Di ciò di cui non si può parlare si tace. - Ludwig Wittgenstein

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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ISLAM E OCCIDENTE
INTERVISTA CON MANUEL OLIVARES



Intervista con Manuel Olivares

Manuel Olivares, autore ed editore, si è estesamente occupato del fenomeno, emergente, delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi. È di recentissima uscita, infatti, il suo Comunità intenzionali, ecovillaggi e cohousing, il quarto di una fortunata serie di testi sull’argomento, frutto di quindici anni di studi in biblioteca e sul campo.  Manuel ha vissuto circa tredici anni in India (pur in maniera discontinua), scrivendo diversi testi sulla cultura indiana, il più importante dei quali è Gesù in India? dove vengono presentate ed argomentate le molte, diverse, ipotesi relative ad un possibile periodo vissuto da Gesù nel subcontinente. Di recente ha spostato il suo baricentro a Londra dove ha iniziato ad occuparsi di Islam in Occidente, tematica cui sta dedicando approfondite ricerche, ancora una volta, in biblioteca e sul campo. Per maggiori informazioni visitare il sito della sua editrice: www.viverealtrimenti.com.
(Redazione FioriGialli Dossier)
 
FG. Dossier: Come hai iniziato ad interessarti di Islam?

Ho incontrato l’Islam in India, dove ho vissuto buona parte del tempo per circa 13 anni. A Varanasi per la precisione, la capitale culturale dell’Induismo ma con una sezione importante della popolazione di fede musulmana. Ho iniziato a frequentare i quartieri islamici perché ogni tanto avevo bisogno di mangiare un po’ di carne (in una città dove la maggior parte dei ristoranti serve solo cibo vegetariano) e avevo trovato un buon daba (ristorante economico) in un’area, integralmente musulmana, del quartiere di Madanpura.

Ogni volta che andavo a mangiare il pollo a Madanpura l’esperienza mi ispirava alcune riflessioni che ho poi riportato in uno dei miei libri (Con Jasmuheen al Kumbha Mela) . Apprezzavo difatti, del quartiere, la dimensione sociale maggiormente “comunitaria” in cui, come miracolosamente, scomparivano le gerarchie marcate con cui bisogna invece convivere in un contesto hindu. A Madanpura respiravo un’aria più distesa ed ho iniziato dunque a percepire i musulmani come nostri “cugini” (nostri nel senso di: noi persone culturalmente cristiane, educate all’amore per il prossimo a prescindere dal suo status sociale ed alla fratellanza, per quanta poca applicazione possano avere, di fatto, questi valori).

Nel 2009 è stata la volta del mio primo viaggio in Kashmir (di cui parlo in questo post): stato indiano quasi integralmente islamico ai confini con il Pakistan, con tutto quello che questo sta comportando, da decenni,  in termini di costante guerra — più o meno quiescente — con il governo di Nuova Delhi. Le impressioni che avevo a Madanpura mi si rafforzarono in Kashmir, soprattutto quella di un incontro con una comunità con un alto livello di integrazione sociale.

Nel 2014 ci fu, infine, l’incontro con la Comunità Islamica Ahmadiyya, nel corso delle mie ricerche per il libro Gesù in India? Alla Comunità Ahmadiyya ho dedicato diversi scritti, dunque senza che mi sto a dilungare qui segnalerei: La Comunità Ahmadiyya vista da vicino; il mio intervento alla conferenza organizzata dal Centro Studi LIREC, nel corso del Congresso Internazionale della European Academy of Religion (Bologna, 5-8 Marzo 2018; panel n. 63), sul Movimento Ahmadiyya

Dopo il primo, profondo incontro con gli Ahmadiyya (venti giorni trascorsi nella loro città santa: Qadian, in Punjab), ho iniziato a frequentare la comunità anche in Europa e dunque, più generalmente, ad interessarmi alla questione islamica di cui sto progressivamente scoprendo il fascino e, allo stesso tempo, la complessità.

FG. Dossier: All’inizio della tua scoperta cosa ti ha colpito maggiormente?
 
