Dove c'è amore, c'è visione.
Richard of St. Victor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
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LA COSCIENZA IN EVOLUZIONE



di Kaisa Puhakka

Negli ultimi decenni, negli Stati Uniti e altrove, sono emerse due tendenze nella coscienza collettiva, che portano verso diverse e opposte posizioni. Una posizione ci chiama con urgenza a ritornare alla fede e alla tradizione, per riaffermare l’autorità religiosa o altrimenti - che distingue decisamente ciò che è sbagliato da ciò che è giusto, e il vero dal falso, senza confondere la zona grigia in mezzo. L’altra posizione mette in dubbio o rifiuta la fede in verità univoche che sono presentate come obiettive quando sono trasmesse da autorità o tradizione. Essa invece riconosce una molteplicità di prospettive su valori e verità e vede bene le diversità nei credi culturale, religioso e politico. Il potenziale evolutivo della coscienza umana, tuttavia, risiede nella sua capacità di trasformazione al di là di tutte le posizioni e convinzioni. Di solito pensiamo all’evoluzione come ad un processo lineare che si muove in una determinata direzione attraverso vari stadi, a volte attraverso fasi complesse con spirali e anelli ricorsivi ma muovendosi verso stadi più alti o più avanzati.

In contrasto con questo punto di vista, ritengo che l’evoluzione sia un movimento del tutto spontaneo e creativo - così creativo che non ha nemmeno una forma o direzione predeterminata, o almeno non dai limitati punti di vista da cui l’uomo può vederla. Insediarsi in posizioni e spostarsi fuori di esse sono entrambi intrinseci alla nostra coscienza. Quando la necessità di capire è soddisfatta da un’autorità in cui si può credere o per prove o per argomentazioni, la mente si ferma in una posizione. Ma la nostra posizione si può disfare, sia improvvisamente in uno spontaneo aha! di un momento sia gradualmente con una meticolosa, onesta indagine. Fissarsi e trasformarsi rappresentano opposte tendenze: una é inclinata verso la stasi, mentre l’altra ci libera per il movimento. Nessuna di esse è “buona” o ”cattiva”; ciascuna di esse ha valore nel sostenere la vita umana così come la conosciamo noi.

Porsi in una posizione fornisce ancoraggi per il comfort e la sicurezza. Senza tale posizione, le strutture della civiltà e la cultura non esisterebbero. Al tempo stesso, congelare posizioni stabilite e avere la capacità di trasformazione è più difficile - particolarmente problematico quando un certo tipo di trasformazione può essere necessaria. Un movimento evolutivo spontaneo allenta queste posizioni congelate e permette di spostare le posizioni. Con le enormi sfide che oggi il nostro pianeta affronta, sembra indispensabile che noi stessi possiamo adeguarci con una tale forza evolutiva. Ciò significa meno fissità. Tuttavia il distacco non è la risposta. E’ facile perdersi in una proliferazione di posizioni alternative praticamente su qualsiasi argomento e reagire volendosi staccare da tutti.

Ma anche questo è un tipo di sistemazione - in questo caso, in una posizione di “non posizione”. E’ possibile essere semplicemente presente con, e aperta a, ciò che è senza lo scudo protettivo che crea posizioni? Credo che tale presenza sia possibile e possa essere ciò che il movimento evolutivo chiama evoluzione in questo momento della nostra storia. Ma che cosa ci invoglierebbe a lasciare le nostre posizioni e la sicurezza che promettono? Essere veramente presente è come essere nudo, e le posizioni sono come l’abbigliamento, che offre comfort, sicurezza e, soprattutto, un senso di identità. Se potessimo vedere questo abbigliamento come un districarsi effimero, però, potremmo non prenderlo troppo sul serio.

Nagarjuna, un saggio buddista del secondo secolo d.C., ha dimostrato attraverso una analisi dialettica come ogni e qualsiasi posizione sono instabili e internamente contraddittorie, e spontaneamente si dipanano. Il suo approccio è molto simile a quello dei decostruttivisti postmoderni, con una fondamentale differenza. [vedi nota su Nagarjuna in fondo] I decostruttivisti mostrano come ogni credo o posizione può essere decostruita nella sua linguistica e presupposti culturali, che a sua volta possono essere decostruiti in ulteriori linguistica e presupposti culturali, e così via all’infinito. Da questo, essi concludono che siamo sempre coinvolti in una rete di presupposti o prospettive reciprocamente dipendenti e che la libertà di credo e di posizioni è quindi impossibile. Al contrario, l’obiettivo di Nagarjuna è la liberazione da credi e posizioni e dalla sofferenza che proviene dall’attaccamento ad essi. Il suo approccio punta ad una via fuori dalla difficile situazione postmoderna, dimostrando che tutte le credenze e le prospettive sono vuote - prive di significato essenziale.

