Oggi non è più chiamata schiavitù,
è chiamata libero mercato

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
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PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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Identità e diritti globali


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MERRY CRISIS AND A HAPPY NEW FEAR
MERRY CRISIS AND A HAPPY NEW FEAR


di Maurizio Di Gregorio
 
Anche a non voler credere a nessuna della tante ipotesi di complotto sul Covid, se osserviamo come e quanto male tale epidemia viene affrontata, comunicata e curata – a partire dall’Italia, per esempio -  non resta che porci alcune semplici domande: è solo ignoranza, disorganizzazione  e incompetenza o vi sono una serie di comportamenti premeditati volti a mantenere alto il numero di morti, terrorizzata una popolazione e semibloccata una economia?
Non è il caso che qualche magistrato realmente indipendente e coraggioso indaghi sulle lacune volute o procurate nella gestione dell’epidemia? Vi sono responsabilità penali? E a quale livello? Sono fatti isolati oppure è possibile scorgere una associazione a delinquere che provoca, aggrava o anche solo specula sull’epidemia di Covid?
Trattamento della Malattia Non è stata concessa alcuna voce di rilievo alla medicina preventiva, agli immunologi ed ai naturopati. L’attenzione sulla prevenzione possibile che è possibile ottenere attivando e rafforzando le difese del proprio sistema immunitario attraverso una dieta equilibrata, integratori e corretto stile di vita è stata soverchiata o quanto meno minimizzata oppure ridicolizzata. Eppure una informazione ufficiale sull’attivazione del sistema immunitario avrebbe facilmente potuto ridurre malati e decessi.
Solo poche settimane fa L’Istituto Sanitario Nazionale italiano (ISS) ha reso note alcune linee guida per il trattamento dei pazienti Covid che è stata immediatamente contestata da migliaia di ricercatori indipendenti e molti medici con esperienza diretta di trattamento di tale malattia. Tra le molte indicazioni errate l’uso sconsigliato di integratori e vitamine in particolare C e D con il rilievo che il loro uso non è scientificamente dimostrato come efficace sulla malattia.
Come se nulla fosse negli stessi giorni il governo inglese predisponeva l’assunzione generalizzata di Vitamina D per due milioni di anziani e soggetti fragili a rischio. Del resto da parecchi decenni si conosce l’utilità delle vitamine C e D sul sistema immunitario e anche sulle malattie influenzali e respiratorie. Non è patrimonio esclusivo di medicine alternative, ma conoscenza condivisa di nutrizionisti, immunologi e pratica medica diffusa in molte terapie mediche che finanche ricorrono in casi gravi anche ad alti dosaggi vitaminici temporanei.
Anche la stessa indicazione di attendere i risultati dei tamponi (spesso 5-7-giorni) è subdola e pericolosa, in quanto il Covid mostra un decorso veloce e variabile tra i 10 giorni ed un mese (circa), pertanto in presenza di sintomi chiari e soprattutto di intensificazione o aggravamento dei sintomi risulterebbe elementare intervenire subito con integratori, vitamine e con alcuni prodotti farmaceutici come segnalato da molti medici (aspirina come antinfiammatorio ed eventualmente ibuprofene come antidolorifico).
L’ISS consiglia invece di affrontare in prima istanza il Covid con un antifebbrile (tachipirina, principio attivo paracetamolo). Peccato che a molti medici sia nota l’azione immunodepressiva di questo farmaco e  ne sconsiglino l’uso, optando invece per farmaci antinfiammatori. Continua...

