Dove c'è amore, c'è visione.
Richard of St. Victor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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L'ANNO INIZIATICO E LE OTTO PORTE COSMICHE (o le otto feste celtiche)


Il percorso di ogni essere in manifestazione si basa, e si attua, secondo una lunga sequenza di prove e di avvenimenti che vanno a completare e arricchire il percorso che, coscientemente seppure nell'altra dimensione, l¹essere stesso ha scelto.
Nel percorso terreno un grande aiuto gli viene dall'avvento costante e reiterato di tutto ciò che il Cosmo esprime e invia sulla Terra: forte di tutti questi continui aiuti, l¹uomo si arricchisce energeticamente e spiritualmente trovando le forze per continuare la propria strada, superando per il meglio le prove che lo dividono dal punto di ritorno nella Luce.

All'Istituto di Ricerche Cosmòs, da anni, abbiamo l'abitudine di sottolineare i momenti cosmici con una meditazione che, utilizzando le proprietà captatrici dell'acqua, fissa in memoria questi avventi dando la possibilità di poter sempre fare riferimento a quelle forze, utilizzandole laddove queste possano dare sollievo, refrigerio, rinforzo, spinta.
Inoltre, come anni e anni fa ci aveva consigliato la Gora (il Cerchio di Luci che ci guida dall'inizio della formazione del nostro gruppo), abbiamo aperto a chi volesse partecipare con noi alcune meditazioni: questo é il motivo per cui, ad esempio, abbiamo indetto ben 11 Feste del Sole, con cui festeggiavamo tutti insieme il Solstizio d¹Estate, cioè il momento della massima manifestazione.

Ma, ormai, è giunto il momento di celebrare, con gli altri, tutti i momenti cosmici e, in particolare, tutte le otto feste che scandiscono l'anno in periodi lunghi 45 giorni, circa. Abbiamo, inizialmente, scelto questi otto momenti perché sono tra i più importanti poiché favoriscono il contatto con le altre dimensioni.

Iniziando con la festività di Sammhain, il capodanno celtico, (17 marzo 2004) invitiamo tutti i ricercatori dell'Assoluto, ad unirsi a noi, a festeggiare, a cantare, a meditare, ricevendo consapevolmente tutto ciò che il Cielo, benignamente, ci invia per poter far tesoro delle ricchezze che, giunte in noi, ci porteranno alla presa di coscienza della consapevolezza d¹essere uomo di questa Terra e, contemporaneamente, creatura di Cielo.
La triade energetica, cui siamo sempre stati, anche noi, sollecitati dalla Gora e dagli avvenimenti della vita, é il simbolo della cosmogonia druidica: Abred è una ruota composta da tre cerchi concentrici che stanno tra loro nel rapporto di 1, 3 e 9, ma che è anche la Croce Celtica.
Essa é il simbolo più completo della cosmogonia druidica.

La vita incarnata sulla Terra è funzione della struttura ternaria, base della legge di risonanza vibratoria che condiziona tutto il creato.
La croce celtica, o cerchio di Abred, é il luogo dove dimorano tutti gli esseri umani ed in essa coesistono il bene e il male.
E' un ponte lanciato verso gli abissi primordiali, dove si é formata ogni esistenza terrena e la vita di oggi.
Al centro il primo Cerchio, il Cerchio di Keugant o Cerchio del Divino, è il luogo della manifestazione di Dio e è inaccessibile ai viventi e ai trapassati.
Il secondo Cerchio, il Cerchio di Abred o Cerchio delle Migrazioni, è il mezzo attraverso il quale l'individualità spirituale dell'essere vivente si evolve incontrando e superando le prove materiali cui il suo corpo fisico è stato sottoposto.
Il terzo Cerchio, il Cerchio di Gwenved o Cerchio della Luce Bianca, è quello della conoscenza e della consapevolezza che permettono all'essere incarnato di intraprendere un cammino attraverso le prove affrontate nell'Abred.

