Le cose sono unite da legami invisibili, non si può cogliere un fiore senza turbare una stella - Albert Einstein

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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CONOSCERE LA MENTE



di Realizzazione

Tutta la felicità passata, presente e futura deriva dal conoscere la propria mente. conoscere il Buddhismo significa conoscere la propria mente.Noi e tutti gli altri esseri viventi, senza eccezioni, desideriamo la felicità e cerchiamo di evitare la sofferenza; questo è lo scopo principale di tutto quello che facciamo, diciamo e pensiamo. Essendo venuti al mondo, desideriamo continuare a vivere e aspiriamo a un certo grado di felicità, libertà, amore e benessere. Eppure, per quanto fortunati possiamo essere, alla fine ci sarà sempre qualcosa che continua a sfuggirci; quella voce interiore, che conosciamo da sempre, continuerà a dirci: “C’è ancora qualcosa che mi manca; non sono ancora veramente felice”. La felicità è un’esperienza, uno stato della mente; potremo mai riuscire a raggiungerla, se ci disinteressiamo proprio della mente, di ciò che fa l’esperienza? Eppure la maggioranza degli esseri fa esattamente questo: cercare all’esterno qualcosa che in realtà si trova all’interno; rincorrere un’infinità di oggetti dimenticandosi completamente del soggetto.

Questo atteggiamento maldestro produce tutti i paradossi, piccoli e grandi, del mondo che ci circonda. Conoscere la mente significa rendersi conto di come i nostri modi di pensare, sentire e reagire creano la nostra felicità e la nostra sofferenza. Quindi non è affatto un argomento astratto, qualcosa di cui dovrebbero occuparsi solo gli psicologi o gli studiosi del settore. Conoscere la mente ci riguarda tutti personalmente e direttamente; è la quintessenza di tutte le conoscenze, qualcosa che dovrebbe essere insegnato a scuola – se solo ci fosse qualcuno in grado di farlo. La conoscenza della mente non appartiene a nessuna filosofia di vita in particolare, trascende ogni distinzione fra ideologie o schieramenti politici, e non può essere rinchiusa nei confini di una dottrina religiosa. Piuttosto, ha a che fare con la nostra condizione di esseri umani in quanto tali.

Possiamo attaccarci con gran forza alle nostre convinzioni: sposando una certa fede politica, potremmo avere idee molto precise su cosa sia “una società migliore”; ma a cosa serve questo, se individualmente non siamo capaci di diventare noi stessi “una persona migliore” – e continuiamo ad essere in balìa di emozioni conflittuali e distruttive? Abbracciando un insegnamento religioso, potremmo avere idee molto precise su cosa siano la “verità assoluta” o la “legge divina”; ma a cosa serve questo, se non sapdella nostra mente che creano confusione e sofferenza in noi stessi e negli altri? Avendo elaborato una nostra filosofia di vita personale, potremmo avere convinzioni irremovibili su cosa sia “meglio” o “peggio” per noi e per tutti; ma a cosa serve questo se, in realtà, non siamo né felici né di buon esempio per gli altri? Non importa quali siano le nostre convinzioni, fedi o princìpi: all’atto pratico, tutti abbiamo bisogno di conoscere la nostra mente.
 
Nel tentativo di “puntellare” la nostra fragilità interiore, potremmo dedicare la nostra vita ad accumulare e gestire beni materiali di qualsiasi tipo, a manipolare gli altri o a conquistare posizioni di un certo potere o prestigio. Ma tutto questo finisce inevitabilmente per snervarci, e il momento di goderci il meritato frutto dei nostri sforzi non arriva mai. Se non abbiamo la padronanza della nostra mente e dei nostri stati interiori, non ci servirà a molto il dominio sulle cose, le persone e le situazioni esterne. Se non conosciamo la nostra mente – cioè noi stessi – perfino le esperienze di autentico godimento non ci saranno veramente di aiuto, a lungo andare.
 
