La bellezza salverà il mondo (Dostoevskij)

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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GURU O COMPAGNO DI STRADA?
AUROBINDO E LO YOGA MODERNO



di Selene Calloni

Se incontri il Buddha per la strada uccidilo, affermava Sheldon Kopp nel suo celebre libro. "Uccidere il Buddha quando lo si incontra", egli diceva, "significa superare il mito del maestro, il mito del guru, il mito dello psicoterapeuta;
significa distruggere la speranza che qualcuno all'infuori di noi possa essere il nostro padrone. Nessun uomo è più grande di un altro".
Se nessun uomo è più grande di un altro, è chiaro che a ciascuno di noi spetta il compito di creare il proprio cammino in modo del tutto unico e autonomo. I cammini creati dagli altri non possono portarci alla meta. Ancora dallo stesso libro voglio citare un riferimento al cristianesimo che può essere valido per lo Yoga, così come per ogni sentiero spirituale:
"Venne il Cristo, e con lo zelo rivoluzionario di un vero sciamano, rovesciò il giudaismo [...]. Il Cristo venne per rinnovare la Legge, capovolgendola con la reinterpretazione rivoluzionaria. Risvegliò le moltitudini, e le riavviò sul pellegrinaggio della salvezza [...]. Ma troppo presto, come sempre, il carisma della leadership del Cristo divenne una questione di routine. Le considerazioni pratiche su come mantenere la Chiesa ed estendere il suo potere esaurirono il fuoco spirituale e l'eccitazione di essere tra i primi cristiani [...]. Si doveva imparare invece come essere un buon cristiano. Non era importante ormai vivere la propria salvezza [...]. Importate divenne conquistarla e tenersela"

Infine, per dirla con le Upanishad:
"Non per amore degli dèi gli dèi sono cari, ma per amore del Sé gli dèi sono cari. Non per amore della devozione la devozione è cara, ma per amore del Sé la devozione è cara. La devozione abbandona colui che vede in èssa qualcos'altro dal Sé".
Aurobindo, questo uomo-dio, si presenta alla storia come un rivoluzionario e come un poeta, più che come un guru del quale essere discepoli devoti. Questa è una delle sue caratteristiche che me lo fanno più amare.
Sono uno yogin perché sono un poeta, diceva il grande maestro. La poesia e lo spirito rivoluzionario venivano, per lui, prima di ogni altra cosa, e la sua biografia ce lo conferma. Eccone un breve stralcio tratto dalla voce "Aurobindo", che ho curato per la Enciclopedia dello Yoga (edita da Promolibri Magnanelli, Torino, 1996)

Aurobindo Ghosh nasce a Calcutta nel 1872. A soli sette anni viene mandato dal padre in Inghilterra, ove compie tutti i suoi studi. Torna in India a vent'anni. Deciso a contrastare il dominio britannico, si impegna nella resistenza armata contro gli inglesi. Negli anni trascorsi nel Regno Unito matura una mentalità laica e pragmatica e coerentemente, rientrato in patria, egli rifiuta il contatto con l'esperienza spirituale dell'India e quindi con lo Yoga, finché un episodio occorso al fratello Barin, guarito, grazie all'intervento di uno yogin, da una febbre tropicale che nessuna medicina riusciva a curare, convince Aurobindo che lo Yoga può avere effetti concreti anche nei confronti del mondo fisico. Egli inizia allora a praticare lo Yoga allo scopo di trovarvi una maggiore forza per alimentare la propria azione politica. Nel 1907 incontra Leie, lo yogin che gli insegna la via per raggiungere il silenzio mentale. Nel 1910, dopo un arresto subito da parte delle autorità britanniche che gli costa un anno di carcere, si rifugia a Pondichéry, piccola colonia francese nel sud dell'India, al di fuori della giurisdizione britannica. E qui che rimarrà fino alla morte (avvenuta nel 1950), totalmente dedito a quell'avventura interiore che egli riconobbe essere la vera azione, la sola azione in grado di mutare le sorti del mondo."

Con lo zelo rivoluzionario di un vero sciamano, Aurobindo ha rinnovato lo Yoga. Rovesciando o scavalcando lo Yoga Classico, lo Yoga di Patanjali, Aurobindo è tornato alle antiche fonti dello Yoga, i Veda, è passato attraverso lo Yoga esoterico, il tantrismo, e attraverso i filosofi occidentali moderni per darci il suo Yoga, il Piirna-yoga o Yoga Integrale, il quale è stato definito come uno Yoga che va oltre lo Yoga stesso.
Con l'inarrendevolezza e la totalità di un vero poeta, cinquanta anni orsono, il maestro è morto, cantando l'immortalità nella sua Savitri, il poema dello Yoga Integrale.
Nessuno come Aurobindo ha segnato così profondamente la mia vita contribuendo a svelarne il significato. Sono una psicoioga e da diciassette anni mi occupo di stati non ordinari di coscienza. Ho trascorso oltre sei anni in Oriente dove ho sperimentato pratiche sciamaniche e yoghiche capaci di ampliare lo stato di coscienza. Ho discusso una tesi di laurea che aveva per titolo Thè Practical Psychology in the Aurobindo's Yoga e ho approfondito i temi della psicologia occidentale di frontiera che hanno a che vedere con le tecniche che possono facilitare gli stati di coscienza non ordinari, per esempio il Rebirthing e la Respirazione Olotropica.

