Il silenzio è l'eloquenza della sapienza
Samael Aun Weor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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L'ARCHETIPO DELLA MADRE


Secondo Carl G. Jung, noi ereditiamo dalla società un insieme di elementi che non ci pervengono dall'esperienza né dalla cultura, come se facesse parte di un patrimonio genetico simbolico.
Si tratta di una serie di credenze, immagini, simboli che lo psicoanalista svizzero chiamò “inconscio collettivo” per distinguerlo da quello “individuale”. Unità di base sono gli 'archetipi', immagini simboliche, rappresentazioni, che ciascuno può applicare a se stesso e alla propria vita.
Ritroviamo figure archetipiche nei miti, nelle favole, nei sogni e formano, tutti insieme, la memoria dell'umanità.

Stephen Larsen, studioso di mitologia comparata, sostiene le qualità terapeutiche del racconto mitico che mette l'essere umano a contatto con gli dei, simboli della propria energia psichica e lo aiutano a fare scelte e determinare destini.

Per le donne molti studiosi hanno sottolineato la centralità dell'archetipo della Grande Madre, creatrice universale. La maternità rappresenta un'esperienza primaria che getta le basi di ogni futura esistenza psichica, in quanto ognuno di noi fa i conti con l'archetipo materno in primo luogo come figlio. Inoltre l'archetipo costituisce il fondamento del “complesso materno” che nella più antica psicopatologia riconosce la madre come parte attiva nell'insorgenza di problemi e disturbi.

Il concetto di Grande Madre nasce all'incirca nel 7000 a.C., nel Neolitico Antico, ma tracce di tale culto sono presenti già dal Paleolitico. Si tratta di una figura religiosa, in cui ad una divinità femminile viene attribuita la genesi di tutte le cose viventi, piante, animali, uomini. Il culto ha certamente origine in comunità che vivevano di agricoltura, stanziali, in armonia con i cicli della natura e della luna, simbolo tipicamente femminile.

A loro volta le donne incarnano molteplici figure mitologiche femminili, da Demetra a Medea, da Afrodite ad Atena, da Estia a Persefone. Qui ci soffermiamo su quelle dee che in qualche modo trovano il proprio significato nella relazione col materno.
Secondo la psicoanalista junghiana Jean S. Bolen, autrice del libro "Le dee dentro la donna" (Astrolabio 1991): “in una stessa donna sono presenti più dee e la loro conoscenza fornisce la chiave per la comprensione di sé e dei rapporti che stabilisce con gli altri”.
La dea Madre per antonomasia è Demetra, dea delle messi e icona di un istinto materno che non si da pace.
Demetra è la madre di Persefone avuta dal fratello Zeus. Un giorno, mentre la giovane sta raccogliendo dei fiori, viene rapita da Ade (dio dei morti), da tempo innamorato di lei. Il ratto si compie grazie alla complicità di Zeus, padre della ragazza.
Demetra, accortasi della scomparsa della figlia la cerca per nove giorni e nove notti senza più curarsi di se stessa e senza che nessuno sia in grado di darle informazioni utili al suo ritrovamento. All'alba del decimo giorno, su suggerimento di Ecate, Demetra chiede a Elios, il Sole, che le rivela l'identità del responsabile.
Folle di rabbia per il tradimento subito la dea abbandona l'Olimpo e per vendetta decide di impedire che la terra dia i suoi frutti in modo che la razza umana si estingua nella carestia.

Nel tentativo di lenire il proprio dolore, la dea vaga per il mondo, sorda ai lamenti degli umani ormai senza cibo. Errabonda, assume le sembianze di un'anziana donna celando il suo splendido aspetto e viene accolta in una casa nella quale diventa nutrice del figlio del re dell'Attica, Demofonte.
Demetra si affeziona subito al piccolo che nutre con la divina ambrosia per renderlo immortale. L'amore per il bambino lenisce il suo dolore sino a che la regina, madre del bambino, la scopre, costringendola a palesarsi nella sua divinità.