Possiamo rincorrere le nostre passioni, il piacere di tutti e cinque i sensi, la bellezza delle diverse forme artistiche – e non c’è nulla di male in tutto questo… se non fosse che a volte la nostra mente si fissa, si incolla a qualcosa con tutte le sue forze e produce l’illusione che, senza quella cosa, la nostra felicità (o la nostra stessa vita) sarebbe impossibile. In questo modo le nostre fissazioni e i nostri attaccamenti distruggono proprio quella gioia che vorrebbero creare. È impossibile riuscire a godere di qualsiasi cosa, se non impariamo a riconoscere e a godere di quell’immensa ricchezza che è la nostra vera essenza: lo stato naturale della mente, la libertà primordiale da ogni fissazione dualistica. Un altro tentativo di trovare un rifugio dalla nostra confusione, potrebbe essere quello di immergersi in un vortice frenetico di attività, così da non avere mai tempo per fermarsi a pensare. E allora tutta la nostra anima è nel lavoro; finito questo, occorre programmare le vacanze – che sono anche un tipo di lavori forzati, solo un po’ diverso.

Nel frattempo, non dobbiamo perdere di vista quell’obiettivo o quel progetto che abbiamo deciso di realizzare; mentalmente, già ci prepariamo a tutte le attività che intraprenderemo per raggiungerlo. Appena c’è di nuovo un po’ di tempo libero bisogna divertirsi ad ogni costo, come minimo organizzare qualcosa con gli amici e così via. Ma questo modo di vivere correndo, alla lunga ci svuota; se le nostre attività non sorgono dalla confidenza con noi stessi, dallo spazio naturale della nostra mente (a cui poter tornare in qualsiasi momento), tutto ciò che facciamo ci lascia esausti e con un pugno di mosche in mano. Ancora, potremmo essere il tipo di persona che non corre dietro a nulla in particolare, che privilegia la tranquillità e il quieto vivere, un certo grado di comodità e l’assenza di eccessive difficoltà. Ma neppure questa isola personale, basata sul farsi i fatti propri, costituisce un rifugio affidabile. Gli ostacoli che cacciamo dalla porta, rientrano dalla finestra per infastidirci ancora di più e – quel che è peggio – sembrano riprodursi all’infinito.

Vorremmo semplicemente essere lasciati in pace, ma la nostra mancanza di flessibilità trasforma ogni imprevisto in una sfida insopportabile. Quando la vecchiaia e la morte vengono a bussare alla nostra porta, potrebbe essere troppo tardi per accorgerci che tutta la nostra vita non è stata di grande beneficio, in fin impariamo a riconoscere e trasformare quegli aspetti della nostra mente che creano confusione e sofferenza in noi stessi e negli altri? Avendo elaborato una nostra filosofia di vita personale, potremmo avere convinzioni irremovibili su cosa sia “meglio” o “peggio” per noi e per tutti; ma a cosa serve questo se, in realtà, non siamo né felici né di buon esempio per gli altri? Non importa quali siano le nostre convinzioni, fedi o princìpi: all’atto pratico, tutti abbiamo bisogno di conoscere la nostra mente.
 
Nel tentativo di “puntellare” la nostra fragilità interiore, potremmo dedicare la nostra vita ad accumulare e gestire beni materiali di qualsiasi tipo, a manipolare gli altri o a conquistare posizioni di un certo potere o prestigio. Ma tutto questo finisce inevitabilmente per snervarci, e il momento di goderci il meritato frutto dei nostri sforzi non arriva mai. Se non abbiamo la padronanza della nostra mente e dei nostri stati interiori, non ci servirà a molto il dominio sulle cose, le persone e le situazioni esterne. Se non conosciamo la nostra mente – cioè noi stessi – perfino le esperienze di autentico godimento non ci saranno veramente di aiuto, a lungo andare.
 