AL DI LA' DELLE APPARENZE, BIDEN E TRUMP SONO IN ACCORDO QUASI TOTALE
AL DI LA' DELLE APPARENZE, BIDEN E TRUMP SONO IN ACCORDO QUASI TOTALE

di Caitlin Johnstone *

"Quando si guarda alla politica degli Stati Uniti, sembra che ci siano due fazioni politiche tradizionali che sono fortemente in disaccordo tra loro. “Diviso” è una parola che viene fuori spesso. “Polarized” è un altro. Ovviamente è vero che tra queste due fazioni scorre un sacco di emozioni, e la maggior parte di esse è davvero negativa. I temi caldi di un dato ciclo di notizie in America coinvolgeranno tipicamente più di una storia relativa all’inimicizia al vetriolo tra di loro. Ma sotto tutti gli insulti e gli accesi dibattiti, queste due fazioni sono in realtà furiosamente d’accordo l’una con l’altra. Sono d’accordo per tutto il tempo.
- Concordano sul fatto che il governo degli Stati Uniti dovrebbe rimanere il centro di un impero globale; si limitano a cavillare rabbiosamente su alcuni dettagli di come dovrebbe essere gestito quell’impero, ad esempio se il principe ereditario saudita avrebbe dovuto ricevere qualche piccola conseguenza per aver smembrato un reporter del Washington Post con una sega meccanica.
- Sono d’accordo che gli Stati Uniti dovrebbero rimanere l’egemone unipolare della terra a tutti i costi; litigano ad alta voce su alcuni dettagli di come dovrebbe apparire, ad esempio se dovrebbero esserci i nomi dei generali confederati nelle sue basi militari.
- Sono d’accordo che dovrebbe esserci una massiccia presenza militare statunitense in tutto il mondo; contestano solo furiosamente piccoli particolari come se qualche migliaio di quelle truppe debba rimanere in Germania o essere trasferito in Polonia. 
- Concordano sul fatto che ci deve essere una violenza militare di massa senza fine per sostenere l’impero centralizzato dagli USA; fanno solo un grande spettacolo nel discutere se quella violenza militare debba essere più concentrata sulla Siria o sull’Iran.
- Concordano che è necessario minacciare l’intero pianeta con armi nucleari mentre si intensificano le aggressioni contro altre potenze nucleari; si infuriano solo avanti e indietro su chi dovrebbe essere il dito sul pulsante.
- Sono d’accordo che è necessario controllare l’economia mondiale con il pugno di ferro; litigano solo sulle sue caratteristiche, come come e quando lanciare una guerra commerciale con la Cina.
 - Concordano sul fatto che l’ambiente dovrebbe continuare a essere distrutto; litigano solo per le minuzie, come se ci dovrebbero essere o meno degli adattamenti per i margini di profitto delle società di energia verde.  Continua...
MIGRANTI: SERVE UNA TERZA VIA, NE PORTI CHIUSI NE PORTE APERTE
MIGRANTI: SERVE UNA TERZA VIA, NE PORTI CHIUSI NE PORTE APERTE


di Massimo Marino

1) Apparentemente sul problema dei migranti in Italia ci sarebbe poco da discutere.L’Italia sarebbe divisa in due.
Più o meno la metà sarebbero razzisti. O comunque non vogliono i migranti perché abbiamo già problemi nostri e non possiamo occuparci dei loro. Con gradazioni diverse, anche molto diverse, di sadismo o di egoismo condividerebbero nella sostanza l’idea di ributtarli tutti a mare, chiudere i porti e gli altri confini. Anche perché fra i migranti si nasconderebbe di tutto, dall’isis, al virus.  Qualche tentennamento ci sarebbe per quelli che fuggono dalle guerre sotto casa, che sono probabilmente solo una minoranza, ma nella sostanza la soluzione sarebbe questa.  Neanche tanto si farebbe eccezione  per donne e bambini. A secondo del punto di vista questi sarebbero quelli che  mettono sempre al primo posto gli italiani ( quindi veri patrioti), da un altro punto di vista sarebbero tutti razzisti. Punto.

