morte dei sogni. L'assoluta, implacabile, infinita, usuale ingustizia del mondo. Che significa la perdita per gli individui? Che significa per intere culture, interi popoli che hanno appreso a vivere con essa come con un compagno fedele?

Giacché è dell'11 Settembre che stiamo parlando, forse rientra nell'ordine delle cose ricordare ciò che questa data significa, non solo per quelli che hanno perso i loro amati qui in America un anno fa, ma per coloro nel mondo cui questa data ha sempre ricordato qualcosa. L'escursione storica non è offerta come un'accusa o come una provocazione, ma solo come una maniera di condividere il dolore della storia. Per dissolvere un poco la nebbia. Per dire ai cittadini americani, nella maniera più gentile e più umana possibile: "benvenuti al mondo". [applauso]

Ventinove anni fa, in Cile, l'11 Settembre del 1973, il generale Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto di Salvador Allende con un colpo di stato appoggiato dalla CIA. "Al Cile non deve essere consentito diventare marxista per la semplice ragione che la sua popolazione è irresponsabile", affermò Henry Kissinger, premio Nobel per la pace, allora segretario di stato americano.

Dopo il colpo, il presidente Allende fu trovato morto all'interno del palazzo presidenziale. Se sia stato ucciso o piuttosto si sia suicidato egli stesso, non lo sapremo mai. Nel regime di terrore che seguì, migliaia di persone furono uccise. Molte di più semplicemente "sparirono". Plotoni di esecuzione eseguivano le condanne a morte in pubblico. Campi di concentramento e camere di tortura furono create in tutto il paese. I morti venivano sepolti nei pozzi minerari o in tombe non identificate. Per diciassette anni la popolazione cilena visse nel terrore del rintocco di mezzanotte, delle sparizioni di routine, di arresti improvvisi e della tortura. I cileni raccontano la storia di come al musicista Victor Jara furono tagliate le mani in pubblico nello stadio di Santiago. Prima di sparargli, i soldati di Pinochet gli tirarono addosso la chitarra e lo derisero chiedendogli di suonarla.

Nel 1999, in seguito all'arresto del generale Pinochet in Gran Bretagna, migliaia di documenti segreti furono resi pubblici dal governo USA. Essi contengono la prova inequivocabile del coinvolgimento della CIA nel colpo di stato, come del fatto che il governo degli Stati Uniti disponeva di informazione dettagliata sulla situazione in Cile durante la dittatura di Pinochet. Eppure Kissinger rassicurava il generale sul suo sostegno: "Negli Stati Uniti, come sai, vediamo con simpatia ciò che stai cercando di fare", disse. "Auguriamo fortuna al vostro governo".

Quelli di noi che in vita loro hanno conosciuto solo la democrazia, per quanto imperfetta, avrebbero difficoltà ad immaginare cosa significhi vivere in una dittatura e sopportare la perdita assoluta della libertà. Non si tratta solo di coloro che Pinochet uccise, ma è della vita che egli sottrasse ai vivi che deve rispondere.

Tristemente, il Cile non fu il solo paese sudamericano a ricadere nelle attenzioni del governo USA. Il Guatemale, il Costa Rica, l'Ecuador, il Brasile, il Perù, la Repubblica Dominicana, la Bolivia, il Nicaragua, l'Honduras, El Salvador, il Messico e la Colombia - sono stati tutti terreno di azioni nascoste - e alla luce del sole - della CIA. Centinaia di migliaia di sudamericani sono stati uccisi, torturati o sono semplicemente scomparsi sotto i regimi dispotici che furono sostenuti nei loro paesi. Se questa non fosse già abbastanza umiliazione, i popoli dell'America del Sud hanno dovuto sopportare il marchio di persone incapaci di democrazia - come se i colpi di stato ed i massacri fossero inscritti nei loro geni.