Possiamo rincorrere le nostre passioni, il piacere di tutti e cinque i sensi, la bellezza delle diverse forme artistiche – e non c’è nulla di male in tutto questo… se non fosse che a volte la nostra mente si fissa, si incolla a qualcosa con tutte le sue forze e produce l’illusione che, senza quella cosa, la nostra felicità (o la nostra stessa vita) sarebbe impossibile. In questo modo le nostre fissazioni e i nostri attaccamenti distruggono proprio quella gioia che vorrebbero creare. È impossibile riuscire a godere di qualsiasi cosa, se non impariamo a riconoscere e a godere di quell’immensa ricchezza che è la nostra vera essenza: lo stato naturale della mente, la libertà primordiale da ogni fissazione dualistica. Un altro tentativo di trovare un rifugio dalla nostra confusione, potrebbe essere quello di immergersi in un vortice frenetico di attività, così da non avere mai tempo per fermarsi a pensare. E allora tutta la nostra anima è nel lavoro; finito questo, occorre programmare le vacanze – che sono anche un tipo di lavori forzati, solo un po’ diverso. Nel frattempo, non dobbiamo perdere di vista quell’obiettivo o quel progetto che abbiamo deciso di realizzare; mentalmente, già ci prepariamo a tutte le attività che intraprenderemo per raggiungerlo.

Appena c’è di nuovo un po’ di tempo libero bisogna divertirsi ad ogni costo, come minimo organizzare qualcosa con gli amici e così via. Ma questo modo di vivere correndo, alla lunga ci svuota; se le nostre attività non sorgono dalla confidenza con noi stessi, dallo spazio naturale della nostra mente (a cui poter tornare in qualsiasi momento), tutto ciò che facciamo ci lascia esausti e con un pugno di mosche in mano. Ancora, potremmo essere il tipo di persona che non corre dietro a nulla in particolare, che privilegia la tranquillità e il quieto vivere, un certo grado di comodità e l’assenza di eccessive difficoltà. Ma neppure questa isola personale, basata sul farsi i fatti propri, costituisce un rifugio affidabile. Gli ostacoli che cacciamo dalla porta, rientrano dalla finestra per infastidirci ancora di più e – quel che è peggio – sembrano riprodursi all’infinito.

Vorremmo semplicemente essere lasciati in pace, ma la nostra mancanza di flessibilità trasforma ogni imprevisto in una sfida insopportabile. Quando la vecchiaia e la morte vengono a bussare alla nostra porta, potrebbe essere troppo tardi per accorgerci che tutta la nostra vita non è stata di grande beneficio, in fin dei conti, né per noi né per gli altri. Se non facciamo esperienza dello stato naturale della mente, la nostra esistenza si trasforma in pura e semplice sopravvivenza.

In una barzelletta si racconta di un uomo che cerca alacremente qualcosa per terra di notte, alla luce di un lampione. Sopraggiunge un amico che, offrendosi di aiutarlo, gli domanda: “Cos’hai perso?”; lui risponde: “Le mie chiavi di casa”. “Dove ti sono cadute precisamente?” chiede l’amico; “Laggiù, a cinquanta metri da qui” è la risposta. Stupefatto, l’amico domanda: “E allora perché mai le stai cercando qui?”. Risposta: “Perché qui c’è la luce del lampione, mentre laggiù non si vede niente!”. Gli esseri ordinari (cioè noialtri, non– illuminati) sono un po’ come il protagonista di questa barzelletta; ci intestardiamo a cercare la felicità in un luogo in cui è impossibile trovarla: fuori di noi. A dire il vero, la felicità che viene dall’esterno non è del tutto inesistente; si può ricavare una certa soddisfazione temporanea dall’ottenere cose, situazioni o persone desiderate.
 