Così facendo, egli dimostra come tutte le posizioni, quando siano indagate abbastanza in profondità, implicano i loro opposti e quindi in ultima analisi sono auto-contraddittorie. Ad esempio, teismo e ateismo coinvolgono credenze che sono mutuamente dipendenti. L’affermazione secondo cui Dio non esiste afferma implicitamente la possibilità che sia vero l’opposto, Dio esiste (senza una tale possibilità, non vi è alcun senso nel fare la domanda). Ma, naturalmente, affermare la credenza che Dio esiste implicitamente afferma la possibilità del suo opposto, l’ateismo. Allo stesso modo, tutte le convinzioni e le posizioni, quando sono affermate come verità assolute, implicano la presenza di proprie contraddizioni e quindi lasciano senza mezzi affidabili per affermare coerentemente niente! La liberazione dalle grinfie di posizioni, quindi, dovrebbe essere garantita e rapida.

Purtroppo, la logica non è sufficiente perché si verifichi la liberazione. La consapevolezza è necessaria per portare la luce alle ombre nelle nostre menti dove gli opposti di ciò che affermiamo sono in agguato minacciando di esprimere dubbi sulle nostre certezze. La sfida per la consapevolezza è che la psiche moderna è complessa e multilaterale. Il gioco di inconscio e conscio mantiene gli strati ed i compartimenti separati e rende possibile mantenere posizioni contraddittorie imperturbate. Ogni volta che affermiamo una convinzione, per esempio, tendiamo a negare la sua contraria eliminandola dalla consapevolezza. La forza di una tale messa al bando può variare da una drastica repressione, in cui la posizione respinta diventa assolutamente inconcepibile, ad una momentanea soppressione, dove la posizione respinta è messa da parte, ma ancora disponibile per il riesame e per un possibile ritorno alla consapevolezza. Il potere e la rilevanza dell’insegnamento di Nagarjuna emergono alla vita per il nostro tempo in cui si è espansa fino ad includere questa complessa dimensione psicologica. E la messa a fuoco non è su credenze o posizioni, ma su come noi ci relazioniamo con esse, il che coinvolge le modalità della coscienza. In ogni dato momento incarniamo una delle tre modalità della coscienza.

1. Nella prima modalità, la consapevolezza è catturata da qualsiasi convinzione che si abbia sul momento; non vi è la consapevolezza di altre prospettive. Pensare è dominato da una o l’altra logica, e le credenze e le posizioni sono ritenute assolutamente vere o assolutamente false. Questa modalità è evidente nella prima delle due principali tendenze in gioco nella nostra coscienza collettiva - verso la rigidità e la stasi. Ci riferiamo a questa modalità come credenza assoluta.

2. Negli ultimi decenni, c’è stato un cambiamento verso una più ampia e più inclusiva modalità di coscienza, evidente nell’altra grande tendenza nella nostra coscienza contemporanea collettiva - verso entrambi / e di pensiero, che afferma che le verità sono relative ad una prospettiva e riconosce che esistono molteplici prospettive. In questa modalità, la consapevolezza non è del tutto catturata da una convinzione ma è distratta dalla diversità delle possibilità e resta in gran parte assorbita nella riflessione e nell’immaginazione. Chiamiamo questa modalità conoscere relativo.

3. Una terza modalità è presentata nel movimento della dialettica di Nagarjuna, anche se non è associata con essa una tendenza. Essa non si identifica con una prospettiva e non afferma né nega credenze. Piuttosto, parla a quei momenti in cui la consapevolezza non è divisa in soggetto e oggetto, né allegata ad alcuna cosa, ma invece abbraccia e pervade tutto, non vedendo solo le cose, ma anche le nostre opinioni e le prospettive di queste cose. In questa modalità, le prospettive (compresa la propria) diventano trasparenti per la consapevolezza: come prendono forma le credenze si vede nel momento in cui sorgono.

