Come parli, così è il tuo cuore.
Paracelso

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L'ECOLOGIA IN PRATICA
UNO STILE DI VITA NATURALE
PER SE' E PER IL PIANETA
L'ECOLOGIA IN PRATICA
Sono la natura
sono la terra.
i miei occhi sono il cielo,
le mie membra gli alberi.
Sono la roccia,
la profondità dell'acqua,
non sono qui per dominare
la Natura.
Io stesso sono la Natura.

Indiani Hopi

Questa terra é sacra
<b>Questa terra é sacra</b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
ONDE DI CRESCITA INTERIORE
ONDE DI CRESCITA INTERIORE La crisi ecologica - ovvero il principale problema di Gaia - non è l’inquinamento, i rifiuti tossici, il buco nell’ozono o qualcosa del genere. Il principale problema di Gaia è che un numero non sufficiente di esseri umani si è sviluppato ai livelli di coscienza postconvenzionali, planetari e globali in cui sarebbero spinti automaticamente alla cura per il globale comune. E gli esseri umani sviluppano questi livelli postconvenzionali, non imparando la teoria dei sistemi, ma passando attraverso almeno una mezza dozzina delle principali trasformazioni interiori, che vanno dall’egocentrico all’etnocentrico al mondocentrico, punto in cui e non prima, possono risvegliarsi a una profonda e autentica cura per Gaia. La prima cura per la crisi ecologica non consiste nell’imparare che Gaia è la Rete della Vita, per quanto vero ciò sia, ma nel promuovere queste numerose e ardue onde di crescita interiore, nessuna delle quali viene indicata dalla maggior parte di questi approcci del nuovo paradigma.
Continua... 
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE 1 L’Italia vive l’anomalia di un nuovo Medioevo. Più che in altri paesi, è visibile in Italia l’emergenza ecologica, il degrado sociale e la crisi di fondamentali valori etici; permangono aree vaste di ignoranza, incapacità, ingiustizia. Meno facilmente che altri paesi, l’Italia quindi può affrontare la conversione ecologica delle attività economiche, il risanamento ambientale e morale del paese, la partecipazione diretta delle persone alla attività sociale ed una effettiva realizzazione di una sana cultura dei diritti e dei doveri che dovrebbero regolare ed ispirare la vita sociale collettiva. 2 Sia in Europa che nel resto del pianeta, vi è una tripla crisi :a) economica e finanziaria (causata da un modello di crescita superato) b) ambientale conseguente, c) socio-culturale. Tre grandi crisi che non trovano più risposte adeguate dal sistema della politica: non dai partiti socialdemocratici in crisi dappertutto e neppure dall’egoismo sociale e dall’indifferenza ambientale dei vari partiti conservatori. Solo un modello sociale e produttivo eco-orientato ed eco-sostenibile, che all’idea di una crescita senza limiti sostituisca un idea di sobrietà, che non escluda anche l’utilità di avere aree di decrescita virtuosa e felice, può essere in grado di affrontare le difficoltà del presente. ...Continua...
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO di Maneka Gandhi

Mangiare carne è una delle maggiori cause della distruzione ambientale. Ogni specie non solo ha il diritto di vivere, ma la sua vita è essenziale per il benessere dell’umanità. Ciò che chiamiamo sviluppo, cioè la sterile città nella quale portiamo i nostri cani al guinzaglio, non è vita. Ci abituiamo così velocemente al malessere, alla tensione, alle carestie e alle alluvioni che pensiamo che i pezzi di carta che teniamo in tasca possano sostituire un corpo sano e una mente gioiosa. Scegliamo di non sapere che, praticamente tutte le nostre malattie sono causate dalla mutilazione e dall’uccisione di animali: dai 70.000 acri di foresta pluviale del Sudamerica abbattuti ogni giorno – che in gran parte servono per far pascolare il bestiame – fino al virus Ebola, proveniente dalle scimmie strappate dal loro habitat naturale in Africa allo scopo di fare esperimenti. Abbiamo ottenuto più cibo uccidendo i lombrichi con le nostre sostanze chimiche o abbiamo ottenuto più malattie? Abbiamo ottenuto una salute vigorosa allevando forzatamente bestiame per il latte e la carne, o abbiamo piuttosto ottenuto emissioni di gas metano che hanno contribuito enormemente all’effetto serra, mettendo in pericolo la vita del pianeta? Continua...

LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE
LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE

di Lester Brown

Per creare una economia sostenibile bisognerà sostenere una rivoluzione ambientale, come è avvenuto per quella agricola e industriale. Alla fine del libro Piccolo è bello, Schumacher parla di una società che violenta la natura e danneggia gli esseri umani e, da quando queste parole sono state scritte, diciotto anni fa, abbiamo potuto vedere con maggiore evidenza i modi con i quali la nostra società agisce proprio in quella direzione.Mi trovavo all’aeroporto di Dulles e presi una copia del US News and World Report, che conteneva un editoriale di David Gergen, un alto funzionario dell’Ufficio Stampa di Reagan alla Casa Bianca. L’articolo descriveva quello che stava accadendo oggi alla società americana e l’autore affermava che, in un certo senso, abbiamo perso la strada. Continua...

RISPETTA LA (TUA) NATURA
<b>RISPETTA LA (TUA) NATURA </b> Michele Vignodelli

Il nostro corpo e la nostra mente sono meraviglie naturali in pericolo, da difendere come le foreste, i fiumi, il mare e le montagne. Sono continuamente aggrediti dal sistema tecnologico ed economico che ci governa, proprio come il resto del mondo naturale.
Non potremo mai rispettare e vivere veramente la suprema bellezza e armonia della natura esterna se non cominciamo da noi stessi. Eppure esiste una spaventosa ignoranza sulla nostra natura interna, che fa pensare a una congiura del silenzio.
Negli ultimi anni sono emerse abbondanti prove dell’esistenza di
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RICORDO DI IVAN ILLICH
RICORDO DI IVAN ILLICH


di Giannozzo Pucci *

Il primo libro di Illich, pubblicato alla fine degli anni '60, riguarda appunto la Chiesa nel processo di trasformazione della società moderna (The Church, change and development).
Il secondo, del 1970, intitolato "Celebration of Awareness (Celebrazione della consapevolezza": un appello alla rivoluzione istituzionale), è contro le certezze delle istituzioni che imprigionano l'immaginazione e rendono insensibile il cuore.
Poi, nel 1971, esce "Descolarizzare la società", che è stato al centro del dibattito pedagogico internazionale con la tesi che la scuola produce la paralisi dell'apprendimento e danneggia i ragazzi, educandoli a diventare meri funzionari della macchina sociale moderna. Convinto che il sistema educativo occidentale fosse al collasso sotto il peso della burocrazia, dei dati e del culto del professionalismo, combatteva i diplomi, i certificati, le lauree,
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LA VENDETTA DI GAIA
LA VENDETTA DI GAIA

di James Lovelock

La vendetta di Gaia : assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita, ai danni dell'organismo vivente che ci ospita. Ora, assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Il parassita e' un essere che vive a spese di un altro organismo. Se ne nutre, cresce, si riproduce e prospera. Eppure, la sua non e' una strategia lungimirante. Le energie dell'organismo ospite diminuiscono giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Finche' un giorno accade l'inevitabile: l'organismo ospite si avvia a una fine certa. E il parassita, senza risorse, e' destinato a scomparire. Questa immagine e' la perfetta metafora della storia della specie umana. A dimostrarlo sono i fatti. Migliaia di anni di occupazione del pianeta hanno provocato distruzione degli habitat, estinzione di molte specie, emissioni record di gas serra in atmosfera e nubi di polveri sottili nell'emisfero nord e sulle metropoli. Un'aggressione prolungata alla quale la Terra ora reagisce innescando una lunga serie di disastri naturali, quali inondazioni e uragani, sempre piu' numerosi e violenti, ed eventi climatici estremi, come estati torride e punte di freddo anomalo. Il pianeta che abitiamo non ha piu' anticorpi per difendersi. E allora attacca.
Lo sostiene a gran voce uno scienziato autorevole e indipendente, James Lovelock, nel suo nuovo libro, The revenge of Gaia (La vendetta di Gaia) in uscita il 2 febbraio in Gran Bretagna! . Il nostro mondo, afferma, potrebbe avere superato il punto d! i non ritorno: la soglia oltre la quale non possiamo fare piu' nulla per evitare che, entro la fine del secolo, i cambiamenti causati dall'attivita' umana distruggano la nostra civilta' Continua....
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LE 6 MOZIONI AL CONGRESSO DEI VERDI 2008


Riportiamo, qui di seguito, una dopo l'altra, le sei mozioni congressuali che saranno discusse al prossimo congresso nazionale dei verdi dal 18 al 20 luglio a Chianciano. Le sei mozioni rappresentano quello che ufficialmente viene fuori come riflessione e discussione dopo il disastro elettorale di aprile 2008. Evidente il senso di smarrimento per essere passati da forza componente (e necessaria) di governo a partito non rappresentato in Parlamento e probabilmente scelto da circa 200.000 elettori. I verdi italiani rappresentano ancora i verdi o sono entrati anche loro nel teatrino dominante dell'illusione moderna in cui dietro l'apparenza non vi è più nulla? E se è così come farà l'immagine a recuperare la sua origine?

Riportiamo uno dopo l'altro, con i relativi firmatari le sei mozioni generali che sono presentate per il prossimo congresso:

CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’ AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE

Alla fine degli anni ‘70 nascevano i Verdi in Germania, aprivano le loro prime cooperative di consumo e dell’ agire verde, dove, oltre alla critica ai modelli di uno sviluppo industriale indiscriminato, vi era la consapevolezza che per riscrivere la storia, partendo da quella personale, si doveva cominciare dalle azioni concrete.

Dall'osservazione di questo approccio innovativo e delle realtà tedesche che ne derivavano, nascevano i Verdi italiani, che volevano porsi al di fuori della tradizionale dialettica "destra/sinistra", per superare le ideologie totalizzanti ma anche la logica dell’industrialismo e della crescita indiscriminata, che portasse ad una migliore qualità della vita promuovendo la conversione ecologica della società che prevedesse uno stop all’idea del progresso senza limiti e dello sfruttamento indiscriminato delle risorse.

Occorrerebbe a questo punto fare una riflessione seria sugli sconvolgimenti che hanno ripetutamente ribaltato il sistema politico italiano a partire dai primi anni '90 e sui sistemi elettorali che si sono via via succeduti e sovrapposti in modo creativo; ma il dato che comunque emerge evidente, e che qui preme sottolineare, è che i Verdi hanno avuto grandi possibilità ed occasioni che non hanno saputo cogliere.

Quello che si avverte ora è un senso di sconfitta, perché oggi essere Verdi significa essere percepiti come una casta in tutto simile alle altre caste politiche.

Una piccola nomenklatura che rincorre le tematiche altrui, che viene percepita come l'anello debole del sistema politico e certo non più come elemento di innovazione.

La scelta che abbiamo preso nell’aderire a "la Sinistra - l’Arcobaleno", anche se obbligata perché purtroppo gran parte della nostra politica degli ultimi anni portava in quella direzione e l'accelerazione della crisi de "l'Unione" e la scelta del PD, ci ha colto impreparati e non ci ha lasciato altre possibilità.

Adesso dobbiamo ripartire avendo il coraggio di affermare che è stata una posizione innaturale per i Verdi, e da non ripetersi nel futuro perché come dimostrano i fatti, questa esperienza è finita.

Nostro compito non è quello di contribuire a ricostruire la sinistra in Italia, ma di rafforzare e allargare una forza ecologista aperta e propositiva.

Tra un anno dovremo affrontare una tornata elettorale difficile con le Elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e di migliaia di amministrazioni locali.

Per i Verdi saranno lo spartiacque, o sapremo tornare ad essere utili ai cittadini o rischieremo di essere cancellati dal panorama politico.

Occorre fare una scelta coraggiosa a partire dalle elezioni europee presentando il simbolo dei Verdi anche in presenza di un possibile sbarramento e a ricaduta riproporlo in tutte le elezioni locali, proponendoci come il perno per alleanze con programmi chiari e condivisi, che siano credibili e puntino a vincere le elezioni e non a fare testimonianza dai propri fortini.

Torniamo a cambiare la politica anziché farci cambiare dalla politica.

Questa è la sfida che dobbiamo accettare, a partire da subito e con l’impegno di tutti ed è il segnale più chiaro che dobbiamo lanciare ai milioni di elettori.

Un punto imprescindibile da cui ripartire prevede il ricambio della classe dirigente: dobbiamo promuovere un ricambio generazionale che garantisca la parità di genere e valorizzi la qualità e le capacità e non l’appartenenza a "clan".

Ripartire significa rinnovare, valorizzando le intelligenze e l’impegno delle donne verdi, in modo che possano assumere ruoli di responsabilità e dirigenziali ad ogni livello all’interno del nostro partito

Abbiamo il dovere morale per alimentare e dar forza al nostro partito di condividere conoscenze e saperi tra noi e di valorizzare le tante e valide persone " vecchie e nuove" che con entusiasmo "contaminino" e ci aiutino a superare le "secche interne" in cui è finito il nostro partito.

Abbiamo bisogno di cambiamenti interni strutturali che producano un reale rinnovamento del partito per questo dobbiamo dotarci anche di uno statuto che esprima nelle regole una struttura federale tutta tesa alla crescita sul territorio, al sostegno politico pratico ed economico delle associazioni territoriali, alla democrazia , alla partecipazione alla trasparenza .

I nuovi principi ispiratori devono essere:

- Il rafforzamento per i livelli territoriali delle capacita' decisionali in merito alle candidature per coinvolgere tutte le persone valide che lavorano sul territorio.

-il rinnovamento delle cariche istituzionali elettive anche attraverso un limite ai mandati, la distinzione tra cariche elettive, di partito e istituzionali , con possibili deroghe decise dalle assemblee competenti.

- un tesseramento che passi anzitutto attraverso il livello territoriale competente e i cui tempi e modalita' vengano fissati in modo chiaro ed univoco.

- il superamento degli attuali criteri per il riconoscimento delle associazioni provinciali e comunali , che vadano da modificare gli sbarramenti attuali e consentano ai Verdi , ovunque essi siano presenti, esistere , crescere e partecipare alla vita del partito.

Guardiamo in faccia la realtà: siamo scomparsi, annichiliti e confusi all’interno di un'alleanza innaturale e perdente, incapaci di porci domande sul nostro futuro.

C’è il rischio di aver perso il contatto con la realtà", e per questo non possiamo continuare a vivere in un mondo che non c’è più.

Il problema non è nemmeno più nelle cose che diciamo e nelle posizioni che assumiamo, ma come siamo ormai percepiti e vissuti dalla gente. La cosa certa è che, è stato comodo per tutti gettare sui Verdi le responsabilità delle non-scelte o del disastro dei rifiuti campani, anche ben al di là delle nostre reali colpe, omissioni, e anche delle nostre effettive possibilità di incidere. Ma quanto abbiamo contribuito noi a farci precipitare in un abisso di discredito ed antipatia, cavalcando tutto ed il contrario di tutto?

Non si tratta di ritornare al passato - il mondo, l'Italia, la politica sono cambiati e non si torna indietro - ma di leggere il futuro, rimettendo in discussione il nostro modo di essere.

In ogni caso, non ci sono più rendite di posizione: occorre una svolta profonda, anche perché i Verdi in queste elezioni amministrative sono scomparsi da ogni luogo: dal consiglio comunale di Roma, a quello di Brescia, dal consiglio regionale del Friuli a quello della Valle d’Aosta (da tre consiglieri a zero).

Anche se c’è distinzione di responsabilità sulle politiche tra le realtà locali e il livello nazionale se un vero rinnovamento deve esserci, questo deve riguardare tutto il corpo dei verdi, a cominciare ovviamente dal livello nazionale, ma senza che nessuno si illuda di farlo trincerato nel proprio castello.

Se non reagiamo immediatamente saremo costretti ad abdicare e ad abbandonare la nostra storia, le nostre passioni e la nostra volontà di costruire un mondo migliore, cominciato 25 anni fa e proseguito anche se con difficoltà con il lavoro dei nostri gruppi parlamentari e del ministero in questi due anni di governo Prodi, dove abbiamo ottenuto, su molte questioni ambientali ed energetiche, molte più cose che nei 20 anni precedenti della nostra presenza istituzionale.

Chiunque conosca le tematiche ambientali, deve necessariamente riconoscere che sul risparmio energetico, sugli incentivi alle fonti rinnovabili, alle politiche sul trasporto pubblico, agli interventi di riduzione del danno ambientale si sono fatte importanti azioni che, avrebbero dovuto/potuto portarci l’8% dei voti.

Non basta affermare che siamo stati inadeguati, ne si può confondere la buona amministrazione con la politica, occorre riflettere seriamente sul nostro modo di agire sulle scelte di carattere generale.

Soprattutto in una situazione dove i temi ambientali hanno ormai raggiunto un grado di consapevolezza in tutto il pianeta e dove c’è una presa d’atto delle varie emergenze ambientali, e qualsiasi governo sta affrontando e cercando soluzioni.

Il successo ottenuto dalle iniziative di Al Gore è sotto gli occhi di tutti. La centralità della questione ambientale, l’importanza di uno stretto rapporto tra economia ed ecologia, la promozione dei diritti umani e la tutela dei diritti delle biodiversità, la cultura della convivenza, la battaglia per la giustizia e lo stato di diritto, sono temi sempre più attuali e in tutto il mondo i Verdi sono l’unica forza che da sempre si propone per risolvere e dare risposte scientifiche ed efficaci al superamento del concetto dello sviluppo illimitato, e per questo spesso ottengono un forte riconoscimento elettorale.

In Italia, purtroppo, siamo spariti dal dibattito politico ma non perché sia arrivata al capolinea la questione ambientale e la necessità di una avere una cultura ecologista di governo, ma perché abbiamo sbagliato messaggio e collocazione.

Per cambiare questo trend, i Verdi devono prendere decisioni drastiche e condivise.

Non una resa dei conti interna, ma una svolta per dare vita ad un vero e proprio "nuovo inizio"

Devono pazientemente riprendere la strada del confronto e del dialogo a tutto campo, individuando gli interlocutori e ragionando con tutti a partire dal Partito Democratico ma senza perdere le proprie prerogative e proponendosi come protagonisti per la costruzione di coalizioni allargate e vincenti.

Occorre parlare con la gente, vivere con le persone, concentrandosi sulle urgenze della vita quotidiana, facendosi percepire come una forza di governo che non guarda "con chi" si fanno le cose, ma "per chi" le si fanno.

Un nuovo inizio dei verdi significa dialogare con tutti, senza subalternità.

Questa sarà una delle discriminanti fra chi vuole davvero un "nuovo inizio" per i verdi italiani, e chi invece pensa a percorsi alternativi. Ricostruire una sinistra italiana, seppur moderna, non è e non deve essere il nostro obiettivo.

Pensiamo che i Verdi, con la loro autonomia ed identità, abbiano ancora molte cose da dire e molte cose da fare

I Verdi non devono fare solo testimonianza, ma devono governare i processi. Occorre quindi cambiare la nostra politica, privilegiando i contenuti piuttosto che le appartenenze. Nella nostra casa deve entrare chiunque voglia porsi l’obiettivo della sostenibilità ambientale, ed abbia come metodo il "pensare globalmente ed agire localmente".

Quante volte abbiamo trovato al nostro fianco persone che pur non pensandola come noi sul piano strettamente politico, ma inseguendo, come noi, gli interessi di una comunità e di un territorio, hanno condiviso e praticato le nostre scelte!

Non dobbiamo chiedere "da dove vieni", ma "dove vuoi andare e in che modo vuoi raggiungere gli obiettivi che ti prefiggi".

Noi dobbiamo essere uomini liberi: liberi dai condizionamenti, liberi dagli interessi delle imprese, liberi nelle scelte degli schieramenti e liberi di agire con chi lavora nell’interesse dell’intera collettività.

E’ indispensabile riprendere il gusto dello studio e dell’apprendimento e riportare al centro del nostro agire politico i concetti della sostenibilità ambientale e della conservazione del territorio. Il nostro essere contro lo sfruttamento delle risorse non deve e non può riferirsi solo al sistema di produzione, ma deve portarci soprattutto ad intervenire sui consumi individuali.

Dobbiamo contribuire perché si creino nuove imprese, un nuovo mercato e una nuova "occupazione" di qualità e una sostenibilità ambientale, perché anche i profitti siano meglio distribuiti per i bisogni della collettività.

Nostro obiettivo è combattere tutte le povertà con il contributo di tutti, perché ognuno abbia l’opportunità di accedere alle risorse.

Alla base del nostro modo di agire deve esserci la volontà e la capacità di proporre una politica di decremento dei consumi sul piano quantitativo e che sia orientata ad una forte crescita qualitativa.

Crediamo che "l’Ambiente è il buon governo": siamo nati per governare i processi e non per subirli e fare pura testimonianza, non serve.

Dobbiamo toglierci il peso dell'ideologismo e del dogmatismo che hanno troppo condizionato il nostro agire e che ci hanno portato ad essere percepiti come una propaggine dei residuati dell'antagonismo esasperato in servizio permanente effettivo, dimentichi dello slogan dei tempi d’oro "l’ambiente è di tutti gli esseri viventi".

Dalle "navi dei veleni", alla politica estera, sino alla variante urbanistica per l'ampliamento di una caserma, i Verdi si sono trincerati dietro un muro di "no" che ne caratterizza l’immagine e persino la denominazione:

No Dal Molin, No Mose, No Inceneritori, No Discariche, No TAV, No Carbone, No rigassificatori, No Ogm ecc.

