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Sono la natura
sono la terra. i miei occhi sono il cielo, le mie membra gli alberi. Sono la roccia, la profondità dell'acqua, non sono qui per dominare la Natura. Io stesso sono la Natura.
Indiani Hopi
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ONDE DI CRESCITA INTERIORE
La crisi ecologica - ovvero il principale problema di Gaia - non è l’inquinamento, i rifiuti tossici, il buco nell’ozono o qualcosa del genere. Il principale problema di Gaia è che un numero non sufficiente di esseri umani si è sviluppato ai livelli di coscienza postconvenzionali, planetari e globali in cui sarebbero spinti automaticamente alla cura per il globale comune. E gli esseri umani sviluppano questi livelli postconvenzionali, non imparando la teoria dei sistemi, ma passando attraverso almeno una mezza dozzina delle principali trasformazioni interiori, che vanno dall’egocentrico all’etnocentrico al mondocentrico, punto in cui e non prima, possono risvegliarsi a una profonda e autentica cura per Gaia. La prima cura per la crisi ecologica non consiste nell’imparare che Gaia è la Rete della Vita, per quanto vero ciò sia, ma nel promuovere queste numerose e ardue onde di crescita interiore, nessuna delle quali viene indicata dalla maggior parte di questi approcci del nuovo paradigma. Continua...
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UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE
1 L’Italia vive l’anomalia di un nuovo Medioevo. Più che in altri paesi, è visibile in Italia l’emergenza ecologica, il degrado sociale e la crisi di fondamentali valori etici; permangono aree vaste di ignoranza, incapacità, ingiustizia. Meno facilmente che altri paesi, l’Italia quindi può affrontare la conversione ecologica delle attività economiche, il risanamento ambientale e morale del paese, la partecipazione diretta delle persone alla attività sociale ed una effettiva realizzazione di una sana cultura dei diritti e dei doveri che dovrebbero regolare ed ispirare la vita sociale collettiva. 2 Sia in Europa che nel resto del pianeta, vi è una tripla crisi :a) economica e finanziaria (causata da un modello di crescita superato) b) ambientale conseguente, c) socio-culturale. Tre grandi crisi che non trovano più risposte adeguate dal sistema della politica: non dai partiti socialdemocratici in crisi dappertutto e neppure dall’egoismo sociale e dall’indifferenza ambientale dei vari partiti conservatori. Solo un modello sociale e produttivo eco-orientato ed eco-sostenibile, che all’idea di una crescita senza limiti sostituisca un idea di sobrietà, che non escluda anche l’utilità di avere aree di decrescita virtuosa e felice, può essere in grado di affrontare le difficoltà del presente. ...Continua... |
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RICORDO DI IVAN ILLICH
di Giannozzo Pucci *
Il primo libro di Illich, pubblicato alla fine degli anni '60, riguarda appunto la Chiesa nel processo di trasformazione della società moderna (The Church, change and development).
Il secondo, del 1970, intitolato "Celebration of Awareness (Celebrazione della consapevolezza": un appello alla rivoluzione istituzionale), è contro le certezze delle istituzioni che imprigionano l'immaginazione e rendono insensibile il cuore.
Poi, nel 1971, esce "Descolarizzare la società", che è stato al centro del dibattito pedagogico internazionale con la tesi che la scuola produce la paralisi dell'apprendimento e danneggia i ragazzi, educandoli a diventare meri funzionari della macchina sociale moderna. Convinto che il sistema educativo occidentale fosse al collasso sotto il peso della burocrazia, dei dati e del culto del professionalismo, combatteva i diplomi, i certificati, le lauree,
Continua...
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LA VENDETTA DI GAIA
di James Lovelock
La vendetta di Gaia : assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita, ai danni dell'organismo vivente che ci ospita. Ora, assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Il parassita e' un essere che vive a spese di un altro organismo. Se ne nutre, cresce, si riproduce e prospera. Eppure, la sua non e' una strategia lungimirante. Le energie dell'organismo ospite diminuiscono giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Finche' un giorno accade l'inevitabile: l'organismo ospite si avvia a una fine certa. E il parassita, senza risorse, e' destinato a scomparire. Questa immagine e' la perfetta metafora della storia della specie umana. A dimostrarlo sono i fatti. Migliaia di anni di occupazione del pianeta hanno provocato distruzione degli habitat, estinzione di molte specie, emissioni record di gas serra in atmosfera e nubi di polveri sottili nell'emisfero nord e sulle metropoli. Un'aggressione prolungata alla quale la Terra ora reagisce innescando una lunga serie di disastri naturali, quali inondazioni e uragani, sempre piu' numerosi e violenti, ed eventi climatici estremi, come estati torride e punte di freddo anomalo. Il pianeta che abitiamo non ha piu' anticorpi per difendersi. E allora attacca.
