Il silenzio è l'eloquenza della sapienza
Samael Aun Weor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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LA POESIA MANTRICA



di Tommaso Iorco

Portare a compimento una nuova collana di poesia, in un’epoca come la nostra, così poco incline alla sensibilità poetica, può sembrare un’impresa anacronistica. Come se non bastasse, non è una generica collana di poesia, quella che noi proponiamo, poiché le nostre scelte seguono una direzione molto precisa e specifica — venendo a creare così una collana “di nicchia”, come si suol dire —, la cui meta si situa niente di meno in cima al monte Elicona: ci riferiamo alla poesia mantrica, vale a dire alla poesia ispirata, o meglio ancora (possibilmente) alla poesia rivelata. E tutto ciò, non attraverso la pubblicazione dei grandi classici del passato, bensì pubblicando autori moderni e per giunta poco conosciuti. In primis, il sommo Sri Aurobindo, in Italia così poco conosciuto, ma soprattutto mal conosciuto. Quanti sanno, per esempio, che lui considerava la poesia come il proprio strumento espressivo per eccellenza e che quanto di più importante ha scritto è stato facendo uso del verbo poetico? Eppure, in italiano, fino a pochi anni fa, non esisteva alcuna traduzione delle opere poetiche di Sri Aurobindo. Finché la collana Mantrica non è intervenuta per colmare questa enorme lacuna.

Ma, innanzitutto, che cosa si intende per “poesie mantrica”? Per tentare di illustrarne il senso, dobbiamo necessariamente fare ricorso allo stesso Sri Aurobindo, suprema autorità in materia. Partiamo quindi dalla citazione di un brano tratto da un carteggio personale (datato 2 giugno 1931), concernente l’ispirazione.

«La poesia, o perlomeno la poesia genuina, giunge sempre da alcuni piani sottili, passa attraverso il vitale creativo e utilizza la mente di superficie e altri strumenti esterni come meri canali di trasmissione. Nella produzione poetica possiamo distinguere tre elementi: la sorgente originaria dell’ispirazione; la forza vitale della bellezza creativa che conferisce la propria sostanza e il proprio impeto e che spesso determina la forma (tranne quando anche questa proviene direttamente dalla sorgente originaria); e infine la coscienza esteriore trasmettitrice del poeta. La poesia più genuina e più perfetta viene scritta quando la sorgente originaria riesce a proiettare la sua ispirazione pura e non diminuita nel vitale, laddove assume una forma e il potere di espressione originali che riproducono fedelmente l’ispirazione, mentre la coscienza esteriore, completamente passiva, trasmette senza alterazione ciò che riceve dalle deità degli spazi interiori o superiori.

Quando la mente vitale e l’emozione sono troppo attive e immettono in misura eccessiva la propria azione o producono una traduzione in sostanza vitale più o meno torbida, la poesia rimane potente ma è inferiore in qualità e meno autentica. Infine, se la coscienza esteriore è troppo letargica e blocca la trasmissione, o se è troppo attiva e crea la propria versione, allora l’essenza poetica viene a mancare o è, al meglio, un pregevole prodotto mentale. È l’interferenza di questi due aspetti, sia per ostruzione sia per attività eccessiva o per entrambi i fattori, a generare il travaglio e la fatica dello scrivere. Non ci sarebbe alcuna difficoltà se l’ispirazione fluisse senza incontrare ostruzioni o interferenze generando una pura trascrizione — ed è ciò che accade nei momenti più alti o più felici di un poeta, quando egli scrive utilizzando l’ispirazione quale portavoce degli dèi, senza che ciò abolisca necessariamente la mente umana esteriore.

La sorgente originaria può essere dovunque; la poesia può affiorare o discendere dal piano fisico sottile, dal vitale superiore o inferiore stesso, dall’intelligenza attiva o creativa, dal piano della visione dinamica, dallo psichico, dalla mente illuminata o dall’intuizione — perfino, sebbene ciò sia piuttosto raro, dalle vastità surmentali. Raggiungere l’ispirazione surmentale è così difficile che esistono solo pochi versi o brevi gruppi di versi nell’intera letteratura poetica che ne offrono almeno qualche apparenza o riflesso.

