Me ne sfuggiva l’essenza.

I testi e le rappresentazioni artistiche, parte fondamentale dell’insegnamento tantrico, sono pieni di simboli ed allegorie e ogni autore e maestro diverso, parlando a nome di questo o di quel lignaggio particolare, propone un’interpretazione diversa, più o meno affascinante, ma mai completamente soddisfacente.

Ad un certo punto mi sono detto “E se non fossero simboli?”

Ho cominciato a prendere sul serio le descrizioni che fanno i maestri antichi, e mi si è aperto un mondo.

Interpretare in senso letterale gli insegnamenti indo-tibetani è sconvolgente, per varie ragioni: innanzitutto emerge una conoscenza dell’anatomia, della neurofisiologia e della fisica paragonabile se non superiore, alla nostra.

Se non vogliamo credere ad una qualche divinità che si impossessa di un pastore semianalfabeta dovremmo ammettere che lo yoga proviene da una civiltà assai evoluta e molto più antica di quanto si possa credere.

In secondo luogo le tecniche funzionano.

Le esperienze estatiche, i “cambi di stato” collegati con le pratiche tantriche hanno luogo esattamente come viene descritto nei testi di Gorakhanath o di Abhinavagupta.
 

Paolo Proietti