Ricacciata nella disperazione la dea si rifugia sul monte Callicoro incurante delle suppliche dei mortali, decimati dalla carestia.
Per farla breve, Zeus ingiunge ad Ade di rendere la figlia alla dea e il lieto fine sembra fare capolino, ma prima di far tornare Persefone dall'oltretomba, Ade le fa mangiare un seme di melograno costringendola a fare ritorno periodicamente dall'oscuro marito. Tale è comunque la gioia della madre che appena stringe la figlia tra le braccia la terra torna fertile e le piante e le messi ricominciano a fiorire.

Il prezzo da pagare per il ritorno da Ade fu che nei mesi in cui la giovane sarebbe rimasta col marito nel mondo ci sarebbe stato freddo e penuria, dando origine all'autunno e all'inverno. Così narra il mito.

Demetra è quindi la Terra-madre, il simbolo della madre che ama la prole sopra ogni cosa. Dea delle messi, presiede l'abbondanza dei raccolti. Rappresenta l'istinto materno che si realizza nella gravidanza e nel nutrimento fisico e psicologico. La donna Demetra si realizza pienamente in questo compito ma rischia la depressione se il suo bisogno di nutrire viene rifiutato. Tale senso della maternità non si limita all'aspetto biologico ma può esprimersi nell'adozione o in professioni che prevedano di dedicarsi agli altri. Demetra è nutrice, madre perseverante nel perseguimento del benessere dei figli, generosa. Una dea profondamente legata alle sue origini che danno ulteriore significato alla sua essenza: è infatti figlia di Rea e nipote di Gea, la madre terra primigenia da cui deriva ogni forma di vita.

Spiega Jean Bolen: "Come dea delle messi, Demetra prosegue il lignaggio delle dee preposte alla fertilità. Tutte e tre soffrirono quando i mariti fecero del male ai figli, tutti e tre i padri biologici manifestarono una mancanza di istinto paterno. In psicologia l'assunzione di un ruolo 'demetrico' da parte di tutte le donne di una famiglia dà luogo a legami profondi di stampo matriarcale".

Un altro mito è quello di Medea (Atena) descritta da Euripide: egli ci propone una madre estrema e negativa che uccide i suoi figli. La sua storia è un insieme di elementi passionali: amore, gelosia, tradimento e vendetta.
Oltre alla storia di una donna, simboleggia lo scontro tra due culture: quella tradizionale ed istintuale della Colchide contro il mondo greco civile e raziocinante.
In breve la storia: con un inganno ai danni del padre e del fratello, Medea aiuta Giasone a riconquistare il vello d'oro e fugge con lui a Corinto. Ma Giasone la lascia per Glauce al fine di ereditare il trono di Creonte. Medea, ingannata e folle di risentimento nella versione euripidea incendia la città, uccide la rivale e sacrifica i figli avuti da Giasone.
Non c'è dubbio che Medea sia un personaggio controverso, destinato a suscitare sentimenti forti e infatti nel 1996 la scrittrice tedesca Christa Wolf riscrive la vita della dea in una lettura a più voci tra i suoi co-protagonisti. In questa nuova versione ci offre una Medea non violenta che assurge il ruolo di capro espiatorio dei Corinzi che la ritengono responsabile della peste che ha colpito la città e per ritorsione lapidano i suoi figli.
Le ricerche di Wolf insistono sul fatto che fonti precedenti ad Euripide descrivono il tentativo di Medea di salvare i tre figli portandoli al santuario di Era.
Sempre secondo la scrittrice: "E' impensabile un atto efferato verso la propria prole da parte di una donna che è anche guaritrice, esperta di magia, la cui storia affonda le radici in una società arcaica e matriarcale.
La rilettura del mito diventa un pretesto per indagare le forme occidentali del potere. Medea indirettamente racconta il passaggio dal modello matriarcale che rifiuta la violenza a quello dei padri che si fonda sulla violenza e che ha come costo la progressiva perdita del valore della vita e l'estinzione della pietà.