Quando la sorgente d’ispirazione è nel cuore o nello psichico, è più facile che ci sia una buona volontà nel canale vitale, sicché il flusso è spontaneo; l’ispirazione assume subito la propria forma e la propria espressione vere ed è trasmessa senza alcuna interferenza, o con un minimo di interferenza da parte della mente cerebrale, grande saccheggiatrice degli splendori più alti o più profondi. È peculiare all’ispirazione lirica il fluire dall’essere in un solo fiotto — se proviene dal vitale o dallo psichico, essa è abitualmente spontanea poiché queste sono le due parti della natura che, più potentemente, incitano e sospingono. Quando, al contrario, la sorgente di ispirazione si situa nell’intelligenza poetica creativa o perfino nella mente superiore o illuminata, la poesia che proviene da questa regione è sempre soggetta a essere catturata dall’intelletto esteriore, nostro consueto motore di produzione del pensiero. Questo intelletto è una parte della natura assurdamente iperattiva; pensa sempre che nulla possa essere svolto bene se non ci mette il proprio zampino, e così interferisce con l’ispirazione, ostacolandone la metà o anche più e adoperandosi a sostituire le sue produzioni inferiori e laboriose al vero ritmo e alla vera espressione che dovevano prodursi.

Il poeta si affanna nel tormento di ottenere la sola parola vera, il ritmo autentico, la vera sostanza divina di ciò che deve dire, mentre dietro, nel frattempo, tutto è già pronto e completo; ma la libera trasmissione viene negata da qualche parte dello strumento trasmettitore che preferisce tradurre anziché, semplicemente, ricevere e trascrivere. Quando si raggiunge qualcosa che proviene dalla mente illuminata, allora è probabile che nasca un lavoro veramente pregiato e grande. Quando prende corpo, con o senza fatica, qualcosa di ragionevolmente simile a ciò che l’intelligenza poetica voleva esprimere, allora si produce qualcosa di raffinato o di adeguato, sebbene non sempre si tratti di qualcosa di grande, a meno che non ci sia un intervento dei piani più elevati.

Ma quando la mente esteriore è al lavoro e tenta di foggiare qualcosa da se stessa o di offrire la propria versione di ciò che le sorgenti superiori tentano di riversare, allora ne scaturisce un’opera o un prodotto del tutto inadeguato o difettoso oppure, nella migliore delle ipotesi, “complessivamente buono” ma lungi da ciò che avrebbe dovuto effettivamente discendere» (Letters on Poetry and Art).

Un tale processo di ispirazione, è bene chiarirlo subito, non ha nulla a che vedere con la cosiddetta “scrittura automatica” tentata dai poeti surrealisti dei primi del Novecento. Il dettato automatico è infatti la trascrizione più o meno precisa di taluni piani perlopiù subconsci che vengono fatti affiorare in superficie con tutta la loro incoerente e talvolta fascinosa complessità crepuscolare. Riportiamo i seguenti versi di André Breton come uno dei più suggestivi esempi di scrittura automatica:

Le poisson-télescope casse des pierres au fond des livres
Et le plaisir roule ces pierres
Comme vont à dos d’âne de très jeunes filles d’autrefois
En robes d’acacia


È evidente qui l’emergere di un automatismo inconscio, reso manifesto mediante un intrico surreale di immagini che non esprimono nulla, ma che ben riflettono — anche mediante il ritmo sincopato e la musicalità dissonante dei versi — i complessi e caotici grovigli di oscure zone submentali assolutamente sfuggenti al controllo della mente razionale. La poesia surrealista nasce da di un tentativo di rivolta — all’interno della cultura occidentale (all’epoca arroccata con presuntuosa ostinazione su positivismo e scetticismo) — contro una certa poesia che si limitava semplicemente a esprimere emozioni, pensieri, sentimenti; si cercava così di rifuggire da una scrittura fondamentalmente innocua, di stampo borghese e, insieme, di lacerare il velo di mistero che separa la nostra coscienza di veglia da una assai più vasta coscienza subliminale. E, come provocazione, ciò ebbe un suo valore e una sua validità. Tuttavia, i risultati che produsse, limitati anche perché troppo influenzati dalle imperfette teorie freudiane dell’inconscio, rappresentano l’esatto opposto di una poesia ispirata, sgorgante da piani di coscienza sovrarazionali, illuminati da una luce via via più diretta, più calda, più intensa, più radiosa.