Su alcune di queste battaglie che abbiamo sostenuto, permangono delle valide ragioni, ma l’effetto finale, è stato come un boomerang ed ha creato nella società un’insofferenza diffusa verso qualsiasi critica ambientalista, anche fondata nel merito, e ancor più nei confronti dei Verdi, percepiti come pura sommatoria di tutti questi "No".

In questo modo è divenuto impossibile un serio dibattito sulle opzioni fondamentali: quali opere infrastrutturali sono necessarie? Di quanto eolico abbiamo veramente bisogno e a quali condizioni? Ma è utile produrre il biocarburante? Il solare fotovoltaico, partendo solo dalla tecnologia del silicio, è davvero compatibile con l’ambiente? Come difendere efficacemente il paesaggio senza cadere in tentazioni dirigistiche? Come conciliare lo sviluppo economico con consumi più sobri?

Occorre creare una sede di dibattito che elabori delle "tesi ambientali" chiare e precise che possano essere declinate a livello nazionale e contestualmente applicate a livello locale. Non è più possibile dire tutto e il contrario di tutto. Se in un partito del 30% le dicotomie programmatiche possono essere considerate anche un valore aggiunto, in piccolo partito vengono solamente considerate confusione e quindi percepite in maniera del tutto negativa.

Non è più possibile pensare che le nostre posizioni si ribaltino completamente se governiamo o stiamo all’opposizione. Questo non vuol dire chiudere a priori i canali di ascolto verso i vari comitati locali, ma dobbiamo essere sufficientemente capaci, tecnicamente preparati ed intellettualmente onesti per valutare le istanze e fare delle scelte, talvolta anche impopolari essendo in grado di gestire la complessità.

Per ogni sacrosanto "No" che diciamo, dobbiamo proporre contestualmente un "Si" con relativa proposta.

I "se" e i "ma" non possono essere più la sola base del nostro agire politico. Affermazioni del tipo " se in Italia ci fosse la raccolta differenziata al 100%, non occorrerebbe nessun sistema industriale di smaltimento", sono forse giuste a livello di principio ma "pericolose" non solo quando si è chiamati ad un'azione di governo, ma anche quando si fa opposizione perché non supportate dai fatti.

Possiamo dire giustamente no agli inceneritori, ( se costruiti in luoghi sbagliati o per fare solo speculazioni) ma contestualmente dire si alla sostituzione del carbone, attraverso la produzione e l’utilizzo di c.d.r. di qualità (combustibile dai rifiuti, ottenuto dopo la raccolta differenziata) nelle cementerie e nelle centrali di produzione

energetica, oppure favorendo l’utilizzo di tutte le nuove tecnologie per lo smaltimento che in questi ultimi anni si sono sviluppate.

Se siamo contro al trasporto su gomma e al proliferare di quello aereo dobbiamo dire si al miglioramento della rete ferroviaria e in essa valutare anche le linee ad alta velocità.

I Verdi devono misurarsi con la realtà e non bearsi nelle presunzioni e d nelle attese millenaristiche, altrimenti si è solo degli irresponsabili, altro che "pessimismo della ragione ed ottimismo della volontà"!

Per realizzare tutto questo occorre un grande lavoro sul territorio, spendere tempo e fatica per costruire momenti di approfondimento e di studio. E’ finita l'epoca delle passerelle, in cui ognuno dice quello che gli passa per la testa e poi ognuno a casa propria!. Dobbiamo fare il contrario: partire dalle esperienze significative delle regioni e delle realtà locali esistenti, dalle loro autonomia e dalle esigenze, elaborare delle tesi condivise, verificarle approfondirle con il confronto.

Solo così si crea una realtà politica verde credibile e autorevole.

Per i Verdi è giunto il momento di rimettersi in gioco, iniziando a discutere e a decidere principalmente su alcuni punti programmatici che caratterizzino le attività e il futuro del nostro partito noi ne abbiamo individuati alcuni e li alleghiamo alla mozione.

Consiglieri nazionali firmatari:

1. Fundarò Massimo - Sicilia

2. Apuzzo Stefano – Lombardia

3. Bosco Giusy – Sicilia

4. Brugarino Noemi – Sicilia

5. Cerea Veronica – Lombardia

6. De Clario Clara – Lombardia

7. Del Regno Rossana - Lombardia

8. Diaco Maurizio – Lombardia

9. Facchinetti Luciana Bruna – Lombardia

10. Lo Rito Daniela – Sicilia

11. Mannelli Massimiliano – Sicilia

12. Pantano Paolo – Sicilia

13. Patelli Elisabetta – Lombardia

14. Pugliesi Luigi Carlo – Sicilia

15. Repossi Roberto – Lombardia

16. Riva Loris – Lombardia

PUNTI PROGRAMMATICI

I Verdi sono per la riduzione dei consumi collettivi ed individuali e sono per la re-distribuzione dei beni e delle ricchezze su base planetario, incentivando la produzione, commercializzazione e utilizzo sostenibile delle risorse e dei prodotti in loco.

Nel 1986 il reddito pro-capite italiano era del 6% superiore alla media europea. Nel 2003 si è ridotto a circa la metà come negli anni 70.Eguale tendenza la riscontriamo verso gli S.U., il cui reddito pro-capite è ora del 40% superiore a quello italiano, mentre nel 1980 era superiore del 25%. La causa di tutto questo? Un PIL che mediamente è cresciuto negli ultimi 30 anno dell’1%e una quota del commercio mondiale passata dal 4,8 al 3,8% negli ultimi 6 anni. La premessa serve unicamente dimostrare che si registra attraverso la crisi fiscale dello Stato conseguente alla bassa crescita anche una regressione sul piano della finanziabilità dei diritti che diversamente da quanto si pensa, sono formazioni storiche e non dati immodificabili.Se questo è vero, allora il nostro ambientalismo deve essere non quello del fare ma sicuramente delle possibili compatibilizzazioni con lo sviluppo economico del Paese.

Allora vanno ridefinite, selezionate e gerarchizzate le sequenze tematiche del nostro programma : energia , rifiuti , mobilità, miglioramento della qualità ambientale, infrastrutture di comunicazione

Nucleare

No al Nucleare. La decisione assunta dal Governo Berlusconi di procedere alla realizzazione di un programma nucleare si presenta innanzi tutto scientificamente inconsistente e irrazionale.

Essa viene motivata per riparare il danno fatto al Paese con il referendum del 1987, che ha privato l’Italia di energia abbondante, pulita e a basso costo.

L’energia nucleare non è abbondante: essa fornisce oggi un contributo al fabbisogno mondiale di energia pari ad un modesto 6,4%, ma a questo ritmo c’è uranio solo per 30 anni. Se essa dovesse rappresentare l’alternativa al petrolio, ci scanneremmo per l’uranio come ci scanniamo per il petrolio.

L’energia nucleare non è pulita: dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono causare eventi sanitari gravi sui lavoratori e sulle popolazioni, nel funzionamento "normale" degli impianti e, ovviamente, nel caso di incidenti; resta irrisolto il problema dei rifiuti radioattivi, materia tuttora di ricerca, dopo il fallimento della prospettiva di utilizzare strutture saline.

Questi problemi sono alla base della lievitazione del costo dell’energia prodotta e della situazione di crisi nei paesi più avanzati, che pure avevano perseguito con decisione nel passato questa produzione di energia.

Si aggiunge a questo il rischio di proliferazione e di terrorismo.

Si alla ricerca sul nucleare collegata alla fusione, alla ricerca sull’utilizzo delle tecnologie dell’ antimateria per produrre energia pulita e sul nucleare del progetto Rubbia dell’amplificatore di energia che usa torio al posto dell’uranio.

Energia

La questione energetica rientra nella politica di sicurezza e difesa nazionale , di politica estera oltre che ambientale ed economica. Se questo è vero allora diventa necessario un ripensamento complessivo della nostra impostazione strategica. Operativamente vuol dire ridefinire la posizione su rigassificatori, rivisitazione della liberalizzazione del mercato del gas e della elettricità con depotenziamento dei cosidetti "campioni nazionali", ricerca , risparmio ed efficienza energetica.

Le due discontinuità prodottasi a livello planetario è che il mondo dell’energia si sta orientando sempre più a Oriente e che il dogma di risolvere il problema energetico attraverso i meccanismi di mercato si sta rivelando una pura illusione. Le parole d’ordine come sicurezza,diversificazione,sostenibilità,competitività non hanno trovato applicazione. Le emissioni di gas climalteranti sono continuate a crescere. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono diminuiti in S.U., Canada,Europa e Giappone. Dai 9 mld di $ correnti di 35 ani fa a 10 mld di $ del 2005.

Il fabbisogno che emerge dagli scenari energetici (interrelando crescita economica, demografica e pil pro capite) del World Outlook Energey dell’Agenzia Internazionale dell’Energia fino al 2030 , è incrementato del 55% rispetto al 2005.I settori che fanno aumentare la domanda sono quello della mobilità e quello della produzione di elettricità. Le caratteristiche poi del sistema energetico italiano evidenziano dal lato della offerta una dipendenza da foni fossili variabile dall’85% di 30 anni fa a 80 %di oggi. Il rimanente 20 è composto da un 15% di fonti innovabili , idrico in particolare e un 5% di energia elettrica importata ( le percentuali si riferiscono alla energia primaria espressa in tep.

Nella generazione elettrica l’olio policombustibile , diminuisce di 42 punti e il metano cresce di 35.

Allora considerata che la transizione alle fonti rinnovabili, che realisticamente avverrà sui tempi lunghi , diventa necessario il potenziamento delle infrastrutture di trasporto del gas.Recentemente il gigante russo Gazprom ha stipulato un accordo con la Sonatrech algerina , monopolizzando tutta la fornitura di gas all’Europa e quindi diventa strategico la realizzazione dei rigassificatori finalizzati alla sicurezza energetica attraverso la differenziazione della offerta.

Bisogna prendere coscienza che le fonti rinnovabili in particolare quelle discontinue come eolico e solate fotovoltaico necessitano per svilupparsi anche e prioritariamente del potenziamento della rete di distribuzione e anche di trasmissione.

Rispetto al tema dei costi di produzione dell’energia, le nostre industrie pagano la bolletta più cara

d’Europa: 12,08 e per 100KWh nel 2006.

Per quanto riguarda le utenze civili siamo secondi solo alla Danimarca (23,62e) con 21,08 e, contro 12,05 e/100KWh della vicina Francia. E’ vero che a questi prezzi non sono inseriti i costi dell’inquinamento atmosferico, ma è un problema che dobbiamo affrontarlo e cercarlo di risolverlo.

Gli accordi di Kyoto prevedono per l’Italia una riduzione delle emissioni del 6.5% rispetto ai valori del 1990 mentre, sempre rispetto alla stessa data, il nostro Paese ha superato del 15% i livelli di emissione, se ne deduce che entro il 2012 il taglio delle emissioni dovrà essere almeno del 21.5%. Per rispettare tale target saranno necessari investimenti pari a oltre 5 bne.(L’obiettivo imposto all’Italia dalle direttive comunitarie (2001/77/CE) in base agli accordi di Kyoto è il 22% di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2010: per rispettare tale target saranno necessari investimenti pari a oltre 5 bne).

Solo per Enel sono stimati investimenti per 1 bne in fonti rinnovabili e sono previste nuove installazioni per 300 MW (60% eolico, 20% idro, 20% geotermico) nei prossimi quattro anni.

Sulla questione della produzione dei bio-carburanti, i Verdi sono contrari all'utilizzo dei cereali e a tutte quelle coltivazioni destinate all'alimentazione umana e animale.

Sulla questione dell’utilizzo delle biomasse vegetali, i Verdi, sono contrari alle biomasse che sono destinati all’alimentazione, se non proveniente da scarti di lavorazione; sono critici sull’utilizzo del Legno, se non proviene dalla manutenzione dei boschi e dagli scarti di lavorazione dell’ industria del legno e, in generale, sono contrari all’utilizzo di qualunque fonte rinnovabile che non proviene da una filiera corta ( raggio di 50 km). Sono favorevoli all’utilizzo di qualunque fonte vegetale e non proveniente da materiali non destinati all’alimentazione ed in particolare all’utilizzo di materiali che possono creare problemi di decomposizione anaerobica ( alghe marine, emendante, ecc).

In considerazione del fatto che l'Italia è particolarmente ricca di vulcani e di rocce vulcaniche profonde, i Verdi sono favorevoli all’ utilizzo dell'energia geotermica.

Sono per la ricerca e lo sfruttamento energetico delle roccie vulcaniche profonde, in considerazione che in L’Italia c’è una vasta presenza.

In particolare i Verdi s’impegnano a favorire la riduzione degli inquinanti nel settore della produzione energetica entro l’anno 2015 del:

- 25% di anidride carbonica

- 60% di NOx

- 30% di Polveri sottili

Per raggiungere queste percentuali occorre:

- incrementare il rendimento medio e l’efficienza energetica del 20% degli impianti esistenti;

- trasformare o eliminare tutti gli impianti che utilizzano olio combustibile pesante;

- sostituire parzialmente e compatibilmente il combustibile fossile con combustibile rinnovabile (CDRq e biomasse a filiera corta);

- Rinnovare l’illuminazione pubblica, attraverso l’installazione regolatori di flusso luminoso, sostituzione completa delle lampade a vapore di sodio (e a vapore di mercurio) con lampade ad alta efficienza e sostituzione entro il 2015 di tutti gli apparecchi di illuminazione esistenti con apparecchi a LED ( il comulato al 2015 potrebbe essere pari a 850.000 t. di CO2)

(Ad esempio il comune di Padova ha ottenuto un risparmio annuo di quasi 1,5 milioni di euro intervenendo su quattro macrosettori di sua proprietà: impianti di illuminazione pubblica (risparmio di 870000 euro), impianti semaforici (risparmio di 135000 euro), patrimonio edilizio (risparmio di 400000 euro) e parco automezzi (risparmio di 20000 euro).

- Sole in tutte le case. Abolizione di qualsiasi vincolo architettonico che impedisca l’istallazione di pannelli solari termici e fotovoltaici su tutti gli edifici della città.

- Case a basso consumo di energia. Obbligo per gli edifici pubblici di provvedere a interventi strutturali che portino a considerevoli risparmi di energia (es. coibentazione, doppi vetri, pannelli solari termici e fotovoltaici).

- Meno CO2 dalle nuove costruzioni. Obbligo per le nuove costruzioni di sostituire il 30% del "fabbisogno energetico globale" con energia ottenuta da fonte rinnovabile. La quota di energia rinnovabile dovrà salire al 50% nel caso dei consumi di acqua calda.

- Incentiviamo il sole e la sostenibilità. Incentivi ai cittadini a favore di qualsiasi intervento strutturale volto al risparmio energetico (es. coibentazione, doppi vetri, pannelli solari termici e fotovoltaici). L’entità del contributo dovrà essere stabilito in base all’aderenza dell’intervento ai principi dell’edilizia bioecologica, alle tonnellate equivalenti di petrolio annui risparmiati (Tep/anno) e quindi alla quantità di CO2 (Tonn./anno) non immessa in atmosfera. Basti pensare che il consumo termico annuo di una casa in Germania è circa 70 kWh / m2 . anno, mentre in Italia tale consumo va dai 150 ai 210 kWh / m2 . Anno.

- Migliorare l’efficienza energetica della rete, attraverso l’impiego di trasformatori a media e bassa tensione a perdite ridotte rispetto a quelli attualmente utilizzate, costruzioni di nuove cabine primarie e rifacimento delle linee MT e BT della rete elettrica (il comulato al 2015 potrebbe essere pari a 1.640.000 t. di CO2);

- Fotovoltaico: conferma dell'obiettivo nazionale di 3.000 MW di potenza installata al 2016 utilizzando e potenziando lo strumento del "conto energia".

- Istallazione e produzione di 1.000 MWp derivanti da impianti fotovoltaici. ( 350.000 t. CO2)

- Istallazione di 100.000 mq di impianti solari termici, che porterebbero ad una produzione annua di 70 GWht e una riduzione di 11.000 t. di CO2

- Istallazione di impianti di coogenerazione presso le grandi utenze per un totale di 2.000 MW; e microgenerazioni in ambito residenziale e terziario.

- Istallazione di 5.000 MW di nuova capacità eolica;

- Istallazione di 2.500 MW con impianti che utilizzano biomasse non alimentari (alghe marine);

- Produzione di 1.000 MW con l’utilizzo delle roccie vulcaniche.

- Accordi di programmi con Paesi africani del meditteraneo per l’istallazione e scambio energetico per la produzione di energia solare e eolica.

Rifiuti

La produzione di RSU è cresciuta del 2,7 % ( circa 860 mila tonnellate).La percentuale di differenziata è del 25,8 % , quindi abbastanza lontana dal 40% che si sarebbe dovuto raggiungere entro il 2007. Il dato preoccupante

riguarda i rifiuti speciali e i rifiuti da demolizione e costruzione che arrivano a superate i 110 milioni di tonnellate annui. Ribadiamo che la nostra politica di chiusura del ciclo integrato , si basa sulle raccolte differenziate con l’esclusivo obiettivo del loro riuso e trasformazione. I verdi sono contrari alle raccolte differenziate che non sono finalizzate al recupero e sono critici nella costruzione d’impianti che non servono alla chiusura del ciclo dei rifiuti.

In Italia sono presenti impianti tecnologici per lo smaltimento e trattamento dei rifiuti civili ed industriali, solamente per circa il 70% rispetto al quantitativo emesso sul mercato. Situazione che ha portato ad un degrado costante del territorio e alla non chiusura del ciclo integrato dei rifiuti, consegnando la gestione della filiera dei rifiuto all’improvvisazione e, molto spesso alla rete capillare delle cosiddette Ecomafie.

Per affrontare seriamente il problema, i Verdi ritengono che occorre fare queste iniziative:

- Obbligo alle regioni di autorizzare tutti gli impianti necessari rispetto alla loro produzione dei rifiuti urbani (soprattutto la frazione organica) ed in particolare quelli industriali, la vera emergenza in Italia.

- Applicare immediatamente le procedure per l’eliminazione dei sacchetti di plastica, che diventa obbligatorio a partire dal 2010. Incentivare l’utilizzo di materiale biodegradabile in tutti i settori possibili.

- Attuare tutte le politiche, compresi gli incentivi economici, per la prevenzione a monte della filiera della produzione dei rifiuti. ( riduzione degli imballaggi, riduzione della percentuale della materia prima utilizzata, vendita alla spina di prodotti a consumo individuale, ecc.)

- Censimento della produzione dei rifiuti industriali in Italia, suddivisi per regioni, attraverso il coinvolgimento delle camere di commercio e dell’APAT.

- Cambiare rotta sulle raccolte differenziate: svolgerle solamente quelle che hanno, attraverso la tracciabilità del rifiuto, un reale utilizzo. I cittadini sono stufi di vedere che i loro sforzi non portano quasi a niente e, contestualmente, si vedono aumentare, ogni anno, la tassa o la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti urbani.

- Passare dalle raccolte differenziate dei soli imballaggi a quella di tutti i materiali della stessa catena merceologica.

- Creare un vero mercato delle materie seconde, attraverso la creazione di una "borsa telematica" centralizzata che operi sul libero mercato. La Consip deve creare le condizioni per tradurre questo meccanismo in scelte consapevoli per le pubbliche amministrazioni.

- Diminuire, nell’arco del prossimo biennio, del 25% la tassa o la tariffa pagata dal cittadino e dall’imprese per lo smaltimento dei rifiuti urbani e assimilabili. Per far questo occorre: razionalizzare le raccolte differenziate, produrre del CDRq e far pagare il conferimento dei rifiuti presso gli impianti energivori.

- Dare la possibilità a tutti le cementerie ( sono diverse decine presenti in Italia ) e le 13 centrali di produzione energetica che utilizzo il carbone ( 13 impianti per una potenza di 9.507 MW installati) di sostituire parzialmente il carbone con il CDR di qualità ( Per le cementerei,la sostituzione può arrivare agevolmente al 50% del carbone utilizzato, per gli impianti di produzione energetica siamo nell’ordine del 15%). Il costo attuale del carbone sul libero mercato ha superato i 120 euro a tonnellata, pertanto se le aziende, le quali si sono dichiarate disponibilissime, paghessero il CDR intorno alle 20-25 euro a tonnellata, considerando che il costo di produzione di cdr è di 40 euro a tonnellata, il costo finale dello smaltimento si aggira intorno alle 15-20 euro a tonnellata, rispetto agli attuali 100-150 euro che pagano le pubbliche amministrazione. Stesso discorso vale per gli impianti alimentati a gas naturale. In questo caso, attraverso la tecnologia della Gassificazione ( progetto quasi ultimato a malagrotta RM ), si potrebbe arrivare a quantitativi di molto superiori alla produzione annuale di tutti i rifiuti urbani prodotti, ma il costo di produzione del singas è ancora troppo elevato.La proposta sopradescritta porterebbe a tre grandi benifici: riduzione di impianti da costruire ex novo (forni inceneritori, i quali costano troppo e creano ancora dissensi locali), riduzione della tassa dei rifiuti pagata dai cittadini e riduzione complessiva degli inquinanti prodotti.

Salute

La Federazione dei Verdi è forse una delle poche forze politiche in grado di mettere in atto una strategia complessiva e di proporre un programma che parte dall’uomo e dalle sue attività, e ha come unico obiettivo la tutela ed il benessere degli individui e dell’ambiente. I Verdi vogliamo un servizio sanitario pubblico che sia in grado di raggiungere tutta la popolazione ed effettuare forme di prevenzione reali.

Per questo i Verdi chiedono un ambiente urbano salubre, luoghi di lavoro e attività produttive sane, aree industriali bonificate, ambienti naturali recuperati e protetti, a godimento del benessere dei cittadini, della fauna e della flora.

