forestiero che vai cercando la pace al crepuscolo, 
la troverai alla fine della strada. (F. Battiato)

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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LA VITA SENZA CONDIZIONI


di  D. Chopra

"Ero sicuro fin dall'inizio che sarei guarito. Non so spiegarvi perche'. Era come un segreto che dividevo con Dio. Io l'ho chiamato un dono perche' non vi sono parole per descriverlo. Mi è stata donata una possibilità di rifarmi.

Non sapevo come, sapevo solo che sarebbe successo, che niente avrebbe potuto impedirlo".

Molti hanno ormai letto i racconti di coloro che hanno sperimentato per un attimo la morte, fatto che accade a migliaia di persone ogni anno. I dettagli variano da storia a storia, ma un tema comune a tutti è la comparsa improvvisa di una totale sensazione di sicurezza. Persone che tornano in vita dopo che il cuore aveva smesso di battere riferiscono spesso che, mentre "andavano verso la luce", o volteggiavano sopra i loro corpi guardandosi dall'alto, si sentivano completamenti protetti. Spesso questa sensazione permane anche quando riprendono a malincuore il possesso dei loro corpi. A questo punto trovano difficile preoccuparsi delle cose di cui uno dovrebbe preoccuparsi, specialmente di morire. Forse è proprio così che ci dovremmo sentire, anche senza l'esperienza di quasi-morte.

L'esistenza può anche non essere una scelta, ma il modo in cui ci mettiamo in relazione con essa lo è certamente.

Alcune persone crescono nutrendo la segreta sensazione di essere speciali. Si sentono protette dalla sorte, anche se probabilmente non riveleranno mai a nessuno tale incauta convinzione. Il dr. Irvin Yalon scrive a una donna che aveva creduto per anni alla sua straordinarietà fino a che era stata disillusa in maniera piuttosto traumatica: fu completamente sconvolta il giorno in cui venne rapinata da un borseggiatore nel parcheggio di un ristorante.

Yalom scrive: "Ciò che la rapina soprattutto aveva messo in luce era la sua normalità, il suo -non avevo mai pensato che potesse succedere a me- che rifletteva la perdita della convinzione di essere speciale". Egli non si riferisce ad alcun talento o dono speciale posseduto da questa donna. Apprezzare quel tipo di straordinarietà è un fatto estremamente razionale. Ma, sostiene Yalom, abbiamo anche un senso irrazionale di unicità, che serve come "uno dei nostri metodi principali per negare la morte".

Eppure, ben lontani dal ritenerlo un aspetto positivo, gli psichiatri tendono a considerare questo modo di sentirsi speciale come non desiderabile e, quando la donna andò da Yalim per essere curata, l'obiettivo principale del medico fu quello di farle instaurare buoni rapporti con la sua normalità. Questo significava che doveva toglierle di dosso quella sensazione di essere protetta contro la morte.

Qui ci troviamo di fronte al ruolo ambiguo di autoprotezione della psiche.

Il sentirsi sicuro dalla morte non è qualcosa a cui possiamo rinunciare facilmente; d'altra parte, se la paura della morte viene occultata a forza nella profondità del nostro subcosciente, potrebbe spargere dentro di noi un terrore clandestino, che noi ignoriamo a nostro rischio e pericolo.

Yalom prosegue: "Quella parte della nostra mente il cui compito è di mitigare il terrore della morte genera in noi la convinzione irrazionale di essere invulnerabili, che le cose spiacevoli come la vecchiaia e la morte possano essere la sorte degli altri ma non la nostra, che noi esistiamo al di là della legge, oltre il destino umano e biologico".

Io ammetto che sia una meta che vale la pena di inseguire, quella di scacciare le delusioni e soprattutto di liberare la mente dalle paure nascoste, ma al di là del traguardo della salute mentale, vi è quello della libertà. Dove può cominciare la libertà se non da "quella sensazione di straordinarietà, di essere incantati, di essere l'eccezione, di essere eternamente protetti" che la psichiatria vuole soffocare?

Tutte queste sensazioni vengono etichettate da Yalom come autoinganni. Eppure, anche pensare che sono illusioni può non essere altro che un'illusione più grande, almeno così dicono gli yogi.

Il punto di partenza dello yoga è proprio questa sensazione di essere speciali o incantati o "protetti". Senza questa sensazione, l'unica condotta equilibrata nella vita sarebbe quella di venire a patti con il mondo concreto e percepibile che abbiamo davanti agli occhi, completo del suo carico di dolore, di vecchiaia e di morte. Al massimo ci si potrebbe impegnare in una "paradossale battaglia", come dice Montagne, contro un nemico che è destinato a vincere fin dal primo minuto di combattimento.