A questo punto è bene precisare che i piani più usuali dai quali la poesia trae ispirazione sono il fisico sottile, il vitale, l’intelligenza poetica, la mente interiore (a sua volta comprendente l’intelligenza interiore, l’intelligenza intuitiva, la mente mistica e la visione dinamica). Ma la vera poesia mantrica giunge da livelli di coscienza assai più elevati e profondi, ovvero, lo psichico, la mente superiore, la mente illuminata, l’intuizione e, al sommo, il surmentale, origine del mantra vero e proprio. Con questo non si vuole certo affermare che i poeti che esprimono livelli ‘inferiori’ siano poeti di second’ordine — nient’affatto: chiunque riesca a esprimere poeticamente, ossia con adeguata forza e bellezza, un qualunque livello di coscienza, è senza dubbio un grande poeta. Sri Aurobindo considerava per esempio Omero un poeta del fisico sottile e Shakespeare un poeta del vitale, e collocava entrambi fra i migliori poeti in assoluto (assieme a un pugno d’altri, tra i quali il nostro Dante). Non si tratta pertanto di considerazioni di grandezza ma, più semplicemente, di livello di ispirazione. E ciò non significa neppure, ovviamente, che Omero o Shakespeare abbiano espresso esclusivamente il fisico sottile o il vitale; semplicemente, questi sono i piani di coscienza predominanti nella loro poetica. Prova ne è che ambedue sono riusciti, in alcuni momenti privilegiati, a cogliere la vibrazione mantrica propria del surmentale.

Be de kat Oulumpoio karenon choomenos ker
— troviamo nell’Iliade omerica (I.44);
In the dark backward and abysm of time?
— leggiamo nella shakespeariana The Tempest (atto I, scena II); e in entrambi questi versi Sri Aurobindo rileva una chiara impronta surmentale. E ciò non tanto in virtù del senso delle parole, quanto piuttosto grazie a quel qualcosa che aleggia nella musicalità e nel ritmo stessi dei versi, cullati su un sottofondo di eternità, che li pervade per intero e li colma di quello stesso respiro d’infinito da cui la loro vibrazione essenziale scaturisce. Ecco perché qualunque traduzione poetica è sempre approssimativa, destinata a tradire in maggiore o minore misura la vibrazione originaria.

Di ben altra natura è l’ispirazione psichica, riconoscibile per la particolare intensità di emozione purificata, sgorgante dalla nostra più genuina essenza d’anima. Ricchissima di questo livello di ispirazione, in India, è la letteratura bhakti (poeti come Tulsidàs, Mirabài, Kabìr, Vidyàpati, Nammàlvar — e molti altri — rappresentano un patrimonio assai caro nel cuore degli indiani). Nella poesia italiana possiamo cogliere la vibrazione psichica in alcune composizioni dei cantori del “dolce stil novo”, ma anche in alcuni poeti del Novecento. Un esempio in tal senso, d’eccellente fattura, si può scorgere nei seguenti versi di Angelo Poliziano, tesi a descrivere proprio l’uccello psichico dell’ispirazione (non a caso il greco psiché reca per l’appunto il doppio senso di ‘anima’ e di ‘farfalla’), il cui volo, inafferrabile, colma il cuore del poeta di un dolcissimo anelito di amore infinito.

Era il suo canto sì soave e bello,
che tutto ’l mondo innamorar facea.
I’ m’accostai pian pian per veder quello,
vidi che ’l capo e l’ale d’oro avea,
ogni altra penna di rubin parea,
ma ’l becco di cristallo e ’l collo e ’l petto.


Occorre possedere una forte sensibilità e una ben allenata capacità discriminatoria per distinguere la vibrazione psichica da quella del vitale superiore, esprimente l’esaltazione e la passione della vita, tesa verso un utilizzo appassionatamente raffinato di emozioni e sentimenti. Come sublime esempio di espressione del vitale superiore — utile anche per comparare la sostanziale differenza vibratoria con la precedente citazione poetica —, riportiamo un passo dell’Aminta di Torquato Tasso (atto I, scena II, versi 656-681). Da notare particolarmente la differenza di movimento ritmico, che richiede una dizione più accelerata rispetto ai versi decisamente più dilatati e pacati di cui sopra.