Il mio lavoro terapeutico è insegnare tecniche capaci di portare le persone a viaggiare negli stati di coscienza non ordinari, stati di trance o di estasi. Lo Yoga di Aurobindo è una delle principali fonti alle quali mi ispiro nella mia attività e nella mia vita. Ho conosciuto lo Yoga Integrale negli anni in cui vivevo in Sri Lanka grazie a un amico che mi ha fatto da guida e maestro lungo il mio percorso nello sciamanesimo e nello Yoga. Oramai lo Yoga Integrale è così unito alla mia attività e alla mia vita che scopro assai diffìcile trattare l'argomento in modo a sé stante, disgiunto, cioè, dalle pratiche sciamaniche o psicologiche e da tutto ciò di cui mi occupo. Se penso, per esempio, all'ultimo convegno al quale ho preso parte, il Convegno Internazionale di Parapsicologia, mi rendo conto che dietro ogni frase che ho pronunciato nel corso della mia conferenza vi era l'eco di un pezzo, magari riletto venti volte, di un'opera di Aurobindo. Nella millenaria storia dello Yoga sono riconoscibili tré tappe fondamentali: lo Yoga antico, lo Yoga classico e lo Yoga moderno.
Il Il primo è lo Yoga dei Veda e delle Upanishad, lo Yoga classico è lo Yoga di Patanjali, Aurobindo è lo Yoga moderno. Nella visione di Aurobindo, lo Yoga, il pensiero orientale, incontra la filosofia occidentale, spiritualità diviene sinonimo di evoluzione della specie, l'anima e il corpo si riconoscono l'una nell'altro, il mistico e il materialista si rispecchiano, il percorso che porta al Sé passa dalla trasformazione del corpo e diviene un materialismo divino. Aurobindo non ha solo profondamente segnato la storia dello Yoga, bensì anche la storia del pensiero occidentale. Come non vedere dietro il pensiero moderno occidentale, che sta ruotando intorno al concetto di olismo, ovvero di integrità dell'essere, sia nelle scoperte scientifiche che negli indirizzi terapeutici e filosofici più moderni, anche la grande spinta data dal maestro con il suo Yoga integrale?

Aurobindo è così grande eppure è così poco popolare rispetto ad altri pensatori del panorama indiano moderno di minore statura. Si dice che gli orientali non abbiano saputo perdonargli di essere così occidentale e gli occidentali non abbiano saputo perdonargli di essere così orientale. Ma Aurobindo è stato un grande precursore e forse sarà proprio solo il tempo a rendere giustizia alla sua statura.
Certamente, come ogni amante di Kali, la Dea Nera, come ogni esperto estimatore del tantrismo, Aurobindo non ha fatto nulla che potesse giovare alla propria popolarità. Egli è rimasto nella propria stanza per anni, camminando su e giù fino a creare, si dice, un solco nella pavimentazione, meditando e poetando e rispondendo alle lettere che gli giungevano da tutto il mondo. Esistono commoventi racconti dei suoi discepoli che narrano ammirati la sua solitudine.
Pensando al maestro nella sua stanza vengono alla mente i bellissimi versi del Moìse di Vigny: "Oh Signore, ho vissuto potente e solitario, permettimi di dormire il sonno della terra".
Ma isolamento non significa disattendere all'azione. Dopo essersi dedicato per anni all'azione politica, il maestro si è dedicato all'azione interiore e ha spinto gli uomini ad agire.
Rileggendo Aurobindo alla luce della celebre frase della Bhagavad Gita che afferma "Compi l'opera che ti è stata affidata poiché l'azione è infinitamente superiore alla non-azione", risulta evidente come tutto l'insegnamento del maestro sia un invito all'azione.
"Se si osserva attentamente la vita da una parte e lo Yoga dall'altra, ci si accorge che la vita è Yoga, coscientemente o subcoscientemente. Con questo termine, infatti, intendiamo uno sforzo metodico di perfezione di sé attraverso il manifestarsi di potenzialità latenti nell'essere e la ricongiunzione dell'individuo umano con l'Essenza universale e trascendente che vediamo parzialmente espressa nell'uomo e nel cosmo" (Aurobindo, La Sintesi dello Yoga).
"La vita animale è un laboratorio dal quale la natura ha fatto nascere l'uomo; l'uomo può essere il laboratorio dal quale ella vuole trarre il superuomo, l'essere di natura divina" (Aurobindo, La Vita Divina).
"Lo scopo del nostro Yoga non è l'autoanullamento, ma l'autoperfezione" (Aurobindo, Thè hour ofGod). "lo Yoga non è altro che una psicologia pratica" (Aurobindo, La sintesi dello Yoga).
E, richiamando gli uomini ad agire non in eremi isolati, ma nel trambusto del mondo, perfino là dove la materia è più nera e più sporca, egli diceva:
"La maggior parte delle discipline spirituali insistono sul completo controllo di sé, sul distacco e la rinuncia a ogni legame al denaro e alla ricchezza e a ogni desiderio personale ed egoistico di possederli. Alcune pongono persino un interdetto dichiarando che una vita povera e nuda è la sola condizione spirituale. E un errore che lascia il potere nelle mani delle forze ostili. Riconquistare il denaro per il Divino al quale appartiene e utilizzarlo divinamente per la vita divina, è la via supermentale che il sadhaka deve seguire" (Aurobindo, La Madre).
Riguardo al metodo esso è nell'aspirazione incessante dell'animo, è nell'abbandono integrale, nella sottomissione di tutte le parti dell'essere al Divino, poiché è nel libero esprimersi del miracolo universale, che la poesia rivela all'uomo.
"Tutto quaggiù è miracolo e per miracolo può cambiare" (Aurobindo, Savitri).

Selene Calloni si occupa di attività olistiche da oltre quindici anni. Dopo aver trascorso numerosi anni in Oriente, si è laureata in psicologia con una tesi sullo Yoga Integrale. È autrice di vari articoli e libri sullo Yoga e sullo Sciamanesimo.



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