Questa lista non include, chiaramente, i paesi africani o asiatici che hanno subito gli interventi militari USA - il Vietnam, la Corea, l'Indonesia, il Laos e la Cambogia. Per quanti "Settembre" di quanti decenni, milioni di asiatici sono stati bombardati, e bruciati e massacrati? Quanti settembre sono passati dall'Agosto del 1945 in cui centinaia di migliaia di normali cittadini giapponesi furono annientati dagli attacchi nucleari ad Hiroshima e Nagasaki? Per quanti settembre le migliaia che ebbero la sfortuna di sopravvivere a quegli attacchi dovettero sopportare l'inferno in cui precipitarono, loro, i loro figli non nati e i figli dei loro figli, l'inferno sulla terra, sul cielo, sulle acque, sul vento e su tutte le altre creature che nuotano, camminano e volano? Non è lontano da qui, ad Albuquerque, il Museo Nazionale Atomico dove Fat Man e Little Boy (gli affettuosi nomignoli delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki) erano disponibili come orecchini souvenir. Ma mi sto allontanando dal tema. Stiamo parlando di Settembre, non di Agosto.

L'11 Settembre ha una risonanza tragica anche in Medio Oriente. L'11 Settembre del 1922, senza considerare l'oltraggio al mondo arabo, il governo britannico proclamò un mandato in Palestina, che faceva seguito alla Dichiarazione di Balfour del 1917 che era stata pronunciata dalla Gran Bretagna imperiale, con l'esercito ammassato alle porte di Gaza. La Dichiarazione di Balfour prometteva ai sionisti europei una patria per gli ebrei. (A quel tempo, l'Impero su cui non tramonta mai il sole era libero di prendere patrie e lasciarle in eredità come uno spaccone a scuola ruba le biglie).

Con quanta poca attenzione la potenza imperiale vivisezionò civiltà antiche! La Palestina ed il Kashmir sono ulcerazioni dell'Impero Britannico, regali insanguinati al mondo moderno. Entrambi sono linee di faglia nel rabbioso conflitto internazionale odierno.

Nel 1973 Winston Churchill disse dei Palestinesi, cito: "Non credo che il cane in una mangiatoia acquisti alla fine il diritto a mangiare sebbene abbia potuto giacere lì per molto tempo. Non ammetto quel diritto. Non ammetto per esempio che agli Indiani d'america oppure ai neri d'Australia sia stato fatto un grande torto. Non credo che a questi popoli si sia fatto un torto per il fatto che una razza più forte, di grado superiore, una razza più mondialmente saggia, per dirla così, è arrivata e ne ha preso il posto". Questo ha definito il tono per l'atteggiamento israeliano verso i palestinesi. Nel 1969, il primo ministro israeliano, Golda Meir, disse: "i palestinesi non esistono". Il suo successore, Levi Eschol, affermò: "Cosa sono i palestinesi? Quando giunsi qui (in Palestina), c'erano 250 mila non ebrei, principalmente arabi e beduini. Era un deserto, meno che sottosviluppato. Niente". Il primo ministro Menachem Begin chiamò i palestinesi "animali a due gambe". Yitzhak Shamir li definì "cavallette" che potevano essere schiacciate. Questo è il linguaggio dei capi di stato, non le parole di gente qualunque.

Nel 1947, l'ONU divise formalmente la Palestina ed assegnò il 55% del suo territori ai sionisti. Nel giro di un anno, avevano preso il 76%. Il 14 Maggio del 1948 fu dichiarato lo stato di Israele. Pochi minuti dopo la dichiarazione, gli Stati Uniti riconobbero Israele. La West bank fu annessa dalla Giordania. La Striscia di Gaza passò sotto il controllo militare egiziano e formalmente la Palestina cessò di esistere, eccetto che nella mente e nei cuori delle centinaia di migliaia di palestinesi che divennero profughi. Nel 1967, Israele occupò la West Bank e la Striscia di Gaza.