I Celti, così come noi, utilizzavano una visione trina di ogni avvenimento e accedevano alle strutture cosmiche ternarie che provocano l¹attivazione della legge cosmica di tutti i cicli, di tutti i periodi e di tutte le fasi che sono il fondamento della vita degli incarnati su questa Terra. E, di conseguenza, di tutto ciò che è giunto prima o che giungerà dopo questa vita.
Se si vuole paragonare la ruota della manifestazione a qualcosa, si potrebbe pensare al bilanciere di un orologio che avanza in funzione al ritmico e continuo muoversi, avanti e indietro, in movimenti sinistrorsi e destrorsi che si rincorrono all'infinito.
Anche Teseo, per compiere la sua opera, ha dovuto raggiungere il centro del labirinto, percorrendo per sette volte corridoi sinistrorsi e sette volte corridoi destrorsi: solo bilanciando i due movimenti, di richiamo d'energia cosmica e di abbandono delle passioni e dei desideri fisici, è riuscito a raggiungere il minotauro, cioè la bestia che era in lui come è in ognuno di noi, e, attraverso l'uccisione della propria animalità, ha potuto tornare alla vita come uomo nuovo, sempre, però, ribilanciando i sette percorsi di ritorno.

Attraverso l'equilibrazione di tutte le nostre energie si può giungere alla vittoria su ciò che non è consapevole per poter far trionfare l'essere puro, di luce, che è in noi.

Simbolo di ogni aspetto trino é il triskel, una sorta di triplice spirale a tre braccia che simboleggiava il mondo tridimensionale dei tre elementi: Terra, Acqua e Aria.
Il quarto elemento, il Fuoco, a volte era rappresentato dal punto centrale e apparteneva agli dei.

Le nostre ricerche sull'uomo ci hanno portato a identificare il corpo secondo livelli energetici legati a questi tre elementi che, se in equilibrio, permettono all'uomo il collegamento col piano della spiritualità, del Fuoco, appunto.
Questo simbolo universale é un riequilibratore ed é simbolo dell'Energia della Vita. Secondo lo studioso francese Jacques Bonvin, tutto viene cambiato energeticamente se esposto alla sua azione, pertanto questo ricercatore ne consiglia l'uso, in special modo, per gli alimenti e le bevande, che, oltretutto. migliorano di sapore!

Sembra che i Celti siano giunti in Europa tra il 3.500 e il 1.200 a.C. dall'Est. Si sovrapposero alle popolazioni neolitiche che avevano molto radicato il culto della Madre, la Dea Terra.
Il loro culto solare verso gli dei maschili si integrò completamente con quello femminile della Dea: ne nacque una religione spirituale nel rispetto della Terra intesa come Madre di tutti i viventi, di conseguenza ogni essere era parente e pari a ogni altro essere.

Il Divino é insito nella creazione, e non al di fuori di questa, pertanto è universale.

I Druidi, gli uomini del sapere, erano sacerdoti, cioè conduttori del sacro in Terra, e non maghi o stregoni come la Chiesa ha cercato di sostenere.
Detenevano le conoscenze della tradizione spirituale celtica e erano profondi conoscitori dell'energia spirituale che permea di sé ogni manifestazione.
Lo Spirito e la Materia erano una cosa sola, l¹unità della vita e la molteplicità delle manifestazioni del divino avevano una valenza assoluta.

Per mezzo del corretto e attento uso dell'energia spirituale, i Druidi erano guaritori che utilizzavano erbe e piante, di cui conoscevano il valore officinale che derivava dal valore sacro della pianta che, essendo simbolo della divinità, era legata alle forze superiori.
Le qualità terapeutiche e magiche della pianta erano in funzione all'attenzione portata ai rituali di raccolta: ad esempio per raccogliere il vischio, che in celtico era detto "colui che tutto guarisce" per le infinite proprietà che aveva, e ha, questa pianta parassita, era necessario che un Druido, completamente vestito di bianco, il sesto giorno dopo la Luna nuova, salisse sul rovere dove viveva la pianta, la staccasse per mezzo di un falcetto d'oro, la raccogliesse in un panno bianco facendo assolutamente attenzione a non farla cadere e toccare la terra.
Quindi venivano sacrificati due giovani tori bianchi al divino, cui si richiedeva di rendere propizio questo dono per coloro cui era destinato.