Mentre la modalità conoscenza relativa accetta le convinzioni e le posizioni come in possesso di limitate verità, questa terza modalità le vede del tutto come illusioni, creazioni della mente che non sono né vere né false rispetto ad alcuno standard diverso dal loro. Noi potremmo chiamare questa chiara consapevolezza. La sua libertà e la spaziosità sono ostruite da accettazione o rifiuto, come nella seguente citazione da Long Pa-Chen, un famoso saggio Tibetano:
Dal momento che è nient’altro che apparenza Perfetto nell’essere quello che è, Avendo nulla a che fare con il bene o il male, L’accettazione o il rifiuto, Si può anche scoppiare in risate.

Chiara consapevolezza al di là della limitazione delle prospettive è possibile per tutti noi. Alcuni l’hanno gustata, ancora a molti ciò sembra non familiare e quindi sospetto. Il costruttivismo dei tempi moderni e l’analisi decostruttiva hanno ammaestrato le nostre menti ad essere scettiche rispetto al concetto che uno può funzionare o sapere qualcosa di tutto senza una prospettiva. Questo condizionamento tende a solidificare le modalità del conoscere relativo in una posizione conosciuta come relativismo. Il relativismo afferma l’inevitabilità della molteplicità di prospettive o posizioni come una verità assoluta. Nonostante il paradosso di tale affermazione, il relativismo è oggi ampiamente abbracciato dal mondo accademico e altre persone colte. Ma come tutte le posizioni essa è instabile a causa delle sue contraddizioni interne e darà luogo al suo opposto nel ciclico corso di credenze e posizioni.

Possiamo vedere quanto sta accadendo in molte sfaccettature della vita contemporanea in cui il relativismo è preminente. Questo è evidente, per esempio, nel mantra ampiamente ripetuto nel mondo accademico, nella politica e nei media che “ogni problema ha due lati”. L’implicazione è che, in qualche modo, entrambe le parti sono vere, o almeno meritano uguale considerazione. Ad esempio, nei media principali, la formula non si usa solo per discutere le questioni, ma anche nel riportare informazioni fattuali si afferma "che avere due teste parlanti presenta opinioni opposte".

Così non importa se il peso delle prove scientifiche o l’analisi logica favorisca una prospettiva; la formula détta che entrambi i punti di vista sono presentati come equivalenti! E chi decide ciò che conta come prova o analisi logica? Esso è tutta una questione di prospettiva! Tali conflitti di posizione si verificano nella nostra vita individuale, come tale. Ci teniamo a credenze e approfondimenti su noi stessi e altri in modo assoluto e rigido e respingiamo il contrario così veementemente come un fondamentalista difende la sua fede o ideologia. Diciamo che sei preso in un conflitto tra un ideale per cui ti sforzi di essere (per esempio, “Vorrei essere più generoso e amorevole nei confronti di mio marito / moglie”) e come ti prendi per ciò che sei effettivamente (“Io sono piccolo, geloso, insicuro, egoista”). La tensione e la confusione, sia interne che esterne, sono difficili da sopportare e con ogni probabilità farai strada ad una rapida affermazione di una parte o l’altra o a qualche versione sintetizzata di entrambe. Ma prima o poi anche questa soccombe al suo contrario, generando un ciclo senza fine di auto-ruminazione o dubbio. La convinzione, non scelta, qualora sepolta nell’inconscio o che svolazza a disagio al disotto della tua coscienza, in definitiva viene fuori e colpisce il tuo rapporto o penetra nella tua consapevolezza e là ti tormenta.

Con il relativismo, la neutralità postmoderna ha sostituito la presunta obiettività, e la neutralità è venuta a significare che spetta a voi la scelta. Ma i criteri in base ai quali scegli la tua verità vengono in ultima analisi da te - se si crede nel libero arbitrio. Da qui, c’è un breve passo per la realizzazione di qualunque cosa si decida che non ha alcun significato o importanza al di là del fatto che tu decida in tal senso. Possiamo così vedere come il relativismo, quando porta abbastanza lontano, priva di tutte le prospettive di significato e può peggiorare in un atteggiamento nichilista del niente-va-e-niente-importa. E allora la disperazione e il cinismo del nichilismo può fare strada all’assolutismo, che poi cede il passo al. . . E in questo modo la ruota del samsara gira in tondo. La dialettica di Nagarjuna espone la dinamica che tiene la ruota che gira. Nel quadro generale, le nostre posizioni e credenze sono però creative espressioni della coscienza in evoluzione. Vediamo come possono essere tali, come il risveglio da un incantesimo; non c’è più la necessità di affermare o negare una convinzione come se si trattasse di assolutamente vero o falso.