Ma questa felicità non è destinata a durare ed è completamente inaffidabile; non è di prima scelta ed è di qualità piuttosto scadente. Quando facciamo dipendere la nostra felicità dal raggiungimento di certe condizioni esterne, tutto ciò che ci circonda sembra interferire negativamente con i nostri desideri e gli ostacoli sembrano moltiplicarsi. Quel che è peggio, anche quando riusciamo a realizzare certe aspirazioni, quella felicità che credevamo di afferrare in realtà ci sfugge di mano. Basta esaminare la nostra situazione per convincersene: non c’è bisogno di credere a queste parole per fede, le esperienze personali di ciascuno di noi ci confermano continuamente che le cose stanno proprio così.
 
Di solito pensiamo in termini di quando e allora: “Quando avrò raggiunto questo e quest’altro, allora sarò finalmente felice!”. “Quando potrò davvero realizzarmi sul lavoro, o avrò raggiunto quell’obiettivo nella mia carriera, allora sarò felice”. “Quando avrò trovato il partner dei miei sogni, allora…”. “Quando avrò finalmente la mia casa (la mia auto, il livello di guadagni desiderato, l’ultima novità in fatto di tecnologie portatili, e così via…) allora…”. Ma questo, di fatto, non succede mai. Non è mai successo fino ad ora, e non si vede come potrebbe avverarsi magicamente in futuro. Non è così che funziona la vita; le cose (le persone e le situazioni) cambiano continuamente, si deteriorano e presto o tardi cessano di esistere, o di produrre quella felicità che ci aspettavamo. Anche se non dovessero cambiare le situazioni esterne, siamo noi stessi a cambiare: quello che ci dà gioia oggi, forse può darcela anche domani e dopodomani. Ma fra una settimana, un mese o un anno sarà già caduto nel dimenticatoio; per allora la nostra mente starà già rincorrendo nuovi desideri, in un processo che è chiaramente senza fine.

Tutta la felicità passata, presente e futura deriva dal conoscere la nostra mente, perché è proprio lì che tutto quanto ha origine. Viceversa, tutta la sofferenza passata, presente e futura deriva dall’ignorare la natura della nostra mente e di tutte le nostre esperienze – inseguendo la felicità in territori in cui non può essere trovata; è come essere permanentemente in balìa della confusione, di un’allucinazione o di un brutto sogno. Per i singoli individui, questo porta a un circolo vizioso fatto di insoddisfazione, confusione e infelicità. Lo stesso processo – rapportato su vasta scala a livello di gruppi, comunità, società, nazioni, mondo intero – porta a tutti i conflitti, le ingiustizie, la violenza e le guerre che sperimentiamo quotidianamente.

 La distruzione dell’ambiente naturale e dell’armonia fra gli uomini è sempre esistita. E continuerà a esistere, finché ci saranno esseri non– illuminati (come noi siamo attualmente); perché i conflitti esterni non sono altro che lo specchio dei conflitti interiori: delle emozioni perturbatrici che divampano in una mente ignara della propria natura. Conoscere la mente è il solo rimedio efficace e permanente contro quella sofferenza “onnipresente” che, da sempre, assilla gli individui e le società. Tutta la felicità passata, presente e futura deriva dal conoscere la propria mente. Conoscere il Buddhismo significa appunto conoscere la propria mente.
 
Il Buddhismo è totalmente disinteressato a qualsiasi etichettatura di carattere religioso o filosofico; non si definisce una dottrina né si afferra ai dogmi di una particolare fede. Il Buddhismo non è mai rimasto coinvolto in guerre di religione e perfino le parole “Buddhismo” e “buddhista” non sono mai esistite in Oriente, ma sono state inventate e introdotte dai primi studiosi occidentali. L’unico scopo del Dharma (che si può tradurre come “insegnamento sulla natura delle cose”) è quello di aiutare gli individui a raggiungere l’autentica felicità grazie alla conoscenza della propria mente – in modo da poter migliorare se stessi ed essere di beneficio agli altri. Ogni essere, per quanto confuso e sofferente, possiede una “natura di buddha”; cioè una natura virtualmente già risvegliata, o illuminata, o liberata. Questa risiede nello stato naturale della mente, una condizione primordiale che appartiene a tutti e a ciascuno. Attualmente, però, non siamo in contatto con questo stato naturale; anche se non ne siamo mai separati, è nascosto alla nostra esperienza, perché alcuni veli lo oscurano.