L’altra metà dell’Italia sarebbero antirazzisti, quindi per definizione altruisti e favorevoli a dare una mano a tutti quelli che affogano nel Mediterraneo. I migranti hanno il diritto di vivere (come noi?) o comunque sopravvivere in ogni caso a guerre, crisi climatica, povertà. Dobbiamo quindi aprire i porti e le porte a tutti o comunque a tutti quelli che specie attraverso il Mediterraneo rischiano la vita per emigrare e vogliono sbarcare ( in Europa, non in Italia perlopiù). E naturalmente la libertà di muoversi sul pianeta non deve essere frustrata. Questa metà dell’Italia, che soffre l’emergenza ma non costruisce soluzioni vere non sembra sempre interessata a cosa succede prima, durante e dopo il viaggio a quelli che intraprendono l’avventura disperata dell’immigrazione irregolare.
La mia è ovviamente una palese forzatura delle posizioni, una lettura esagerata delle opinioni che dividono la società italiana e non solo quella. Però, grazie anche ad un sistema dei media che esaspera e banalizza tutto, queste appaiono le posizioni. Sono quelle su cui si fanno le crociate. Di cui si discute al bar e in tv. Su cui si decide quale partito sostenere. Su come comportarsi per la strada.  Un’altra posizione non appare mai, quindi: o sei di qua o sei di là.Più o meno da 5-6 anni questo tema, che secondo me non sarebbe affatto fra quelli più drammatici se fosse gestito solo decentemente, è diventato una fra le principali emergenze nell’immaginario di molti. Ha occupato le prime pagine dei media costantemente, scalzato solo per qualche mese dal virus.
Oggi si ricomincia. Tema su cui si organizzano le crociate, si fanno le fortune elettorali di questo o di quello, qualche volta anche un bel po’ di soldi. Si organizzano risse furiose su FBK dove gli insulti volano come farfalle in un prato fiorito ( “sporco razzista” .. “schifoso nemico degli italiani “ ..  e via così ). Si inventa un' invasione ( sarebbe un disegno voluto per cambiare la composizione etnica dell’Occidente! ). Oppure, dall’altro fronte, si sostiene che alcune centinaia di migliaia di irregolari e clandestini nel nostro paese entrati dal 2014 in poi non sono un problema ( e invece lo sono eccome, prima di tutto per loro stessi).
Di gran lunga il tema diventa il più discusso, rendendolo così ben più importante di tanti altri. Ad esempio del fatto che il timido programma di interventi sul clima di COP 21 di Parigi del 2015 è praticamente saltato è non c’è un piano B. Qualcuno, come Greta e alcuni altri giovani leader che emergono qua e là sul pianeta, senza guardare in faccia nessuno e lontani dal gioco della politica, ci ripetono, forse con troppo garbata rabbia,  che non possiamo scoprire fra 10-15 anni che il piano B non c’è. E che siamo ( “saranno” quelli della generazione cento che vivrà il nostro secolo) letteralmente fottuti. Continua...
SULLE CONSEGUENZE SOCIALI DELLA PANDEMIA
SULLE CONSEGUENZE SOCIALI DELLA PANDEMIA