Di questo importante passaggio si era già occupato a metà del 1800 Johann J. Bachofen, singolare figura di storico, sociologo e psicologo che formulò la prima teoria organica del matriarcato.
Prima di giungere al patriarcato l'umanità sarebbe passata attraverso due stadi, uno originario di promiscuità sessuale chiamato “eterismo” e uno “patriarcale”, caratterizzato da stabilità, serenità, sicurezza e pace. Secondo Bachofen, alle origini la vita è regolata da leggi imposte dagli uomini alle donne. In questa fase di 'eterismo' le unioni sono determinate dalla violenza e dalla sopraffazione maschile. Ma a questa superiorità fisica la donna oppone la sua vocazione religiosa, l'ascesa al miracoloso che porta verso una fase più alta di civiltà, che all'odio oppone l'amore e alla violenza la pietà. All'eterismo succede l”amazzonismo”, un momento di resistenza armata femminile per poi sfociare in un matriarcato pacifico in cui la donna domina anche la vita politica, sociale e religiosa.

Già i greci avevano studiato i costumi di popoli come i Germani, i Lici, gli Agatirsi e gli Egizi trovando che avevano tutte in comune una cultura matriarcale in cui la successione avveniva per via femminile, vigeva la poliandria, la paternità era trascurata ed era data autorità allo zio materno.
In questo periodo dal punto di vista simbolico, il grembo della madre terra prevale sul mare fecondatore, la sinistra, che corrisponde alla potenza passiva della natura, prevale sulla destra e sul raziocinio.
Dalla maternità deriva il principio di fratellanza universale tanto che l'autore definisce questo periodo dell'antica società ellenica "la poesia della storia": peccato che tanta stabilità sia destinata a degenerare e a cedere il testimone ai valori del patriarcato.
Il passaggio è quanto mai singolare in quanto secondo il mito gli uomini tentano di impadronirsi delle leve del dominio femminile fingendo di allattare i figli. Un fenomeno, la 'couvade', ben noto ai moderni antropologi. Il predominio paterno si innalza verso il cielo e si impadronisce dei suoi simboli: il sole che desta la vita nella materia si oppone alla luna femminea.

Mentre l'Oriente è patria del principio materno, in Europa la società si ispira al padre, passando dallo stato di natura allo 'stato civile'. Uomini e donne stipulano un patto, il matrimonio, in cui le donne accettano di cedere il loro potere. Il resto è storia recente.

In realtà l'archetipo della Grande Madre porta in sé ambivalenze profonde: è colei che dona la vita ma che possiede in sé anche lati oscuri, quel simbolo notturno che è l'inconscio, la parte più segreta della psiche. La Madre è luminosa ma può, allo stesso tempo, divorare e usare il proprio amore come strumento di potere e di dominio. L'inconscio è anche associato al grembo materno, caldo e buio, ma dal quale è necessario uscire per vivere.
In questa ottica Medea e Demetra non sono altro che due facce della stessa medaglia, quanto mai sfaccettata e preziosa.

Mente & Cervello di nov-dic 2003

Bibliografia: Eric Neumann - La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell'inconscio - Astrolabio 1981 Jean S. Bolen - Le dee dentro la donna - Astrolabio 1991 Christa Wolf - Medea. Voci - E/O Roma 1996 Carl G. Jung - Opere Vol. 9/1 Gli archetipi dell'inconscio collettivo - Bollati Boringhieri 1997 Johann J. Bachofen - Il potere femminile - Il Saggiatore 1977


In realtà uomini e donne col matrimonio non hanno fatto nessun patto. Gli uomini hanno imposto il matrimonio patriarcale per spartirsi le proprietà, le donne ed i loro figli, e le donne sono state costrette ad accettarlo, a pena di esclusione totale dalla società e morte.

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