Vogliamo ricordare che molte malattie infettive sono state sconfitte con un adeguato smaltimento dei rifiuti, con la disponibilità di acqua potabile, di alimenti sicuri, di case riscaldate e non dagli antibiotici.

Altre malattie, disabilità o morti, possono essere controllate con un adeguato sviluppo armonico del territorio.

Non è possibile che non si produca una politica per ridurre l’impatto delle onde elettromagnetiche. I verdi chiedono che vengono interrate tutte le linee aeree di alta tensione che attraversano centri abitati superiori ai 5.000 abitanti

Altri inquinanti oggi devono essere fronteggiati: le polveri sottili, le aldeidi alifatiche (che si formano dalla combustione delle "benzine verdi"), i trialometani (prodotti cancerogeni che si sviluppano a seguito dell’indiscriminata clorazione delle acque), lo stress.

In un Paese moderno, all’interno del quale sono disponibili tecnologie di comunicazione e consultazione di banche dati allo stato dell’arte, è inconcepibile che la gestione delle malattie rare sia lasciato al caso, quando magari già la sola attivazione di uno sportello per ogni Distretto/Azienda eviterebbe pellegrinaggi estenuanti, anche fuori regione.

Pertanto, analogamente a quanto già avviene in altri Paesi, il Servizio Sanitario ed i singoli operatori, devono ragionare in termini non più di diagnosi e terapie, ma in termini di disease management, ovvero gestione globale ed integrale della persona ammalata.

Bisogna superare il rigido dualismo fra medicina convenzionale e medicina non convenzionale. I nostri ammalati hanno bisogno di sicurezza, di terapie personalizzate e non di decidere fra laceranti posizioni non già scientifiche, ma ideologiche.

Risulta pertanto importante l’istituzione di una Commissione atta alla valutazione ed alla promozione delle medicine non convenzionali, al fine di rendere sicura e verificabile tali attività assistenziali, tutelando il cittadino da operatori impreparati o da ciarlatani che si improvvisano guaritori.

In un concetto di presa in carico globale, non può essere trascurata la riabilitazione, che oltre che ad essere una disciplina scientifica, è una visione della vita. Una filosofia che accoppia elementi di tipo solidaristico, ad elementi di tipo utilitaristico.

Ricerca e educazione:

L’Italia è uno dei paesi che spende meno per la ricerca e soprattutto non è stato in grado di indirizzare i finanziamenti sulle iniziative che potevano integrare lo sviluppo dell’innovazioni tecnologica con la sostenibilità ambientale. I verdi chiedono:

Sostegno al solare termodinamico per la produzione di energia elettrica,

Sostegno alla ricerca sul sequestro del biossido di carbonio,

Sostegno alla ricerca per l’utilizzo di nuovi materiali nel settore del solare fotovoltaico e tutti gli interventi per aumentare la resa energetica.

Sostegno alle imprese automobilistiche per la ricerca di motori e tecnologie a basso impatto ambientale.

I verdi s’impegnano a presentare una proposta di legge popolare per introdurre nelle programmazione scolastica la materia di educazione ambientale.

Diritto ambientale:

Ci sono due emergenze che impongono una serie di riflessione sulla gestione delle politiche ambientali.

La prima è l’introduzione nel codice penale di alcuni reati ambientali a tutt’oggi esclusi e lo snellimento delle normative in materia ambientale, per poter ottenere un reale stato di diritto e le giuste pene per chi inquina il territorio.

La magistratura in questo momento ha pochi strumenti per intervenire con successo nella prevenzione e nella riduzione del danno ambientale. Molti processi si chiudono per prescrizione dei termini e soprattutto non soddisfano l’esigenza di dare delle certezza della pene a chi commette reati contro l’ambiente. Occorre procedere immediatamente all’approvazione del progetto di legge sull’introduzione dei reati ambientali nel codice penale.

Contestualmente occorre prevedere alla sintesi, attraverso leggi quadro, e allo snellimento delle leggi a carattere ambientali, le quali, hanno causato enormi problemi di interpretazione e soprattutto hanno permesso, molte volte, l’inserimento della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti.

I verdi sono contro ad una giustizia che si basa solamente sulle forme pubbliche di comunicazione del reato, hanno sempre piena fiducia dell’operato della magistratura di ogni ordine e grado, ma ritengono che sia sbagliato condannare a priori, senza nessuna sentenza, chi è sottoposto ad indagine.

un programma ‘verde’ sulla giustizia dovrà tenere in prioritaria considerazione la nuove forme di tutela giurisdizionale modellate sulle ‘class actions’, finalmente approvato anche nel nostro ordinamento, che consentono a soggetti portatori di un danno effettivo e personale di unire le forze nelle proprie pretese riparatorie. Le nuove istanze di tutela non possono essere rimesse alla giurisprudenza illuminata, ma hanno bisogno di risposte normative. I verdi devono essere promotori e sostenitori delle cause civili e penali, attraverso il sistema della Class action.

Bisogna invece rimediare all’inflazione penalistica, anche nel campo ambientale, introducendo reati certi e che danno delle certezza della pena: la moltiplicazione eccessiva delle punizioni penali, combinata al principio di obbligatorietà dell’azione che non consente selezione delle notizie di reato porta al fallimento della risposta penale, ossia ad azioni penali infruttuose: oltre una certa misura, l’eccesso del carico giudiziario porta ineluttabilmente alla prescrizione. In secondo luogo riteniamo che vadano guardate con interesse le prospettive della giustizia riparativa, particolarmente adatte proprio per le nuove aggressioni ai beni collettivi (si pensi alla eliminazione o riduzione dei danni ambientali con effetto estintivo o diminuente della punibilità fuori e oltre le modalità in cui è oggi già consentito). Non bisogna spaventarsi della civilizzazione del diritto penale, se questa aumenta i livelli di tutela dei cittadini.

Acqua

La situazione è quindi completamente diversa in ogni zona del pianeta: i dati dell’ONU evidenziano che circa due milioni e mezzo di persone all’anno muoiono per problemi legati alla qualità dell’acqua e si pensa che intorno al 2025 si arrivi ad una situazione dove più di due miliardi e mezzo di persone subiranno la mancanza della risorsa idrica.

La disponibilità dell’acqua, essendo un bene primario, deve essere garantita a tutti e senza distinzione di reddito: i Verdi devo sempre essere contro ogni forma di privatizzazione del patrimonio e dell’approvvigionamento dell’acqua potabile. La scarsità di questa risorsa nel mondo porta ad una situazione non più sostenibile e dobbiamo

chiedere con forza a tutti i governi occidentali di investire molto di più in progetti di cooperazione internazionale, per fornire a tutti e gratuitamente la disponibilità di acqua potabile ad uso alimentare.

L’acqua, come l’aria e il suolo, è un patrimonio vitale e deve essere resa disponibile a tutti gli essere viventi e conservata, con le stesse caratteristiche, per le generazioni future. Su questo aspetto occorre che i verdi siano sempre chiari: noi siamo e saremo sempre contro la vendita ai privati dei pozzi, delle reti, delle fognature e degli impianti di depurazione.

Il patrimonio "acqua" deve essere mantenuto pubblico e siamo contro ad ogni forma di mercificazione di questo bene: l’acqua non è, e non dovrà mai essere, una merce da scambiare.

la situazione dell’acqua e i modi di gestione della stessa sono molto complessi, ogni realtà è completamente diversa dall’altra, e non può esistere la "ricetta magica" che possa andare bene in ogni situazione.

In questi anni la cosiddetta gestione pubblica dell’acqua ha portato a dei disastri immensi, soprattutto in regioni come la Sicilia e la Puglia, dove in alcuni zone, l’acqua potabile è presente solo per alcune ore e non tutti i giorni della settimana, nonostante dal punto di vista geologico e ambientale la Sicilia, ad esempio, sia una regione dove l’acqua è presente anche in abbondanza.

Purtroppo, ma questo discorso vale anche per altri settori della vita pubblica (il ciclo dei rifiuti), quando si gestisce un patrimonio pubblico che riguarda il benessere individuale delle persone e i beni primari per la sopravivenza, le infiltrazioni mafiose trovano un terreno molto disponibile, come è avvenuto in Sicilia nel settore delle acque.

In generale, comunque, si può affermare che in Italia l’acqua non manca, il problema è collegato soprattutto alla totale non manutenzione degli impianti e alla mancanza di programmazione degli interventi idraulici e soprattutto ad una totale mancanza di gestione coordinata del ciclo integrato degli enti pubblici.

L’emergenza idrica in Italia è da collegarsi in particolare alla mancanza di sistemi di fognatura e di depurazione delle acque, che provoca un inquinamento cronico della prima e, a volte, delle seconda e terza falda acquifera. Soprattutto al Nord si spendono diversi milioni di euro per la depurazione a monte dell’acqua destinata al consumo umano, attraverso sistemi a carboni attivi e\o osmosi inversa, e la totale mancanza di controlli da parte dell’ASL, alle aziende private e soprattutto alle aziende agricole, ha portato ad un inquinamento irreversibile delle acque di prima falda. I verdi devo chiedere il reale completamento, su tutto il territorio nazionale, dei sistema di fognatura e di depurazione per tutti gli insediamenti civili ed industriali esistenti. In questo momento la copertura è di poco più del 50% sull’intero territorio nazionale.

La situazione della gestione del ciclo integrato delle acque in Italia è peggio della torre di Babele: ci sono in questo momento circa 7.000 enti gestori e 1.100 municipalizzate che si occupano del ciclo delle acque.

Anche sulle tariffe non siamo messi meglio: variano da luogo e luogo in maniera consistente. Si passa dalle 221,42 £/m3 di Milano alle 1763 £/ m3 di Forlì. In verità in altri paesi dell’Europa costa molto di più: 3.416 £/m3 a Berlino, 2.606 £/m3 a Lione, 2.533 £/m3 a Vienna, anche in considerazione che, di norma, nel resto dell’Europa, la captazione della acqua potabile avviene dai corsi d’acqua superficiale, e occorre pertanto un enorme investimento per renderla potabile ai consumi umani.

Siccome la situazione dell’acqua cambia in ogni zona, non è possibile pronunciare un discorso generale sul sistema tariffario, ma in linea di massima, si possono fare i seguenti ragionamenti:

- occorre introdurre il concetto che l’acqua potabile non è un bene infinito.

- occorre chiedere ai comuni di prevedere nelle norme tecniche di attuazione dei P.R.G la costruzione preventiva di una doppia rete di erogazione dell’acqua in tutte le nuove costruzioni: una destinata al consumo alimentare (il 2% dell’acqua distribuita) e una destinata agli altri usi (il 98% dell’acqua distribuita). Con questo sistema si potrebbe benissimo utilizzare anche acqua della prima falda non più potabile per gli altri usi, anche diminuendo le tariffe in vigore e invece garantire un acqua eccellente per il consumo alimentare, anche aumentando sensibilmente le tariffe in vigore.

Sui sistemi di gestione, fermo restando i principi enunciati in premessa, ovvero che siamo contro ogni forma di privatizzazione del patrimonio e di conseguenza ad una delega esterna dall’ente pubblico, della definizione delle politiche tariffarie e degli investimenti per completare il ciclo integrato delle acque, riteniamo che sul piano gestionale occorre trattare il ciclo integrato delle acque come quello dei rifiuti, anche se il paragone potrebbe sembrare un’esagerazione (in questo momento stiamo parlando dei sistemi di gestione e non della proprietà).

Noi non dobbiamo spaventarci se il servizio di gestione dell’ erogazione e della depurazione dell’acque è affidato a delle società per azioni, anche con la partecipazione di capitale privato. Ovviamente la creazione di società di gestioni non può essere considerata una finalità, ma deve essere preceduta da un’attenta analisi del fabbisogno reale, delle politiche d’indirizzo strategico degli investimenti e della distribuzione dell’entrate ottenute sulle politiche tariffarie. Si deve partire sempre dagli obiettivi da raggiungere e mai dagli strumenti di attuazione. L’importante è che il patrimonio e la definizione delle politiche tariffarie rimango esclusivamente sotto il controllo pubblico e il privato si occupi solamente del servizio tecnico-gestionale. In altri termini, i verdi devono preferire, a parità di prestazioni, una gestione pubblica del servizio, attraverso la creazioni di società sovracomunali, che possono garantire, in un’economia di scala maggiore, una maggiore ridistribuzione dei profitti nell’ambito pubblico, rispetto a dei servizi che notoriamente sono in perdita (trasporto collettivo, servizi sociali e cimiteriali, gestione dell’illuminazione pubblica). Se non fosse possibile sviluppare questo tipo di sinergia, sarebbe comunque errato ostacolare per una mera questione di principio ed ideologica l’intervento dei privati.

Anche se potrebbe essere superfluo, ritengo utile ricordare che la trasformazione in società di azione delle ex aziende municipale e dei consorzi intercomunali, come previsto dalle legge Bassanini, non può vedere i verdi ideologicamente contro e trattare queste aziende come se fossero dei Privati. Sono società di patrimonio pubblico e utilizzano solamente un sistema gestionale diverso, ma il controllo pubblico è esercitato in ugual misura dall’ente pubblico di riferimento.

In qualunque caso, anche per non permettere che le grandi multinazionali dell’acqua (Suez des Eaux, Lyonees des Eaux e R.W.E), comprino il mercato disponibile dell’acqua in Italia, occorre favorire l’integrazione e la fusione strutturale e di scopo delle società pubbliche di gestione presenti sul territorio nazionale.

In Italia la tariffa del ciclo integrato è unica, non suddivisa tra le singoli voci del ciclo. Ognuno di noi paga in un'unica tariffa la distribuzione dell’acqua potabile, la raccolta in fognatura della acque reflue e il sistema di depurazione. La tariffa per la fognatura e la depurazione è costruita in base all’ utilizzo dell’acqua prelevata dall’acquedotto Da parecchi anni i cittadini sono obbligati a pagare la tariffa della fognatura e della depurazione, anche se sul proprio territorio non è del tutto esistente. ( l’obiettivo del legislatore era quello di utilizzare queste risorse aggiuntive per costruire e completare il ciclo dell’acqua). In nessuna parte d’Italia esiste una cartografia reale della rete della fognatura e nessuna è a conoscenza dove questa rete ha il suo naturale sbocco. Ancora oggi, impunemente, molte reti di fognatura, anche pubbliche, finiscono nei corsi d’acqua superficiale o nei mari, provocando inquinamenti significativi. Per prima cosa occorre chiedere con forza l’acquisizione dei dati reali della rete di raccolta del acque reflue e verificare, in ogni comune, dove finisce la propria fognatura.

Nello specifico occorre favorire:

- Una maggiore possibilità di riutilizzo dell’acqua potabile utilizzata, anche attraverso la creazione di una doppia rete di fognatura, quella civile e quella industriale e stradale, in modo che l’acqua civile, in alcuni casi, possa essere utilizzata per altri scopo.

- Finanziare l’industrie che prevedono il ricircolo dell’acqua consumata

- Prevedere il recupero energetico, la produzione di biogas e l’utilizzo per il teleriscaldamento utilizzando l’enorme quantità di fanghi prodotti dagli impianti di depurazione. A regime in Italia si produrranno circa 3.000.000 di tonnellate all’anno di fanghi. In qualche casi e previa verifica della qualità dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione delle acque prevalente civile, la possibilità di un loro utilizzo in agricoltura.

Acque in Bottiglia:In Italia il permesso ai privati di prelevare l’acqua di tutti, di imbottigliarla e di commercializzarla ha dei costi ridicoli. Le tariffe applicate alle maggior società di commercializzazione di acque in bottiglia sono di poche migliaia di euro rispetto al prelievo di milioni di m3 di acqua prelevata. Anche se in alcuni casi l’acqua dell’acquedotto è imbevibile, nella maggior parte dei casi, l’acqua che sgorga dai rubinetti non ha nulla da invidiare alle acque in bottiglia, anzi, alcune acque in bottiglia sarebbero fuori dei parametri di potabilità se fossero distribuite dall’acquedotto pubblico.

Occorre chiedere che la situazione si normalizzi su tutto il territorio nazionale, ma nel frattempo denunciare la speculazione enorme che la maggior parte dell’imprese (la nestlè è la più forte) svolgono a discapito anche delle fasce sociali meno ricche.

I verdi devono impegnarsi per:

- Far comprendere che l’acqua potabile è una risorsa limitata e deve essere conservata per le future generazioni.

- Impegnare i governi occidentali a rendere disponibile a tutta la popolazione mondiale questo bene primario, anche attraverso interventi idraulici e di depurazione dell’acqua non potabile.

- Intervenire contro ogni forma di privatizzazione del patrimonio pubblico del ciclo integrato dell’acqua.

- Intervenire per completare tutta la rete di fognatura e di depurazione dell’acqua post-consumo in ogni insediamento industriale e civile.

- Intervenire per un controllo reale degli inquinamenti industriali ed agricoli ai corsi d’acqua superficiali e alla falda freatica.

- Intervenire preventivamente per un utilizzo diversificato dell’uso alimentare dell’acqua potabile rispetto ad altri usi.

- Favorire il recupero dell’acqua post-consumo per usi agricoli.

- Intervenire per una razionalizzazione dell’utilizzo dell’acqua potabile.

- Favorire la gestione pubblica del servizio integrato dell’acqua, anche attraverso la creazione di società pubbliche multiservizi che reinvestono gli utili d’esercizio in attività e servizi non remunerativi.

- Non permettere lo sfruttamento incondizionato delle acque del sottosuolo da parte delle imprese private che commercializzano l’acqua in bottiglia.

- Prevedere un sistema tariffario attento alle fasce sociali più deboli e diversificato rispetto all’utilizzo.

- Intensificare i controlli sull’acqua potabile e favorire la comunicazione pubblica.

 

- Definire che l’intervento del privato è solamente consentito nella fase di gestione di alcuni aspetti del ciclo integrato e la loro partecipazione non può essere consentita nelle società pubbliche che hanno l’usufrutto del patrimonio dei beni pubblici (pozzi, fognatura, impianti di depurazione).

- Vietare la pubblicità delle Acque in bottiglia.

Agricoltura

I Verdi vogliono promuovere un’agricoltura di qualità, rispettosa della biodiversità, che crei prospettive economiche di sviluppo in un quadro di sana imprenditoria nel settore agroalimentare e che valorizzi il ruolo dell’agricoltore semplicemente attuando quella "multifunzionalità", stabilimmo come svolta epocale di un sistema economico che era stato ormai trascurato e abbandonato da troppo tempo.

I Verdi credono che difendere l’ambiente debba assolutamente intrecciarsi con la tutela dell’agricoltura, naturale, tipica, rurale. Non vogliamo più rischiare di trovarci di fronte ai problemi affrontati in passato come quello della "mucca pazza" e per questo che riteniamo importante il ruolo delle Regioni nella difesa della tipicità agroalimentare e in un quadro di promozione e innovazione nel settore agricolo e zootecnico. Sono tanti i giovani e le donne che hanno riscoperto l’agricoltura, che accedono ai finanziamenti europei erogati dalle Regioni per la Pac, lo Sviluppo rurale e l’agricoltura biologica ed è a loro e alle future generazioni, che occorre garantire una politica agricola legata allo sviluppo sostenibile del territorio. Questo deve necessariamente partire dall’azione di buon governo.

Questi i temi principali:

No agli OGM, sostegno dell’AGRICOLTURA BIOLOGICA,

promozione dei PRODOTTI TRADIZIONALI, sviluppo della FILIERA CORTA, strategie per la PAC e i Piani di Sviluppo Rurale,

recupero dell’ENERGIA dall’ AGRICOLTURA

OGM

Gli o.g.m. (organismi geneticamente modificati) sono un rischioso salto nel buio, in particolare per il nostro modello agricolo e la nostra economia, che in una fase di recessione mondiale ha trovato proprio nella produzione agroalimentare, legata alla tradizione ed alla qualità, un confronto capace di crescere. Gli o.g.m. appaiono pertanto sempre più uno strumento della guerra commerciale scatenatasi tra le due sponde dell'Atlantico, oltre che uno strumento delle multinazionali per spostare sempre più valore dai bilanci degli agricoltori a quelli dell'industria.

E’ necessario scongiurare il pericolo della diffusione di piante ed alimenti o.g.m. nelle nostre Regioni.

La convivenza tra biologico ed o.g.m. è tecnicamente impossibile, così come è economicamente folle pensare che il consumatore sia disponibile a mantenere elevati i consumi di prodotti biologici (spesso caricandosi di maggiori costi rispetto al convenzionale) se il biologico non saprà garantire l’"o.g.m. free".

I Verdi ritengono che l’introduzione di qualsivoglia soglia di tolleranza per gli ogm significa distruggere l’enorme valore costruito negli anni dagli agricoltori del biologico.

I VERDI chiedono:

1) Legge d’iniziativa popolare nazionale per un "Italia Ogm Free"

2) Leggi regionali per raggiungere l’obiettivo di raggiungere la totalità delle Regioni "OGM Free"

3) Prosieguo degli investimenti nella ricerca scientifica nazionale con il supporto delle Regioni

4) Sistema di controlli: rafforzare le attività degli organismi di controllo pubblici e avviare un coordinamento tra gli Enti competenti del processo di filiera

5) Banca dati del germoplasma regionale e rete di conservazione in situ della biodiversità vegetale e animale

IL RUOLO DELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA

L’agricoltura biologica è da sempre il modello di sviluppo rurale che i Verdi reputano prioritario. Il no alla chimica si ritrova con i valori della tipicità e della biodiversità, con altrettante battaglie care alla politica Verde. Biologico e Tipico, dunque, obiettivi strategici dell’agroalimentare italiano.