di Andrea Zhok

Mentre continua la battaglia senza esclusione di colpi tra titolisti in cerca di scoop nella calura agostana, e complottisti in cerca di congiure, per dare un po’ di pepe al vuoto di idee, è opportuno cercare di fare chiarezza su alcuni punti relativi alla crisi da Covid-19.
Al netto degli argomenti capziosi e raffazzonati, il problema di fondo dell’estesa area ‘complottista’ che si è manifestata in questo periodo sta nel prodursi in un (doveroso) esercizio del dubbio omettendo però comodamente qualsivoglia articolata tesi positiva. In sostanza legioni di persone che si esprimono con saccenza e irrisione verso “le verità ufficiali”, concedono a sé stessi un supersconto quando si tratta di proporre “verità alternative”.
Tutto quello che si riesce ad ottenere sono gesti, suggestioni oracolari o insinuazioni che vorrebbero lasciar a intendere chissà quale chiarezza di visione, ma dietro a cui non c’è nient’altro che un sentimento a metà tra il disagio personale e la cultura del sospetto. Finché qualcuno non si farà carico di spiegare quale sarebbe (per lui) la “verità alternativa” alle screditate “verità ufficiali” siamo al livello zero della ragione.
Questa è la comodissima posizione di chi saltabecca tra contraddizioni e discordanze (vere o immaginarie), senza mai proporre apertis verbis un modo migliore di unire i puntini.
Ora, detto questo, proviamo per un momento a fare un abbozzo del lavoro che i ‘complottisti’, troppo occupati ad applaudirsi a vicenda, si rifiutano di fare, cioè andare a vedere quali sono i rischi effettivi di manipolazione, impliciti nella presente crisi pandemica.
L’opzione più popolare e meno sostenibile la citiamo qui all’inizio, solo per lasciarcela rapidamente alle spalle: l’idea di un complotto mondiale che avrebbe utilizzato un virus prodotto in laboratorio per produrre effetti specifici pro domo sua. Premesso che, per quel che ne sappiamo, può ben darsi che un genio del male abbia creato e diffuso un virus per ragioni sue, è insostenibile che questa operazione possa coinvolgere una pluralità globale di interessi politici ed economici in contraddizione. Stati potenti e settori economici enormi sono stati messi in grave difficoltà dal Covid, che ha messo in moto processi fuori controllo. Che, nonostante la divergenza degli interessi, vi sia una discreta concordia globale nelle modalità di riconoscere e affrontare la pandemia toglie di mezzo ogni teoria del complotto ‘ex ante’, come progetto a tavolino.
Se ci rivolgiamo invece alle tendenze che si possono sviluppare in forma non pianificata, ma opportunistica, data l’occorrenza casuale del Covid, qui troviamo questioni molto più interessanti e plausibili.
1) Una prima possibilità è data dalla tentazione degli stati di usare il Covid e l’emergenza sanitaria come occasione di tipo securitario e repressivo, come modo per stabilizzare il potere e tacitare le proteste.
Continua...
UNA CONSEGUENZA NASCOSTA DEL COVID-19
UNA CONSEGUENZA NASCOSTA DEL COVID-19

di Guido Dalla Casa
 
Recentemente si sono rese evidenti alcune gravissime situazioni dell’intero Pianeta: la mostruosa sovrappopolazione umana (quasi 8 miliardi), i rapidi cambiamenti climatici, la crescente estinzione di specie, l’accumulo di rifiuti indistruttibili, il tragico consumo di territorio, la distruzione di foreste e di innumerevoli altri ecosistemi; ho citato solo alcuni problemi fra i più gravi, tutti collegati fra loro. Personalmente, considero quasi-ridicoli coloro che pensano che questi processi possano continuare ancora a lungo. Con questo non intendo fare le lodi del “buon tempo antico”, ma semplicemente dire che qualunque processo deve essere compatibile con il funzionamento (o la Vita) di  un Sistema molto più grande, cioè il Sistema naturale (o il Sistema Biologico Terrestre), di cui – che lo vogliamo o no – facciamo parte integralmente, insieme agli altri esseri senzienti, cioè gli altri animali, i vegetali, gli ecosistemi, i torrenti, le montagne.
Un processo si può definire “sostenibile” solo se non altera in modo apprezzabile il funzionamento (o la vita) del sistema più grande di cui fa parte. Quasi nessun processo della civiltà industriale risponde a questa caratteristica.
Se ci pensiamo appena un po’, risulta evidente che la causa prima di tutti i guai sopra citati è la crescita economica, che mette materia inerte al posto di sostanza vivente, consuma “risorse” e produce “rifiuti” ed è quindi assolutamente incompatibile con il Sistema Biologico Terrestre.
Anche per queste evidenze, sono nati da circa due anni alcuni movimenti diversi dalle solite associazioni “ambientaliste” già inglobate nel sistema. Mi riferisco a movimenti spontanei giovanili, come Fridays For Future ed Extinction Rebellion che rifiutano le solite espressioni quasi-comiche come sviluppo sostenibile, green economy, crescita verde, economia circolare, inventate per continuare tutto come prima e dare una verniciata di verde al mondo attuale. Recentemente si è avuto un discreto aumento di interesse per gli argomenti sopra citati, legati all’Ecologia Profonda e ai limiti dello sviluppo. Tale interesse si è evidenziato negli incontri, conferenze, corsi, proiezioni, convegni, dedicati a questi argomenti, oltre che nelle manifestazioni pubbliche: questi incontri sono gli unici luoghi di diffusione, dato che i mezzi di informazione “ufficiali” tagliano inesorabilmente qualunque accenno ad argomenti che mettano in discussione lo sviluppo economico. Continua...
BILL GATES E LA NEMESI TECNO-MEDICA
BILL GATES E LA NEMESI TECNO-MEDICA