O bella età de l’oro,
non già perché di latte
sen corse il fiume e stillò mele il bosco;
non perché i frutti loro
dier de l’aratro intatte
le terre, e gli angui errar senz’ira o tosco;
non perché nuvol fosco
non spiegò allor suo velo,
ma in primavera eterna, ch’ora s’accende e verna,
rise di luce e di sereno il cielo;
né portò peregrino
o guerra o merce a gli altri lidi il pino;
ma sol perché quel vano
nome senza soggetto,
quell’idolo d’errori, idol d’inganno
quel che dal volgo insano
onor poscia fu detto,
che di nostra natura ’l feo tiranno,
non mischiava il suo affanno
fra le liete dolcezze
de l’amoroso gregge;
né fu sua dura legge
nota a quell’alme in libertate avvezze,
ma legge aurea e felice
che natura scolpì, “S’ei piace, ei lice”.


Più simili alla vibrazione surmentale, sebbene assai diluiti rispetto a quest’ultima, sono i versi che derivano la loro ispirazione dai livelli sopracoscienti della mente — dalla mente superiore, alla mente illuminata, alla mente intuitiva —, gradini che precedono, nell’ascesa, la vetta costituita dal surmentale. Usiamo, come di consueto, la terminologia coniata da Sri Aurobindo, ricordando come egli distinguesse la coscienza surmentale (overmental), considerata l’apice della coscienza mentale, la più alta vetta raggiungibile dall’uomo quale essere mentale, dalla coscienza-forza sopramentale (supramental), che si trova per l’appunto al di là della mente e che rappresenta il piano della ‘coscienza di Verità’, per tradurre l’appropriato termine rigvedico (rta-cit). La coscienza sopramentale, tuttavia, non sembra esprimibile attraverso l’umano linguaggio. In tale potere di coscienza, sovrumano e divino, risiede la culla del ‘dopo-uomo’ — e quindi, necessariamente, di un nuovo potere espressivo, radicalmente altro rispetto al linguaggio umano, proprio come la voce di Maria Callas si distingue nettamente dal raglio di una voce non coltivata.

«Il ritmo — scrive Sri Aurobindo in The Future Poetry — rappresenta la necessità principale dell’espressione poetica, poiché è il movimento sonoro che trasporta nel suo flusso il movimento di pensiero nella parola; ed è il suono-immagine musicale che maggiormente contribuisce a colmare, ampliare, rendere più sottile e più profonda l’impressione del pensiero, o l’impressione della sfera emozionale o vitale e a trasportare il senso al di là di se stesso in una espressione di ciò che intellettualmente è inesprimibile — e ciò è, da sempre, il potere peculiare della musica» (Style and Substance, cap. IV). Non molto diversamente, Benedetto Croce — nella sua Estetica — sosteneva che la poesia nasce dall’unione di immagine e di suono.

Peraltro, ciascun piano di ciò che costituisce quanto Sri Aurobindo definiva con il termine intraducibile di Overhead Poetry (poesia derivante cioè da piani di coscienza superiori al consueto stato di coscienza umano) è caratterizzato da una sua qualità vibratoria e da una certa intensità e continuità di luce. La vibrazione tipica della mente superiore si manifesta come un’ampia e potente distesa di chiarezza di visione; la luce è temperata, ma viva — non si tratta di un semplice riflesso, come nella comunissima mente razionale, ma di una effulgenza originale e diretta, per quanto tiepida.

Se tutto il mondo è come casa nostra,
fuggite, amici, le seconde scuole


Così Tommaso Campanella, nel sonetto proemiale delle proprie liriche.

La mente illuminata è caratterizzata invece da una intensità di luce che incomincia a rivelare qualcosa della forma dello Spirito; il velo si fa più trasparente e qualcosa si incomincia a intravedere, a percepire. Ricorriamo a una quartina del celebre Le Bateau Ivre di Rimbaud per offrire un esempio poetico che trae ispirazione da tale piano:

Je sais les cieux crevant en éclairs, et les trombes
Et les ressacs et les courants: je sais le soir,
L’Aube exalté ainsi qu’un peuple de colombes,
Et j’ai vu quelquefois ce que l’homme a cru voir.


La caratteristica peculiare della mente intuitiva pare quella di procedere mediante potenti lampi, ovvero attraverso successive e sempre nuove folgorazioni della coscienza, volte via via a illuminare singoli dettagli, scorci parziali, senza però poterci offrire una immagine completa del campo della visione. Giordano Bruno ci offre, in un bellissimo sonetto tratto dalla sublime raccolta degli Eroici furori (davvero animata dal più genuino furor poeticus), quattro versi di grande forza evocativa, rispettivamente a chiusura della seconda quartina e della terzina di chiusura:

Io per l’altezza de l’oggetto mio,
da suggetto più vil dovegno un dio.
[…]
Ed io, mercé d’amore,
Mi cangio in dio da cosa inferiore
.