In moltissime tradizioni il bianco era il colore sacro della purezza; il falcetto rappresentava, per la sua forma, la Luna e l'oro ricordava il Sole, la dualità energetica (anche in omeopatia i vegetali non devono essere toccati con nessun metallo, eccetto l'oro, perché é neutro);
il sacrificio dei tori era legato alla regalità dei capi, che era connessa sempre agli alberi: il sacrificio del vischio e quello dei tori era il simbolo del sacrificio regale;
il dio, cui si sacrificava, era un dio solare o un dio legato al mondo vegetale. Il ramo raccolto non doveva toccare terra perché il vischio si riproduce soltanto sugli alberi: se tocca terra, il seme muore.

I Celti non separavano mai il sacro dal profano essendo entrambi manifestazione di un'Entità superiore, con la quale erano sempre in contatto.
Praticavano molti tipi di purificazione per i vari corpi (fisico, emotivo e mentale) affinché ognuno potesse sentirsi parte della manifestazione divina.
L¹uomo e la donna avevano lo stesso valore. Non esisteva il concetto di peccato, che giunse poi con la morale cattolica, ma avevano limiti, o tabù, da rispettare. Non facendolo si andava incontro a un ritardo, o a una deviazione, dell'evoluzione universale, pertanto ognuno era responsabile verso se stesso, gli altri, la Terra e l'Universo.
Così come nell'altra dimensione, ognuno rispondeva del proprio impegno e del proprio comportamento e godeva, o penava, di ogni propria azione.

Il tempo per i Celti

I Celti utilizzavano un calendario lunisolare, che divideva l'anno in dodici mesi, di ventinove o trenta giorni, più un mese intercalare che non aveva fissa dimora perché a volte era presente dopo il semestre invernale, tra il quinto e il sesto mese e, più spesso, dopo il dodicesimo mese e prima dell'inizio dell'anno, ai primi di novembre.
Il primo mese era chiamato Samonios, quello che iniziava con la ricorrenza di Sammhain. Come tutti i mesi, iniziava il sesto giorno dopo la Luna nera.
Il secondo era Anagantios; il terzo Giamonos; il quarto Simivisonnios; il quinto Equos; il sesto Elembivios; il settimo Edrinios, l'ottavo Riuros, il nono Cantios, il decimo Dumannios, l'undicesimo Ogronios e il dodicesimo Cutios.
Poi vi era Ciallos, il mese intercalare: per colmare la differenza tra ciclo lunare e ciclo solare i Celti ricorsero ai mesi intercalari, che non avevano importanza e i cui giorni non erano neppure denominati, così in ogni periodo di 5 anni vi erano 3 anni di 12 mesi e 2 di 13.

Il calendario era sostanzialmente diviso in due grandi stagioni: quella "del Buio" e quella "della luce", che traevano origine da quattro periodi, appunto due di buio e due di luce, che iniziavano sempre con una festa.
Quella della stagione del buio cominciava con la Festa di Sammhain, il capodanno celtico, e quella della luce cominciava con la Festa di Beltaine, la festa della vittoria della luce sul buio, il passaggio dalla stagione fredda alla mitezza della primavera.

Le quattro festività, intimamente connesse con il ciclo della natura, erano Sammhain, Imbolc, Beltaine e Lammas, alle quali si aggiungevano le quattro ricorrenze degli Equinozi di Primavera e di Autunno e i Solstizi d¹Estate e d¹Inverno.
Tutte le feste riguardavano la potenza e il nutrimento della Terra e del regno degli Angeli (o Deva) e degli Elementali.
Erano associate al fuoco come simbolo dell'energia del Sole e della Luce, poiché senza questi non sarebbe possibile la crescita e il fuoco cosmico è la fonte di ogni vita, è l¹esperienza percettiva più vicina alla realtà dell'esistenza devica.
Così come nella quiete di una chiesa, o di un tempio o di un luogo "alto", una candela è sufficiente per attrarre l'aiuto degli elementali e dei deva, nei campi e nei pascoli i fuochi servono a chiamare e celebrare la cooperazione degli spiriti della crescita.