di Bianca Bonavita

Denunciare la mistificazione costruita attorno al grande evento spettacolare Covid-19 (che distingueremo nel testo dal virus Sars-CoV-2) e alla forma di governo e di controllo della popolazione che si sta globalmente ridefinendo, non significa difendere la devastante normalità del prima, non significa porsi in una posizione di conservazione di un prima desiderabile da preservare. Così come non significa negare la morte delle persone.
Il virus non ci sembra, come molta della critica radicale vorrebbe, una speciale conseguenza della distruzione prodotta dal capitalismo e dai suoi allevamenti industriali umani e animali. Il nuovo coronavirus non ci sembra affatto un “demone della distruzione totale”, né “la produzione più devastante della devastazione della produzione”.
Gli allevamenti umani e animali da molti decenni ormai producono malattie croniche ben più letali: quasi tutti hanno pianto amici o parenti morti prematuramente per tumori o per malattie cardiovascolari che sono, se vogliamo usare questa parola, le due vere pandemie dei nostri tempi. Pandemie prodotte, queste sì, da forme di vita innaturali, dominate dal regime della separazione, incatenate a lavori alienanti, immerse in arie irrespirabili, abbeverate da acque inquinate e pasturate con mangimi industriali.
Spostare dunque il fuoco dell’attenzione dalle malattie croniche, che sono le vere pandemie moderne, a malattie infettive che hanno una bassa letalità, contribuisce a rimuovere un serio discorso sul nesso tra prevenzione e forma di vita.
Per questo il virus non ci sembra un messaggero o un messia in grado di mettere in luce, a chi non li vedeva prima, i mali del mondo in cui ci troviamo a vivere, ma piuttosto proprio uno strumento di distrazione che rende ancora più difficile mettere a fuoco le profonde e strutturali perversioni del capitalismo.
Se un paese intero, (ma si potrebbe estendere il discorso anche al di fuori dei confini nazionali), con rare eccezioni, accetta, senza metterne in questione le ragioni, la sospensione di molte delle libertà fondamentali, cadendo in preda alla paura e al sospetto o semplicemente a una ancor più inquietante serena accettazione, come potranno le persone che vivono in quel paese rivoltarsi contro i disastri prodotti dal capitalismo fino a mettere in questione e ridefinire la propria forma di vita?
I più non desidereranno forse soltanto il ritorno alla normalità? E in nome di questo desiderio non accetteranno qualunque sopruso da parte del potere? E pur di ritrovare almeno alcuni elementi della vecchia normalità non accetteranno esse tutti gli atroci e assurdi dispositivi della nuova, odiosa, normalità che si sta definendo?(...)
Per intraprendere questa indagine abbiamo deciso di tradurre e di commentare (in corsivo) un testo apparso nel mese di aprile sul blog personale di Bill Gates. Continua...