Nel corso dei decenni vi sono stati sollevamenti, guerre, intifade. Decine di migliaia sono morti. Accordi e trattati sono stati firmati. Cessate il fuoco dichiarati e violati. Ma lo spargimento di sangue non cessa. La Palestina resta ancora illegalmente occupata. La sua popolazione vive in condizioni disumane, praticamente in Bantustan, dove sono sottoposti a punizioni collettive, ad un coprifuoco di 24 ore, dove sono umiliati e brutalizzati giornalmente. Non sanno mai quando le loro case saranno demolite, quando i loro figli uccisi, quando sarà loro concesso di andare al mercato per comprare cibo e medicine. E non lo sapranno. Vivono senza barlume di dignità. Senza molta speranza all'orizzonte. Non hanno alcun controllo della loro terra, della loro sicurezza, dei loro spostamenti, delle loro comunicazioni, delle loro riserve d'acqua. Perciò quando si firmano gli accordi, e si sbandierano parole come "autonomia" e finanche "stato" , vale sempre la pena di chiedere: che tipo di autonomia? che tipo di stato? che tipo di diritti possiederanno i suoi cittadini?

I giovani palestinesi che non possono controllare la rabbia si trasformano in bombe umane e riempiono le strade ed i luoghi pubblici di Israele, facendosi saltare in aria, uccidendo persone normali, iniettando il terrore nella vita di tutti i giorni e alla fin fine rafforzando il mutuo sospetto e l'odio delle due società. Ogni attentato sollecita la vendetta spietata e ulteriore durezza contro i palestinesi. Ma allora l'attentato suicida è un atto di disperazione individuale, non una tattica rivoluzionaria. Benché gli attacchi palestinesi terrorizzano i cittadini israeliani, sono la giustificazione perfetta per le incursioni quotidiane delle forze israeliane nei territori palestinesi, la scusa perfetta per un colonialismo di vecchio stampo, ottocentesco, travestito da moderna "guerra" del XXI sec.

L'alleato politico e militare più fedele di Israele sono e sono sempre stati gli Stati Uniti. Il governo USA ha bloccato, d'accordo con Israele, quasi tutte le risoluzioni ONU che cercavano una soluzione pacifica e giusta al conflitto. Hanno sostenuto praticamente ogni guerra che Israele ha combattuto. Quando Israele attacca la Palestina, sono i missili americani che distruggono le abitazioni palestinesi. Ed ogni anno Israele riceve svariati milioni di dollari dagli Stati Uniti - denaro dei contribuenti.

Che lezioni dobbiamo trarre da questo tragico conflitto? È davvero impossibile che gli Ebrei, che soffrirono così atrocemente essi stessi - forse più atrocemente che ogni altro popolo nella storia - comprendano la vulnerabilità ed i desideri di coloro che hanno scacciato? La sofferenza estrema porta sempre alla crudeltà? Che speranza consente tutto ciò all'umanità? Che succederà al popolo palestinese in caso di una vittoria? Quando una nazione senza stato alla fine ne proclama uno, che tipo di stato è? Che orrori si commetteranno sotto la sua bandiera? È uno stato separato quello per cui dobbiamo lottare o il diritto ad una vita libera e degna per chiunque indipendentemente dalla loro etnia o religione?

La Palestina era una volta un bastione secolare in Medio Oriente. Ma oggi l'OLP, debole, antidemocratico, corrotto e riconosciutamente non settario, sta perdendo terreno nei confronti di Hamas, che sposa un'ideologia settaria e combatte in nome dell'Islam. Per citare il loro manifesto: "saremo i suoi soldati ed il legno del suo fuoco, che brucerà i nemici".

Il mondo è chiamato a condannare gli attentatori suicidi. Ma possiamo ignorare la lunga strada che hanno percorso prima di giungere a questa destinazione? Dall'11 Settembre del 1922 all'11 Settembre del 2002 - ottant'anni sono un periodo molto lungo per fare la guerra. È possibile consigliare qualcosa ai Palestinesi? O forse dovrebbero davvero prendere in parola il suggerimento di Golda Meir e fare lo sforzo di non esistere?

In una parte diversa del Medio Oriente, l'11 Settembre risveglia un ricordo più recente. Fu proprio l'11 Settembre del 1990 che George Bush senior, al tempo presidente degli Stati Uniti, tenne un discorso di fronte ad una seduta plenaria del Congresso annunciando la decisione del suo governo di fare guerra all'Iraq.

