"Apri il cuore e accontentati di quello che la vita ti concede. Siamo tutti invitati alla festa della vita,
dimentica i giorni dell'oscurità, qualsiasi cosa possa essere successa non è la fine"
  Augusto Daolio

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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YAMA NIYAMA III



di Paolo Quircio

La parola Brahmacharya è composta da Brahman, l’Entità Suprema, e charya, che vuol dire ‘seguire’ e, per estensione, ‘comportamento’, ‘condotta’; quindi Brahmacharya è la condotta che ci porta verso Brahman. Questa parola viene usata in due contesti diversi con connotazioni apparentemente distanti tra loro; è il primo dei quattro Ashrama, le fasi della vita,  ed è il quarto Yama.

Come Ashrama indica la parte della vita dedicata all’apprendimento, che va dalla nascita alla giovinezza, età in cui si accede al secondo Ashrama, il Grihasthashrama, la fase in cui si lavora, si mette su famiglia, si partecipa alla vita sociale. Come Yama assume invece generalmente il significato di ‘castità’, ‘astinenza sessuale’. Approfondendo la comprensione di Brahmacharya come Yama, come regola etica e comportamentale, vedremo anche che le due accezioni non sono poi così distanti come appaiono. Infatti l’apprendimento a cui si fa riferimento nel sistema delle Ashrama è principalmente di natura spirituale, ed è quindi una ‘condotta che conduce verso Brahman’.
Credo sia opportuno chiarire innanzitutto che il divieto, o meglio, la limitazione delle pratiche sessuali nello Yoga non ha nulla a che fare col concetto di peccato. Il grande santo bengalese Swami Vivekananda diceva che l’Induismo non riconosce peccatori, riconosce solo individui a diversi livelli di sviluppo. Il termine sanscrito papa, che normalmente viene tradotto con ‘peccato’, in realtà indica ciò che è adharma, ciò che ci ostacola sulla o ci allontana dalla via del perfezionamento, dal raggiungimento di Moksha, la liberazione dal ciclo di nascite e morti. Questo va specificato soprattutto in riferimento all’analogo divieto di compiere ‘atti impuri’ presente nelle religioni di ceppo semitico, tutte e tre orientate verso una decisa sessuofobia, anche se poi i patriarchi dell’Antico Testamento avevano quasi tutti mogli e concubine, e queste ultime avevano anche dato loro numerosi figli. Nello Yoga il concetto è abbastanza diverso.  

È importante sottolineare che l’invito alla continenza sessuale fa parte di un più vasto invito all’astensione da tutti i piaceri derivanti dai sensi, tra cui quello sessuale è comunemente considerato il più attraente, il piacere per eccellenza. Abbiamo detto che ogni Yama racchiude in sé tutto il percorso dal grossolano al sottile che è proprio dell’intera Sadhana, la pratica spirituale. Si è già visto come l’essere umano, il Jiva, è composto dall’Atman, frazione o riflesso del Brahman, l’Essere Supremo, e dai suoi aggregati limitanti, le Upadhi, corpo, prana e mente.

Le Upadhi, a loro volta, sono composte da tre corpi, Sharira Traya, e da cinque involucri detti Kosha, che avvolgono l’Atman, uno dentro l’altro, come una matrioska. I tre corpi sono quello grossolano, Sthula Sharira, il corpo fisico, composto dai cinque elementi; il corpo sottile, Suksma Sharira, composto da prana, organi di percezione e di azione, mente (manas) e intelletto (buddhi); Karana Sharira infine è il corpo causale, il seme, l’energia potenziale degli altri due, ed è quello che, insieme al corpo sottile o astrale, emigrerà alla morte del corpo fisico, per reincarnarsi in un altro corpo, in un’altra nascita. Anche gli involucri vanno dal più grossolano, Annamaya Kosha, l’involucro del cibo, il corpo fisico, a quelli via via più sottili: Pranamaya Kosha, l’involucro vitale, Manomaya Kosha, quello mentale, Vijnanamaya Kosha, quello della mente superiore, e infine Anandamaya Kosha, l’involucro della beatitudine, che corrisponde al Karana Sharira.

Come già detto in precedenza, tutta la Sadhana consiste in uno sgrossamento del nostro essere e sentire e, contemporaneamente, ad un elevazione dei livelli di consapevolezza. Nella persona comune la consapevolezza non va oltre l’Annamaya Kosha, il Pranamaya Kosha e, parzialmente, il Manomaya Kosha. Quindi parliamo di corpo grossolano, fisico, e una parte di quello astrale. Man mano che grazie alla Sadhana i livelli di consapevolezza si innalzano, si prende contatto con le parti più sottili del nostro essere. In questo processo di progressivo passaggio dal grossolano al sottile del nostro modo di percepire noi stessi, i precedenti livelli di consapevolezza vengono non abbandonati, ma risistemati in una differente scala di priorità.