Molti, forse tutti, coglierebbero al volo l'occasione di sentirsi di nuovo speciali, ma il loro condizionamento li allontana recisamente da ogni possibilità. Lawrence LeShan è un famoso psicologo che, più di trent'anni fa, aprì la strada alla stupefacente teoria che il cancro abbia una componente personale. Egli sosteneva che diventare un malato di cancro non è altro che il prodotto finale di meccanismi di nevrosi risalenti all'infanzia. LeShan fu anche tra i primi ad usare la psicoterapia come mezzo per ridare vitalità agli istinti sepolti del malato di cancro, in particolare l'istinto di guarire.

LeShan capì che doveva cominciare a capovolgere i metodi della terapia convenzionale. Se una paziente affetta da cancro al seno va da un terapeuta convenzionale, egli metterà a fuoco principalmente i suoi sintomi. Messo di fronte al dolore psicologico della malattia, egli proverebbe a identificare la fonte precisa del dolore e a indebolirlo.

LeShan invece cerca di far diventare il cancro una svolta decisiva, con lo scopo non di ridurre i sintomi, ma di spingere il paziente verso nuove vette. Egli si concentra sull'unicità e individualità del paziente: una paziente affetta da cancro al seno che andasse da lui si sentirebbe dire che ha "una canzone speciale da cantare nella vita", una fonte di gioia che appartiene solo a lei.

Il primo giorno della terapia, quando LeShan guarda i suoi pazienti e comunica questa meta, molto spesso ne riceve in cambio ostilità e rifiuto. Qui di seguito ci sono alcune risposte tipiche, prese dal suo libro Cancer as a Turning Point.

- "Se avessi trovato la mia musica, sarebbe così dissonante che non mi piacerebbe e non piacerebbe neanche a nessun altro. Il mio modo di essere -naturale- è brutto e repellente. Ho imparato molto tempo fa a non manifestarlo per poter avere qualche relazione con gli altri o per poter convivere con me stesso".
- "Se avessi trovato la mia canzone e provassi a cantarla, scoprirei che non c'e' posto nel mondo per uno come me"
- "La mia canzone avrebbe tali contraddizioni interne che sarebbe impossibile"

Nella loro profonda angoscia, questi pazienti percepiscono il tentativo di aiuto del terapeuta come un'enorme minaccia. Respingono le sue mete "impossibili" e si aggrappano disperatamente ai valori "altruistici" che sono stati loro inculcati da bambini. Questi valori comprendono l'essere modesti ed educati, non perdere mai la pazienza, accondiscendere ai desideri altrui e via dicendo. Nella nostra società tutti i bravi bambini li hanno imparati. Ma, nella bocca dei pazienti di LeShan, questi valori hanno un suono spaventoso, come quello di un'anima soffocata.

Comunque la maggioranza di noi accetta gli stessi valori e, entro un certo limite, anche noi sentiamo che il mondo non ha nessuna voglia di sentire la nostra musica -l'espressione dei nostri sentimenti e dei desideri più personali- solo perché è nostra.

Questo comportamento rivela una profonda mancanza di autoaccettazione.

Ma poiché siamo abbastanza sani da restarcene fuori da una terapia o da un reparto oncologico, non siamo tenuti a difendere la nostra vulnerabilità in maniera così scoperta come queste donne.

Ogni qualvolta le persone riescono a trovare la loro canzone, la loro profonda sfiducia in se stesse comincia ad allentare la presa, lasciando un po' di spazio alla creatività. Si scopre così che la canzone è bellissima; la gente si accorge che può cantare senza venire punita e può anche guadagnarsi da vivere essendo se stessa.

"Inoltre", fa notare LeShan, "in tutti i casi la canzone era socialmente positiva ed accettabile. Non mi è mai capitato di trovare un'eccezione". Dietro il timore di essere unico, ognuno di noi ha un fortissimo desiderio di essere più unico e speciale possibile. In sostanza LeShan sta semplicemente chiedendo ai suoi pazienti di essere se stessi.

Come mai tale prospettiva è all'inizio così spaventosa?

Perché, per quanto possiamo negarlo, laggiù nel profondo, tutti noi siamo stati feriti dal vedere i nostri desideri infantili calpestati, ma abbiamo accettato che avvenisse "per il nostro bene". Un bambino necessita e chiede di essere rispettato come una persona unica nel suo genere, ma poiché è piccolo e ha disperatamente bisogno dell'approvazione dei genitori, sacrificherà i propri sentimenti per guadagnarsi il premio del loro amore.