E’ necessario rafforzare la filiera corta tanto come vendita diretta quanto come presenza di produttori biologici nei mercati rionali. Negli appalti per la refezione e somministrazione alimentare andrebbero incentivate le imprese che garantiscono la valorizzazione del biologico e del tipico. Anche supportare le organizzazioni commerciali dei produttori attraverso la creazione di piattaforme logistiche e commerciali rappresenta un buon esempio di intervento pubblico (società miste).

Oggi è quanto mai opportuno finalizzare il sostegno al settore favorendo anzitutto le esperienze associative dei produttori anche di natura. Nell’ambito dei Piani regionali di Sviluppo Rurale per le misure che riguardano l’agricoltura e la zootecnia condotte con metodo biologico occorre dare priorità effettiva al settore nell’ambito del sostegno alle produzioni di qualità ed ecocompatibili attraverso gli strumenti ordinari di sostegno al comparto agroalimentare nazionale.

I VERDI chiedono:

1) Priorità al settore delle produzioni biologiche nell’ambito dei PSR

2) Rafforzare la filiera corta come vendita diretta e presenza di aziende biologiche nei mercati cittadini

3) Incentivare la scelta del biologiche nelle mense scolastiche

4) Creare piattaforme logistiche e commerciali con la presenza delle istituzioni pubbliche (società miste)

5) Aumento dell’azione di promozione e informazione anche all’estero

6) Nascita o potenziamento di Osservatori sull’agricoltura biologica regionali

7) Approvare e finanziare adeguatamente il Piano nazionale d'azione per l'agricoltura biologica

FILIERA CORTA: DAL PRODUTTORE AGRICOLO AL CONSUMATORE:STRATEGIE ALTERNATIVE AL SISTEMA DISTRIBUTIVOAGRO-ALIMENTARE ITALIANO

Nell’affrontare questioni inerenti le attività agricole, le produzioni, gli alimenti dell’ agricoltura biologica, non si può oggi non tener conto dell’organizzazione e delle strategie del sistema distributivo alimentare italiano.

E’ un dato, che la GDO nel comparto agro-alimentare italiano controlli attualmente più del 60% dell’offerta complessiva nazionale. Ovviamente con forti differenziazioni tra aree geografiche. E nei prossimi anni il trend di crescita e di espansione delle grandi superfici commerciali (super e ipermercati) sarà tra i più veloci e aggressivi in tutte le regioni.

a) le strategie della GD puntano a prodotti standardizzati, in grandi quantità,

di media qualità, che vengono reperiti attraverso le principali piattaforme nazionali ed estere. Solo pochi produttori agricoli italiani sono in grado di rifornire direttamente i marchi delle grandi superfici commerciali. Visto anche le richieste di servizio che queste impongono (quantitativi, frequenze, imballaggio, etichettatura, confezionamento, trasporto).

I prodotti tipici e di qualità hanno già oggi uno spazio molto marginale.

b) i gruppi stranieri (detentori di marchi come GS, Auchan, Conad, Rewe), oltre a questa generale impostazione, tendono ovviamente a privilegiare e a far penetrare prodotti alimentari provenienti dai propri paesi. Espellendo progressivamente i prodotti italiani, di qualità e non.

Queste strategie applicate già da diversi anni dalla GDO pesano non poco sul sistema di collocazione delle merci dei produttori agricoli italiani. Soprattutto le medie e piccole imprese agricole registrano sempre maggiori difficoltà nell’inserirsi in questo circuito distributivo.

Per questi motivi appare opportuno cercare di delineare nuovi percorsi commerciali che possano valorizzare le produzioni locali, essere fruibili ai consumatori del territorio d’origine delle merci, bypassando la serie di intermediazioni che portano a speculazioni ed aumenti, dove il produttore e il consumatore diventano i soggetti più spremuti.

In questo scenario, e in considerazione delle caratterizzazioni sociali e territoriali, può risultare più utile prospettare più strategie, affinché siano facilmente adeguabili alle diverse realtà.

I VERDI consigliano di sviluppare:

1) MERCATI DIRETTI.

Istituire aree commerciali (comunali) riservate esclusivamente alla vendita diretta dei produttori agricoli del territorio interessato.

I produttori sono direttamente coinvolti nella commercializzazione al dettaglio; possono offrire prodotti freschi, di stagione e di origine verificabile (tracciabilità - azienda del territorio), e spuntare una più equa remunerazione.

I consumatori possono acquistare prodotti locali, freschi, a prezzi calmierati. I prodotti offerti dovrebbero andare dall’ortofrutta ai prodotti di prima trasformazione (olio, vino, formaggi, conserve), ai prodotti tipici, al biologico.

Un rapporto diretta tra produttori e consumatori che conviene ad entrambi. Le aziende agricole possono prevedere anche forme associative per gestire al meglio l’offerta dei prodotti in relazione ai cicli produttivi.

Questi mercati, per avere un peso in termini di servizio verso i consumatori (fidelizzazione), dovrebbero esser funzionanti più giorni a settimana.

Insomma permanenti e non saltuari o occasionali.

• La vendita diretta per gli imprenditori agricoli dei propri prodotti aziendali è in parte regolamentata dal D. L.vo 18 maggio 2001, n.228.

• La regolamentazione dei mercati permanenti(autorizzazioni, spazi, turni) è di competenza dei Comuni interessati.

 

2) I GRUPPI di ACQUISTO SOLIDALI (GAS)

I GAS sono gruppi spontanei di consumatori che si organizzano per rifornirsi direttamente da piccoli produttori (singoli o associati) attraverso acquisti collettivi. Questo modo di acquistare favorisce la costruzione di relazioni all’interno del gruppo, con i produttori, sul territorio, con altri gruppi. Questo tipo di relazioni sono appunto "solidali".

I GAS si possono aggregare intorno ad una cooperativa di consumo, possono essere un gruppo informale che usa come base un negozio attraverso il quale effettuare tutti insieme gli ordini.

Questo tipo di organizzazione facilita un modello di sviluppo locale dove si intrecciano questioni legate alla produzione del territorio, alle produzioni biologiche, ad un’economia più equa sia per il produttore che per il consumatore.

3) ACCORDI LOCALI CON LA GDO

In determinati contesti possono esserci realtà agricole particolarmente importanti che hanno comunque bisogno di collocare le proprie produzioni in ambiti distributivi più apprezzabili come i canali di super-ipermercati. Questo, come precedentemente accennato, non risulta sempre di facile accesso per le aziende agricole. Ciò è determinato essenzialmente da meccanismi di funzionamento molto rigidi e codificati delle grandi superfici commerciali.

In questi casi, è opportuno che le amministrazioni locali, attraverso i suoi rappresentanti politici, si facciano carico di creare accordi tra le società della GD presenti in quel territorio e le aziende agricole locali.

Al momento solo La Coop Italia attua questa politica. E’ auspicabile spingere questa strategia su tutto il territorio anche a difesa delle produzioni agricole nazionali.

I VERDI chiedono che nei casi di nuova concessione o di ampliamento di strutture commerciali della GDO, sia riservato almeno il 10% di spazio espositivo per le produzioni regionali all’interno dell’area definita "Food".

Pac e Piani di Sviluppo Rurale

Attraverso gli interventi previsti nei Piani di Sviluppo Rurale va dato un indirizzo all'agricoltura regionale per offrire una certa sicurezza nel medio-lungo periodo alle attività agricole favorendo la strutturazione delle aziende agricole non tanto e non soltanto nella produzione della materia prima, quanto nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti e nello sviluppo delle multifunzionalità aziendali.

Le nuove scelte produttive vanno orientate in direzione della qualità delle produzioni biologiche, della salvaguardia della biodiversità, della tracciabilità delle produzioni e le risorse del PSR vanno indirizzate prioritariamente alle aziende che all'interno di progetti di filiera scelgono questi indirizzi.

E' superata la fase che i fondi europei vadano distribuiti a pioggia pur di essere spesi, la loro completa utilizzazione va conseguita su progetti di sviluppo con investimenti che nel tempo consentono all'agricoltore di trarre maggiore profitto del frutto del proprio lavoro.

La multifunzionalità aziendale va incoraggiata in tutte le sue forme, anche per quelle produzioni, le cui materie prime provengono dall’agricoltura

Per quello che riguarda la zootecnia risulta indispensabile prevedere misure eccezionali che favoriscano la ripresa di un settore attualmente in forte crisi anche a causa della riforma della PAC che garantirà agli agricoltori un premio indipendentemente dal mantenimento dell’allevamento che sta creando le premesse per una delocalizzazione di buona parte delle produzioni zootecniche nazionali. Solo aziende zootecniche valide potranno garantire una futura presenza umana nelle aree dell’entroterra e nelle aree montane, dove la zootecnia è una delle poche attività compatibili con le caratteristiche del territorio.

I VERDI chiedono:

Qualificare il Piano di Sviluppo Rurale attraverso:

1) Iniziative a sostegno dell’imprenditoria femminile e giovanile

2) Investimenti per la tutela della biodiversità, della tracciabilità e per il rilancio delle attività di tipo zootecnico nei distretti rurali

3) Leggi regionali che prevedano aiuti di stato per il rafforzamento delle filiere regionali controllate dagli agricoltori

Energia e Agricoltura

Rilanciare l’energia da agricoltura in questi giorni è tra l’altro fondamentale visto l’aumento del prezzo del greggio che ha causato un incremento del 40% del prezzo del gasolio agricolo, con conseguente crisi verticale delle colture in serra ad alta incidenza energetica e la perdita di competitività di tutto il settore agricolo in genere.

Quindi è ora delle fattorie energetiche, non più gasolio agricolo ma libertà di prodursi il biodiesel in proprio da varie oleaginose e in particolare da scarti di produzione locale, multifunzionalità dell’azienda agricola nella produzione di energia elettrica da biomasse non solo per l’autoproduzione, ma come produttori per il mercato.

Il pellets, il cippato insieme alle nuove caldaie che producono calore e frigorie (aria condizionata) rappresentano una rivoluzione ormai disponibile e un abbattimento dei costi radicale.

Le positive esperienze di leggi regionali come quella in Toscana per la coltura industriale della canapa possono essere sviluppate anche in altri territori, soprattutto dove è necessario sostituire colture non più produttive e non sostenibili.

I VERDI chiedono:

1) l’applicazione della multifunzionalità dell’azienda agricola, anche come autoproduttore di energia, creando le "fattorie energetiche"

2) Non utilizzo delle materie prime ad uso alimentare per la produzione di biodiesel, ma solo materie di scarto

3) Incentivazione alla produzione di biomasse non alimentare a filiera corta per la produzione di energia ( alghe, scarti della manutenzione del patrimonio boschivo, ecc)

Mobilità

Dare la priorità alla mobilità urbana, al riequilibrio del trasporto merci ed alle infrastrutture che servono

I Verdi propongono di dare priorità alla soluzione dei problemi di mobilità urbana, dove si concentrano traffico, congestione ed inquinamento, ribaltando la logica di solo infrastrutture extraurbane adottata fino a questo momento. Una priorità questa che non viene riproposta soltanto dai Verdi, ma è una esigenza irrinunciabile avanzata anche dalle Aziende di Trasporto Pubblico Locale e dalle Amministrazioni delle principali città italiane, che dal 1 gennaio 2005 stanno attuando la nuova direttiva europea per la qualità dell'aria, con limiti più restrittivi delle emissioni per benzene e polveri sottili.

Anche le città e le Amministrazioni locali, debbono ovviamente assumere provvedimenti coraggiosi di limitazione del traffico motorizzato, offrire alternative per il trasporto collettivo, riorganizzazione il trasporto merci in ambito urbano, incrementare corsie riservate. aree pedonali, ZTL, ampliare le piste ciclabili e sostenere la promozione della bicicletta. Invece, purtroppo, dobbiamo sottolineare la debolezza di molte Amministrazioni locali in materia di traffico e mobilità, preoccupati dalla presunta impopolarità delle misure di regolazione del traffico motorizzato privato, che sommata all’assenza totale del Governo, amplierà uteriormente il problema per il futuro.

L’altra emergenza che deve essere affrontata nel nostro Paese, secondo i Verdi, riguarda il trasporto delle merci, visto che il trasporto su strada non solo è dominante, ma tende a crescere e non solo per come si è configurato il sistema di produzione e distribuzione diffusa. Ma anche a causa di misure di sostegno attivo messe in atto dai Governi come le agevolazioni al prezzo del gasolio e dei pedaggi autostradali.

Bisogna governare questi processi con la revisione dei sistemi tariffari e degli incentivi, che abbiamo come obiettivo lo sviluppo del cabotaggio, dell’intermodalità e della logistica, la crescita del trasporto ferroviario, mediante la promozione di comportamenti virtuosi che coinvolgano anche i lavoratori dell’autotrasporto.

Infine anche nel campo delle infrastrutture e coerentemente con una strategia dei trasporti sostenibile, i Verdi propongono di realizzare ed accelerare le infrastrutture che servono. Come gli interventi di adeguamento e la messa in sicurezza della rete viaria esistente, che sono la vera infrastruttura strategica ed inadeguata per servire il traffico esistente, risolvengo i nodi più congestionati, senza alimentare con nuove autostrade il traffico di transito.

Per i Verdi, opere strategiche sono anche gli investimenti per le reti metropolitane e tranviarie, la realizzazione ed il potenziamento della rete ferroviaria con priorità ai nodi metropolitani, alla messa in sicurezza della rete esistente sul piano tecnologico, all'ammodernamento del materiale rotabile.

Quindi le scarse risorse pubbliche disponibili dovrebbero indurre ad una selezione delle opere ed un cambiamento reale di strategia nella politica dei trasporti a sostegno delle modalità a minore impatto ambientale e per il riequilibrio verso trasporti collettivi , ferrovia e cabotaggio.

Le soluzioni dei Verdi per una mobilità sostenibile

1) Soluzioni concrete e risorse per la mobilità urbana sostenibile

Si tratta di un set di proposte che partono dal rilancio del trasporto pubblico locale (innovazione di servizio e di prodotti agli utenti), alla promozione delle alternative praticabili come la bicicletta, il carpooling, il car sharing, il taxibus, il mobility manager, trasporto scolastico, estensione di aree pedonali e zone a traffico limitato. Allo stesso modo punta sui sistemi di regolazione e controllo telematico del traffico, alla riorganizzazione del trasporto merci in

città, alla realizzazione di sistemi di pagamento della sosta su strada, di parcheggi per residenti e di interscambio, alla accelerazione e rifinanziamento delle reti tranviarie

Allo stesso modo le città debbono affrontare in modo contestuale le scelte in materia di traffico ed in materia di pianificazione urbanistica, con l’obiettivo di risparmiare territorio e frenare la crescita del traffico motorizzato, ed alimentando l’uso del trasporto collettivo. Occorre inoltre delocalizzare fuori dall’abitato, alcuni servizi di pubblica utilità

2) Sicurezza stradale e qualità urbana

Altro tema che per i Verdi deve avere la priorità per contrastare morti e feriti sulle nostre strade e per migliorare accessibilità e sicurezza per muoversi in città. Accelerare gli interventi di moderazione del traffico in città (marciapiedi, attraversamenti, dissuasori, semafori sonori, spazi di sosta). Interventi di adeguamento sulle strade esistenti per eliminare i punti neri e gli incroci pericolosi con l’accelerazione degli interventi del Piano per la sicurezza stradale, con una programmazione dei veicoli autorizzati a circolare.

3) Accelerare le opere strategiche utili e sostenibili.

Si tratta di realizzare celermente tutte quelle infrastrutture per il trasporto utili a riequilibrare l’uso di sistemi a minore impatto ambientale: metropolitane, tramvie, investimenti ferroviari con priorità per il trasporto passeggeri nei nodi metropolitani, per aumentare la capacità di trasportare merci e per migliorare il servizio ai cittadini. Anche l’adeguamento dell’accessibilità ai porti mediante ferrovie, strade ed autostrade sono utili per il sostegno al cabotaggio.

L’adeguamento delle strade statali esistenti deve essere la soluzione per decongestionare le aree urbane dal traffico e per aumentare la sicurezza, per migliorare e snellire il traffico che già c’è sulle nostre strade senza realizzare nuove autostrade che attirano nuovi flussi di traffico di transito

In alternativa alla nuova E55 Ravenna-Venezia si dovrebbe puntare sul cabotaggio, mentre i Verdi ritengono devastanti per l'ambiente progetti come il terzo traforo del Gran Sasso, il raddoppio del tunnel del Monte Bianco, compreso l’inutile ed impattante progetto di Ponte sullo Stretto di Messina. Anche nel campo degli investimenti ferroviari riteniamo che dopo aver deciso la realizzazione dell'alta velocità tra Torino-Milano-Napoli ( in cantiere) sia preferibile investire in potenziamenti e velocizzazioni della rete esistente, anche se i verdi non sono ideologicamente contro l’Alta velocità:

4) Sostegno alle autostrade del mare ed al cabotaggio.

Si tratta di far adottare misure concrete per incentivare e rendere conveniente il trasporto via mare rispetto al trasporto su strada. Le misure (ammesse anche in sede europea) sono la detassazione della attività delle imprese armatoriali (previste ma in misura limitata) e gli incentivi per l’intermodalità che devono essere rifinanziati. Infine, utili e fondamentali sono gli aiuti all’ammodernamento del naviglio con mezzi più veloci e sicuri, con il doppio scafo per evitare possibili inquinamenti del mare e dismettere le carrette del mare.

5) Riconversione dell’autotrasporto merci

La frammentazione e l’elevato numero di imprese di autotrasporto, strettamente connesse alla struttura industriale del nostro Paese basata prevalentemente su piccole e medie imprese, combinata alla trasformazione dei processi produttivi verso il "just in time" (magazzino viaggiante) ha aumentato la crescita del trasporto su strada, alimentando inefficienza, congestione, consumi energetici ed una domanda diffusa di nuove infrastrutture autostradali.

Servono quindi azioni mirate per governare questa crescita, puntando sul riequilibrio modale e l’efficienza del sistema, dialogando in modo serrato con il mondo dell’autotrasporto. A questo scopo servono misure fiscali per promuovere l’aggregazione delle imprese ed incentivi economici per costituire sistemi logistici in grado di integrare complessivamente la mobilità su strada, in cooperazione sia con le imprese di autotrasporto e sia con le imprese artigianali ed industriali. Per il traffico merci di lunga percorrenza, oltre alle misure fiscali ed economiche per promuovere efficienza ed aggregazione delle imprese, serve anche una politica tariffaria mirata che disincentivi il trasporto su strada e premi comportamenti virtuosi di conversione verso ferrovie e cabotaggio.

6) Traffico aereo, riduzione dell’inquinamento e miglior efficienza del sistema. Il Governo non ha adottato una politica credibile di razionalizzazione del trasporto aereo con le altre modalità di trasporto, in termini di integrazione e di alternative (vedi l’accessibilità agli aeroporti e la concorrenza treni veloci/aereo e la proliferazione degli aeroporti regionali). I Verdi propongono politiche che puntino a ridurre l’impatto negativo del trasporto aereo, che attualmente è il sistema che ha più elevati consumi procapite di energia ed emissioni in atmosfera, ed il cui carburate non è tassato. A questo scopo è indispensabile:

- non potenziare l’hub di Malpensa, non solo per l’impatto ambientale, ma anche perché la strategia di sostegno a due grandi hub italiani, è già stata riconosciuta fallimentare anche sul piano commerciale

- non potenziare ulteriormente gli aeroporti regionali sia per l’impatto ambientale, sia per non creare concorrenza al mezzo ferroviario (a minore impatto ambientale) e introdurre limiti severi per i voli privati

- aumentare la sicurezza del volo, con tecnologie, riorganizzazione dei sistemi di controllo ed assistenza al volo, formazione del personale, per evitare che accadano nuove tragedie come quella dell’aeroporto di Linate.

- introdurre misure di mitigazione del rumore, dei sorvoli, degli orari di decollo ed atterraggio per tutelare la popolazione circostante. Investire in tecnologie per migliorare l’efficienza dei velivoli, il risparmio energetico ed il rumore.

- introdurre a livello europeo un sistema di tassazione del carburante, che riconosca il peso ambientale negativo del trasporto aereo

7) Ricerca e promozione su veicoli e carburanti a basso impatto ambientale

Dopo aver affrontato obiettivi di riequilibrio modale e di governo della crescita della domanda è opportuno affrontare anche le possibili soluzioni per ridurre l’impatto sulle emissioni atmosferiche dei veicoli e dei carburanti.

Non solo cresce la mobilità, ma nel corso degli ultimi anni la cilindrata media delle autovetture in circolazione è andata crescendo. Se poi calcoliamo che il ciclo di produzione e rottamazione di un veicolo pesa per il 25% sull’impatto ambientale complessivo, non è da una semplice rottamazione dei veicoli che possono derivare benefici ambientali significativi.

Quello che serve sono politiche di incentivo per veicoli a ridotte emissioni, di piccola cilindrata, che utilizzano carburanti puliti come il metano, e veicoli innovativi per le aree urbane come biciclette a pedalata assistita, scooter e quadricicli elettrici e che possono essere indotte prevalentemente mediante politiche di regolazione del traffico, ad esempio nel campo delle limitazioni per il superamento dei limiti sulla qualità dell’aria e di regolazione del traffico.

Occorre prevedere una tassa sull’acquisto di autoveicoli che superano i 130 grammi di co2 al km.

In questo senso è certamente promettente la ricerca sulle Fuel Cell e sul solare, applicate all’Idrogeno, che potrebbero costituire una alternativa in futuro al motore a scoppio. Senza quindi farci illusioni che l’ Idrogeno possa costituire da solo una credibile alternativa al petrolio, perché non si tratta di un combustibile, ma di un elemento che ha bisogno di una fonte energetica per essere prodotto ed utilizzato.