In parte ti ho già risposto. Sicuramente la full immersion nella realtà ahmadiyya ha avuto un effetto determinante. Le vaghe impressioni delle prime esperienze, a Qadian iniziarono a strutturarsi in maniera più coerente ed iniziai a realizzare che mi si stavano come formando altri occhi, con cui vedere il mondo in maniera diversa. Fu un grande regalo di cui sono grato agli Ahmadiyya. Direi che la scoperta più importante sia avvenuta a livello religioso, mi sono messo in gioco e credo di aver fatto un’esperienza simile a quella di cui parla Hamza Piccardo (importante convertito italiano all’Islam) all’inizio del bel documentario realizzato da Al Jazeera: Hamza e i significati del Corano.

Piccardo sostiene di essere stato molto attratto, in gioventù, dalla dimensione del deserto e, in viaggio su un camion tra l’ultima città algerina e la prima città del Niger, nel corso di una sosta assiste all’abluzione con la sabbia di alcuni suoi compagni di traversata algerini. Poi, cito dal suo racconto: «uno di loro si è messo un pochino avanti e ha recitato la preghiera leggendo il Corano ad alta voce. Io ero a pochi metri, sentivo questa recitazione che mi entrava nel cuore, volevo capire che cosa aveva questa gente ma già dentro di me stava lavorando la convinzione che Dio esisteva, non era una favola per i bambini o una consolazione per gli anziani e che quella maniera che quella gente aveva di rapportarsi con Dio mi piaceva!».

Ora, senza entrare nel merito della mia esperienza a Qadian, in un contesto diverso da quello di cui ci parla Piccardo, sicuramente mi ritrovo in quel che lui dice in merito alla convinzione dell’esistenza di Dio e poi “la maniera che quella gente aveva di rapportarsi con Dio” piaceva anche a me. In breve, possiamo dire che “la molla” di avvicinamento all’Islam sia stata la stessa anche se Piccardo si è poi, formalmente, convertito mentre io continuo a farmi molte domande perché tanto mi è chiaro che il modo islamico di rapportarsi con Dio mi piace — personalmente, al momento, lo trovo il modo migliore — quanto mi è chiaro che una religione, in particolare quella islamica, non si limita alla sola dimensione spirituale o teologica che dir si voglia ma, come ci insegna la storia, si fa cultura, civiltà, sistema giuridico e a questo punto iniziano, inevitabilmente, le criticità (in particolare sul fronte del rapporto tra quella cultura e civiltà e la nostra occidentale), cui avremo modo appena di accennare perché il discorso è, naturalmente, troppo complesso per esaurirlo qui.

Del resto, merita chiarire che oltre all’aspetto religioso sono stato profondamente colpito anche da alcuni aspetti culturali dell’Islam, ad esempio la cultura dell’ospitalità in cui i musulmani danno spesso prova di una grande nobiltà d’animo. Una volta, mi ricordo, ero all’Università di Srinagar, in Kashmir, quasi integralmente se non integralmente musulmana (si sentiva il richiamo alla preghiera e le ragazze portavano quasi tutte il velo sui capelli) ed uno studente, Aijaz, mi si era messo a disposizione per aiutarmi in alcuni giri che dovevo fare. Mi ricordo che mi portò anche in un punto ristoro, poi si allontanò per più di un’ora perché doveva seguire delle lezioni ma mi lasciò in compagnia di alcuni suoi amici, con cui avemmo un bello scambio di idee.

Al suo ritorno riprendemmo a parlare e giunse, naturalmente, il momento di pagare il pranzo. Aijaz si rifiutò, in maniera mite ma risoluta, di farlo pagare a me, malgrado io avessi già tirato fuori il portafoglio da cui sporgeva un mazzo di 20 banconote da 500 rupie perché avevo fatto, la mattina stessa, un prelevamento da diecimila rupie. A lui non è sfuggito che avevo soldi in abbondanza per pagare le 40 rupie del pasto ma ha comunque preteso di pagarlo lui, senza avere nemmeno il portafoglio, avendo solo 3 banconote da venti rupie che gli si erano stropicciate in tasca. Ricordo che era un po’ in imbarazzo e si mise a stirare con cura due delle tre banconote da dare al ristoratore.