Tali risvegli possono portarci fuori dalla necessità di prendere una posizione "giusta" nel mezzo della vita quotidiana. Si consideri nuovamente l’esempio sopra di tensione e di confusione quando si trovano in conflitto le convinzioni su di te. Se riuscite a ricordare un momento nella vostra vita, potrete apprezzare il modo inquietante in cui ciò è stato - e come volevate uscirne disperatamente. Che cosa succede se invece di correre via dalla confusione stai con essa senza la pressione di scegliere? Tu allora abbracci entrambe le parti del conflitto e le emozioni collegate a ciascuna, senza favorirne una o contorcerti in una posizione che affermi che entrambe “in qualche modo” sono vere. Ora la luce della consapevolezza splende su entrambi i lati del conflitto senza affermarne o rifiutarne alcuno. Potresti smettere nel tuo inseguire tracce con un sorriso sul viso, seguito da uno spontaneo aha! Descrivo un momento di conoscenza che ci dà uno squarcio di chiara consapevolezza. Le scoperte interiori tipicamente seguono uno stallo di qualche tipo. Quando chiamiamo a raccolta il coraggio o la resistenza o qualunque cosa cerchi di rimanere presente di fronte a un conflitto o stallo, stiamo incarnando la modalità del conoscere relativo. E quando si incarna questa modalità pienamente, ciò apre alla chiara consapevolezza naturalmente e spontaneamente. Il più importante è il momento in cui la conoscenza .accade. - non che cosa potremmo dire su di essa poi. Per quella persona in quel momento, non vi è letteralmente “nulla qui” - non prospettive e niente che possa essere identificato o descritto attraverso una prospettiva. Ma fuori da quel “nulla”, emerge qualcosa di assolutamente nuovo e creativo.

Una cliente in psicoterapia mi ha detto recentemente che il suo matrimonio di sei anni era in una spirale discendente. Suo marito lamentava che lei è supercritica e vede difetti in lui. Anche se lei razionalizzava che suo marito la provocava, lei ha anche ammesso che sempre più spesso, “qualcosa mi prende” nella dinamica tra di loro. Qualche tempo più tardi, mentre esploravamo il suo rapporto con sua madre, lei si fermò nelle sue ricerche, rimase vacante per un secondo o due, e poi sussurrò in shock, “Wow”! Per tutti questi anni sono stata la mia mamma e non lo sapevo! Sono stata verso mio marito proprio come lei ha agito nei confronti di mio padre.

Abbiamo avuto un momento un po’ più lungo, come un nuovo modo di essere, nato dalla grande apertura in quell’indugiare. Momenti di conoscenza, quando vediamo qualcosa in un modo che non abbiamo mai visto prima, sono familiari a molti di noi. Essi possono venire in tutti i tipi di situazioni - mentre laviamo i piatti, per esempio, o passeggiamo nel parco. Purtroppo, di solito essi non permangono. Abbastanza presto una nuova posizione si congela in uno sforzo per catturare o integrare il significato di tale visione, e uno ricade in una versione aggiornata di identità o di modo di essere. Ma non importa quanto lunga o breve sia la loro durata, questi momenti di apertura testimoniano la vitalità e il potere del movimento evolutivo all’interno della nostra coscienza. E' davvero possibile operare con tale apertura nel mondo? E' possibile, contrariamente al detto popolare postmoderno, essere senza prospettive? Istanze di intuizione ci dicono che lo è. Ma possono quelle aperture trattenersi più a lungo di un momento che passa? Può il potere di trasformazione di tali apertura farsi più intenso? E cosa più importante, tale apertura può esservi a livello di discorso e di azione condivisi? Sembra che nel nostro tempo, la coscienza si imperni su un fulcro.

Da un lato vi è il relativismo e l’infinita giocoleria delle diverse prospettive che possono paralizzare l’azione. Dall’altra parte vi è la possibilità di azione che scaturisce direttamente dal vedere che cosa c’è nel momento e ciò che è necessario. Ma una grande consapevolezza è necessaria perché questo accada, e questo è come una caduta libera. Chi sceglierebbe di avere tolta la terra da sotto le proprie posizioni? Comprensibilmente, la paura di tale caduta libera ci tiene aggrappati alle posizioni o a cedere al relativismo o andare alla deriva verso il nichilismo e da lì all’assolutismo - intorno alla ruota che gira. L’insegnamento di varie tradizioni ci dice che ci vuole una grande quantità di saggezza e di amore per trasformare in chiara consapevolezza. L’amore e la saggezza lavorano sinergicamente e in ultima analisi non sono separati. La parola amore evoca emozioni di cura e di calore, forse anche desiderio.