Quindi i Verdi propongono di rivedere il sistema delle accise sulla benzina e sul gasolio, in modo da sostenere l’uso dei combustibili attualmente disponibili a minore impatto ambientale come il metano e destinare risorse ed agevolazioni per sostenere la ricerca su veicoli e carburanti a minore impatto ambientale.

Territorio e Parchi

Da sempre ci siamo caratterizzati come il partito della difesa e della salvaguardia del territorio e dovunque amministriamo siamo riusciti ad ottenere grandi risultati.

Dobbiamo favorire l’istituzione di nuovi parchi che in accordo con le popolazioni locali siano fonte di sviluppo ecocompatibile e non "riserve indiane" e dove le attività del turismo siano fonte di lavoro e occupazione.





MOZIONE POLITICA - VERDI, DIRITTO AL FUTURO

MOZIONE POLITICA

VERDI, DIRITTO AL FUTURO

Preso atto del risultato delle ultime elezioni politiche, i firmatari della presente mozione

ritengono necessario dare avvio ad un momento di analisi e riflessione approfondite.

La constatazione che la questione ecologica è oggi una priorità per la sopravvivenza della

specie umana sul pianeta, unita alla circostanza che, ad oggi, non esiste una forza politica

che affronti in modo adeguato tale questione, ci induce a non vanificare elaborazione politica

e di buone pratiche avviate sul fronte della conversione ecologica (dalla riduzione dei

consumi e dei rifiuti alla raccolta differenziata, dal risparmio energetico alla diffusione delle

energie rinnovabili, dai cantieri utili alla politica dei parchi, dai diritti civili ai diritti degli animali,

dai diritti umani alla pace…).

Occorre, tuttavia, una seria autocritica sulla gestione del partito degli ultimi anni,

sull’abbandono dell’ecologia della politica, sulla superficialità della politica delle alleanze

elettorali, sulla ricerca spasmodica dell’immagine a scapito di un reale radicamento e della

sostanza politica della nostra azione.

Sentiamo profondamente la necessità di rifondare il nostro partito, affinchè si faccia interprete

e difensore dei valori dell’ecologia. Per questo è indispensabile svolgere un’intensa azione di

educazione alla cultura ambientale, ponendoci come interlocutore privilegiato dei movimenti e

della società civile; occorre costruire una rete di interrelazioni ampia ed una deburocratizzazione

degli apparati attraverso la valorizzazione delle strutture territoriali, degli

iscritti e di coloro che iscritti non sono.

Per fare questo crediamo che sia necessario azzerare le logiche di potere, dare spazio a

persone ed energie nuove, rispristinare l’originario progetto culturale del Sole che ride.

Solo in questo modo i Verdi potranno lavorare per il futuro sostenibile del paese.

Non dobbiamo ripetere gli errori del passato, non dobbiamo farci travolgere dalla fretta per le

prossime scadenze elettorali, con soluzioni pasticciate all’ultimo momento, figlie di una logica

da resa dei conti o di una eccessiva depressione post elettorale. Non è il momento di

dividersi.

Un nuovo stile di vita.

E’ ormai di palese evidenza l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, con i suoi continui

attentati alla sicurezza dell’ambiente e degli esseri viventi; un obiettivo indefinito e infinito di

crescita è incompatibile con un pianeta dalle risorse limitate. Ciononostante, ancora pochi

riescono a vedere e accettare che l’unica via percorribile è quella di produrre meno e

consumare meno per assicurare un futuro sostenibile.

E’ ormai irrinunciabile un nuovo stile di vita che passi attraverso la riduzione del consumo

delle risorse, la filiera corta, le produzioni locali e biologiche, la partecipazione alle scelte,

l'abbandono dei combustibili fossili e dell'incenerimento dei rifiuti a favore delle energie

Assemblea Nazionale dei Verdi - Chianciano 18/19/20 Luglio 2008

MOZIONE POLITICA - VERDI, DIRITTO AL FUTURO

rinnovabili.

La globalizzazione non ha portato benefici, ma ha accelerato i danni all'ambiente e favorito la

violazione dei diritti dei lavoratori, specie nei paesi più poveri: è necessario recuperare un

modello di vita più semplice, più sano, più felice, basato sul senso del limite. Questo deve

essere il criterio alla base di un intelligente e responsabile utilizzo delle risorse.

Un'economia a "km zero": ecologica, partecipata, decentrata.

Il nuovo stile di vita che proponiamo deve essere “ecologico” e perciò partecipato e

decentrato.

La partecipazione è il presupposto per la creazione di una società federale e attenta ai

bisogni di tutti, anche dei più deboli; tutti - dai cittadini, ai movimenti, alle associazioni -

debbono essere messi in grado di partecipare direttamente alle scelte strategiche che

riguardano la gestione del proprio territorio, utilizzando le tecnologie di comunicazione che

comportino il minor dispendio di risorse.

Abbandonare l’obiettivo della crescita illimitata va di pari passo con un’economia legata al

territorio, dove la produzione, destinata a soddisfare i bisogni della popolazione, avviene in

massima parte a livello locale ed è finanziata dal risparmio locale; praticamente, una

produzione a km zero.

Verdi, verso un soggetto politico moderno.

Le considerazioni finora svolte sono sufficienti a confermare l’utilità dell’esistenza di un

soggetto politico ecologista.

Il soggetto politico che vogliamo non intende monopolizzare l’ecologismo, ma aprirsi

all’esterno per costruire una rete del sapere ecologista, con l’apporto essenziale di quanti

fanno della salvaguardia dell’ambiente, della tutela dei diritti e dei beni comuni una pratica

quotidiana.

Il soggetto politico che vogliamo costruire deve avere un’organizzazione di tipo federale, in

linea con una forte vocazione territoriale; deve ispirarsi a principi di democrazia e di moralità

nella gestione (ad esempio stabilendo l’incompatibilità di importanti cariche istituzionali con

quelle dirigenziali di partito e con quelle significativamente retribuite in enti, società, ecc,

garantendo il ricambio della dirigenza, limitando a due i mandati consecutivi); deve avere una

precisa identità ed una chiara linea politica.

Gli iscritti al partito che rivestono incarichi politico-istituzionali dovranno partecipare

responsabilmente alla vita del partito e assicurare un congruo contributo economico, la cui

misura dovrà essere definita tenendo conto delle esigenze finanziarie della struttura e, quindi,

recepita nello statuto.

Verdi, riorganizzazione e azione.

Noi Verdi abbiamo lavorato per anni per un ideale, contribuendo a cambiare la coscienza di

questo paese sui temi a noi cari: la pace, i diritti civili e sociali, le energie rinnovabili, la

sicurezza alimentare, la lotta alla precarietà, l’affermazione del biocentrismo e dei diritti degli

animali, che da sempre fanno parte del nostro patrimonio politico e culturale.

Abbiamo, purtroppo, tradito le aspettative conformandoci agli altri partiti, centralistici

oligarchici, e dimenticando i nostri valori. Dobbiamo ripristinare un’immagine “pulita”, dando

coerenza alla nostra organizzazione e ai nostri comportamenti.

Dobbiamo, pertanto, ricominciare da un forte confederalismo che metta al vertice le realtà

locali, le federazioni provinciali e le federazioni regionali.


Mozione politica

Assemblea Nazionale Straordinaria – Chianciano 18/19/20 Luglio 2008

ECOLOGISTI E RIFORMISTI

I promotori della mozione politica "Ecologisti e riformisti":

Ragosta Michele Buono Stefano

Vignone Maria Cristina La Marca Teodolinda

Festa Gianluca Cangelli Fabrizio

Onorati Francesco Magaldi Enzo Rosario

Visone Mario Mollo Stefano

De Pietro Walter Calabrese Gerardo

Tafuro Ignazio Lombardi Cuono

Montoro Giovanni Iannelli Dino

Riccio Domenico Romanelli Davide

Torri Adriano De Fabrizio Pasquale

Mozione politica

Assemblea Nazionale Straordinaria – Chianciano 18/19/20 Luglio 2008

ECOLOGISTI E RIFORMISTI

«Io credo particolarmente doveroso esprimere la propria amarezza e il proprio dissenso, quando si ha paura che avvenga uno snaturamento di ciò che si spera, che si ama e che, quindi, in qualche misura si riconosce anche proprio.» Così Alexander Langer, in una dichiarazione virtuosamente visionaria di quello che sarebbe stato il futuro, esprimeva il proprio premuroso disaccordo; e da questa dichiarazione di profondo amore verso i Verdi che abbiamo bisogno di ripartire. Il tentativo è quello di offrire un contributo politico alla complessa dialettica di cui necessita la prossima assemblea nazionale, per la quale è indispensabile un rinnovamento dei metodi e delle strategie nella gestione organizzativa e nella direzione politica.

La tornata elettorale è stato l’apice di un sentore diffuso che si è riportato nei crudi numeri di un fallimento. Si è concretizzato quello che si temeva; la sinistra politica, unificata all’ultimo momento, incancrenitasi nelle divisioni, nelle competizioni interne e nel retropensiero dell’assurda idea

dell’autosufficienza di ciascun gruppo, ha subito lo smacco di essere inevitabilmente condannata ad un ruolo marginale e a scomparire dal parlamento. Un effetto presente che scaturisce, in parte, da paradossali errori del passato, risalenti al mancato processo di unificazione della sinistra in concomitanza dello svilupparsi del movimento pacifista e ultramondista; ed in parte dall’incapacità oggettiva di creare un alfabeto nuovo della politica, capace di essere in sintonia con il linguaggio dei tempi moderni. Inoltre, nell’Italia di oggi si è attuato il perfetto schema storicistico heideggeriano che prevede, nei momenti di maggiore crisi economica, il netto spostamento a destra dell’elettorato, che si va rifugiando all’interno delle certezze rappresentate da religione e famiglia, quali entità oggettivizzate e riconoscibili alla tradizione popolare. Il fenomeno della paura del diverso da sé, su cui le destre hanno notevolmente spinto, ha fatto il resto. Non c’è che dire, la sconfitta elettorale è stata netta e disarmante; in molti ha, inevitabilmente, lasciato scivolare nello sconforto lo spirito propositivo; in altri è sopraggiunta, altrettanto fortemente, la sindrome dell’isolamento politico, per cui si sono lanciati nell’accreditamento personale presso altre forze politiche.

Innovazione e rinnovamento

Oggi, però, è finito il tempo di piangersi addosso. È arrivato il momento delle responsabilità, di chi ha la voglia e la capacità di proporre e realizzare l’innovazione necessaria al cambiamento. È arrivato il momento di lasciarsi andare all’ottimismo della volontà.

C’è bisogno non di un rilancio dell’esistente oramai corrotto, ma della costruzione di una nuova sostanza e di una nuova forma di partito che, in una società così complessa, sia in grado di prodigarsi a favore del sacrosanto impegno per l’ambiente, non solo in nome dei giusti ideali di cui si fa

portatore, ma anche attraverso un approccio pragmatico. Bisogna superare il concetto di battaglia particolare per l’ambiente con quello più complessivo di estensione dell’esigenza della difesa ambientale, quale aspetto fondamentale della prassi quotidiana di qualsiasi essere umano. C’è bisogno di adottare un metodo di lavoro che trasporti il piano dialettico e della operatività dalla semplice sensibilizzazione relativa ai problemi, alla capacità di fare proposte comprensibili e compatibili con le difficilissime realtà in cui si opera. Il nuovo approccio ai problemi deve tenere conto della necessità di governare i processi per riuscire a risolverli, senza temere le scelte che possano portare ad una radicalizzazione dello scontro politico.

Un metodo che sia univocamente ecologista, riformista e federalista. Questo orientamento tiene conto del fatto che i Verdi hanno molte cose da dire ma soprattutto da fare; e si badi bene, non perché in questi venti anni non ci sia un bilancio positivo da presentare, anzitutto, a noi stessi. I Verdi hanno avuto il merito di innovare il linguaggio politico, immettendo nel tessuto sociale l’ambiente, nelle sue molteplici angolazioni, come priorità trasversale agli schieramenti partitici; hanno sviluppato e regolamentato aspetti della vita quotidiana che, sotto l’influenza dei poteri forti, rappresentavano un tabù assoluto nella prassi politica. Temi quali l’investimento sul trasporto pubblico, i parchi e le aree protette, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, l’elettrosmog, la raccolta differenziata, il risparmio energetico, il randagismo sono oggi priorità nella nostra società. Se su molti di questi temi si è legiferato il merito è prioritariamente dei Verdi; se su altri temi non è stato possibile, la colpa va ricercata nella mancata determinazione di parte dei nostri alleati, pronti a consumare lo strappo nei nostri confronti, come nell’emblematica vicenda dei CIP6.

Economia solidale

Da anni, i Verdi continuano a predicare il giusto connubio tra ecologia ed economia, a condizione che le dinamiche dello sviluppo capitalista, da un lato, non prevalgano sulle aspettative del rispetto dell’ambiente e della salute e, dall’altro, debbano trovare l’inossidabile limite nella difesa dei diritti acquisiti dei lavoratori e nell’estensione dei diritti dei precari. L’economia deve essere sottoposta al controllo dell’etica e non può essere considerata solo in termini di PIL o secondo i criteri stabiliti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Bisogna credere in un profondo cambiamento dell’economia, che può paradossalmente trasformarsi da longa manus della rapina individuale sulla collettività a strumento di connessione tra l’imprenditore consapevole del concetto di limite e l’insieme della realtà. C’è bisogno di una nuova era dell’economia che si possa definire sociale, in cui il predominio dell’uomo sugli uomini e sulla natura venga censurato; in cui sia solo un atroce ricordo l’attuale impazzimento del mercato del cibo, a causa del quale il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite stima che, a partire dalla crisi attuale, ci saranno oltre 100 milioni di persone ridotte alla fame. Una catastrofe globale che, secondo la Fao, è esplosa contemporaneamente in 37 paesi e che non troverà un argine nel 2008, anno in cui le nazioni più povere pagheranno tra il 65% ed il 74% in più per le loro importazioni di cereali. Jean Ziegler, relatore speciale all’ONU per il Diritto al Cibo, ha sostenuto che siamo di fronte ad un "assassinio di massa silenzioso", consumato nel voltafaccia di chi si arricchisce. Se da un lato, infatti c’è la fame di molti popoli, dall’altro c’è il bilancio di chi deve badare solo al profitto. La crescente concentrazione monopolistica dell’industria agro-

alimentare mondiale ha visto accrescere, in concomitanza della crisi, in modo incredibile i suoi profitti. I vantaggi sono arrivati per le compagnie che fabbricano fertilizzanti, come la Potato Corp che ha aumentato il suo fatturato del 72% rispetto al 2006. Yara ha avuto un aumento dell’utile del 44%. I profitti di Sinochem sono saliti del 95%, mentre quelli di Mosaic del 141%; altri profitti sono arrivati per i commercializzatori di grano come Adm, che guadagna il 67% sul 2006; Conagra che guadagna il 30%, Bunge il 49% e Noble Group il 92%. È questa l’economia con la quale dobbiamo dialogare? È quella che condanna milioni di bambini allo sfruttamento del lavoro nel mondo o quella che ha disseminato su tutto il nostro territorio nazionale, e soprattutto nelle regioni del Sud e nel Veneto, scorie di ogni tipo grazie alla complicità con le organizzazioni criminali? È quella che approfitta delle leggi-vergogna del mercato del lavoro per reintrodurre il caporalato ed implementare l’usa e getta del lavoratore, in nome del mercato o quella che permette la strage della Tyssen? È quella che costruisce inceneritori con i soldi dei cittadini grazie alla truffa dei CIP6 o è quella che vuole speculare anche sui beni essenziali e comuni, come l’acqua? Se tanto dà tanto, risulta necessaria la mancanza di ogni tipo di concessione al dialogo operato da parte dei Verdi verso questo modo di fare lucro. È nel nome dell’ecologia della politica che non si può recedere di un passo dinanzi al dilagare incontrollato degli interessi degli speculatori; è nel nome dell’ecologia della politica che, di contro, debbono essere amplificate le ragioni del mondo del commercio equo e solidale, di Banca Etica, della cooperazione sociale, dell’Università del bene comune, di chi da anni promuove l’introduzione della Tobin Tax, degli imprenditori che decidono di investire nella bioarchitettura, nelle agricolture tipiche e le biodiversità, nell’ innovazione tecnologica per le fonti rinnovabili.

La verità sul nucleare

A tal proposito sono ineludibili alcune osservazioni sulla nuova ventata nucleare che sta investendo l’Italia. È evidente la necessità di fare nel merito un’opera di ristabilimento della verità, prima che le uscite impropriamente inesatte degli esponenti pro-nucleare divengano opinione diffusa e che la disinformazione abbia il sopravvento. Prima di tutto bisogna soffermarsi sui reattori di «quarta generazione». Questi dovrebbero essere in grado di generare al loro interno altro combustibile nucleare, fertilizzando determinati nuclei; inoltre, dovrebbero ridurre la produzione di scorie e bruciare quelle prodotte fino ad oggi; infine, dovrebbero basarsi su un ciclo del combustibile resistente ai rischi di proliferazione dell’uso militare. Tanti dovrebbero che, secondo la lezione di Wittgenstein, stanno ad indicare in che modo la lingua possa segnare la differenza tra le possibilità dell’essere e l’esserci. Infatti, questa fantomatica «quarta generazione» non esiste ancora e non si prospetta alcuna possibile commercializzazione prima del 2040, tanto più che il primo prototipo francese di «quarta generazione», lo Sperphoenix, è stato clamorosamente bocciato. In realtà, le imprese energetiche ed i politici che si fanno promotori del ritorno al nucleare si riferiscono agli impianti di «terza generazione», che sicuri non sono (vedi l’incidente sloveno, quelli giapponesi del 1999 e del 2007, o ancora quello dell’Ohio) e che non abbattono alcun costo. I filo-nuclearisti, infatti, vogliono farci credere che l’energia nucleare, oggi, è più conveniente rispetto ad altre scelte energetiche sia per gli investitori che per i cittadini, ma non è così; se l’investimento fosse così certo, perché persino le banche americane per concedere un prestito finalizzato alla costruzione di centrali, ricercano la garanzia di copertura finanziaria dallo stato federale e non vengono erogati mutui dati allo scopo di nuove centrali da trenta anni? Secondo il Wall Strett Journal, che è tornato sull’argomento con due articoli dell’8 e del 12 maggio scorso, i costi di una centrale atomica

viaggiano attorno ai 12 miliardi di dollari ed i tempi di costruzione non risultano mai certi. In tal senso, è eloquente l’andamento della costruzione del primo reattore francese Epr di «terza generazione», ad opera del consorzio Areva-Siemens, ad Olkiuoto, in Finlandia. Il 28 dicembre 2007 è stato annunciato un ulteriore ritardo nella costruzione (per un ritardo complessivo di 2 anni e mezzo) con un impressionante aumento dei costi di 3 miliardi di euro. Se questo vale per gli eventuali investitori, i cittadini partono dalla considerazione empirica dell’aumento del costo della vita. Si sta diffondendo, sempre più velocemente, l’idea che l’Italia sia un paese nel quale la dipendenza energetica sia dovuta all’assenza dell’energia nucleare; ma questa è la bugia più grossa con la quale si sostiene la politica dell’atomo. Il vero problema si concretizza nel fatto che un terzo del petrolio che importiamo, viene divorato da un sistema di trasporti assolutamente folle e completamente sbilanciato a favore del trasporto su gomma; e che un ulteriore 20% è usato da un’agricoltura altrettanto sbilanciata, costretta a subire una aumento dei costi di produzione del 6,1%, derivante in gran parte dall’aumento della bolletta petrolifera dell’agricoltura del 38% dal 2005 al 2007. Il problema, dunque, è nella mancanza di consumo consapevole e non nell’assenza di nucleare. Anche perché, in primo luogo, in Italia la capacità di produzione elettrica installata eccede notevolmente la domanda (88.300 megawatt contro 55.600) ed, in secondo luogo, l’energia derivante da fonti nucleari viene acquistata dall’Italia a prezzi bassissimi, a causa delle eccedenze in gran parte francesi, e rappresenta meno del 20% dell’energia consumata. La verità è che fino a quando l’industria energetica italiana è stata pubblica, le nostre tariffe erano paragonabili a quelle francesi e che, forse, il prezzo di oggi non è causato dal tipo di fonte, ma dalla logica del profitto di chi ne detiene la proprietà.

Garanzia ed estensione dei diritti

L’azione riformista dei Verdi deve continuare a svilupparsi su tematiche che, comunque, vanno oltre l’ambiente. Bisogna continuare a lottare per l’ampliamento dei diritti civili individuali e collettivi e a favore dell’autodeterminazione della donna nella salvaguardia del proprio corpo, per il diritto di cittadinanza dei migranti e a favore della laicità dello Stato e della scuola pubblica, per la libera ricerca scientifica nelle Università e all’interno degli Istituti pubblici e a favore della pace e della cooperazione internazionale, per una migliore gestione del sistema sanitario nazionale e per una maggiore tutela dei diritti del malato.