Ecco, episodi così mi sono accaduti solo nel mondo islamico, pur avendo diversi amici hindu ed avendo anche vissuto in paesi a maggioranza buddhista come lo Sri Lanka o quasi integralmente buddhisti come la Thailandia. La nobiltà è sicuramente uno degli aspetti che possiamo imparare dai musulmani, accanto al fervore religioso, a quello che potremmo definire un loro “incrollabile bandolo di senso”. Noi che, invece, possiamo considerarci, in buona parte, “orfani di sacro”.
 
 
Fg. Dossier: Quali aspetti invece ti rendono o ti rendevano perplesso?
 
Béh sicuramente ci sono diverse criticità di cui dobbiamo essere consapevoli, soprattutto nella misura in cui non possiamo più nasconderci dietro il fatto che non ci riguardino da vicino. Con il tasso di crescita che hanno i musulmani, stando ai dati del Pew Research Center, diventeranno il primo gruppo religioso, su scala mondiale, intorno al 2070.
Sto iniziando a monitorare la situazione da Londra, dove attualmente vivo e — stando ad alcuni dati che si trovano facilmente anche in rete — tra il 2001 ed il 2009 la popolazione musulmana è cresciuta, nel Regno Unito, con una velocità dieci volte maggiore di quella della popolazione non musulmana.

In Germania la popolazione musulmana sfiora, oggi, i cinque milioni mentre, per citare un altro paese di cui mi sono occupato e continuo a seguire sullo sfondo, in India i musulmani sono passati rapidamente ad essere il 15% della popolazione del subcontinente (erano il 12% fino a pochi anni fa).

Tornando rapidamente nel Regno Unito (che non ha molti più abitanti dell’Italia; circa 65 milioni contro 60 milioni) ma dove il radicamento islamico non viene ostacolato, nel 2015 risultavano ben 1750 moschee registrate, contro le 443 del 1991, le 614 del 2001 e le 1500 del 2011. In Italia le moschee ufficiali, al momento, sono solo 10 ma fino a quando, a fronte della crescita considerevole della popolazione islamica anche nel nostro paese, se ne potrà ostacolare la costruzione di nuove?
A fronte dei pochi dati appena considerati ed usando un’espressione iperbolica potremmo quasi dire che l’Islam “sia il futuro” e che dunque sia assolutamente necessario iniziare a conoscere meglio il fenomeno.

Dunque: innanzitutto leggiamo il Corano (cliccando qui è possibile leggerlo on line), leggiamolo ed interroghiamoci sui suoi contenuti e, parallelamente, non temiamo un confronto con i nostri amici musulmani, naturalmente con il dovuto rispetto, nella misura in cui stiamo parlando di quello che, per loro, è il più sacro dei testi ed il fondamento della loro cultura (che, tuttavia, è molto più plurale di quanto si possa comunemente pensare). Non è sicuramente una novità che diversi aspetti della sharia (la legge islamica, oggetto di un articolato dibattito a partire dallo stesso mondo musulmano) possano lasciarci legittimamente perplessi ma, sicuramente, prima di tutto è necessario iniziare a conoscere meglio questo grande mondo, a partire dal proprio testo sacro, dalla storia e dall’attualità. Mettiamoci passione, senza perdere il senso critico che caratterizza la nostra cultura, fondata su di un provvidenziale “beneficio del dubbio”.
 
Fg. Dossier: Colpisce quanto hai detto su ospitalità e nobiltà d’animo. 
Ma non sono valori e virtù riconosciuti anche fuori dall’Islam?
 
Certo, però io nel mondo islamico ho avuto modo di vederli messi in pratica, in diverse circostanze, più che in altri contesti e questo mi ha sorpreso piacevolmente. Può naturalmente darsi che sia stato fortunato ma credo anche che questa maggiore nobiltà si ricolleghi ad un fatto cruciale, ovvero che nel mondo islamico la protensione al sacro e la presenza del sacro nel quotidiano siano molto maggiori che nel nostro Occidente secolare.

Come dice una mia amica che è stata musulmana per molti anni, il sacro nell’Islam viene richiamato costantemente a partire dal linguaggio, con espressioni come InshaAllah (se Dio vuole), utilizzate senza risparmio, in relazione a fatti anche del tutto ordinari del quotidiano («domani sera vado a cena fuori, InshaAllah!») e questa è un’altra cosa che ho apprezzato ed apprezzo enormemente del mondo islamico: questo costante ricordo della nostra “fragilità creaturale”, della nostra assoluta inadeguatezza di fronte alla pura intelligenza e pura potenza di cui il creato, “tutte le cose visibili ed invisibili”, sono costante espressione.