Il governo USA sostiene che Saddam Hussein è un criminale di guerra, un crudele despota militare che si è macchiato di genocidio nei confronti della sua stessa popolazione. È una descrizione piuttosto precisa dell'uomo. Nel 1988 Saddam Hussein razziò centinaia di villaggi nel nord dell'Iraq, fece uso di armi chimiche e cannoni per uccidere migliaia di curdi. Oggi sappiamo che quello stesso anno il governo USA gli fornì una sovvenzione di 500 milioni di dollari per l'acquisto di prodotti agricoli USA. L'anno successivo, dopo che aveva completato con successo la sua campagna genocida, il governo USA raddoppiò il suo aiuto fino ad un miliardo di dollari. Gli fornì anche colture batteriche di antrace di buona qualità, elicotteri e materiale polivalente che poteva essere usato per costruire armi chimiche e biologiche. E così risulta che mentre Saddam Hussein stava compiendo le sue peggiori atrocità, i governi di USA e Gran Bretagna erano suoi stretti alleati.

E quindi, cosa è cambiato? Nel 1990 Saddam Hussein invase il Kuwait. La sua colpa non fu tanto l'aver commesso un atto di guerra, se non l'aver agito indipendentemente, senza ordini dal suo padrone. Questa scena di indipendenza fu quanto bastava per sovvertire l'equilibrio di potere nel Golfo. E così si decise di annientare Saddam Hussein, come un animaletto che non rientrava più nelle grazie del padrone.

Il primo attacco alleato sull'Iraq si registrò nel Gennaio del 91. Il mondo guardare lo spettacolo da prima serata della guerra che si teneva in tv. (In India in questi giorni bisognava recarsi in un hotel a cinque stelle per vedere la CNN). Decine di migliaia di persone furono uccise in un mese di bombardamenti devastanti. Ciò che molti non sanno è che la guerra non finì allora. La furia iniziale sbollì attraverso il pù lungo attacco aereo su un solo paese dalla guerra del Vietnam. Nel corso dell'ultimo decennio, le forze americane ed inglesi hanno lanciato migliaia di missili e bombe sull'Iraq. Nel decennio di sanzioni economiche successive alla guerra, ai civili iracheni si rifiutarono approvviggionamenti di cibo, medicine, attrezzature ospedaliere, ambulanze, acqua pulita - i beni di prima necessità più elementari.

Circa mezzo milione di bambini iracheni sono morti per effetto delle sanzioni. A loro proposito, Madeleine Albright, ambasciatrice USA all'ONU, disse: "è una scelta molto difficile, ma crediamo ne valga la pena". "Equivalenza morale" fu l'espressione usata per denunciare quelli di noi che criticavano la guerra contro l'Afganistan. Madeleine Albright non può essere accusata di equivalenza morale. Ciò di cui parlava era pura e semplice algebra.

Un decennio di bombardamenti non è riuscito a far sloggiare Saddam Hussein, "la Bestia di Bagdad". Ora, circa 12 anni dopo, George Bush jr. ha di nuovo riagguantato la retorica proponendo una guerra totale il cui obiettivo è niente di meno che un cambio di regime. Il New York Times afferma che l'amministrazione Bush sta seguendo, cito, "una strategia attentamente pianificata per convincere il pubblico, il Congresso e gli alleati della necessità di far fronte alla minaccia di Saddam Hussein". Andrew Card, capo dello staff della Casa Bianca, ha descritto il modo in cui l'amministrazione stava prendendo le misure al piano di guerra per l'autunno, cito ancora: "da un punto di vista di marketing, non si può introdurre un nuovo prodotto ad agosto". Stavolta la catch-phrase per il "nuovo prodotto" dell'amministrazione Bush non è la situazione disperata dei kuwatiani ma l'affermazione che l'Iraq possiede armi di distruzione di massa. "Dimenticate le irresponsabili lobbies pacifiste", ha scritto Richard Pearle, ex-consigliere di Bush, "dobbiamo prenderlo prima che lui prenda noi".

Gli ispettori hanno informazioni contrastanti circa le armi di distruzioni di massa irachene, e molti hanno detto chiaramente che il loro arsenale è stato smantellato e che non hanno la capacità di costruirne uno. Comunque, non c'è incertezza sull'ampiezza e la vastità dell'arsenale americano di armi chimiche e nucleari. Gli Stati Uniti accetterebbero gli ispettori? Oppure la Gran Bretagna? O Israele?