Federalismo e prospettive politiche

Bisogna rielaborare una visione complessiva della società italiana nelle sue articolazioni politiche, sociali, associative, di movimento e bisogna essere nuovamente preparati ad intervenire nel magma delle sue contraddizioni. Da questa analisi e da questa concreta esigenza, nasce l’urgenza di tornare a valorizzare all’interno dell’organizzazione verde l’aspetto federalista. Purtroppo, nell’attuale realtà verde, a tutti i livelli associativi, si assiste ad un sempre maggiore inasprimento dei conflitti, che, talvolta, non si limitano a rapporti esclusivamente politici; in altri casi, si è bloccati da un tappo che non accetta alcun ricambio nella direzione politica del partito. In questo clima, anche le realtà più vivaci dei Verdi, quelle che possono contare su un consenso concreto, perché da sempre presenti e attive sul territorio, sono mortificate o espropriate del loro ruolo e della loro identità. Molti, in questi anni, hanno abbandonato il partito amareggiati e delusi, allontanatisi a causa

della sua conduzione miope. Le buone pratiche che i Verdi hanno saputo mettere in atto nelle esperienze locali non solo sono state scarsamente valorizzate, ma sono state, addirittura, discriminate dagli stessi dirigenti che, nelle sedi istituzionali, perdevano quotidianamente forza e credibilità. È ora di dire basta al partito autoreferenziale dei veti, dei commissariamenti e del mercato delle tessere, che ha costretto i Verdi a diventare un partito per pochi in grado di sostenerlo. Questa dicotomia, nella nuova visione federalista, è da ribaltare completamente; questa è la strategia che bisogna attuare sul territorio nazionale nella valorizzazione delle realtà locali, per non rimanere sospesi nell’oblio della testimonianza e della mancanza di consenso sociale e di rappresentanza politica ed istituzionale. Dare parola e sostegno a chi vive il territorio – a tal proposito proponiamo che ogni forma di finanziamento pubblico per il partito a livello nazionale, sia ridistribuito prioritariamente ai territori, e che le Province trattengano alla fonte, almeno, la metà della quota del tesseramento – risulta, pertanto, indispensabile; come, in eguale misura, risulta indispensabile dare, fin da ora, al partito nazionale una nuova classe dirigente ed una nuova guida, un gruppo non più ristretto, ma rappresentativo dell’intero Paese, che sappia dotare il partito di un sistema di regole condivise a garanzia di una reale democrazia e di un reale rispetto per le minoranze interne. Oggi, i Verdi non hanno bisogno di un leader unico: questo è quello che aspettano i mass media controllati dai potentati economici per continuare ad attaccare sistematicamente le nostre proposte attraverso l’attacco all’eventuale uomo o donna soli al comando. Noi crediamo che i Verdi possano essere rappresentati da due portavoce di genere diverso. Siamo coscienti dell’audacia di questa proposta, valutando quanto essa sia controcorrente rispetto all’organizzazione di tutti gli altri soggetti politici. Ma comprendiamo anche quanto oggi sia vitale per noi scommettere, coraggiosamente, sulla nostra diversità.

I Verdi necessitano, pertanto, di una nuova classe dirigente che dia vita alla fase costituente di un soggetto unitario e plurale, che, partendo dai Verdi, abbia l’aspirazione ad andare oltre in un arricchimento condiviso tra culture politiche. Un soggetto che deve essere fondato grazie al protagonismo e alla titolarità piena e paritaria di associazioni, di singoli e di tutte le forme dell’agire politico. "Senza scambio di idee, non ci sono che povere idee" scriveva Federigo Verdinois; questo deve essere l’imperativo categorico della nuova buona pratica e deve essere rivolto ai tanti cittadini e militanti di tutte quelle formazioni politiche riformiste e solidali, che condividono le nostre preoccupazioni, i nostri ragionamenti ed obiettivi; che credono nella dialettica interna ai partiti e ai movimenti, come momento di aggregazione e di crescita democratica. Bisogna ripartire da un’assemblea costituente per dar vita ad un nuovo soggetto, progressista, ecologista, laico e plurale; un’assemblea che deve discutere e proporre i riferimenti di valore e progettuali, i percorsi dell’ulteriore elaborazione programmatica, della sperimentazione sociale e politica e del suo radicamento, sulla base dei quali possa riconoscersi, farsi attiva e partecipe, nei nostri territori, l’insieme delle donne e degli uomini che rivendicano la nostra stessa scelta di parte.



ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEI VERDI

LUGLIO 2008

MOZIONE

Mi domando che madri avete avuto…

Madri servili, abituate da secoli

a chinare senza amore la testa,

a trasmettere al loro feto

l'antico, vergognoso segreto

d'accontentarsi dei resti della festa.

(Pier Paolo Pasolini: Ballata delle madri )

Per un nuovo inizio

È un tempo che chiede capacità inedite alle persone, sia come singoli individui, sia nel

loro organizzarsi, e dunque le chiede anche al nostro ri-organizzarci come forza politica.

Si tratta di capacità che conoscevamo, o che conoscevano coloro che sono vissuti prima

di noi, ed abbiamo dimenticato quando non deliberatamente rimosso.

Il nostro è un universo di fili spezzati.

Decine, centinaia di fili spezzati che penzolano nel vuoto: nel nostro paese, nel mondo e in

quello che fu il nostro partito (o Federazione).

Sale il prezzo del petrolio, abbiamo difficoltà energetiche prossime alla crisi, arrivano gli

immigrati, si aggrava drammaticamente la situazione alimentare nel sud del mondo, si

aggrava anche lo status economico di molti italiani (famiglie e singoli).

Nessuno connette i fatti: allora vogliamo che la benzina costi meno (si defiscalizzi, e

intanto la diamo quasi gratis al trasporto su gomma), vogliamo più energia (magari con il

nucleare o con le agroenergie), vogliamo barriere protettive e la guerra ai clandestini,

vogliamo più reddito e più servizi.

Tutte le forze politiche hanno un solo obiettivo: rilanciare la crescita al fine di ridistribuire la

ricchezza.

Nessuno connette i fatti: nessuno dice che più crescita vuole più energia, che più

energia significa ulteriore dissipazione delle risorse, maggiore accentramento della

ricchezza e gestione socialmente diseguale della stessa (dunque meno

redistribuzione, meno servizi), che biocarburanti significano più fame e dunque più

immigrati, più clandestini. Nessuno dice che ci stanno rubando tramite aziende quotate in

Borsa la gestione dell’acqua, che perderemo il controllo pubblico di un bene essenziale,

come abbiamo già perso quello della salute e della cura delle malattie, del diritto di

invecchiare e – spesso - di morire con decenza.

Nessuno connette i fatti, nessuno annoda i fili per dar loro un senso invece di lasciarli

penzolare. Così nessuno vede che il problema, la pompa che alimenta la crisi è proprio

la crescita.

Ecco la capacità di cui oggi abbiamo bisogno, congiuntamente alle persone che sappiano

praticarla e a un partito (Federazione) che ne faccia la sua ragione di vita: la capacità di

annodare i fili, di connettere i fatti, di tessere una rete di risposte non riduttive,

comode e brutalmente ovvie.

Ci serve la capacità degli annodatori di tappeti, quelli che hanno mani sfruttate di donna e

di bimbi.

Ci serve la capacità di una lunga pazienza, di un esercizio articolato quotidiano, costante

nell’evitare le semplificazioni, le prove di forza, le spallate.

Ci serve una struttura a rete, con dei nodi che la tengano insieme, non dei “centri”. Ci

serve una rete per ricostruire il senso di appartenenza ad una comunità.

In questo senso ci serve una federazione di federazioni che a loro volta federino,

nell’agire e sentire comune, persone pensanti e non tesserati muti. Non ci serve una

macchina politica da incarichi con gli iscritti come gasolio che l’alimenta.

Ci serve tutta la diversità che abbiamo smarrito nel corso degli anni e che era la nostra

forza. Altrimenti non serviamo noi, non servono i Verdi.

Cinque partiti sono già troppi se si somigliano al punto che diventa difficile stabilire cosa li

divida davvero. Un altro in più gli elettori hanno tutto il diritto di rifiutarlo. Infatti lo hanno già

rifiutato.

Per questo la separazione dal nostro passato recente dev’essere netta, inequivoca,

anche nelle apparenze esteriori.

Se noi, sottoscrittori di questa mozione, ci proclamiamo Verdi che ambiscono al governo è

perché sappiamo che solo nel confronto quotidiano con la gestione dei problemi la

capacità di annodare, tessere, legare le risposte può affinarsi.

Sappiamo che così possiamo forse evitare che gli ideali di partenza si mutino in pratiche

declamatorie vuote e sostanzialmente parassitarie delle umane (e non soltanto umane)

sofferenze che abbiamo la pretesa di alleviare.

Certo siamo consapevoli che le pratiche di governo spesso possono implicare derive

opportunistiche, un nefasto adeguamento alla gestione dello stato di cose esistente, un

ottundimento della percezione della crisi in atto: sono cose che abbiamo visto benissimo

durante il periodo dell’Unione e della titolarità del Ministero dell’Ambiente.

Ma abbiamo imparato anche che quella è la sfida, che nel merito di come la si affronta si

viene giudicati. Invertendo i fattori potremmo dire che oggi, da come siamo stati giudicati

possiamo sapere con quale adeguatezza l’abbiamo affrontata.

Vogliamo costruire le condizioni per riprovarci, senza velleitarismi e protagonismi, senza

imitare i modelli berlusconiani, senza rincorrere la comunicazione, senza ripercorrere il

percorso che ci ha resi uguali agli altri e dunque inutili.

Coniugare governo e cultura del limite è il problema che attende non noi, ma chiunque

non sia così folle che - per la ricerca del consenso - voglia avallare il nucleare, le

infrastrutture per il trasporto su gomma, le agroenergie, la militarizzazione della politica

estera ed eccitare la paura contro la libertà.

Coniugare governo e cultura del limite è il problema che attende non noi, ma chi non vuole

incoraggiare la devastazione del pianeta, la folle corsa da lemming che stiamo praticando

giorno dopo giorno.

Coniugare governo e cultura del limite è il problema che attende una risposta che ci

candidiamo a dare. Per quella risposta, con questo nuovo inizio, vorremmo attrezzarci

come comunità nuova.

Il dna di una forza politica non è negli ideali conclamati. Se fosse così avremmo tutti da

stupirci dell’ovvio: ovvero che i nobili ideali della sinistra storica abbiano dato

concretamente luogo ad abissi di violenza concentrazionaria e di negazione della realtà.

I nostri professati nobili ideali ecologisti non ci rendono migliori degli altri con un

meccanismo automatico, anzi possono costituire la foglia di fico per pessime pratiche quali

quelle che ci hanno condotto al giudizio giusto dell’elettorato.

Il dna di una forza politica è costituito dalle sue azioni nella vita in comune, nei

comportamenti dei suoi organismi e dei suoi iscritti. Da ciascuno di noi.

È importante, molto importante l’attenzione che dedicheremo agli aspetti statutari in

questo congresso. È importante purché non si dimentichi che con uno statuto

apparentemente democratico abbiamo volontariamente vissuto una vita interna di

conformismo, di espulsione del dissenso, di banalizzazione dell’intelligenza, di

assopimento nella percezione della realtà. E’ importante se lo consideriamo strumento per

allargare l’orizzonte anziché restringerlo, per sperimentare un modello organizzativo

realmente federativo dove scelte, risorse, simbolo siano patrimonio condiviso; uno statuto

come strumento di democrazia, autonomia e partecipazione, non di potere.

Non ci sarà tuttavia statuto che possa rispondere a una domanda semplice:

Siamo credibili nella pretesa di voler cambiare il mondo se non siamo capaci di

cambiare noi stessi?

Sta a noi, anche attraverso lo statuto ma in primo luogo a noi, confrontarci con tale

questione.

La pratica del principio di sussidiarietà, del rispetto delle differenze, dell’equilibrio fra

maggioranza che governa e minoranza che critica… La pratica della valorizzazione delle

capacità individuali, dei saperi delle persone, del lavoro – tanto – compiuto da molti verdi

sui territorio, nonostante tutto, il rifiuto dell’obbedienza stolida come criterio meritocratico:

queste pratiche ancorché sancite nello statuto sono affidate in primo luogo al nostro cuore

e al nostro cervello.

E’ molto importante che questo Congresso inauguri una stagione nuova, basata su

nuove regole di adesione e funzionamento che impediscano con norme rigide l’indegno

mercanteggiamento delle tessere; una stagione basata su un nuovo gruppo dirigente di

transizione che assieme alle realtà locali prepari le prossime scadenze elettorali e il

Congresso del 2009.

E’ venuto il tempo di un metodo visibilmente diverso di gestione delle risorse, che ponga al

centro l’iniziativa e l’azione politica – diversa da quella degli altri partiti e imperniata sulla

cultura del limite e della responsabilità - e pratichi la trasparenza e la condivisione, la

chiarezza e l’equità. E’ davvero il tempo di una nuova capacità di iniziativa e di presenza

sul territorio, a partire da precise priorità di azione; che sono quelle di tutti i partiti

ecologisti, dalla lotta ai cambiamenti climatici, al contrasto alla criminalità organizzata e

all’illegalità in tutte le sue forme, dalla mafia alla microcriminalità diffusa, al rifiuto di una

visione del mondo che vede gli uomini e le donne in guerra perenne fra loro, con la natura

e gli altri animali, al testardo convincimento che un mondo più giusto è possibile,

passando per una nuova campagna contro il nucleare, per la riscoperta dopo tanti anni di

pigrizia e un po’ di opportunismo delle rivendicazioni femministe, per la riaffermazione

intransigente dei diritti dei migranti, dei diversi, dei deboli e le libertà di tutti.

Pesa una cappa di piombo sul pianeta e sul futuro.

Può sembrare a dir poco velleitario che una forza politica che deve cominciare a

ricostruirsi e a riconquistare un livello minimo di autorevolezza si proponga di essere

protagonista nel dissiparla quella cappa di piombo, ma è proprio questo che ci piacerebbe

fare.

E dunque proviamo a farlo.

Non per nostalgia, non irriducibile logica identitaria, ma perché c’è un terribile bisogno di

questa differenza: fare ciò che è giusto e ciò che ci piace.

Fare una scelta non perché è utile, come per anni abbiamo sentito sostenere dai nostri

esponenti, ma perché è giusto e ci piace.

Se nel nostro quadro politico, nell’evoluzione bipartitica (nelle forme storiche e contingenti

assunte in Italia oggi), non c’è più spazio per il giusto e il bello - ma solo per i consumi e la

crescita – l’autonomia dei verdi si fonda sulla necessità inderogabile di riconquistarlo

quello spazio, per la salute civile del paese. Riconquistare, e allargare quello spazio

trovando consenso e mobilitando anche tutti gli altri ecologisti sparsi per l’Italia e oggi

divisi e delusi prima di tutto dai loro partiti.

Uno spazio per cambiare questo modello di sviluppo sociale ed economico, i

sistemi di produzione, la gestione del territorio, gli stili di vita individuali.

Siamo consapevoli che la cultura ecologista di interpretazione e trasformazione della

realtà ha trovato nel tempo continue conferme, ma, in Italia, non ha invece trovato una

forza politica Verde sufficientemente coraggiosa, coerente e intelligente da raccogliere

pienamente la sfida ambientale e da delineare un orizzonte possibile di cambiamento.

Eppure quello spazio non è scomparso.

Con la necessità di riconquistare quello spazio deve confrontarsi anche la questione delle

alleanze.

Le alleanze le costruiremo in base alle affinità con quelle scelte politiche che fanno del

nostro un ecologismo libertario, non giustizialista, attento alla connessione tra questione

ambientale e conflitto sociale. Ma soprattutto le sceglieremo in base alla loro

funzionalità alla partecipazione al governo reale del paese, delle regioni, dei comuni, in un

rapporto costante con le comunità locali. Le sceglieremo in base alla praticabilità di quello

spazio politico autonomo che proprio in questa assemblea andiamo a definire.

Riconnettere, annodare, collegare, tessere, ricostruire sul territorio assieme alle

persone che lo vivono, questo è il lavoro che ci attende, quello che deve dettarci

l’agenda politica.

Ogni tentativo di fingere di essere ancora parte del mondo da cui il 13 aprile ci ha espulso

ci renderebbe ridicoli.

Prima di esercitare la nostra autorevolezza dobbiamo riguadagnarcela. E sono molte le

cose che possiamo fare da subito per cominciare.

Siamo liberi, liberi di dire cose sgradite ai più, di non vellicare la pancia del blocco sociale

che ha portato la destra al governo, di lavorare per sgretolarlo. Nella sciagurata vicenda

che abbiamo appena attraversato è ben vero che si è scatenato un fuoco infernale contro i

verdi che davano fastidio, il nostro torto è stato quello di non essere nemmeno vagamente

all’altezza del conflitto in cui ci eravamo lanciati da protagonisti.

Vogliamo ricominciare da subito a dire e a praticare le verità scomode, sia che

riguardino il quartiere in cui viviamo sia che riguardino la politica estera (la situazione in

Iran, i rapporti con la Cina, con la Russia, con gli Usa) e sempre nella consapevolezza dei

fili da riannodare per restituire orizzonti ampi al nostro operare.

Agire perché a livello locale la proprietà e la gestione dell’acqua siano interamente

pubbliche significa (per fare un solo esempio) orientare anche le scelte di governo

nazionale in un quadro internazionale; spostare risorse regionali e locali sul trasporto

pubblico significa costruire una risposta concreta non solo al problema inquinamento, ma

a quell’esigenza di mobilità che in breve tempo sarà problema sociale; organizzare il

risparmio energetico e garantire la proprietà pubblica delle reti del gas sono solo le

prime risposte da contrapporre al nucleare e alle agroenergie.

Solo se da noi muove un fermo richiamo al concetto di responsabilità, e - accanto alla

lunga elencazione di indiscutibili diritti conculcati – un fermo richiamo ai doveri individuali

e collettivi (verso il pianeta, gli ultimi che in esso vivono, le atre specie, ma anche verso

la necessità di cambiare radicalmente la nostra sciagurata e sciatta, tutta italiana,

rimozione verso il bene pubblico e il rispetto degli altri), la speranza di un nuovo inizio può

da qui smettere di essere uno dei tanti fili che penzolano nel vuoto.

Per un nuovo inizio cominciamo a tessere.

1. Maurizio Pieroni

2. Barbara Diolaiti (consigliera federale nazionale, capogruppo Verdi Comune di Ferrara)

3. Marcello Saponaro (esecutivo nazionale, consigliere Verdi Regione Lombardia)

4. Caterina Di Bitonto (consigliera federale nazionale, assessore Comune Ancona)

5. Pino Finocchiaro (consigliere federale nazionale, fed. Trento)

6. Raffaela Vanzetta (consigliera federale nazionale, fed. Bolzano)

7. Paolo Galletti (consigliere federale nazionale, fed. Emilia Romagna)

8. Guido Ligazzolo (consigliere federale nazionale, fed. Bolzano)

9. Stefano Costa (consigliere federale nazionale, fed. Milano)

10, Mario Pavesi (consigliere federale nazionale, fed. Mantova)

11. Vincenzo Falco (consigliere federale nazionale)

12. Giuseppe Di Girolamo (consigliere federale nazionale, fed. Napoli)

13. Massimo Molteni (consigliere federale nazionale, fed. Lombardia)

14. Alberto Ronchi (assessore Verdi Regione Emilia Romagna, fed. Ferrara)

15. Titta Vaddia (federazione Verdi Roma)

16. Sauro Turroni (presidente federazione provinciale Forlì)

17. Pamela Meier (consigliera federale nazionale, fed. Bologna)

18. Ilaria Ferri (consigliera federale nazionale, fed. Roma)

SEGUONO FIRME

MOZIONE POLITICA

Progetto Ecologista e Federalista

Andare in profondità, ricostruire una squadra verde

All’indomani della sconfitta elettorale, i Verdi italiani devono per prima cosa evitare sia lo scoraggiamento e lo sfilacciamento, sia il ricorso a facili capri espiatori, così come la ricerca, una volta abbattuto il vecchio leader, in una sorta di rito tribale e taumaturgico, di un nuovo principe di cui innamorarsi, o a cui dimostrare innamoramento, sperando di poter delegare a lui, o a lei, la soluzione di tutti i mali.

Proprio oggi che la politica mass-mediatica impone alcuni standard, che potrebbero sembrare ineludibili, come la ricerca immediata di un leader riconoscibile, di tempi rapidi per risolvere le crisi interne e ridarsi un assetto presentabile – a mo’ di cipria o di belletto -, la negazione o la minimizzazione dei problemi e delle sconfitte, proprio oggi, che sembra non si possa sfuggire a queste logiche, è invece necessario riscoprire quelle virtù langheriane, la lentezza, la profondità e la dolcezza, che potrebbero sembrare tanto impraticabili e perdenti, nella politica, e in generale nella società, di oggi, ma che invece costituiscono la nostra forza, la nostra diversità, la nostra carta vincente.

Non possiamo essere come gli altri, accettare le logiche dominanti.

Non possiamo rinunciare al senso della complessità, alla gradualità, al rispetto del pluralismo, a quel metodo ecologista prescindendo dal quale non siamo niente, e non abbiamo senso di esistere e di permanere sulla scena politica.

Analizzare in profondità i motivi della sconfitta. Cosa è cambiato nella società

Dobbiamo analizzare in profondità, con i tempi dovuti, senza rimozioni, i motivi del nostro distacco dai cittadini, i motivi della nostra bruciante sconfitta.

Dobbiamo capire come mai il nostro messaggio non è mai riuscito a passare compiutamente nella società, e come mai proprio oggi che le nostre tematiche sono diventate urgenze non più rinviabili, non solo non cresce la percezione della nostra necessità, ma addirittura essa crolla ai minimi storici.

Gli autori di questa mozione sono militanti e dirigenti verdi, con impostazioni e sensibilità diverse, sia nell’analisi delle nostre lacune, storiche e recenti, sia nelle soluzioni a cui tendenzialmente si orientano.

Ma sono accomunati dalla coscienza che è necessario non rimuovere il problema, ricostruire un’analisi approfondita e condivisa, non tornare immediatamente a dividersi sull’identità del nuovo o della nuova leader, valutandone colpe e meriti passati, adesione o meno alla cordata di riferimento di ognuno di noi, oppure la telegenicità e la capacità di rispondere a tono a Bruno Vespa.