Un’altra parola araba che si usa comunemente è Alhamdulillah che significa: «grazie a Dio!». Viene utilizzata come espressione di giubilo o, ad esempio, quando qualcuno chiede a qualcun altro: «come stai?». Invece di rispondere con un banalissimo, frigidissimo: «bene!» ci si ricorda, ancora una volta, che a prescindere da come si possa stare in un preciso momento, il nostro stesso esserci è comunque, prima di tutto, merito di Dio che è il principio ed il senso di ogni cosa. Infine, merita menzione un’altra espressione persiana, passata anche nell’Urdu e che viene utilizzata dagli stessi musulmani indiani.

L’ho conosciuta grazie ad un giovane ingegnere informatico della Comunità Ahmadiyya cui sono stato affidato, a Qadian, per essere supportato nella mia ricerca e che oggi mi aiuta con il sito di viverealtrimenti (viverealtrimenti.com). L’espressione è: Khuda Hafiz e significa, letteralmente: «possa Dio essere il tuo guardiano!» ( io però preferisco tradurla con: «che Dio non ti perda mai di vista!») e viene utilizzata per i saluti di congedo.

Ricordo Zabi (il ragazzo di cui sopra) la utilizzò con me per salutarmi dopo aver chattato su facebook (dunque in un contesto, direi, ordinariamente profano). Io non ne conoscevo il significato e ho fatto una rapida ricerca in rete. Ricordo che mi emozionai quando ne trovai la traduzione, mi sembrò davvero bello chiudere una banalissima chat su facebook (in cui non abbiamo certo parlato di teologia) con quell’espressione e dunque, da allora, ho iniziata ad utilizzarla anche io, di tanto in tanto, per salutare gli amici.

Questo costante, quotidiano richiamo all’assoluto credo aiuti molto nel processo di nobilitazione. Ho toccato con mano la nobiltà del mondo islamico e credo che senza perdere troppo tempo in giudizi che — soprattutto in virtù di una generalizzata ignoranza —  finiscono spesso per lasciare il tempo che trovano dovremmo semplicemente iniziare a goderci questa nobiltà e, in qualche modo e a nostro modo, a farcene concretamente ispirare!
 
Fg. Dossier: Se nell’Islam la religione si fa cultura e crea civiltà non trovi che ciò sia un po’ l’opposto della scelta laica occidentale, in cui si da per scontata  la separazione e la reciproca indipendenza di religione e cultura?
 
Sì, che sia un po’ l’opposto della popperiana “società aperta”…
È una domanda molto difficile questa e richiede una preparazione che io, al momento, non mi sento di avere. È una questione molta dibattuta in diversi ambienti, se ne parla a livello accademico, se ne scrive su riviste come Oasis che trovo molto ben fatta, è una domanda che dovresti porre più ai presidenti del COREIS o dell’UCOII che sono le due più importanti organizzazioni islamiche in Italia o a qualche esperto di diritto comparato e/o di diritto islamico.

Per me è molto importante il concetto di società plurale ed infatti abbiamo fatto degli incontri in cui compariva nel titolo. Inoltre, mi è sempre piaciuto pensare possano realizzarsi delle “dinamiche sintesi virtuose” (in realtà se ne realizzano di continuo, soprattutto su piccola scala). In altre parole, non possiamo non considerare che l’Islam e l’Occidente non sono due compartimenti a tenuta stagna ma due mondi che, oltre ad aver sempre interagito, si sono sempre — reciprocamente — contaminati (molto più di quanto la persona media possa credere). Oggi, poi, l’interazione sta diventando ogni giorno più stretta, nel momento in cui tante, diverse comunità islamiche stanno crescendo, molto velocemente, sul suolo europeo.

