Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono sempre molto sicuri,
mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. (B. Russell)

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Info
rilegatura: brossura
formato: 15 x 21 cm.
pagine: 144
ISBN: 978-88-6118-004-8
Editore: FioriGialli edizioni
Anno di pubblicazione: settembre 2006
Euro: 14.50
Approfondimenti
Prefazione di Satish Kumar
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Il mio obiettivo è causare una triplice rivoluzione.
Innanzitutto voglio un mutamento nei cuori delle persone; secondariamente, voglio creare un cambiamento nella loro esistenza e, terzo, voglio cambiare la struttura sociale.

Non si può ottenere nulla con la pressione, né con la forza. Se si vuole usare la forza, la mia presenza non sarà necessaria. Le mie deboli mani sono di poca utilità. Io sono un umile servitore, che prova simpatia per tutti. Io ho fede nel popolo. Tutti dicono che la gente non vuole separarsi dalle proprie terre. Eppure, io ho il coraggio di andare da queste persone per chiedere la terra in donazione.

Posso andare ovunque, dal palazzo del ricco alla capanna del povero. Io sono un agente del povero, non faccio altro che illustrare il suo caso. Ho personalmente vissuto con i poveri e ho cercato di modellare la mia vita come la loro. Tuttavia, voglio essere anche l’agente del proprietario terriero nel momento in cui egli dona con generosità.

Se i proprietari sono generosi, quando donano le proprie terre, io non esiterò a essere anche il loro agente. E’ una realtà totalmente incoerente che, chi possiede la terra, non la possa lavorare personalmente, mentre chi la coltiva non la può possedere.

Quelli che non sanno arare, fanno arare la terra agli altri, mentre quelli che sono capaci di arare, lo devono fare come operai. Poiché non hanno alcun diritto sui raccolti che producono, essi lavorano con poco entusiasmo. Inoltre, queste persone non hanno cibo a sufficienza. Per quale ragione dovremmo tollerare tutto questo? E’ forse ingiusto cercare di fermare un sistema fasullo?

Sto forse facendo un disservizio al proprietario terriero se, come amico, e con amore per lui, gli chiedo di donare cinquanta dei suoi cento acri? Non è questa un’indicazione del mio sincero amore per lui? Se, poi, egli insiste con il suo vecchio modo di vivere, io lo induco a ragionare, dicendogli che è un atto di simpatia e di amicizia nei confronti di un amico troppo grasso, offrire il consiglio di dimagrire, proprio come è un dovere cercare di persuadere chi è magro ed emaciato a guadagnare peso.
Se vuole dimagrire, la persona corpulenta dovrà effettuare qualche cambiamento nel proprio stile di vita.

Ora, vi chiedo di considerare quale potrebbe essere il piano di Dio. Può, il Suo piano, permettere ad alcuni di possedere terra, e ad altri no? La terra che avete acquisito da altri, dovrebbe essere restituita a quelle stesse persone, anche se oggi ne siete i proprietari.

Io non voglio l’uguaglianza aritmetica, voglio l’uguaglianza; come minimo, voglio l’uguaglianza di cui godono le cinque dita della mano. Queste cinque dita non hanno le stesse proporzioni ma operano tutte in piena cooperazione ed eseguono, insieme, infiniti lavori. La loro diseguaglianza non è sproporzionata, come se, per esempio, il dito mignolo fosse lungo due centimetri, e il dito medio avesse la lunghezza di un piede.

La morale è che, se non può esistere l’eguaglianza assoluta, non può esistere nemmeno una diseguaglianza sproporzionata. Dovrebbe esservi equità. Le cinque dita hanno differenti abilità. In modo analogo, ciascun individuo possiede differenti capacità. Tutte le capacità innate dovrebbero essere sviluppate.

Il mio argomento, che sostiene che ogni figlio della terra ha un diritto nei confronti di Madre Terra, non è veramente mio. Sono i Veda, a proclamarlo. Nessun fratello potrà impedire a un altro fratello di servire la propria madre. Io aggiungo che, chiunque desideri coltivare un pezzo di terra, dovrebbe essere accontentato, e che dovrebbero essere i proprietari terrieri a farlo. Forse, a qualcuno che ne fa richiesta, è negata l’acqua da bere? Chi rifiuta di offrire acqua, si copre di vergogna!

In modo analogo, ci si dovrebbe vergognare di rifiutare di donare la terra a chi ne fa richiesta. Io posso comprendere che non si debba offrire cibo, senza chiedere alla persona di lavorare. Tuttavia, se una persona chiede di ricevere i mezzi necessari per eseguire il lavoro, è nostro dovere provvedere tale necessità.

É anche dovere del governo assegnare le terre alle persone bisognose, nella misura di cinque acri per famiglia. Io non desidero umiliare il povero, né il ricco. Se un grosso proprietario terriero dona soltanto pochi acri, io rifiuto di accettare la sua offerta, perché sarebbe come umiliare il povero. E’ mia esperienza che, se le persone sono adeguatamente persuase, offrono una donazione sufficiente.

Per citare un caso: un proprietario che possedeva trecento acri offrì di donare un acro. Io rifiutai la sua offerta. Quando gli spiegai il mio punto di vista, senza riserve egli alzò la sua donazione a trenta acri. Non impiegai più di due minuti per convincerlo. Se avessi chiesto terra per la costruzione di un tempio, mi sarei accontentato di un acro.

Ma io chiedo la terra come un diritto dei poveri. Non faccio l’elemosina. Se io consegnassi al povero un pasto cotto, al posto della terra, sarebbe, per lui, umiliante. Come un uomo assetato non si umilia, quando chiede e accetta l’acqua, così il nullatenente non si umilia quando accetta la terra. Al contrario, deve essere ringraziato per avere accettato la donazione.

Il semplice fatto di avere accettato la terra, non produrrà le messe. Soltanto investendo il proprio lavoro manuale si potrà mietere il raccolto. Il beneficiato non ha motivo di nutrire complessi d’inferiorità. Stimolando il suo appetito per la terra, io sto generando nella gente uno spirito di rivolta nonviolenta. Proprietà e possedimenti sono all’ordine del giorno; sono il principio che governa il mondo.

Inoltre, intorno a questo principio, è stata eretta un’imponente struttura legale, che gli conferisce un’apparenza di rispettabilità; esso non offre l’impressione immediata di essere sbagliato. Noi siamo abituati a considerare il furto un crimine, eppure tolleriamo chi incoraggia tale attività antisociale, accumulando denaro.

Come sappiamo, è la miseria che incoraggia il furto. Noi condanniamo i ladri a marcire in prigione, tuttavia lasciamo che i loro creatori vivano in completa libertà. Sono, queste, le medesime persone che occupano rispettabili posti d’onore nella società.
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