Non siamo interessati a questo, non siamo interessati alla lotta per il controllo della tesoreria del partito, della rappresentanza legale del simbolo, a creare una cordata di maggioranza per escludere questo o quello.

Vogliamo costruire le condizioni per valorizzare tutte le forze emergenti: i giovani, le donne, i territori che da sempre si impegnano, … vogliamo promuovere un gruppo dirigente ampio, ricostruire una nuova squadra verde, che si doti di meccanismi trasparenti, e che operi secondo i principi della divisione del potere e della rotazione delle cariche.

Un partito confederale, con la piena autonomia finanziaria e politica delle Regioni, per rimettere al centro i territori

Oggi non abbiamo bisogno di un leader unico.

E’ quello che aspettano i nostri nemici, i mass media controllati dai potentati economici che vogliono darci il colpo di grazia.

Una nuova vittima sacrificale di cui spulciare ogni contraddizione, ogni dettaglio privato, ogni ingenuità, per massacrarlo sistematicamente.

Abbiamo bisogno di un partito confederale, basato su di un gruppo dirigente nazionale, che sostituisca l’attuale esecutivo, e che sia costituito dalle rappresentanze regionali, con la funzione di portavoce (non di presidente) attribuita a rotazione, ad una coppia di militanti di genere differente.

Nel dettaglio, potrebbe essere un’assemblea eletta per metà al Congresso nazionale, e per metà dalle Regioni, a definire il nuovo comitato di gestione nazionale.

In prospettiva noi vogliamo due portavoce di genere diverso, eletti dall’assemblea, e coadiuvati da un esecutivo confederale.

Oggi, in questa prima fase di rinascita, vogliamo che la funzione dei due portavoce sia svolta a rotazione, così come la gestione della tesoreria.

Comprendiamo l’audacia di questa proposta: valutiamo quanto essa sia controcorrente rispetto a come funzionano oggi tutti gli altri partiti.

Ma comprendiamo anche, e lo abbiamo davvero chiaro, quanto oggi sia vitale per noi, indispensabile, riscoprire e scommettere, coraggiosamente, sulla nostra diversità.

Questo è in realtà il senso forte, principale, di questa mozione: fare un appello a tutti i Verdi italiani, a non dividersi sugli assetti di potere.

Senza eludere la politica e le differenze, dobbiamo iniziare un percorso che ci conduca nei tempi giusti alle scelte migliori, rispettando chi la pensa diversamente, e costruendo condivisioni ampie.

I municipi, le Provincie

Anche i livelli locali devono avere più valorizzazione, devono liberare le loro energie.

Bisogna aprire una sede in ogni provincia, farne centro di aggregazione e di servizio per le tante realtà a noi affini, dai Gas, al mondo della difesa degli animali, alle realtà delle energie rinnovabili, ai comitati civici, del commercio equo, dei diritti.

Per questo proponiamo che ogni forma di finanziamento pubblico che oggi perviene al partito a livello nazionale, sia ridistribuito prioritariamente ai territori, e che le Provincie trattengano - invece di aspettarne, come oggi accade, la restituzione – almeno la metà della quota del tesseramento.

Gli iscritti

Gli iscritti sono la base della partecipazione alla vita democratica del nostro partito.

Le assemblee in cui essi partecipano e votano in urne segrete, senza il meccanismo della delega, informati da lettere che ragguagliano su come presentare una lista e sui regolamenti congressuali, sono il massimo della forma democratica possibile, e sono uno degli elementi anzi di cui dovremmo andare fieri, e da conservare.

Questo fino ad un livello in cui l’osservanza delle regole è fisicamente controllabile.

Per un livello nazionale, e per determinare il numero dei delegati che ogni provincia potrà portare a decidere delle sorti dei verdi italiani, il tesseramento non potrà essere però il meccanismo principale di valutazione, ma dovrà prevalere il fattore del consenso elettorale, secondo noi misurato sui risultati delle elezioni regionali.

La rivoluzione verde già compiuta e quella ancora da compiere

Se ci affacciassimo dalla finestra di vent’anni fa e osservassimo quanto abbiamo cambiato il paese ci abbracceremmo dalla gioia, renderemmo finalmente merito a Gianni Mattioli, ad Anna Donati, a Paolo Galletti, a Massimo Scalia, ad Anna Maria Procacci, a Maurizio Pieroni, a Franco Corleone, a

Edo Ronchi, a Luigi Manconi, a Sergio Andreis, a Gianni Tamino, a Michele Boato oltre agli indimenticabili Alex Langer, Adelaide Aglietta, Pasquale Cavaliere (e insieme a questi ne dimentichiamo certamente molti), delle straordinarie conquiste fatte e di quanto l’intero paese e non solo noi dobbiamo esser loro grati.

E assieme a loro dobbiamo essere grati a quelle decine di migliaia di semplici militanti che da eletti nelle amministrazioni locali hanno contribuito ai nostri straordinari successi.

Verrebbe da dire che occorre un monumento al verde ignoto, negletto dai media, costretto a "navigare su fragili vascelli" contro corrente subendo ogni giorno l’opposizione e gli attacchi delle lobby economico politiche che hanno avvelenato l’ambiente, l’economia e le Istituzioni Italiane.

Ma oggi l’Italia che si permette di fare a meno dei Verdi in Parlamento è una Italia che, sotto molti punti di vista, abbiamo cambiata in meglio.

Abbiamo realizzato un Conto Energia che funziona e che ha fatto esplodere in Italia il mercato del solare.

Molti diritti degli animali sono stati riconosciuti, è aumentata la superficie boschiva, la raccolta differenziata, molte specie di uccelli sono tornati a nidificare, sono stati isolate, scoperte e messe al bando innumerevoli sostanze cancerogene, si sono svelati e in parte mitigati gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico, siamo il paese con la più importante e diffusa agricoltura biologica al mondo.

Siamo ad oggi ogm e nuclear free.

La giusta enfasi che abbiamo messo sulla urgenza di agire sui cambiamenti climatici e la gravità del problema da noi indomabile nel breve periodo a causa dell’apparire sulla scena delle economie asiatiche non ci può far dimenticare quanto di buono e di concreto abbiamo fatto.

Le prospettive, i contenuti

Dovremo in prospettiva fare delle scelte, stare da protagonisti all’interno del riassetto che il quadro politico italiano subisce in questa fase e subirà nei prossimi anni.

Ma la fretta è cattiva consigliera: ricostruiamo la nostra identità, riprendiamo, nei territori, i rapporti e le alleanze più funzionali ai nostri contenuti, e a livello nazionale avviamo un percorso di riflessione, rimettendo le scelte sui nostri assetti di alleanza sui livelli più alti, a percorsi collegiali e largamente condivisi, all’interno dei nuovi organismi confederali.

Centrali e irrinunciabili dovranno però essere i nostri contenuti.

La svolta economica delle energie rinnovabili, dell’economia del risparmio energetico e della ricchezza diffusa, di un’economia libera ma sociale, che avversa ogni monopolio.

La pace, l’inclusione sociale e tra i popoli, la difesa della biodiversità e dei diritti degli altri animali, la laicità.

E soprattutto l’attitudine mentale di una sinistra riformista che indica le soluzioni e non denuncia solamente i problemi.

Un’ottica di governo, che non sia governista, ma basata su una radicalità assoluta che scaturisce dalla convinzione, scientifica, culturale, di avere davvero le giuste chiavi di lettura, oggi, in mano, e che quindi rifiuta il minoritarismo, la protesta come stile, ma bensì vuole, anela, scalpita, per tradursi in pratica di governo, al servizio del bene comune, ma che sa rinunciare al governo stesso, quando esso non fornisce le condizioni per applicare tali soluzioni, ma diventa puro esercizio del potere, e ricerca del personale privilegio.

FIRMATARI

Fabio Roggiolani, Diego Antonio Tommasi

Felicita Cinnante

Sandra Giorgetti

Mario Lupi

Silvestro Scalamandrè

Leo Autelitano

Annalisa Pratesi

Marco Betti

Giuseppe Rugolo

Raffaele Suppa

Maria Grazia Campus

Angiolino Sabatini

Mario Marchio

Enzo Pascuzzi

Saida Grifoni

Tommaso Grassi

Alessandro Giordano

Giuseppe Giraldi

Elena Braccini

Egidio Pastore

Stefano Boco

1 RITORNO AL FUTURO

"gli stati generali dell’ambientalismo"

Premessa Pag. 1

L’Italia e l’Europa vanno a destra. Pag. 2

La crisi alimentare ed energetica del pianeta. Pag. 3

I Verdi in Europa. Pag. 5

Una nuova fase per i Verdi. Pag. 6

Ricominciare dai Verdi. Le Alleanze. Pag. 8

Innovare i Verdi. Pag. 9

Una nuova organizzazione. Pag. 10

Premessa

I risultati delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile, con il fallimento della coalizione La Sinistra L'Arcobaleno, la sconfitta elettorale del PD, con il dilagare della Lega Nord e, quindici giorni dopo, con la vittoria della destra a Roma, evidenziano la crisi profonda di tutto il centrosinistra italiano.

L'elettorato italiano si è spostato a destra, ma abbiamo il dovere di individuare e comprendere le ragioni di questo profondo distacco rispetto ai risultati che appena due anni prima, nel 2006 portarono l'Unione, sia pure per poche migliaia di voti, alla vittoria del governo Prodi.

La proposta della coalizione de La Sinistra L'Arcobaleno non è stata riconosciuta come un progetto politico alternativo capace di legami e radici con la società italiana e in grado di guardare al futuro. Condizionata in maniera ambivalente dal giudizio sulla partecipazione al Governo: accusata di troppa rissosità oppure di troppa subalternità nei confronti del Governo Prodi.

Non a caso la campagna elettorale de La Sinistra L'Arcobaleno, assieme alla scelta del leader della coalizione, ha messo ancor più in evidenza vecchie categorie, interpretazioni superate, apparati ideologici vecchi.

L'intero tema della crisi ecologica è scomparso, non solo dall'agenda politica, e difficilmente è stato percepito nelle proposte de La Sinistra L'Arcobaleno, che si è dimostrata essere un mero cartello elettorale e non il progetto politico che avrebbe potuto essere.

Allo stesso tempo è stata decisiva nel condizionare i risultati delle elezioni politiche una campagna elettorale caratterizzata dal voto "utile", con la determinazione del PD di correre da solo: una decisione che ha indubbiamente influenzato le nostre scelte. Alla luce dei risultati delle elezioni, possiamo dire che la decisione di correre da solo è servita 2

al Pd per nascondere la frana dei consensi, cannibalizzando l’elettorato di sinistra, ma rimane un errore strategico e tragico per il Paese.

In più, la crisi di consenso del Governo Prodi e, assieme, il venir meno di uno spirito di coalizione all'interno del centrosinistra ha demotivato tanti elettori a fronte di una coalizione di centro destra strutturata e certamente più convincente agli occhi dei cittadini.

Va anche detto che lo stesso percorso de La Sinistra L’Arcobaleno, deciso all’unanimità dal Consiglio Federale dei Verdi, ha rivelato tutti i suoi limiti in termini di proposta politica che, infatti, non è riuscita a parlare nemmeno al suo elettorato, sicuramente più motivato nell’esprimere un voto "utile" contro Berlusconi e la destra.

L’Italia e l’Europa vanno a destra

Per la prima volta in Italia la destra ha una fortissima maggioranza sul piano politico ed esercita un ruolo egemone nella società e sul piano culturale.

Il risultato elettorale italiano si inserisce in un contesto di crisi delle forze politiche di centro-sinistra in Europa. La Francia va a destra, alle comunali in Inghilterra i conservatori vincono e conquistano Londra, nell’est Europa i governi sono prevalentemente a guida conservatrice.

La situazione di crisi politica della sinistra e degli ecologisti in Europa si inserisce in un quadro in cui la globalizzazione insieme ai cambiamenti climatici cominciano in modo strutturale a far sentire i propri effetti negativi nelle economie mondiali e nella vita di milioni di europei, i quali vivono sempre di più in "società basate sull’incertezza": incertezza del lavoro, negli affetti, delle identità. Gli stessi effetti si mostrano devastanti nelle vite di centinaia di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo che vengono privati dei diritti fondamentali dell’uomo come il cibo e l’acqua.

L’Europa sembra aver paura del futuro e per la prima volta i giovani europei sono più poveri dei loro genitori. Con l’inflazione in aumento, i prezzi delle case alle stelle, la crisi dei mutui, gli stipendi fermi e il mercato del lavoro sempre più deregolamentato, vi sono decine di milioni di europei che a prescindere dai loro titoli di studio, vivono in condizioni di vita alla soglia della povertà. Questa è una crisi sociale e culturale profonda con forti conseguenze anche dal punto di vista demografico. Abbiamo architetti che guadagnano 1000 euro al mese che in Spagna vengono chiamati mileuristas "la generazione che vive con mille euro", in Francia ci sono i " baylosers". E’ questa la generazione dell’incertezza che vive una condizione di ansia anche negli affetti e nelle relazioni sociali, una generazione che secondo il sociologo Zigmunt Bauman vive un "amore liquido".

In Europa la sinistra e gli ecologisti, a fronte di queste paure, non sono stati in grado di saper proporre un modello alternativo e credibile di governo locale e globale che desse risposte alle loro ansietà.

La sinistra in Europa, il centrosinistra in Italia, non ha saputo e non ha voluto elaborare elementi di critica, quanto meno correttivi di quella globalizzazione basata solo sulle merci. Gli ecologisti hanno saputo sottolineare i pericoli connessi a questa globalizzazione che ha prodotto guasti alle democrazie di molti Paesi in via di sviluppo, all’ambiente e calpestato i diritti umani. Gli ecologisti, d’altra parte, non sono riusciti a 3

realizzare le alleanze necessarie per fare in modo che quel punto di vista diventasse determinante.

L’analisi della società ci racconta di un processo di individualizzazione e frammentazione sociale senza precedenti, un fenomeno che liquida il valore della solidarietà. E’ invece a partire dalla solidarietà che deve dipanarsi una comune narrazione politica, capace di far sentire i propri bisogni come comuni ai bisogni altrui. Questa crisi di senso ha ripercussioni non solo sulle culture politiche che fanno dell’agire collettivo il centro della propria azione politica, ma anche sull’ambientalismo e sull’ecologismo, che non sono una fede o una religione, ma una cultura politica che deve basarsi su una solidarietà proiettata nel tempo. Le contraddizioni ambientali si danno in due forme estreme: o hanno una collocazione assolutamente stringente nel tempo e nello spazio (qui ed ora, nel mio territorio), ma isolate da una riflessione più generale, oppure hanno una dimensione di vastissima proiezione spaziale (il globo) e temporale ( i prossimi decenni), dove l’unico vincolo è la solidarietà tra gli uomini e tra l’uomo e il vivente. Quella crisi di senso produce effetti xenofobi e tecnocratici di enorme rilievo. Se ciascuno si vive come in conflitto con l’altro: il primo altro che si incontra è il diverso, lo straniero, che diventa il nemico. E se ciascuno vive isolato dall’altro, le aspettative dei potenti, che hanno più forza e più strumenti per determinare l’agenda sociale, mediatica e politica, diventano temi egemoni nel senso comune.

Oggi si apre uno scenario nuovo e drammatico allo stesso tempo : la crisi alimentare ed energetica che il pianeta sta vivendo a cui come Verdi ed ecologisti siamo chiamati ad assumere un ruolo principale per indicare una via di uscita.

La crisi alimentare, energetica del pianeta e deforestazione.

Presto verrà il giorno in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburanti per la nostra auto?

Sommosse contro il caro vita in Burkina Faso e in Camerun, manifestazioni contro l’aumento del prezzo del pane a Dakar, in Marocco e in Egitto e così di seguito. Le popolazioni africane subiscono le conseguenze dell’aumento dei prezzi mondiali dei cereali. Il costo del riso importato dall’Asia cresce pericolosamente, mentre quelli degli altri semi battono i record sui mercati internazionali e le quotazioni del grano e del riso vengono sospese in borsa per eccesso di rialzo.

Durante l’estate 2007 mentre gli agricoltori dell’emisfero Nord stavano mietendo, alla camera di commercio di Chicago, sede del commercio mondiale dei semi, il prezzo del grano passa da 200 dollari a 400 dollari la tonnellata. A Parigi il grano molitorio raggiunge un picco all’inizio del mese di settembre di 300 euro la tonnellata. Un record storico, al punto che in un anno, il prezzo del grano è aumentato del 130%.

Si apre all’inizio del terzo millennio un grande problema legato all’insicurezza alimentare del pianeta che dà il via a forti conflitti sociali.

La crescita economica dei paesi emergenti ha modificato profondamente il comportamento alimentare dell’umanità: si mangia di più, e soprattutto più carne. I cinesi, ad esempio, nel 2005 ne hanno consumata cinque volte di più che nel 1980. Ora per produrre un chilo di pollame servono tre chili di cereali, e più del doppio per ottenere un chilo di carne bovina. 4

Il nostro invito è anche quello di mangiare meno carne. Modificare gli stili di vita è ormai necessario se vogliamo dare un contributo per garantire cibo per tutti alle future generazioni, promovendo e valorizzando le produzioni tipiche locali.

L'attuale boom dei prezzi dei prodotti agricoli sta ulteriormente aggravando le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone, non solo nei paesi in via di sviluppo e più poveri, ma persino in Europa. La speculazione finanziaria, che è tra le cause principali di questo incredibile rialzo dei prezzi, sta ancor di più concentrando potere e profitti nelle mani di pochissime multinazionali del settore agricolo e della grande distribuzione.

Queste grandi company del settore registrano un primato mai visto sugli utili, mentre le guerre del pane si propagano nei Paesi in via di sviluppo.

Eppure le superfici coltivate a cereali a scopo alimentare rischiano di essere erose dai semi destinati agli agrocarburanti.

La scala dei cambiamenti è sbalorditiva. Il governo indiano dice di voler seminare 14 milioni di ettari di colture per biocarburanti. L’Africa del Sud è vista come il futuro Medio Oriente dei biocarburanti, disponendo di 405 milioni di ettari di terre pronte a essere convertite a colture come la Jatropha Curcas, pianta tropicale che riesce a crescere in terreni semiaridi. L’Indonesia intende superare la Malesia e incrementare la propria produzione di olio di palma da 6,5 milioni a 26 milioni di ettari entro il 2025.

La domanda travolgente di biocarburanti come l’etanolo sta danneggiando seriamente i poveri e l’ambiente. La UN World Food Programme, che alimenta circa 90 milioni di persone per la maggior parte con mais USA, stima che attualmente 850 milioni di persone siano già in stato di denutrizione. Presto ce ne saranno altre, perchè il prezzo degli aiuti alimentari è aumentato del 20% in un solo anno. Nel frattempo, il cibo indiano è rincarato del 11% in un anno, il prezzo della tortilla è quadruplicata in Messico. Il Sud Africa ha visto aumentare i prezzi quasi del 17%.

"La competizione tra gli 800 milioni di automobilisti, che vogliono mantenere la loro mobilità, e i 2 miliardi di poveri, che cercano semplicemente di sopravvivere, si sta rivelando una questione epocale."

E’ a rischio la sovranità alimentare. L’agricoltura risponde a logiche globali di mercato errate e lo dimostra il fatto, ad esempio, che il Messico sia costretto a importare l’85% del riso e il 75% del grano, come conseguenza del Nafta, (North American Free Trade Agreement - Accordo nordamericano per il libero scambio) che a partire dal 1994 ha reso totalmente dipendente dall’estero il Messico.

Gli Ogm non sono la soluzione. E’ necessario investire le stesse somme destinate alla produzione degli organismi geneticamente modificati per aiutare i contadini attraverso l’uso di nuove tecnologie, potenziando i sistemi di irrigazione. Invece, con gli Ogm, i contadini vengono resi sempre più dipendenti, non solo dalle sementi a marchio registrato ma anche dai pesticidi e dai fertilizzanti, attivando anche un processo di distruzione della biodiversità.

In questo quadro i processi di abbattimento delle foreste primarie avanzano inesorabilmente dall’Amazzonia, all’Indonesia, alla Malesia e all’Africa subsahariana. Solo la foresta amazzonica depura 600 milioni di tonnellate di Co2 all’anno ma gli abbattimenti per far posto alle coltivazioni di soya procedono a ritmi fortissimi. 5

Contestualmente, il prezzo del petrolio, sotto gli effetti della speculazione, ha superato il prezzo di 120 dollari ed alcuni analisti prevedono che si possa arrivare a 200 dollari al barile. In questo contesto il governo Berlusconi rilancia l’opzione nucleare da fissione con un approccio per nulla scientifico, superficiale e vecchio. Sappiamo che le attuali 436 centrali termonucleari che esistono nel pianeta, forniscono il 6% dell’energia mondiale a fronte del 12% fornita dal solare, dall’eolico e dall’idroelettrico.

I dati ci dicono anche che le riserve mondiali di uranio sarebbero sufficienti solo per i prossimi 35 anni. Passeremo quindi da una crisi dettata dal caro petrolio a quella del caro uranio senza aver risolto il problema energetico e con costi economici elevatissimi senza risolvere il problema della gestione delle scorie.

Noi Verdi dobbiamo rafforzare il lavoro politico con i Verdi europei e i Global Greens nella società e nei governi. Proporre insieme un manifesto dell’ ecologismo nel terzo millennio e lavorare per anticipare la terza rivoluzione industriale basata su una nuova politica energetica costruita sulle rinnovabili, sviluppando tecnologie di accumulazione di energia per assicurare in modo stabile la fornitura di energia elettrica, attraverso l’utilizzo dell’idrogeno e realizzando reti energetiche intelligenti. Insieme a questo bisognerà sviluppare un piano di efficienza e risparmio energetico che coinvolga l’edilizia, in primo luogo, e l’industria.