Che succede se l'Iraq ha un'arma nucleare? Ciò giustificherebbe un attacco preventivo degli Stati Uniti? Gli Stati Uniti possiedono l'arsenale nucleare più grande del mondo e sono il solo paese al mondo ad averlo utilizzato davvero su una popolazione civile. Se gli Stati Uniti possono attaccare preventivamente l'Iraq perché, allora, una qualunque altra potenza nucleare non sarebbe giustificata nell'attaccarne una qualunque altra. L'India potrebbe attaccare il Pakistan, o viceversa. Se il governo USA sviluppasse una certa insofferenza per il primo ministro indiano, per esempio, potrebbero "rimuoverlo" con un attacco preventivo?

Di recente gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo importante nel riportare India e Pakistan lontani dall'orlo della guerra. Gli è così difficile seguire lo stesso consiglio? Chi è colpevole di moralizzare irresponsabilmente? Di predicare la pace mentre porta la guerra? Gli USA, che George Bush ha chiamato "la nazione più pacifica sulla terra", sono stati in guerra con questo o quel paese ogni anno negli ultimi 50 anni.

Le guerre non si combattono mai per ragioni altruistiche. Sono combattute solitamente per l'egemonia, per gli affari. E poi ovviamente esiste il business della guerra.

Per la politica estera americana, la difesa del controllo sulle riserve petrolifere mondiali è fondamentale. I recenti inteventi militari degli USA nei Balcani ed in Asia Centrale hanno a che fare con il petrolio. Hamid Karzai, il presidente fantoccio afgano installato dagli USA, si dice sia un ex-impiegato della Unocal, compagnia petrolifera americana. Il pattugliamento paranoico del Medio Oriente da parte statunitense dipende dal fatto che vi si trovano circa i due terzi delle riserve mondiali. Il petrolio fa scoppiettare delicatamente i motori americani. Il petrolio fa scorrere il Libero Mercato. Chi lo controlli controlla i mercati del mondo. E come si controlla il petrolio?

Nessuno lo dice con maggior eleganza di Thomas Friedman, giornalista del New York Times. In un articolo intitolato "La pazzia ripaga", sosteneva che "gli USA devono chiarire all'Iraq ed agli alleati che [...] gli americani faranno uso della forza senza negoziati, senza esitazioni e senza l'approvazione ONU". Il suo consiglio è stato preso sul serio. Nelle guerre contro l'Iraq e l'Afganistan come nell'umiliazione quasi giornaliera dell'ONU. Nel suo libro sulla globalizzazione, "The Lexus and the Olive Tree", Firedman dice, cito: "la mano invisibile del mercato non può funzionare senza il maglio nascosto. McDonalds non può fiorire senza McDonnel Douglas... ed il maglio nascosto che rende il mondo un posto sicuro per lo sviluppo delle teconologie della Silicon Valley sono l'esercito, l'aviazione e la marina americana". Forse lo scrisse in un momento di vulnerabilità ma si tratta della descrizione più sintetica ed accurata del progetto della globalizzazione neoliberale che abbia mai letto.

Dall'11 settembre del 2001 e dalla guerra contro il terrore, la mano invisibile ed il maglio nascosto sono scoperti - ed abbiamo ora una chiara visione dell'altra arma dell'America - il Libero Mercato - sta piombando sul mondo in via di sviluppo con un sorriso tirato e falso. La "missione interminabile" è la guerra perfetta degli Stati Uniti, il veicolo perfetto per l'espansione infinita dell'imperialismo americano. In Urdu "profitto" è "fayda". Al Qaida significa "La Parola", "La Parola di Dio", "La Legge". Perciò in India alcuni di noi indicano la guerra contro il terrore come "Al Qaida contro Al Fayda", la Parola contro il Profitto - senza voler fare un gioco di parole.

Al momento sembra che stia vincendo Al Fayda. Ma non si sa mai...