La maggior parte di noi è stata nutrita dai genitori con il concetto di "essere buoni", e vi ci siamo conformati anche se ciò faceva soffrire i nostri io infantili ancora egoisti. Come rivela la psicanalista svizzera Alice Miller, ci è stato insegnato a essere buoni prima ancora che VOLESSIMO essere buoni.

Questa può apparire una distinzione sottile, ma è quella che fa la differenza fra la libertà e la schiavitù nella nostra vita da adulti. Una volta cresciuto, posso essere perfettamente assuefatto a essere buono. Ogni volta che do qualcosa agli altri, mi sento superiore perché sono in grado di dare e mi dispiace per quelli che non possono.

Ma la cartina di tornasole è come mi sento quando sto dando. Sono veramente contento o sono un ipocrita? Mi aspetto qualcosa in cambio, come la gratitudine, la deferenza e il rispetto? O lascio che l'altro provi quello che vuole, qualunque sia la reazione? Il dare può essere segno di vera libertà, di disponibilità ad accontentarsi di meno perché qualcun altro possa avere di più.

Ma una persona che abbia imparato a mascherarsi da donatore è in completa schiavitù. Di che cosa? Del ricordo di ciò che deve fare per fare contenti i propri genitori.

Cominciando col desiderio di compiacere le proprie madri, abbiamo imparato a leggere come perfetti esegeti i più fievoli indizi di accettazione e rifiuto negli altri. A mano amano che ci adattiamo a questo modello esteriore, esso diventa una seconda natura, una specie di falso io. Si crea così una cesura fra le emozioni vere e quelle false, fra quello che dovrei sentire e ciò che sento in realtà.

Il processo è sottile ma infido. Se dura abbastanza a lungo, ci si dimentica di cosa significhi semplicemente essere, lasciare che felicità e tristezza affiorino quando voglio, dare o tenere come mi suggerisce il momento.

Perché il falso io non sente veramente, calcola.

Una vita vissuta veramente è la congiunzione del cuore e della mente. Quando le sensazioni giungono, la mente le approva e si delizia in loro. Non è difficile verificare se qualcuno sta conducendo tale vita, perché vi dirà immediatamente che il miglior periodo che abbia mai trascorso è il presente. Questo è un certo segno che la mente non corre avanti al cuore in attesa né gli si trascina dietro nella nostalgia.

Il poeta cinese Wu-Men raccomanda:

Diecimila fiori in primavera,
la luna in autunno,
Una fresca brezza in estate,
neve in inverno.
Se la vostra mente non è annebbiata da cose inutili,
questa è la stagione migliore della vostra vita.

Se l'equilibrio fra cuore e mente viene turbato, specialmente se è stato distrutto il livello sottile del sentire, ecco che comincia un processo che chiamiamo razionalizzazione.

Perché non sono felice in questo preciso momento?

"Adesso sono troppo occupato. Sarò felice quando avrò successo".
"Oggi non è una buona giornata; sarò felice domani".
"Non posso essere felice con te, non sei al mio livello".
"Gli altri hanno così tanto bisogno di me che devo essere responsabile".
"La vita è meno rischiosa se sei buono e ti uniformi alle regole".
"Sarò felice quando otterrò ciò che voglio".

In ogni frase si sente la vittoria della ragione sul cuore.

Essere felici non è più una cosa immediata; è diventata una prospettiva vicina o lontana, un'idea più che un sentimento.

Nella meditazione, lo yogi cerca di liberare un sentiero per il sentimento, eliminando le "cose inutili" dalla sua mente, in modo da poter sperimentare veramente la soddisfazione interiore, che tutte le antiche scritture proclamano nostro diritto di nascita. Ogni qualvolta una persona riesce ad unire testa e cuore, quello è yoga.

La ricompensa per questa unione è immensa: ogni momento diverrà il migliore della vita.

Uno yogi bilancia le qualità dell'intelletto e del sentimento, ma io penso che spesso lui propenda per il cuore

Circondato da gente (persino in India) che insegue il risultato senza raggiungere l'appagamento, egli sceglie per primo l'appagamento.

Egli non lascera' che la gente lo derubi dalle sottili sensazioni di gioia che giungono liberamente come foglie soffiate dal vento e altrettanto facilmente vengono spazzate via

da "LA VITA SENZA CONDIZIONI


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