Ancora, in alcune circostanze le persone a volte mettono da parte le loro paure e si espongono, forse, a grande rischio, per salvare la vita di uno straniero. In tali occasioni, si sono spostati verso ciò che si sente come una più grande dimensione di amore che si manifesta, con un coraggio che abbraccia e trascende le preoccupazioni per se stessi. Tale coraggio è necessario per essere pienamente presenti ai nostri conflitti interiori, come tali. Infatti, che cosa ci ispira o ci aiuta ad essere presenti a quello che ci fa più paura o detestiamo se non un amore coraggioso? Essere presenti in questo modo permette di vedere chiaramente quello che c’è. Questo vedere chiaramente è la saggezza. Più chiaramente e più profondamente vediamo ciò che è lì, quanto più presenti siamo ad esso. In questo modo, amore e saggezza lavorano insieme. La saggezza vi racconta di cosa avete bisogno per fare; l’amore vi spinge ad agire. Dove possiamo trovare questo tipo di amore e di saggezza? Essi non sono il genere di cose che si possono “avere”, molto meno fabbricarli attraverso regimi di automiglioramento spirituale, il che non vuol dire che la pratica spirituale, soprattutto quando siamo presi in un modo che ci scoraggia con preoccupazione, non possa facilitare la sintonizzazione di amore e di saggezza. La buona notizia è che non abbiamo bisogno di provare a catturarli o produrli

(1) Nota su Nâgârjuna
Nagarjuna [c. 150 . 250 d.C. - è stato un monaco indiano buddhista, filosofo e fondatore della scuola dei Mâdhyamika e patriarca delle scuole Mahâyâna]. N. è uno dei più importanti filosofi dell'India di tutti i tempi e considerato uno dei più importanti del mondo. Ne ha anche trattato ampiamente Ken Wilber in Sex, Ecology, Spirituality [vedi quanto riportato in Ken Wilber, una sintesi del pensiero, Alba Magica Ed. 2005, p.97, 98, 465].
La tradizione lo vuole abate di Nâlandâ, ma si ritiene che poi abbia comunque trascorso buona parte della sua vita a Srivapata, in un monastero fatto costruire sulle rive del Fiume Krsna dal re suo amico Gotamiputra (della dinastia dei Satakarni), a cui Nagarjuna indirizzò due epistole (Suhrllekha e Ratnavali) giunte fino a noi. La sua opera di maestro della scuola dei Mâdhyamika, da lui fondata a Nâlandâ, fu continuata da Âryadeva, suo discepolo diretto nonché successore come abate di Nâlandâ. Per Nagarjuna, il Buddha Shakyamuni aveva indicato, oltre l’impermanenza temporale, una ulteriore qualità nell’anatman dei fenomeni: essi erano vuoti anche di una loro stessa identità in quanto dipendono uno dall’altro sul piano temporale del presente, dell’immediato: esiste A solo in quanto esiste anche un non A. Tutti i fenomeni (dharma) sono quindi privi di identità, sono vuoti di identità. Tutti i dharma, secondo la lettura dell’insegnamenti del Buddha da parte di Nâgârjuna, sono vuoti: poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L’esperienza della vacuità è la via che porta alla liberazione. Ma la vacuità non può essere conosciuta con il pensiero ordinario (o convenzionale) che tratta dei fenomeni come se fossero indipendenti e stabili, dotati di natura immutabile e certa. Gran parte dell’opera di Nâgârjuna consiste pertanto in una critica raffinata delle diverse dottrine che sottintendono l’esistenza dei fenomeni in quanto tali, e che vengono per questo ridotte all’assurdo. Da parte sua, Nâgârjuna non presenta alcuna dottrina, poiché l'esperienza della vacuità non è compatibile con alcuna costruzione filosofica. L’idea stessa della vacuità rischia di essere pericolosa, se la vacuità viene entificata. La vacuità richiede, ed è, la rinuncia ad ogni opinione. Il Buddha Shakyamuni aveva messo in guardia dall’assolutizzare la propria dottrina, considerandola altro che un semplice mezzo per raggiungere la liberazione ("una zattera per traversare un fiume, che va abbandonata appena si è arrivati all’altra sponda"). Interpretando questo aspetto del messaggio del Buddha, Nâgârjuna sottopone a critica tutti i concetti centrali del Buddhismo operando la distinzione - importante per tutto il Buddhismo Mahâyâna - tra due verità: quella relativa e quella assoluta (paramartha satya) che il buddhista "abbraccia" quando mette in moto la Ruota della Legge, fino a quel momento il buddhista conosce solamente le "quattro nobili verità" (sans. catvâri-ârya-satyâni), ma non le abbraccia, illudendosi che esistano davvero, in questo modo infatti aderisce solo alla “verità relativa” del mondo. La totalità delle scuole mahâyâna e mahâyânavajray âna inseriscono Nâgârjuna tra i loro patriarchi fondatori. Egli è considerato come colui che, avendo insegnato la dottrina della vacuità (úunyâtâ), ha messo in moto il secondo giro della Ruota del Dharma (dharmacakra). Per questa ragione nella iconografia buddhista mahâyâna è rappresentato con la protuberanza cranica (u??î?a) uno dei Trentadue segni maggiori di un Buddha.