Negli ultimi dieci anni di sfrenata globalizzazione delle multinazionali, il reddito mondiale totale è cresciuto in media di un 2,5% all'anno. Eppure il numero di poveri al mondo è cresciuto di 100 milioni. Delle cento economie più forti, 51 sono multinazionali, non paesi. L'1% più ricco della popolazione mondiale ha lo stesso reddito complessivo del 57% più povero ed il gap cresce. Ed ora, sotto la copertura della guerra contro il terrore, questo processo è accelerato. Gli uomini in giacca e cravatta hanno una fretta tremenda. Mentre le bombe si precipitano addosso, ed i missili cruise sfrecciano nei cieli, mentre le armi nucleari sono stoccate per rendere il mondo un posto più sicuro, si firmano contratti, si registrano brevetti, si distendono tubature per oleodotti, si saccheggiano le risorse naturali, si privatizza l'acqua e si minano le democrazie.

In un paese come l'India, gli "aggiustamenti strutturali" previsti dal progetto di globalizzazione delle multinazionali sta dilaniando le vite delle persone. Progetti di "sviluppo", massiccia privatizzazione e "riforme" del mercato del lavoro stanno scacciando le persone dalle loro terre e privandole dei loro lavori, con una specie di barbaro spossessamento che ha pochi uguali nella storia. In tutto il mondo, mentre il "Libero Mercato" protegge sfacciatamente i mercati occidentali e costringe i paesi in via di sviluppo a rimuovere le loro barriere al commercio, i poveri diventano sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi.

Disordini civili cominciano a scoppiare nel villaggio globale. In paesi come l'Argentina, il Brasile, il Messico, la Bolivia e l'India, i movimenti di resistenza contro la globalizzazione delle multinazionali stanno crescendo. Per contenerli i governi stanno rafforzando il loro controllo. Chi protesta viene etichettato come "terrorista" e poi trattato di conseguenza. Ma disordini civili non significa solo marce e dimostrazioni e proteste contro la globalizzazione. Sfortunatamente significa anche il precipizio nel crimine, nel caos ed in tutte le forme di disperazione e disinganno che, come sappiamo dalla storia (e da ciò che vediamo srotolarsi dinanzi ai nostri occhi), diventano gradualmente terreno fertile per cose orribili - nazionalismo culturale, bigotteria religiosa, fascismo e, chiaramente, terrorismo. Tutto ciò avanza sotto braccio con la globalizzazione neoliberale. C'è una nozione che guadagna rapidamente credibilità secondo cui il Mercato Libero abbatte le barriere nazionali e che la destinazione finale della globalizzazione neoliberale sia un paradiso hippie in cui l'unico passaporto è il cuore e viviamo contenti dentro una canzone di John Lennon. ("Immagina che non esistano nazioni...") Ma è una menzogna.

Ciò che il Libero Mercato davvero distrugge non è la sovranità nazionale ma la democrazia. Mano a mano che la disparità tra i ricchi ed i poveri cresce, il maglio nascosto trova un lavoro fatto su misura per lui. Le multinazionali alla ricerca di affari dai profitti enormi non li possono concludere né possono amministrare i progetti nei paesi in via di sviluppo senza la connivenza attiva della macchina statale - la polizia, i tribunali, a volte finanche l'esercito. Oggi la globalizzazione neoliberale ha bisogno nei paesi più poveri di una confederazione internazionale di governi leali, corrotti e preferibilmente autoritari che portino a termine riforme impopolari e reprimano i ribelli.

Ha bisogno di una stampa che faccia finta di essere libera. Di tribunali che facciano finta di amministrare la giustizia. Di bombe nucleari, eserciti schierati, di leggi sull'immigrazione più dure, e di attente guardie costiere per stare sicuri che siano solo il denaro, i beni, i brevetti ed i servizi che vengono globalizzati - non il libero movimento delle persone, non il rispetto dei diritti umani, non i trattati internazionali contro la discriminazione razziale o le armi chimiche e nucleari, non contro le emissioni di gas serra, contro il cambio climatico o, dio ce ne guardi, la giustizia. È come se finanche un gesto a favore della responsabilità internazionale farebbe crollare l'intera impresa.