L’interazione può essere conflittuale (un esempio allarmante, in questo senso, è oggi la Svezia) ma si può anche lavorare valorizzando diverse, possibili complementarità. Io parto dal presupposto che l’Islam — che storicamente ha sempre dimostrato di dar vita ad un pensiero (nella sua pluralità) “forte” — possa rappresentare oggi, con le sue criticità, una risorsa per un Occidente che sembra quasi allo sbando.

Dall’Islam possiamo, ad esempio, re-imparare ad essere religiosi, ritrovando bandoli di fede perduti, essere ispirati a coltivare una maggiore nobiltà nelle relazioni interpersonali, a dare un rinnovato valore ad istituzioni tradizionali come la famiglia, ad una generale moderazione nello stile di vita (a partire da una maggiore attenzione nell’utilizzo di sostanze come l’alcool) e, anche se sembra banale, all’igiene personale.

I musulmani sono, infatti, pulitissimi («la pulizia è la metà della fede!»), prima di entrare in moschea bisogna lavarsi i piedi, le mani, gli avambracci fino ai gomiti e passarsi le mani bagnate sulla testa. In ogni bagno islamico, in una città come Londra dove pochi dispongono di un bidet, c’è sempre una brocchetta di plastica per lavarsi le parti intime. In moschea non solo bisogna entrare puliti ma anche profumati ed infatti, in visita di recente al London Halal Food Festival, diversi stand vendevano profumi per il corpo e per l’ambiente. Spesso gli interni musulmani hanno un caratteristico profumo fresco e gradevolmente dolce.

Si può obiettare che lo stesso Cristianesimo si fa promotore di valori in buona parte simili e a questo si può facilmente rispondere che le due religioni non devono essere viste come necessariamente in competizione. In un Occidente dove il Cristianesimo non si può dire non sia in difficoltà, diversi valori, nel tempo, possono essere promossi anche dall’Islam (pur a fronte delle necessarie considerazioni da fare su quale Islam). Del resto, il dialogo interreligioso è un ambito molto affascinante dove si cercano proprio momenti di interscambio e collaborazione.

Consideriamo inoltre che tra il rifiuto o, nella migliore delle ipotesi, la diffidenza nei confronti dell’Islam in Europa da un lato e le conversioni di un numero crescente di europei (in maggioranza donne) dall’altro, esiste un’interessantissima zona grigia.
Parliamo di coloro disposti a farsi ispirare da quanto di buono possano trovare in questa grande religione. Io credo che ai nostri giovinastri, spesso smidollati, confusi, che cercano maldestramente di rimorchiare su facebook dove non esitano a prendersi licenze come insultare il proprio prossimo (protetti da uno schermo), non farebbe male una visita a qualche moschea.

Per quello che ho avuto modo di vedere ed esperire, i musulmani sono molto accoglienti e felici di ricevere qualcuno di un’altra religione o di nessuna religione in visita. Già un pur blando interesse nei loro confronti li dispone molto bene. Io frequento spesso le moschee a Londra, non ho mai avuto mezzo problema, nel periodo del Ramadan rimediavo anche la cena (risate). Difatti, dopo la preghiera della sera, a chiunque si presentasse in moschea — musulmano, cristiano, ebreo, homeless che fosse — veniva dato del cibo. Per gli homeless (che sono drammaticamente in aumento a Londra) le moschee sono una risorsa nel periodo del Ramadan.

Certo, bisogna saper stare al mondo, se si frequenta anche saltuariamente una moschea bisogna avere chiari quali siano i dos and don’ts, per usare un’efficace espressione inglese (i comportamenti da adottare e quelli da evitare). Dunque: iniziamo, in particolare noi italiani, a smetterla di coltivare eccessivi pregiudizi sull’Islam (pur cercando di evitare di cadere nell’acriticità), di vederlo soprattutto come una minaccia, un tabù e relegarlo in una sorta di rimosso collettivo. Iniziamo, piuttosto, a prenderci la briga di conoscerlo più a fondo, sui libri e sul campo. Iniziamo a interrogarci assieme su questioni come quella che mi hai posto tu con questa domanda. Parliamone anche con loro e, a fronte di molte incomprensioni, chissà che non inizino a venir fuori anche delle interessanti sintesi virtuose….
 