Lo sostiene a gran voce uno scienziato autorevole e indipendente, James Lovelock, nel suo nuovo libro, The revenge of Gaia (La vendetta di Gaia) in uscita il 2 febbraio in Gran Bretagna! . Il nostro mondo, afferma, potrebbe avere superato il punto d! i non ritorno: la soglia oltre la quale non possiamo fare piu' nulla per evitare che, entro la fine del secolo, i cambiamenti causati dall'attivita' umana distruggano la nostra civilta' Continua....
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E' IL NOSTRO CLIMA NON IL VOSTRO BUSINESS
Questo lo slogan dei manifestanti alla conferenza internazionale sul clima che si sta svolgendo in questi giorni a Copenaghen. La conferenza oscilla tra buone intenzioni ed ipocrisia, tra realtà e finzione. La situazione a detta dei climatologia è compromessa.
Nella quarta giornata, i paesi ricchi lasciano il palcoscenico a quelli poveri, soprattutto quelli insulari, che lamentano un "ammorbidimento" dei loro rappresentanti (che fanno parte dei paesi in via di sviluppo) nei confronti dei ricchi. Durante i lavori è stata presentata anche la proposta di prolungare il protocollo di Kyoto. Quindi un taglio del 5% delle emissioni (per i Paesi industrializzati) entro il 2012, portando ad un -40% al 2020, ma stavolta con la richiesta di adesione al protocollo di tutti gli stati, USA compresi.
Su questo sembravano concordare i leaders più influenti dei Paesi in via di sviluppo, mentre i rappresentanti di Tuvalu, Isole Cook, Fiji, Barbados, ecc., insomma, i presidenti di quei Paesi che, di fronte ad un innalzamento del livello dei mari, potrebbero scomparire, hanno proposto una nuova bozza che chiede che il limite di innalzamento delle temperature venga abbassato da 2 gradi Celsius a 1,5, con un abbassamento delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera a 350 ppm (parti per milione). Per Cina e India ciò significherebbe uno sforzo notevole, mentre per i paesi ricchi un vero e proprio danno economico. Sarkozy si è opposto alla proposta della giornata di ieri, affermando che qualora si decida di ritornare al vecchio obiettivo della riduzione del 20% delle emissioni entro il 2020, la Francia manterrà l'obiettivo del 30%.
All'ultimo momento, ieri sera, l'Unione Europea ha deliberato che gli aiuti ai Paesi poveri dovranno essere erogati tramite un fondo comunitario che conterrà ogni anno 1,8 miliardi di euro fino al 2012, da rinegoziare dopo tale data, per un totale di 10 miliardi l'anno elargiti dai paesi ricchi. I restanti 8,2 miliardi dovranno venire da Stati Uniti, Russia e Giappone.
Rank Raes, capo dell'Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea, esprime ad alta voce quello che i migliori climatologi del mondo - da Stephen Schneider della Stanford University a Jason Lowe del Met Office - stanno raccontando a Copenaghen nelle riunioni parallele al negoziato dei governi. "Sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i 2 gradi sono un traguardo che non è più alla nostra portata. Dirlo è un atto di onestà. Così come è un atto di onestà aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi".
Nella bozza di accordo finale resa pubblica ieri, l'obbiettivo di fermare il riscaldamento globale a 2 gradi in più viene sventolato come una bandiera. È il vessillo che dovrebbe indurre i Paesi a tagli nelle emissioni di gas serra che vanno dal 50 al 90 per cento entro il 2050. Ma per gli scienziati non c'è rapporto tra i tempi della politica e i tempi della biosfera: con gli obiettivi oggi sul tappeto i 2 gradi restano un miraggio.
Ecco il ragionamento dei climatologi. Primo punto. Calcolando solo l'effetto dei gas serra già in atmosfera, si deve mettere in conto un aumento di temperatura di circa mezzo grado nei prossimi decenni.
Secondo punto. Attivare l'economia virtuosa significa ripulire il cielo dallo smog. Il che farà benissimo ai nostri polmoni, ma eliminerà l'"effetto schermo" delle radiazioni solari che oggi maschera il reale aumento di temperatura: è circa un altro grado che va aggiunto.
Terzo punto. Calcolando che c'è già stato un aumento di più 0.8 gradi rispetto all'era preindustriale (i 2 gradi hanno come punto di riferimento quel periodo) e che un aumento attorno a 1,5 gradi per le ragioni precedenti è inevitabile, la barriera dei 2 gradi risulta già sfondata.
Ma è ragionevole l'ipotesi di attestarsi appena sopra i 2 gradi? "È tecnicamente fattibile ma richiederebbe una volontà politica di cui oggi non si scorge traccia: dovremmo tagliare in maniera draconiana tutte le emissioni di gas serra e azzerare la deforestazione", continua Raes. "Uno scenario già considerato buono invece è un taglio robusto delle emissioni dei Paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche così i gas serra continueranno a crescere ed è molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avrà ingranato, le emissioni scenderanno"
Non so chi disse che "Il sonno della ragione genera mostri". Tutto questo è follia, e mi sembra impossibile che i cosiddetti grandi della terra non se ne rendano conto.
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