In tal modo, giungiamo alla vetta dell’espressione poetica e del mantra, con il surmentale, per l’appunto. Ai versi già citati in precedenza (di Omero e di Shakespeare) aggiungiamo con un certo piacere due emistichi tratti da Le Ricordanze di Giacomo Leopardi, indicati dallo stesso Sri Aurobindo:
………acerbo indegno
Mistero delle cose
— dai quali emerge chiaramente il fatto che la vibrazione mantrica non proviene principalmente dal senso compiuto della parola poetica, quanto piuttosto dalla sua più pura alchimia sonora.

Sui livelli surmentali, la luce è ampiamente diffusa e stabile, non agisce più a fiotti, ma attraverso una visione calma e sovrana, che abbraccia grandi estensioni di visione e di esperienza. Si tratta di una coscienza cosmica in grado di posare il proprio sguardo su traiettorie illimitate; è «una massa di luce stabile», come la definisce Sri Aurobindo, priva di intermittenze, e ricolma di una gioia universale, di un vero e proprio enthusiasmós.

Sri Aurobindo è, per quanto ne sappiamo, il poeta moderno che più d’ogni altro esprime la vibrazione surmentale nel suo grado più elevato. Sri Aurobindo distingueva infatti, nell’ambito della coscienza surmentale, quattro ulteriori gradazioni, da lui chiamate intelligenza surmentale, intuizione surmentale, surmentale vero e proprio, e surmentale sopramentalizzato. E sono proprio questi ultimi due gradi che sono i maggiori responsabili della poesia mantrica di Sri Aurobindo, sebbene non in modo esclusivo: anche gli altri piani di coscienza, come abbiamo brevemente visto, possiedono una loro bellezza che Sri Aurobindo espresse attraverso il linguaggio poetico. La loro vibrazione merita di essere apprezzata, goduta, compresa da quanti sanno leggere per davvero. Per questo tutti i libri della collana Mantrica hanno il testo originale a fronte.

Collezione Mantrica (con testo originale a fronte)

Sri Aurobindo – Perseo il Liberatore
Sri Aurobindo – I visir di Bassora
Sri Aurobindo – Ilio (la caduta di Troia)
Sri Aurobindo – Erik e Vasavadatta
(uscita prevista: 24.4.09)
Edizioni ARIANUOVA


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05 APRILE 2019 BOLOGNA - MEDITAZIONE - L'ESPERIENZA DEL RAJA YOGA
17 APRILE 2019 MILANO - CELEBRAZIONE EQUINOZIO DI PRIMAVERA E MEDITAZIONE DELLA PASQUA
13 - 14 APRILE CANTAGALLO (PO) - TEMPIO INTERIORE - SEMINARIO DI DANZA SUFI
13 - 14 APRILE 2019 FIRENZE - WORKSHOP LA SAGGEZZA DEL CUORE - PER INSEGNANTI E GENITORI
02 APRILE 2019 MILANO - IL POTERE DELL INTUIZIONE
14 APRILE 2019 MILANO - IMPARIAMO AD INTERPRETARE SEGNI E COINCIDENZE - CON GIAN MARCO BRAGADIN
05 APRILE 2019 PERUGIA - MEDITAZIONE E ARTE
25 - 28 APRILE 2019 GROSSETO - SEMINARIO DI ASCOLTO DI SE CON IL RESPIRO
27 APRILE 2019 FIRENZE - HO OPONOPONO IL SEGRETO HAWAIANO
27 - 28 APRILE 2019 MONTELUPO FIORENTINO - CORSO DI COSTELLAZIONI FAMILIARI E SISTEMICHE
25 - 26 - 27 - 28 APRILE 2019 BELLARIA IGEA MARINA (RN) - OSHOFESTIVAL 2019
06 APRILE 2019 ROMA - TRA LUCE E OMBRA - SEMINARIO ESPERIENZIALE
12 APRILE 2019 SAN PIETRO IN CERRO (PC) - LIBERA LE EMOZIONI
03 APRILE 2019 PRATO - L'UNIONE - I 12 PASSI DELL AMORE
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