In Italia disponiamo di 88.000 Mw di energia installata a fronte di un consumo di picco registrato nell’estate scorsa di 56.000 Mw: si pone dunque il problema di una distribuzione dell’energia più razionale e della necessità di un controllo pubblico delle reti del gas.

L’inarrestabile aumento del prezzo del petrolio e dei generi di prima necessità, scontano significativamente quella dimensione inquietante e prevalente del processo di globalizzazione che si chiama finanziarizzazione dell’economia. Fondi sovrani, hudge fund e private equity, le icone del capitalismo finanziario hanno determinato non solo la gravissima crisi finanziaria, ma anche la distruzione delle riserve di materie prime per cercare sostituti del petrolio.

I Verdi possono in quest’impari battaglia assumere le vesti di Davide con Golia, dove la fionda è rappresentata dalla battaglia locale e globale di computazione di quote di gas climalteranti nei costi di produzione delle merci, al fine di indurre la rottura del paradigma energetico fondato sui fossili, proteggere il clima e sottrarre al capitalismo predatorio della finanza dei derivati finanziari la sua stessa ragione d’essere.

I Verdi in Europa

A partire dal 2002 siamo stati fra i promotori del Partito Verde Europeo, fondato poi a Roma nel febbraio del 2004. Avevamo intuito prima di altri che la costituzione di un soggetto politico di livello continentale costituisse una risposta adeguata alle sfide del nuovo millennio, nella consapevolezza che gli enormi problemi del nostro tempo non possono che essere affrontati con politiche che vanno oltre le elaborazioni nazionali. L’inquinamento ambientale non rispetta i confini nazionali, ed un incidente nucleare in Slovenia comporta problemi in Italia, in Austria e in tutt’Europa; i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale, e solo l’Unione Europea può avere la capacità d’influenzare 6

positivamente lo sviluppo di accordi internazionali come Kyoto, o di negoziare politiche comuni con altre potenze come gli Stati Uniti o la Cina. Nell’era della globalizzazione i singoli Stati hanno sempre meno capacità per contrastare il potere dei mercati finanziari internazionali e delle multinazionali, così come sono incapaci di difendere i propri cittadini dalle conseguenze di una feroce competizione globale sulle condizioni di lavoro e sui sistemi di protezione sociale. Ancora, solo un’Europa politicamente unita ed autorevole può far sentire la propria voce in difesa dei diritti umani e della democrazia, impegnandosi anche in operazioni di mantenimento della pace nelle regioni devastate dai conflitti. Purtroppo, però, nonostante grandi valori come la sostenibilità, la democrazia, i diritti umani, la giustizia sociale, la solidarietà siano incardinati nei trattati europei e nella Carta dei Diritti fondamentali, l’Europa è una promessa ben lungi dall’essere mantenuta. Ecco perché un partito ecologista di livello europeo è più che mai necessario. Dal 2004 i partiti Verdi dei 27 Paesi dell’Unione hanno incominciato un percorso di costruzione di un progetto politico innovativo e dirompente, navigando dentro difficoltà, crisi, risultati elettorali e di consenso vari ed altalenanti; in modo particolare vi è oggi una oggettiva difficoltà per i Verdi del Mediterraneo, in Italia, Francia, Spagna e Grecia a tradurre in consensi e in rappresentanza parlamentare l’esperienza e le proposte politiche che per più di vent’anni sono state determinanti ai singoli livelli nazionali. E’ per questo che sarà necessario, anche per i Verdi italiani, partecipare con maggiore impegno alla costruzione del Partito Verde Europeo e allo sviluppo del programma elettorale dei Verdi europei per il 2009, disegnando un nuovo corso per l’Europa, sui cambiamenti climatici e sull’ambiente, sulla giustizia sociale e la globalizzazione, sui diritti umani e la democrazia.

Una nuova fase per i Verdi

Questi fatti, le analisi e approfondimenti in corso impongono una riflessione profonda e articolata all'interno dei Verdi, che, a partire anche dalla nostra mancata rappresentanza parlamentare, coinvolga il nostro pensiero, il nostro modo di far politica, di organizzarci, di strutturarci, di creare alleanze. Il rilancio dei Verdi italiani passa inevitabilmente attraverso una costruzione di una politica comune con i Verdi europei e i Global Greens. Siamo consapevoli però che l’'autonomia dei Verdi italiani non va quindi intesa come autosufficienza elettorale ma come capacità di esercitare un legittimo ruolo politico per costruire le necessarie alleanze e creare le condizioni per un riscatto politico della sinistra e degli ecologisti..

Si debbono delineare i contorni per l'inizio di una fase rigeneratrice che innovi i Verdi, che sappia recuperare le radici profonde del pensiero ecologista, parlando alle coscienze dei cittadini, che sia capace di superare le nostre inadeguatezze politiche e di organizzazione e che, sul piano politico, deve diventare un processo capace di includere e mai di escludere.

È necessario che si lavori perché nel nostro Paese si strutturi una rete del sapere ecologista, che sappia ritrovare alleanze con il mondo ambientalista storico e costruirne di nuove con quello più recente, che dialoghi con il mondo della scienza, della ricerca, della nuova economia, che si confronti con quello della cultura seguendo quella strada che ha già dato esiti positivi con l'esperienza del Patto per il clima.

L'emergenza della crisi ecologica è lo stimolo per la ricerca di nuove tecnologie, di nuovi modelli di evoluzione della società e dell'ambiente. 7

Ecco perché, per la ricostruzione dei Verdi, un partito che comunque immaginiamo più snello e veloce, sarà necessario costruire e individuare luoghi, fisici e immateriali, dove questo sapere ecologista possa manifestarsi e crescere, dove possa divenire patrimonio comune anche per chi si vorrà aggregare. Una rete del sapere che divenga parte costitutiva di una nuova e più larga comune cultura della sinistra.

Ma è necessario anche un cambio di passo nella politica per segnare la svolta.

L'ecologia per i Verdi deve diventare la politica delle soluzioni, ovvero un ambientalismo che coltivi insieme la visione del futuro e la concretezza del quotidiano. Per questo, con serenità e saggezza, è giusto rivendicare le azioni positive dei Verdi in maggioranza e al Governo in questi due anni, respingendo con forza l’etichetta di ci vuole ridurre a quelli del "No" e basta, anche perché, oggi, col nuovo governo Berlusconi, rischiano di andare perduti i tanti "Sì" del nostro impegno Parlamentare e di Governo. Solo per citare alcuni risultati: l'aver realizzato una rivoluzione storica nel settore energetico con l'avvio di un vero mercato dell'energia solare e delle rinnovabili con l'abolizione del Cip 6 e con la creazione della borsa delle emissioni e ancora con i primi investimenti sull’idrogeno; il rilancio dei parchi e delle aree protette ridotti alla fame nella legislatura precedente; l'approvazione del decreto su Sic e Zps; la proposta in sede europea per riformare la normativa sulle autorizzazioni degli OGM; lo sblocco dei lavori di bonifica dei siti inquinati; la ripresa di investimenti nella salvaguardia del territorio.

Così come la lotta ai cambiamenti climatici è un'azione concreta, improcrastinabile e ben definita, così noi non dobbiamo agire per mera testimonianza ma perché sentiamo la responsabilità di quanto sia urgente e necessario cambiare l’attuale modello di sviluppo.

Si tratta di lanciare una nuova sfida che ci caratterizzi per la capacità che abbiamo nel saper proporre soluzioni ai gravi problemi locali e quotidiani strettamente connessi a quelli di dimensione globale.

Per questo sarà utile prevedere, entro il 2008, una Conferenza Programmatica dei Verdi aperta a tutti gli ambientalisti.

Un Conferenza che, fra i tanti temi, possa proporre un nuovo modello energetico, dalla riduzione dei consumi alle fonti rinnovabili, all' abbandono dei combustibili fossili e alla rivoluzione dell'idrogeno. Una conferenza che ridisegni con la politica e con gli strumenti della scienza e del sapere il volto nuovo delle città, sommerse dai rifiuti, dilaniate dallo smog e dall'insicurezza sociale, dall'urbanistica selvaggia e dal traffico privato, che sappia parlare di tutela della biodiversità e difendere e promuovere i diritti di tutti gli esseri viventi, che riconosca la strada per sconfiggere le ingiustizie che disegnano la geografia dei paesi più poveri del mondo in una politica agricola più equa, per l'uomo e per l'ambiente, e nella tutela dei diritti sociali e civili.

I Verdi rilanciano con forza una moderna ed efficiente gestione del ciclo dei rifiuti basata sulla riduzione, la raccolta differenziata, privilegiando il porta a porta, il riciclo ecoefficiente, promuovendo i materiali post-consumo e il trattamento meccanico-biologico come sistema innovativo per gestire il residuo secco non riciclabile con l'obiettivo finale di rifiuti 0.

Va rilanciato e rafforzato il carattere pacificista e nonviolento della forza ecologista dei Verdi in un quadro politico in cui la spesa militare ha raggiunto livelli inaccettabili: la spesa procapite per un italiano è di 514 dollari contro i 447 della Germania. L’Italia è l’ottavo paese al mondo per spese militari. 8

" Svuotare gli arsenali e riempire i granai ", mai questa frase di Sandro Pertini è stata così attuale in una fase in cui la crisi alimentare del pianeta sta affamando intere popolazioni.

La lotta a tutte le mafie per liberare l’economia del sud dal cancro della criminalità organizzata è una nostra priorità, ecco perché riteniamo che vadano potenziati gli strumenti che portino in modo più veloce alla confisca dei beni dei mafiosi da rassegnare per fini sociali.

Alla lotta alla mafia va associata una riforma della politica che metta al centro la questione morale e comporti anche in tutti noi una profonda riflessione etica che porti a rinnovare in questa direzione le azioni dei singoli e delle forze politiche.

Noi Verdi dobbiamo essere quelli della trasparenza, dell’etica in politica, della coerenza nelle scelte.

La cultura di governo dei nuovi Verdi deve fare i conti con il grande tema della transizione post fordista, ove al centro della scena c’è l’attore cruciale dello sviluppo, rappresentato dal detentore delle reti immateriali, dei servizi collettivi, della creatività e delle reti fisiche (digitali, satellitari, infrastrutturali). I detentori di questa vera e propria gateway tra sistemi locali e reti per la competizione globale devono necessariamente essere interlocutori privilegiati per le finalità perseguite dai Verdi sul piano delle politiche di sostenibilità. E’ su tale terreno, infatti, che si gioca il conflitto tra territorio e flussi, tra luoghi e merci. E’ preoccupante su questo terreno il ruolo esercitato dalle multiutilityes comunali che gestiscono servizi. E’ molto probabile che la battaglia per la rinascita del nucleare italiano avverrà attraverso i "cavalli di Troia" delle imprese di public utilities, le uniche che avendo la proprietà pubblica possono fornire quelle garanzie di chiusura del ciclo del combustibile, di alti investimenti di capitale e di assunzione di rischio che mai un soggetto privato potrebbe assumere.

In questo contesto va quindi rilanciata la politica di tutela e valorizzazione dei beni comuni, che non deve rispondere a logiche stataliste ma va collocata all’interno di quel federalismo che privilegi le espressioni locali a partire dalle municipalità.

L’ecologia sociale come visione politica dei problemi globali sociali e ambientali deve diventare uno strumento di interpretazione e di azione politica dei Verdi.

Ricominciare dai Verdi. Le alleanze

Dobbiamo ricominciare dai Verdi e prendere atto che il progetto della sinistra arcobaleno non è stato né riconosciuto né premiato dagli elettori. Proprio per questo è necessario costruire una proposta politica ecologista che sappia interloquire e costruire una nuova intesa con le altre culture della sinistra, delle esperienze del cattolicesimo democratico, dei movimenti, del mondo dell’altra economia, delle associazioni ambientaliste e assieme ad esse dar vita a una costituente dei valori, dei desideri, delle lotte di ciascuno di noi, come persone, militanti, con le esperienze politiche e sociali di cui ognuno è portatore.

Da qui bisogna ripartire per provare a tessere un nuovo quadro di alleanze e rapporti politici finalizzati alla ricostruzione di un nuovo centrosinistra nel quale tutti abbiano pari dignità.

E’ in gioco l’interesse generale del Paese. 9

Non possiamo, quindi, eludere la questione della riapertura di un dialogo con il PD, che fermo restando il rapporto politico e programmatico con le altre forze della sinistra, dia l’avvio ad un nuovo confronto politico.

I Verdi non possono limitarsi a "rinnovare la sinistra". Devono rinnovare la cultura politica di un Paese nel quale il senso del limite, la critica allo sviluppo indiscriminato e illimitato, e la critica del suo totem, il PIL, non meno che la critica dello stesso consumismo, non sembrano più così scontate come sembrava solo qualche tempo fa. Lo dimostra il tipo di cultura imperante nella maggioranza di governo, che in nome di tale cultura – successivamente, per di più, appesantita dal rilancio dell’opzione nuclearista, oltre che di una politica sociale di indebolimento e stravolgimento delle politiche di welfare, nel quadro di una ulteriore precarizzazione del lavoro - si è apertamente proposta alla guida del paese e che, in quanto tale, ha conquistato la netta maggioranza dei voti.

Lo dimostra, però, anche la stessa campagna elettorale del PD, condotta in nome del rilancio della "crescita", in modo acritico. Il rilancio di un rapporto, pur necessario, con il PD non può che cominciare da una comune riflessione che superi questi vecchi luoghi comuni e apra la strada a una presenza nuova della sinistra e degli ecologisti che, in primo luogo, deve essere una presenza di critica culturale e politica ai fondamenti di una società ingiusta, dissipatrice, ecologicamente insostenibile che considera materia da sfruttare la vita stessa con il lavoro umano e con le risorse energetiche e le materia prime.

Una critica biopolitica dell’esistente, e del suo meccanismo di sfruttamento biopolitico del vivente, è il punto di ripartenza per una riflessione e per una prassi ecologista all’altezza dei problemi del XXI secolo.

La necessità del rilancio di un nuovo centrosinistra dimostra l’inadeguatezza dell’opzione perseguita dal PD del Partito unico del centrosinistra.

Dunque, anche il rapporto con le forze politiche del centrosinistra, non può che partire da qui. L’esperienza dell’Arcobaleno ha in gran parte sottovalutato, soprattutto nella dimensione della comunicazione pubblica, questo aspetto cruciale. La ricostruzione di una rete di rapporti stringenti con tale area non può che ripartire da una condivisione di questo approccio. Così, la ricostruzione di un’alleanza col PD, necessaria a ogni prospettiva di alternativa in Italia e nelle singole realtà locali e regionali, non può che includere un confronto su questi temi.

Oggi non siamo in grado, in nessun modo, neanche di dire se esiste una tale disponibilità al confronto su questi temi. E’ quindi necessario, in primo luogo, accertare questa disponibilità, dichiarando, da parte nostra, che questo è il terreno privilegiato del confronto e che, al contempo, la nostra scelta strategica è quella di una ricostruzione di un tessuto di rapporti positivi all’interno del centrosinistra e della sinistra in particolare.

Nostra scelta di fondo, per certi versi prioritaria, resta tuttavia un approccio trasversale, che guarda appunto alla condivisione di contenuti e che, nel quadro recente di molte realtà soprattutto locali, vede la stimolante e confortante presenza di esperienze civiche che proseguono sul piano anche elettorale e amministrativo i percorsi di molte pratiche associative e di movimento, pratiche di base, reti collettive che, dall’insufficienza della politica, anche della nostra, hanno tratto volontà, disponibilità, idee ed energie, per continuare a lavorare sulla realtà, per incidere sul presente e aprire spazi nuovi di partecipazione e di conflitto, opportunità di consenso e dinamiche politiche nuove alle quali, nelle circostanze difficili attuali, possiamo ben guardare con speranza. 10

Innovare i Verdi

E’ necessario lavorare per una nuova ed innovativa elaborazione culturale che passi anche attraverso la costruzione di una rete del sapere ecologista e che chiami a raccolta tutti gli ecologisti italiani indipendentemente dalla loro collocazione partitica e che condividano ad esempio i principi programmatici del patto per il clima. Costruire luoghi di confronto del sapere ecologista costruendo Istituti di ricerca ambientale e cultura politica o recuperare l’antica idea dell’ Università Verde. In questo contesto, si colloca la necessità di rilanciare e costruire una nuova autonomia dell’informazione ecologista, utilizzando strumenti innovativi e razionalizzando le opportunità offerte dalle leggi sull’editoria e dalle norme per gli organi di partito. In questi anni è infatti mancata quella capacità di informazione ecologista di cui invece dobbiamo dotarci non solo per orientare e facilitare l’iniziativa politica, ma anche per diffondere le occasioni di quel nuovo sapere ecologista che è base fondativa, culturale e programmatica per una proposta verde nel XXI secolo.

Abbiamo il compito difficile ma necessario di costruire una nuova organizzazione dei Verdi e un’innovazione culturale e politica dell’ecologismo in Italia. I Verdi di fronte ai prossimi appuntamenti elettorali dovranno verificare fino in fondo la possibilità di forme di alleanze e aggregazione, che non si basino sui meccanismi elettorali ma su un comune sentire in termini di programmi e valori.

I Verdi propongono la convocazione degli Stati generali dell’ambientalismo con l’obiettivo di costruire un’unità di azione di tutti gli ecologisti impegnati in politica e nella società.

Una nuova organizzazione

Per tutte queste ragioni, quindi, dobbiamo costruire le condizioni per una nuova fase storica per i Verdi, rivolgendo lo sguardo con attenzione a quanto accade nel resto della politica e della società, con il difficile ma necessario compito di far progredire la cultura e la politica ecologista in Italia e di costruire una nuova organizzazione.

Elemento imprescindibile per la risalita è la riorganizzazione del partito che deve passare attraverso una selezione del gruppo dirigente sia locale che nazionale che non sia basata sul meccanismo delle tessere. Per questo bisogna eliminare la figura del presentatore degli aderenti per un’iscrizione individuale che passi attraverso i livelli dei circoli locali, delle federazioni regionali e del nazionale. Vanno ripensate le modalità di partecipazione politica interna anche nei meccanismi elettorali, privilegiando la partecipazione dell’espressione diretta, legate all’impegno territoriale e/o tematico. Per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere utile rivedere le modalità di partecipazione alle Assemblee. L’assemblea indicherà un gruppo di lavoro per la riforma generale dello statuto, che verrà presentata in occasione della conferenza programmatica.

Ci impegniamo a promuovere in questo contesto nuove regole che evitino la cumulabilità delle cariche ed una migliore e più efficace accessibilità agli atti interni della federazione. 11

Non è il caso di entrare nei dettagli, ma sono tutti obiettivi che dobbiamo porci e conseguire entro un anno. I Verdi dovranno, configurarsi come un convinto e compiuto partito federale, riprendendo nella sostanza e nella forma statutaria l’ispirazione originaria, quella che ha favorito prima il radicamento territoriale, poi la diffusione e infine la crescita a una dimensione nazionale di una cultura e di una forza politica ecologista.

Oggi la federazione ha bisogno di un nuovo inizio e, appunto, di un ritorno al futuro: abbiamo bisogno, cioè, di tornare alle fonti della nostra presenza, ai modi e ai tempi nei quali abbiamo annunciato che il futuro ormai prossimo era gravido di rischi e di nuove ingiustizie, prodotte dai modelli dominanti di produzione e consumo, dagli stili di vita e dalle forme di potere e di gerarchizzazione sociale prevalenti. Tornare al futuro significa oggi anche tornare alle radici della nostra presenza. Esse stanno, in primo luogo, nei territori e nelle città, nei paesi e nelle regioni. Attribuire a queste presenze una nuova centralità politica e statutaria, nuove risorse e nuova vitalità, non significa destrutturare e cancellare il centro – Roma, la federazione – significa bensì attribuirgli la giusta e cruciale dimensione e la giusta, necessaria forza e autorevolezza. Federalismo, infatti, non è né l’assenza di un centro né la mera prevalenza del locale: è un patto tra ambiti ognuno sovrano nel proprio campo, in una virtuosa ed efficiente ripartizione delle competenze e dei poteri.

Questo salto di qualità e di natura organizzativa non può che essere oggetto di una proposta condivisa, e l’assemblea di Chianciano dovrà incaricare un apposito organismo di elaborarla insieme al nuovo gruppo dirigente. Ci interessa qui, tuttavia, ribadire la linea di marcia della nostra "autoriforma". La scelta di tornare alle origini, infatti, non significa che si ricomincia da zero. Ricominciamo da molto di più, perché le sconfitte politiche ed elettorali non possono cancellare comunque il lavoro di oltre vent’anni e perchè la fuoriuscita dal Parlamento, così come il rilancio della presenza territoriale, non possono significare la rinuncia a un ruolo e a una struttura nazionale. Radicarsi, ricostruire presenze, e federarsi, cioè unire forze capaci di autonomia locale e di pensiero globale, solidali in un progetto nazionale ed europeo, portatrici di una visione planetaria e di una coscienza di specie: nella scelta federalista dei Verdi italiani c’è questa complessità e questa ambizione.

Primi Firmatari

Grazia Francescato

Angelo Bonelli

Marco Lion

Mimmo Lomelo

Gianfranco Bettin

Loredana De Petris

Gabriella Meo

Cristina Morelli

Tommaso Pellegrino

Dino Di Palma

Gianluca Carrabs

Oliviero Dottorini

Daniela Guerra

Peppe Mariani

Filiberto Zaratti

Paolo Cento







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