Per fare un esempio, un neonato ha scarsa consapevolezza persino del proprio corpo fisico, eppure subito si attacca al seno della mamma e inizia a succhiare, come fanno anche un agnello o un vitello; dopo un po’ inizia a studiarsi le mani, i piedi, ma non controlla ancora i propri movimenti. Piano piano saprà come muoversi con una certa destrezza, afferrerà gli oggetti e li porterà alla bocca, si guarderà intorno, sorriderà, camminerà. Poi, cominciando a prendere coscienza del proprio strato mentale, comincerà ad emettere suoni articolati e a capire la realtà che lo circonda; la sua mente è entrata in azione e sa coordinare, almeno in parte, sia gli organi di percezione, Jnanaindriya, che quelli di azione, i Karmaindriya.

Quando arriva più o meno in età scolare lo sviluppo della consapevolezza del corpo astrale e mentale acquisterà maggiore velocità e diventerà un adulto con tutte le funzioni mentali e vitali che conosciamo. Per la maggior parte dell’umanità il cammino finisce più o meno qui. Per chi intraprende un percorso spirituale inizia un’ulteriore fase, molto più complessa e sottile, che chiamiamo Sadhana, e che ci allontana sempre più dal livello per così dire animale, per portarci a quello dell’uomo spiritualmente elevato e infine all’Illuminazione.

È naturale che in questo percorso di sgrossamento, di passaggio dall’istinto animale, da questo al pensiero umano e quindi all’intuizione superiore, vanno gradualmente abbandonate tutte quelle abitudini che ci tengono ancorati al mondo animale. Per crescere spiritualmente bisogna accantonare quelle cose che fanno parte di Prakriti, la natura, cominciando da quelle più grossolane. A tal proposito Sri Krishna, nella Bhagavad Gita, ci dice le seguenti parole: “Si dice che i sensi siano superiori al corpo; superiori ai sensi è la mente; superiore alla mente è l’intelletto; e chi è superiore anche all’intelletto è Lui, il Sé. Pertanto, conoscendo Lui che è superiore all’intelletto e contenendo il sé con il Sé, uccidi, o Arjuna dalle forti braccia, il nemico sotto forma di desiderio, difficile da vincere! ”  B.G. III, 42-43.

In questo percorso spirituale bisogna però stare attenti a rispettare i tempi giusti. Precorrerli può creare danni. L’abbandono del sesso, e di tutti piaceri legati ai sensi in genere, deve andare di pari passo con lo sviluppo spirituale, deve diventare una necessità, non un desiderio represso. Chi ha fatto la scelta di diventare vegetariano, ad esempio, sa bene che quelle vivande che fino a un certo punto della propria vita erano considerate appetibili, addirittura deliziose, dopo il passaggio al vegetarianismo appaiono immangiabili, possono addirittura fare ribrezzo.

Reprimere l’azione derivante dal desiderio senza tagliare le radici del desiderio stesso è molto pericoloso. Se la castità viene imposta anzitempo e per di più senza fornire gli adeguati strumenti per controllarla, si rischia di trovarsi in una situazione difficile da gestire. Oltre a tutti gli strumenti della Sadhana, lo Yoga dispone di alcune tecniche molto utili per trasformare l’energia sessuale, che è molto potente, in Ojas Shakti, l’energia spirituale. Nel corpo abbiamo cinque Prana o Vayu principali, forme di energia vitale, che presiedono alle varie funzioni del corpo stesso. Tra questi abbiamo Apana Prana che fornisce energia sottile a tutte le funzioni corporee che vanno verso il basso: urinare, defecare, ciclo mestruale, parto e eiaculazione.

Nell’Hatha Yoga esistono alcune tecniche che aiutano a invertire il flusso dell’Apana Prana, rimandandolo verso l’alto. Tra queste Siddhasana, una posizione seduta con le gambe incrociate e uno dei talloni appoggiato fermamente contro il perineo, sede del Muladhara Chakra, il Chakra che distribuisce l’energia negli organi sessuali. A questa postura si unisce il Mulabandha, la chiusura dello sfintere anale, che porta anche alla chiusura del perineo e di nuovo del Muladhara Chakra. Inoltre le posizioni invertite, a testa in giù, come Sirsasana o Sarvangasana, che aiutano a far salire il Prana che altrimenti andrebbe nella direzione opposta.Queste ed altre tecniche aiutano l’aspirante a sradicare il desiderio e a trasformare l’energia sessuale in energia spirituale.

Se nel sutra riguardante Ahimsa, la non violenza, Patanjali spiega che “Quando il praticante è fermamente stabile nell’Ahimsa, intorno a lui non ci sarà ostilità” Yoga Sutra II, 35. Riguardo a Satya, la verità, “Quando il praticante è fermamente stabile nella verità, le azioni daranno i loro frutti, interamente a causa di ciò” Y.S. II, 36. Per Asteya, l’onestà, “Quando il praticante è fermamente stabile nell’onestà, tutte le gemme andranno da lui spontaneamente” Y.S. II, 37. E infine “Essendo fermamente stabili nel Brahmacharya si ottiene Virya” Y.S. II, 38. Virya vuol dire liquido seminale, ma anche forza.