A quasi un anno di distanza da quando la guerra contro il terrore fu sbandierata ufficialmente sulle rovine dell'Afganistan, in un paese dopo l'altro si stanno limitando le libertà in nome della protezione della libertà, si sospendono le libertà civili in nome della protezione della democrazia. Ogni tipo di "dissenso" viene definito "terrorismo". Ogni genere di legge viene promulgato per combatterlo. Osama bin Laden sembra essere svanito nel nulla. Il Mullah Omar si crede sia fuggito in moto. (Avrebbero potuto mandargli dietro Tin Tin) [Risa]. I talebani possono essere scomparsi, ma il loro spirito, e il loro sistema di giustizia sommaria stanno emergendo nei posti più improbabili. In India, in Pakistan, in Nigeria, in America, in tutte le repubbliche centro asiatiche guidate dai despoti di ogni tipo e chiaramente nell'Afganistan dell'Alleanza del Nord appoggiata dagli USA.

Nel frattempo nei grandi magazzini c'è una svendita di mezza stagione. Tutto è scontato - oceani, fiumi, olio, geni, fiori, infanzia, fabbriche di alluminio, imprese di telecomunicazioni, saggezza, deserti, diritti civili, ecosistemi - e tutti e 4600 milioni di anni di evoluzione. Tutto è impacchettato, sigillato, etichettato, prezzato e messo nel suo scaffale. (Non si accettano resi). Per quanto concerne la giustizia - mi si dice - anch'essa è in offerta. Se ne può avere quanta se ne può comprare col denaro.

Donal Rumsfeld ha affermato che la sua missione nella guerra contro il terrore era persuadere il mondo che agli americani si deve consentire di proseguire con il loro stile di vita. Quando il sovrano impazzito batte i piedi, gli schiavi tremano nelle loro stanze. Perciò, stando qui oggi, è difficile per me dirlo, ma "The American Way of Life" semplicemente non è sostenibile. Perché non riconosce che esiste un mondo al di là dell'America. [Applauso]

Ma fortunatamente, il potere ha una data di scadenza. Quando arriverà il momento, forse, questo potente impero farà il passo più lungo della gamba e imploderà da dentro. Sembra che lesioni strutturali siano già comparse. Mentre la guerra contro il terrore stende la sua rete sempre più ampiamente, il cuore dell'economia americana soffre un'emorragia. Nonostante tutta la chiacchiera infinita e vuota sulla democrazia, oggi il mondo è guidato da tre delle istituzioni più reticenti del mondo: il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la World Trade Organization, tutte e tre a loro volta dominate dagli USA. Le loro decisioni sono prese in segreto. I loro dirigenti sono nominati a porte chiuse. Nessuno sa davvero nulla di esse, delle loro politiche, del loro credo, delle loro intenzioni. Nessuno le ha elette. Nessuno ha detto che potevano decidere in nostro nome. Un mondo guidato da un pugno di avidi banchieri e CEO che nessuno ha eletto non può durare.

Il comunismo di stile sovietico è fallito, non perché fosse intrinsecamente un male, ma perché era difettoso. Consentiva a troppo poche persone di usurpare troppo potere. Il capitalismo del XXI sec., in stile americano, fallirà per la stessa ragione. Sono entrambi edifici costruiti dall'intelligenza umana, e annullati dalla natura umana.

Il momento è giunto, disse il tricheco [riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie, ndt]. Forse le cose peggioreranno e poi miglioreranno. Forse c'è un piccolo dio su nel cielo che si sta preparando per noi. Un altro mondo non è solo possibile, ma si avvicina. Forse molti di noi non saranno qui per salutarlo, ma in una giornata tranquilla, se faccio molta attenzione, posso sentirne il respiro.

Grazie [applauso]


Voglio solo dire che, sapete, ero tanto terrorizzata dal venire in America, perché, se si leggono i giornali e si guarda quello che c'è in TV, che in India è, lo sapete, Fox News [risa]... questi media fanno come se tutti in America fossero un clone di George Bush. [risate] Sono semplicemente felice di essere venuta perché vedervi qui senza ricevere pomodori in faccia riconferma la mia fede nell'umanità. Grazie [applauso]



Documento originale Come September
Traduzione di Sergio De Simone 
fonte: http://www.zmag.org/Italy/

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