Questi veli sono i condizionamenti della nostra storia personale passata, le reazioni emotive che distruggono la pace della mente, l’attaccamento agli schemi di pensiero ripetitivi e una forte tendenza abituale che nel Buddhismo chiamiamo “senso dell’io”. Il fatto che questi ostacoli ci impediscano di fare esperienza della nostra condizione naturale, però, non significa che questa sia scomparsa; allo stesso modo, il fatto che per una settimana consecutiva il cielo sia nuvoloso, non significa che il sole sia scomparso. Le nuvole non hanno il potere di modificare o deteriorare la natura del cielo; allo stesso modo, i veli che oscurano la nostra natura di buddha non sono un elemento permanente, connaturato alla mente o capace di danneggiarla in modo definitivo.

Quello che viene chiamato “Buddhismo” o (meglio ancora) “Insegnamento di Liberazione”, non è altro che un insieme di metodi per rimuovere gli ostacoli/oscurazioni e portare in superficie la nostra vera natura, facendo risplendere il sole della nostra condizione primordiale. Questi metodi sono stati sperimentati per millenni – trasmessi attraverso generazioni successive di maestri e discepoli – e si sono rivelati straordinariamente efficaci. Il principale di questi è la meditazione.

Meditare non significa isolarsi dalla realtà, fabbricando un’esperienza artificiosa. Al contrario: significa indagare sulla realtà delle nostre proiezioni – dei nostri modi di interpretare quello che ci accade – e scoprire la nuda naturalezza della nostra vera condizione, lo stato primordiale. Questo, essendo al di là del pensiero dualistico, non può essere descritto in parole, ma dev’essere sperimentato direttamente, incontrato faccia a faccia nella pratica della meditazione; una volta riconosciutolo, meditare significa semplicemente rendere stabile la sua presenza. In realtà, siamo sempre alla presenza della nostra natura di buddha; ciò che vogliamo rendere stabile è il suo riconoscimento.

Dunque meditare significa tuffarsi nell’autentica realtà della nostra condizione, lasciando cadere tutte le elaborazioni fabbricate dalla “catena di montaggio” dei nostri pensieri. Sono queste elaborazioni (i filtri fra noi e la nuda esperienza) a essere “irreali”. Conoscere la mente e il suo stato naturale, significa poter attingere alla sorgente inesauribile della gioia e della libertà. Non esiste gioia più alta di quella che nasce spontaneamente dall’esperienza dello stato assoluto, senza dipendere da cause e condizioni passeggere. Non esiste libertà più grande della libertà dalla confusione e dalle abitudini mentali negative – le vere cause della nostra stessa infelicità.

Conoscere la mente, soprattutto, significa poter essere veramente di beneficio per gli altri – aiutandoli a realizzare quella gioia e quella libertà che tutti desiderano, allo stesso modo. Non dobbiamo pensare che tutto questo sia troppo lontano per essere raggiunto, o troppo difficile per essere praticato; la nostra mente è eccezionalmente flessibile, è può essere allenata ancora più facilmente di quanto facciamo con il corpo. Allenando il corpo in palestra si diventa sempre più atletici, agili e muscolosi; allenando la mente con la meditazione si diventa sempre più saggi, rilassati e felici. Quando ci rilassiamo nello stato naturale, tutte le qualità positive (che erano già presenti, anche se oscurate) sbocciano spontaneamente e senza sforzo, fino a raggiungere la completa maturazione. Non c’è un limite al progresso di questa evoluzione interiore; più ci si applica, maggiori sono i risultati che si ottengono.