Fg. Dossier: Cosa pensi del fatto che mentre nell'Islam si sviluppa un binario esistenziale fondato sulla scrittura religiosa, in Occidente invece ognuno è solo a crearsi il proprio binario personale, eccetto per chi sceglie un binario religioso già esistente?

Credo ci sia il rischio si tratti, in entrambi i casi, di un’arma a doppio taglio. Noi occidentali siamo disorientati perché prodotto di una società secolarizzata, dunque “aperta”, plurale. Un buon esempio di società plurale l’ho riscontrato a Londra (uno dei moltissimi). Nella fattispecie nel quartiere etnico di White Chapel dove c’è una delle moschee più importanti della città. Io vivo non molto distante e dunque capita frequenti tanto il quartiere quanto la moschea.

È stupendo vedere che, nel momento in cui si esce dalla moschea dopo una delle cinque preghiere (io vado in genere a quella pomeridiana), attraversando la strada si può finire, direttamente, in un classico pub londinese. Volendo si può arrivare in moschea, lavarsi ai lavacri collettivi, immergersi nella preghiera, leggere qualche verso in una delle molte copie del Corano a disposizione dei fedeli e poi uscire, attraversare la strada ed andarsi a rilassare al pub senza fare più di venti metri. Non voglio assolutamente essere blasfemo (qualche musulmano lo potrebbe pensare), voglio solo raccontare con un paradosso come effettivamente questa città riesca ad essere straordinariamente inclusiva. Non è un tabù l’Islam, ci sono tutte le moschee che vuoi a Londra ma non per questo vicino ad una moschea non può esserci, a pari diritto, un pub malgrado l’alcool sia proibito dal Corano.

Io, ribadisco, sono un sostenitore della società plurale che dunque non può non essere multietnica e pluriconfessionale (altrimenti dove starebbe la sua pluralità?). Quanto l’Islam possa pienamente integrarsi in una società plurale, quale Islam possa farlo (perché anche in questo caso siamo di fronte ad un fenomeno plurale) è qualcosa di cui, spero, parleremo sempre di più. Dunque, per riprendere dall’inizio, noi occidentali siamo disorientati anche perché prodotto di una società che lascia libertà di scelta, non instrada l’individuo su un binario preciso, per riprendere la tua immagine.

Sicuramente i musulmani sono, molto più di noi, instradati su di un binario fondato su una scrittura religiosa. Loro sono meno disorientati ma non hanno la nostra stessa libertà di farsi ispirare da tradizioni diverse. Non so quanto si possa affermare ci sia una tradizione perfetta, mi sembra piuttosto evidente quanto ciascuna abbia i suoi punti forti ed i suoi punti deboli (pensiamo solo, per fare un esempio di un certo impatto, ai circa 200 milioni di intoccabili che ci sono ancora in India e a come l’istituzione stessa dell’intoccabilità continui ad essere, in buona misura, sostanzialmente tollerata in quello che Alberto Moravia definiva “il paese della religione”).

Poter considerare le diverse tradizioni in maniera “non dogmatica” perché non si aderisce integralmente a nessuna può avere senz’altro, a sua volta, vantaggi e svantaggi. Come vedi, però, questo mio è un ragionamento che esce da una testa di una persona nata e cresciuta in un Occidente in buona parte, oramai, secolarizzato, nella società aperta e plurale cui abbiamo accennato. Un musulmano ti risponderebbe in maniera probabilmente diversa. Chiediglielo, intervista anche un musulmano, intervistane più di uno e sentiamo cosa ti viene risposto!

Noi, intanto, leggiamo il Corano, frequentiamo — con rispetto ma “laicamente” qualche moschea, per chi è religioso o comunque si sente di farlo credo non vada assolutamente esclusa l’ipotesi di partecipare alle preghiere — e cerchiamo di conoscere meglio questo grande e controverso soggetto che sta crescendo in casa nostra. Evitiamo di fare gli struzzi e di cadere nelle insidie di un rimosso collettivo; cerchiamo di essere “socialmente adulti”. Mi scuso per l’inevitabile superficialità delle considerazioni di questa intervista (di cui ti ringrazio), non possono che essere un piccolo sasso nello stagno. Khuda Hafiz!


FioriGialli Dossier intervista Manuel Olivares
Londra-Roma, agosto 2018

 
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