Le quattro festività, oggi chiamate "delle mezze stagioni", si celebravano in date variabili perché erano festeggiate il sesto giorno dopo la Luna nera, cioè quando la Luna è in crescita, ma non ha ancora raggiunto il magico momento del quarto. Per questo motivo ogni mese, anno o secolo (che aveva una durata di 30 anni) veniva fatto cominciare il sesto giorno dopo un Novilunio.

L¹anno cominciava all'inizio della stagione buia, come il giorno iniziava al calare del Sole. E con Beltaine iniziava la stagione della luce, che durava fino a Sammhain.
Le otto feste sono anche chiamate le "otto porte cosmiche", perché in quei giorni é facilitata la comprensione dei messaggi che giungono dal Cosmo: quindi sono i giorni - e le notti! - in cui é più facile comunicare con le altre dimensioni.
L¹insieme delle otto feste costituisce l¹Anno Magico, che é considerato la vera strada che permette di raggiungere il sapere dei grandi iniziati: celebrando le otto feste si raggiunge la consapevolezza.
Ogni anno completato, cioè in cui si sono celebrati tutte gli otto momenti cosmici, permette all'iniziato di salire un importante gradino evolutivo della propria vita karmica, perché, durante ognuno di questi festeggiamenti si utilizzano i doni celesti che giungono in Terra.
Nello stesso modo in cui il ritmico avvicinarsi e allontanarsi del Sole permette di percepire, scandite, le stagioni, le otto porte cosmiche vanno a suddividerle segnando l¹inizio e il culmine di ognuna.

Nei giorni tra la fine di ottobre e i primi di novembre si festeggiava, con Sammhain, l'inizio della stagione invernale, che era nota anche come "Festa del Fuoco della Pace"; essa concludeva la nostra stagione autunnale e l'anno celtico, celebrando, nello stesso tempo l¹inizio del nuovo.
Per noi, è la "Festa dei Santi e dei Morti". Anticamente era la festa delle più forti forze dell'inverno che, in questo giorno, cominciava, mentre nell'attuale calendario la si trova a mezzavia dell'autunno.

Momento culmine dell'Inverno era Yule, la seconda festa, che corrispondeva al "Solstizio d'Inverno". Per noi, in questo giorno, inizia l¹inverno, mentre una volta ci trovavamo a metà di questa stagione. Era anche chiamata festa dei saturnali.
La terza é la festa di Imbolc, che noi chiamiamo "Candelora" o "Festa di mezz'inverno". Un tempo segnava l¹inizio della primavera esoterica.
L'Equinozio di Primavera é la quarta festa, la Festa di Ostera, che segnava la metà del periodo primaverile, mentre, per noi, ne é l¹inizio.

La quinta festa, Beltaine, per noi é Calendimaggio, è situata nel bel mezzo della primavera, mentre i Celti la celebravano come inizio dell'estate esoterica e come inizio della stagione della luce.
Il Solstizio d¹Estate, la sesta festa, era dedicato a Litha ed era la festa di mezz'estate, mentre per noi é l'inizio. E' sempre stata collegata alla ricorrenza di S. Giovanni.
Ai primi di agosto si celebrava la settima festa, Lammas o Lugnasad, che noi chiamiamo capodinverno. Per noi è mezza estate, per gli antichi era l'inizio della stagione autunnale. Era la festa del raccolto e segnava l¹inizio dell'autunno esoterico.
Con Mabon, la festa dell'Equinozio d'Autunno, si celebrava la metà della stagione autunnale: per noi inizia l'autunno. E' l¹ottava porta, l¹ultima. Era ricordata anche come la Festa di San Michele.

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