In Tibet esiste un detto: “Il Dharma non è proprietà di nessuno: appartiene a tutti quelli che lo mettono in pratica”. Se ci si applica a fondo nella pratica della meditazione, si può raggiungere una completa realizzazione delle nostre potenzialità naturali, così completa da non poter neppure essere descritta attraverso concetti ordinari. Diversi nomi sono stati usati per questa realizzazione: illuminazione, risveglio, liberazione, buddhità, nirvana, frutto, stato assoluto, saggezza primordiale, non–meditazione, “oltre la mente”, “unica essenza”, consapevolezza non–duale, e così via. Dal punto di vista buddhista, due cose bisogna sapere: 1) questa realizzazione esiste ed è raggiungibile; 2) non consiste nel “creare” qualcosa che non c’era prima, ma nell’eliminare gli ostacoli che impediscono alla nostra vera natura di esprimersi. Da qui (la nostra condizione attuale) all’illuminazione, esiste un numero incalcolabile di benefici intermedi che il praticante può ottenere; questo accade attraverso un processo spontaneo e naturale, che evita le ipocrisie e non prevede l’adozione di una “personalità buddhista artificiosa”: esistono già fin troppi strati illusori – di “personalità” e “identificazione” – che occorre smantellare, per potersi permettere il lusso di aggiungerne altri.

Man mano che si progredisce nella pratica, i segnali di una crescita genuina sono solitamente: un maggior controllo sulle diverse circostanze della vita quotidiana; la diminuzione delle emozioni perturbatrici come la collera, gli attaccamenti, l’invidia e l’orgoglio; la diminuzione dell’egoismo e del senso di importanza personale; la crescita dell’altruismo e della compassione verso tutti gli esseri; la libertà dalla paura e dalle fissazioni; una certa saggezza, cioè la capacità di non lasciarsi trascinare dagli alti e bassi delle circostanze esterne; la capacità di restare aperti e gioiosi sempre: non solo nelle situazioni positive, ma anche in quelle difficili.

www.Realizzazione.it
 www.MeditazioneGuidata.it



vorrei sapere se esiste la capacitò mentale di sapere le parole che escono fuori al momento di una conversazione o semplicemente di un saluto formale e come fare per non parlare del proprio passato?

per essese ciò che non si è o per avere una capacità nel manovrare le parole senza dargli alcun valore come si fà?

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05 APRILE 2019 BOLOGNA - MEDITAZIONE - L'ESPERIENZA DEL RAJA YOGA
17 APRILE 2019 MILANO - CELEBRAZIONE EQUINOZIO DI PRIMAVERA E MEDITAZIONE DELLA PASQUA
13 - 14 APRILE CANTAGALLO (PO) - TEMPIO INTERIORE - SEMINARIO DI DANZA SUFI
13 - 14 APRILE 2019 FIRENZE - WORKSHOP LA SAGGEZZA DEL CUORE - PER INSEGNANTI E GENITORI
02 APRILE 2019 MILANO - IL POTERE DELL INTUIZIONE
14 APRILE 2019 MILANO - IMPARIAMO AD INTERPRETARE SEGNI E COINCIDENZE - CON GIAN MARCO BRAGADIN
05 APRILE 2019 PERUGIA - MEDITAZIONE E ARTE
25 - 28 APRILE 2019 GROSSETO - SEMINARIO DI ASCOLTO DI SE CON IL RESPIRO
27 APRILE 2019 FIRENZE - HO OPONOPONO IL SEGRETO HAWAIANO
27 - 28 APRILE 2019 MONTELUPO FIORENTINO - CORSO DI COSTELLAZIONI FAMILIARI E SISTEMICHE
25 - 26 - 27 - 28 APRILE 2019 BELLARIA IGEA MARINA (RN) - OSHOFESTIVAL 2019
06 APRILE 2019 ROMA - TRA LUCE E OMBRA - SEMINARIO ESPERIENZIALE
12 APRILE 2019 SAN PIETRO IN CERRO (PC) - LIBERA LE EMOZIONI
03 APRILE 2019 PRATO - L'UNIONE - I 12 PASSI DELL AMORE
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