Così l’abbandono della ricerca di alcuni risultati attraverso vie poco etiche, si trasformerà, secondo quanto afferma Patanjali Maharishi, nel conseguimento delle stesse cose, ma ad un livello molto più sottile ed elevato, privo di tutte le scorie che un pensiero inquinato porta con sé. Sappiamo che il piacere derivante dall’appagamento dei sensi è generalmente effimero e per quanto intenso, non potrà mai reggere il confronto con il senso di beatitudine, di Ananda, derivante dalla pratica spirituale. Beatitudine che, oltre a raggiungere vette sempre più sublimi nel corso della Sadhana, contrariamente ai piaceri dei sensi, non ha alcun controeffetto negativo e, soprattutto, non ha fine.

Per quanto riguarda il Bramacharya in particolare va tenuto presente che Virya, il liquido seminale, ha un’energia tremenda, perché deve dare origine ad una nuova vita, e trasformando questa energia in energia spirituale, sublimandola in qualcosa di puro, i risultati possono essere davvero eccezionali.

La questione del desiderio sessuale e della sua sublimazione, ripeto, sublimazione non repressione, va vista anche dal punto di vista della fase della vita in cui ci si trova. Il Grihastha, la persona di famiglia, che lavora, cresce i figli, accudisce i genitori anziani, vive nella società, con tutti i problemi che ciò comporta, pur cercando di dare un’impostazione spirituale alla propria vita, troverà molto difficile, forse impossibile sradicare il desiderio sessuale. Come detto in precedenza, reprimerlo tout court potrebbe trasformare l’aspirante in una sorta di pentola a pressione, pronta a esplodere in qualsiasi momento.

Col passare degli anni, quando il desiderio tende naturalmente a scemare e si cominciano a sentire gli effetti di una pratica spirituale prolungata nel tempo, sarà più facile ridurre, anche abbandonare le pratiche sessuali senza troppo sforzo. Ricordiamo il primo degli Yoga Sutra: “Atha yogānuśānam” che vuol dire “Adesso, pertanto, le istruzioni complete sullo Yoga”.

Quella parola Atha, adesso, non è assolutamente casuale (non una parola lo è negli Yoga Sutra) ci dice che il percorso non inizia qui, ma che al Raja Yoga, così com’è codificato da Patanjali, si accede dopo essersi precedentemente purificati con il Karma Yoga e con il Bhakti Yoga. Purtroppo oggi, con l’enorme diffusione che sta avendo lo Yoga in tutto il mondo, alcune regole sono state stravolte.

Normalmente si inizia la pratica direttamente dal terzo anga del Raja Yoga, asana, senza nessuna pratica propedeutica; a volte, fin troppo spesso, ci sono insegnanti che insegnano cose molto avanzate, quasi esoteriche, come il Kundalini Yoga, a persone che non sanno neanche cosa sia e perché si pratica il Kundalini Yoga, e che precedentemente non hanno fatto nessuna purificazione fisica, mentale e spirituale, rischiando di produrre nei loro allievi seri danni, soprattutto al corpo astrale.

In molti antichi testi indiani, soprattutto in quelli detti Dharmashastra, libri relativi al Dharma, alle regole del comportamento sia individuale che sociale, si parla dei quattro Purushartha, gli obiettivi della persona. Essi sono Artha, il benessere materiale, Kama, il piacere dei sensi, il desiderio, Dharma, le regole da seguire per elevarsi spiritualmente e infine Moksha, la liberazione dalla ruota di nascite e morti conseguente all’Illuminazione. Non c’è niente di male, soprattutto per un Grihastha, cercare il benessere materiale, sostenere la propria famiglia in maniera decorosa.

L’importante è che ciò avvenga nel pieno rispetto delle regole etiche, soprattutto che non diventi l’unico scopo della vita. Altrettanto si può dire di Kama, il piacere dei sensi. Una serena e moderata vita sessuale, possibilmente intrisa d’amore, può non essere un ostacolo insormontabile allo sviluppo spirituale di un Grihastha. Una sfrenata, ossessiva ricerca di nuovi partner, di continuamente nuove sensazioni, sempre più estreme, o peggio l’uso della violenza, del mercimonio e della prevaricazione nelle proprie pratiche sessuali sono tutte abitudini che impediscono in maniera assoluta qualsiasi progresso nel percorso spirituale. Tutti i Dharmashastra affermano la superiorità di Dharma rispetto ai precedenti Purushartha, e certamente ciò non stupisce. I primi due, Artha e Kama, sono obiettivi che a un certo punto, quando si comincia a superare la fase familiare e sociale, vanno gradualmente abbandonati, orientando tutto il proprio essere verso il rispetto del Dharma, al fine di conseguire l’ultimo, il più elevato Purushartha, lo scopo finale di ogni esistenza, il conseguimento di Moksha, la liberazione.  
 
Paolo Quircio
Kerala, 22-04-2018

 
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