1) Il 23 ottobre del 1917, in realtà la notte del 7 novembre del nostro calendario, i bolscevichi presero il Palazzo d’Inverno, sede storica degli Zar nella capitale della Russia San Pietroburgo ( all’epoca Pietrogrado). La banalizzazione della Storia, che spesso viene raccontata senza ricavarne una memoria rispettosa dei fatti e degli insegnamenti che può regalare indica in quella notte la fine dello zarismo, la vittoria dei Soviet e l’inizio della storia del Comunismo fatto Stato. Parentesi storica che durò in fin dei conti meno di 90 anni, cioè meno di una contadina delle steppe in buona salute. In realtà la dinastia degli Zar era già stata annientata da sei mesi e nel Palazzo d’Inverno era riunito il governo rivoluzionario provvisorio di Kerenskj. Era costituito da radicali liberali e socialisti moderati. Lo sparuto drappello di bolscevichi aveva però trascinato con sé una consistente frazione di operai, soldati e contadini, ma anche intellettuali stufi dei capricci degli Zar, appellandosi a tre semplici parole d’ordine: uscire dalla guerra, garantire il pane a tutti e dare più riconoscimento al ruolo dei consigli degli operai e dei contadini.
In realtà quella notte (fig1) non ci fu nessuno scontro perché nel Palazzo non c’era nulla da conquistare. Un migliaio di cadetti dell’Accademia e un altro migliaio di soldatesse del battaglione femminile non opposero nessuna resistenza e dopo due cannonate a salve da una nave in mano agli insorti sulla Neva si arresero. Due morti in tutto. Il governo provvisorio che era riunito nel palazzo fu mandato a casa ed al suo posto si riunì l’assemblea dei Soviet. Non essendo comodo per le riunioni il Palazzo venne presto abbandonato. Perché lì non c’era motivo di stare. Per quanto ne so le riunioni dei Soviet si spostarono ben presto in un comodo albergo di Mosca famoso per essere l’unico allora esistente fornito di acqua calda, riscaldamento efficiente e telefoni.
La storia, che trovo divertente ma solo fino ad un certo punto, traslata ai giorni nostri è come se un manipolo di aderenti a Rifondazione Comunista nel 2017 occupasse la sede nazionale del PD in via del Nazareno a Roma, ne espellesse la segreteria nazionale riunita e si dichiarasse legittimo rappresentante della Nazione in nome del popolo. Tranne scoprire ben presto che nei locali i telefoni sono tagliati, le stampanti non hanno più il toner e nei bagni scarseggia la carta igienica. Insomma, che dal Nazareno si può anche andarsene prima che faccia notte perché lì ormai non c’è più niente e se si vuole conquistare il potere bisogna cercarlo da qualche altra parte.
2) La notte del 4 marzo 2019 al termine delle elezioni politiche gli exit pool prima, le proiezioni e i primi dati consistenti poi indicavano senza ombra di dubbio il grande successo del M5Stelle, di gran lunga primo partito italiano del momento con il 32,7% e 10,7 milioni di voti alla Camera, con un particolare trionfo in numerosi collegi del centro sud Italia dove superava in molti casi il 40% e in alcuni anche il 50 percento. Nessun movimento o partito politico italiano ha raggiunto negli ultimi 70 anni un risultato così straordinario e del tutto insolito considerato che ancora 10 anni prima, esattamente l’8 marzo 2009 le “Liste Civiche Beppe Grillo” non ancora neanche costituite in movimento nazionale definivano sommariamente a Firenze le “5 stelle” su cui agire nei Comuni italiani. Di presenza in Parlamento neppure si parlava ( fig 2 ).
Qualcuno quella notte dello scorso anno in un comprensibile sfogo di entusiasmo ha parlato di conquista dello Stato (“lo Stato siamo noi!”). In attesa di trovare tre mesi dopo un accordo di governo, abilmente e correttamente definito contratto (su cose da fare) e non alleanza (fra partiti vicini) i leader vincenti ebbero il tempo di trovare e conoscere il loro Palazzo d’Inverno, cioè la dislocazione delle stanze di quei Ministeri da cui dare avvio a quella vera e propria rivoluzione gentile (“il cambiamento”) che, non ho mai avuto dubbi, era ed è ancora l’obiettivo del M5Stelle. Come tanti altri ho provato soddisfazione ma anche preoccupazione per i risultati elettorali. Da quasi dieci anni sono un puntuale elettore dei grillini e lo sarò anche alla prossima puntata anche se neanche per un momento ho pensato di farne parte. La soddisfazione derivava dal vedere decine di personaggi (di destra e di sinistra) fra i principali responsabili del declino italiano degli ultimi 30 anni, restare almeno per un po’ disoccupati e buttati fuori dalle aule del nostro Palazzo d’Inverno. Le ragioni della preoccupazione sono più complesse e vale la pena spiegarle. Continua...