L’amore e la saggezza sono proprio qui, tutt’intorno a noi, in abbondante approvvigionamento, inerente al processo evolutivo di cui noi incluse le nostre prospettive e posizioni - siamo una parte. Ricordate un momento in cui avete visto qualcosa di familiare, forse un fiore o un uccello o una coka, come se fosse la prima volta, come se foste assorbiti in quel magico e totalmente dimenticato te? Una vera e propria indagine coinvolge il donarsi completamente all’oggetto dell’indagine, il che significa dimenticare se stessi. Dimenticare se stessi e abbracciare pienamente ciò che lì, è amore. Discernere con chiarezza e precisione ciò che è lì, è saggezza. Entrambe sono presenti quando l’attenzione è completa e indivisa. Il meglio dell’indagine scientifica comporta tale attenzione, e noi tutti siamo capaci di ciò. Un’azione corretta nasce spontaneamente dall’attenzione indivisa, come i nostri più creativi scienziati e artisti possono testimoniare. Ci saranno sempre prospettive. Esse sono necessarie per la costruzione di sistemi di accumulo di conoscenze e per le loro applicazioni. Ma quando vi è saggezza e amore, possiamo fare di più che costruire sistemi e scegliere o sintetizzare tra prospettive; siamo in grado di muoverci attraverso esse [le prospettive; ndr] per un’azione creatrice che risponda in modo appropriato a qualsiasi circostanza presenti il mondo. A proposito della trasformazione della coscienza del nostro tempo, la recente elezione presidenziale degli Stati Uniti è considerata da molti come storica non solo perché è stato eletto un Afro Americano presidente di questo paese, ma anche a causa della diffusa sensazione che egli può aiutare a introdurre qualcosa di nuovo e assolutamente necessario nella nostra coscienza collettiva.

Nel corso della campagna, Obama ha vanificato molti sapientoni e politici, rifiutandosi di articolare la sua campagna di promessa di speranza in termini di “posizioni”. Eppure la gente ha risposto, e non ai programmi e alle piattaforme, ma all’anticipazione di azione adeguata alle sfide che abbiamo di fronte. Naturalmente, questa speranza può essere alimentata da proiezione e pii desideri e, alla fine, può anche essere sopraffatta dalla dimensione di queste stesse sfide. Effimera, viziata e transitoria, come può essere, tuttavia questa massiccia mobilitazione accenna a uno spostamento nella nostra coscienza collettiva che non è una questione di passare ad un’altra posizione o ideologia, ma di apertura alla vita e del suo dispiegarsi in sfide e opportunità.

Kaisa Puhakka, PhD, insegna psicoterapia e integrazione con la pratica Buddista come membro animatore della facoltà del California Institute of Integral Studies. Lavora anche con pazienti e alla supervisione di studenti e internisti in pratiche private. Il suo personale percorso di ricerca va dai testi di Dzoghen a Krishnamurti, alle pratiche vipassana e zen, tra le altre - vedi
http://www.ciis.edu/Search_Results.html?q=KAISA%2BPUHAKKA



molto interessante ed "evoluta" la "strada" indicata in questo scritto....peccato che al posto di tutte le lettere accentate compare un punto di domanda :)

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