Di ciò di cui non si può parlare si tace. - Ludwig Wittgenstein

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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L'EUROPA DEI CITTADINI NON SI
PUO’ FARE SENZA L’EST



di Alex Langer

(NdR: scritto nel giugno del 1990, ma, come sempre capita con gli scritti di Langer, di un’attualità impressionante)

Fin da molto prima dell'imprevedibile ed entusiasmante apertura dei muri e dei fili spinati che avevano diviso l'Europa sino a renderla irriconoscibile, la Comunità Europea aveva esercitato un forte fascino sui popoli dell'Europa centrale e dell'est.
Non era tanto la Comunità realmente esistente, quella dei 12 (o dei 6, dei 9, dei 10... quale via via si presentava), e tanto meno l'Europa del mercato comune o dell'eurocrazia bruxellese ad attirare simpatie e speranze. Piuttosto era ed è l'idea in sè di una unità politica che superi finalmente gli angusti confini della solidarietà e coesione solo "nazionale" e sia pronta ad aprire la cassaforte gelosamente custodita della "sovranità", in favore di ordinamenti e solidarietà sovranazionali.
Anche la pratica finora sperimentata - per quanto limitata e parziale - di "unità nella diversità" e di partecipazione democratica che la Comunità europea ha consentito, è sicuramente il processo di integrazione tra diversi più avanzato ed al tempo stesso più rispettoso di tutti i partners che sinora si sia conosciuto nella storia.
La domanda di Europa, un vero e proprio bisogno di Europa, appare tuttavia oggi più avvertito nei paesi ex-comunisti che non tra i cittadini della stessa Europa comunitaria. La lunga rimozione di paesi come la Cecoslovacchia, la Polonia o l'Ungheria dal circuito europeo, la preoccupazione dei loro popoli di essere rimasti dimenticati e quasi radiati dalla famiglia dei popoli europei, il forte desiderio di trovare nuovi punti di riferimento, una volta rifiutata la condizione di satelliti di Mosca e senza voler diventare satelliti degli USA, ha alimentato molte speranze ed anche illusioni sull'Europa. E se molti europei occidentali potevano aver cancellato nella loro memoria storica o nel loro senso di appartenenza e di integrità europea città come Praga o Bucarest o Danzica e le lingue slave in blocco, il viceversa non era successo, e per la gente dell'Europa centrale ed orientale la comune eredità culturale e storica era tanto più viva quanto più negletta dalle ideologie ufficiali.
Ora i cittadini di tutta l'Europa si trovano improvvisamente in una situazione simile a quella dei tedeschi dell'est e dell'ovest: caduti i muri, la gente dell'est corre all'abbraccio e trova un po' freddi e spesso assai egoisti ed affaristi i propri fratelli dell'ovest, per tanto tempo solo sognati. E molta gente dell'ovest, che per anni si era riempita la bocca nelle occasioni comandate di paroloni sulla libertà e sulla democrazia, ora si preoccupa quanto ci costerà la ricucitura del continente e la cura della profonda ferita che lo aveva lacerato, e magari si precipita a svaligiare tutti i possibili tesori dell'est - dai terreni alle case, dai libri ai quadri, dalle aziende ai laboratori - finché la disparità economica lo permetterà a basso costo.
Per non parlare del reale pericolo che la generalizzazione degli attuali standards di consumi e dell'attuale ordine economico a tutta l'Europa possa in breve tempo provocare ulteriori e forse irrimediabili danni ambientali ad un continente che difficilmente riuscirebbe a sopportare un livello di motorizzazione o di cementificazione o di consumi idrici o energetici quale oggi i cosiddettti paesi più avanzati hanno raggiunto.

Attuare in Europa una comune scelta democratica di autolimitazione del proprio impatto ambientale e di contenimento della propria spinta espansionista e sfruttatrice verso il resto del mondo (soprattutto verso il Sud del pianeta) non sarà cosa facile. Ma sarà indispensabile se dopo l'èra dei blocchi tra est ed ovest non si vuole immediatamente entrare nella contrapposizione frontale e ben più profonda tra nord e sud, tra sazi ed affamati, tra chi si può permettere il lusso della democrazia perché riesce a caricare su altri le spese delle proprie scelte e chi vede nella democrazia solo l'ennesimo raggiro contro i poveri che, pur essendo maggioranza, non vincono mai.

C'è il rischio che nel processo di unificazione europea le cose anche sotto un altro profilo vadano davvero come tra le due Germanie: che i protagonisti delle rivoluzioni popolari e non-violente già poco tempo dopo la vittoria della loro iniziativa non contino più niente, perché la parola torna alle istituzioni, ai politici di professione, ai militari, ai diplomatici.
La spinta dei cittadini d'Europa è stata molto chiara: stessi diritti umani e civili accessibili a tutti, stessa possibilità di autodeterminazione della propria sorte, stesso bisogno di pace, stessa preoccupazione per la natura da salvaguardare, stessa volontà di giustizia e solidarietà sociale. Non può essere lasciato ora solo alle istituzioni politiche o al mercato comune il compito di dare le risposte e di decidere cosa e quanto il convento può passare.
Oggi c'è un gran bisogno e l'inaspettata opportunità di utilizzare appieno gli spazi democratici per costruire dal basso un tessuto comune europeo anche laddove le istituzioni ancora non possono o vogliono arrivare. E' venuto il momento di darsi strutture di cooperazione pan-europea, e non solo dei 12 membri della Comunità, e di sviluppare una pratica di appartenenza europea comune. Ci proveranno dal 19 al 21 ottobre a Praga numerose associazioni e gruppi dell'area ecologista, pacifista e dell'impegno per i diritti umani, nella prima "assemblea dei cittadini degli stati firmatari degli accordi di Helsinki", sotto gli auspici del presidente-cittadino Vaclav Havel, per elaborare i propri stimoli rivolti alla "Conferenza Helsinki II" sulla sicurezza e cooperazione in Europa che si aprirà a Parigi un mese dopo. Ma l'aspettativa dall'est è enorme e si rivolge in tutte le direzioni: verso gli ambientalisti, verso le organizzazioni sindacali, verso le associazioni di scrittori ed artisti, verso il variegato mondo dell'economia alternativa... Se oggi le esperienze e strutture della società civile che esistono, numerose ed articolate, nell'Europa occidentale, non sapranno rispondere alla domanda di inter-azione e di cooperazione che viene dalla gente dell'est affamata di democrazia e di spazi non egemonizzati dallo Stato, si perderebbe un'occasione storica forse irripetibile e si lascerebbe molto amaro in molte bocche.

Chi oggi pratica una dimensione civile ed europea nel proprio impegno organizzato, non ha più diritto di escludere l'Europa ex-comunista dal suo orizzonte. Chi perpetuasse, nei suoi schemi, i vecchi confini di blocco, finirebbe, oltretutto, per avere una visione del tutto strabica dell'Europa.

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