L'OLOCAUSTO DEI DISOBBEDIENTI
L'OLOCAUSTO DEI DISOBBEDIENTI


di Max Strata

Si può uscire di casa per andare al lavoro e venire trucidati con colpi di pistola sparati alla testa da un commando di assassini che resteranno impuniti? E' quello che è capitato a Samir Flores Soberanes, attivista ambientale messicano, delegato del Consiglio Nazionale Indigeno e membro del Fronte dei popoli in Difesa della terra e dell'acqua.
La sua colpa? Essersi opposto alla realizzazione del Proyecto Integral Morelos (Pim), un piano che prevede la realizzazione di un enorme gasdotto, gestito dall'azienda italiana Bonatti e dal colosso spagnolo Elecnor, che dovrebbe trasportare nove miliardi di litri di gas naturale al giorno, ponendo a serio rischio le riserve idriche dei popoli indigeni.
Come Samir, sono almeno 1.500 negli ultimi 15 anni, i difensori dell'ambiente e delle comunità locali, che per analoghi motivi sono stati uccisi barbaramente.
Il dato riguarda tutti i paesi del mondo (si stima però che il numero sia ben più alto perché molti casi non sono stati denunciati) con il triste primato che spetta all'America Latina, dove si sono consumati i due terzi degli omicidi.
Difendere il territorio, le risorse naturali e la gente che ci vive, è molto rischioso, specialmente quando si è criminalizzati e vessati proprio da quelle autorità che dovrebbero contribuire alla tua protezione.
La quota maggiore delle violenze è stata riscontrata a danno degli attivisti che organizzano campagne di informazione e iniziative popolari contro i progetti legati alle attività estrattive ed energetiche, la deforestazione e l’agricoltura su larga scala ma che riguardano anche il contrasto al bracconaggio, la pesca abusiva e il commercio di specie rare.
Oltre ai membri dei gruppi indigeni, sono stati uccisi anche avvocati, giornalisti, guardie forestali, piccoli agricoltori, familiari delle vittime. Appena il 10% dei criminali che si sono resi responsabili dei delitti deve fare i conti con la giustizia, perché è noto che gli assassini possono trovare aiuto tra gli esponenti della polizia, degli organi governativi o del sistema giudiziario.Secondo alcuni osservatori, esiste infatti un vero e proprio “consorzio della morte” costituito da tre livelli: le persone assoldate per eseguire gli omicidi, chi li ha organizzati e chi li ha finanziati. Chi fa parte degli ultimi due rappresenta l'elite degli uomini d’affari, dei politici e dei latifondisti che non conoscono limiti alla loro protervia e ingordigia.Continua...

VERSO UN META-NAZIONALISMO ECOLOGICO
VERSO UN META-NAZIONALISMO ECOLOGICO


di Federico Tabellini

Nei momenti di grande incertezza, negli esseri umani cresce il bisogno d’identità. Gli eventi politici recenti, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, ne sono la prova. Uno spirito anti-globale e localistico ha preso d’assedio le due sponde dell’atlantico. Nonostante la globalizzazione dell’informazione, e forse in parte per sua causa, lo stato-nazione – questo binomio in apparenza inscindibile nel nostro tempo – è riemerso prepotentemente come il frame interpretativo egemone sulla realtà: un vero e proprio manto ideologico che ricopre ogni cosa, alterandone la fisionomia.
Gli stati fanno appello all’identità nazionale per rafforzare la propria coesione interna. Le nazioni che non sono organizzate in stati (la Catalogna, per esempio) rivendicano un riconoscimento istituzionale: vogliono costituirsi come stati. Oggi, più che quindici anni fa, vediamo attraverso le lenti distorsive dello stato-nazione, ci sentiamo parte di esso, e in base a esso ci auto-definiamo nelle nostre interazioni con gli altri. Persino chi nel proprio intimo non vede, non sente e non si definisce in rapporto allo stato-nazione, ne è costretto nei propri rapporti sociali da un lessico culturale comune. L’alternativa è l’incomprensione, l’isolamento socio-semantico. Siamo italiani, cinesi, statunitensi o indiani prima che esseri umani. La domanda ‘sei italiano?’ utilizza il verbo essere in quasi tutte le lingue indoeuropee. Se l’io è un individuo, il noi, quando non specificato, è una nazione; il loro è una nazione.
L’identità, è noto, nasce dalla distinzione. Per far parte di qualcosa, occorre auto-escludersi da una realtà più ampia. La mera somiglianza raramente accende la scintilla identitaria. Tutti siamo umani, solo alcuni sono italiani: per questo mentre con la specie umana non intratteniamo una relazione emozionale, essere italiani è un sentimento identitario. Essere italiani è un’esperienza, essere umani una mera constatazione. Sappiamo di essere umani ma sentiamo di essere italiani. E poco importa che essere umani costituisca una realtà fattuale, biologica, laddove essere italiani rappresenti un mero costrutto storico-culturale. I costrutti storico-culturali appaiono spesso più reali della realtà, non è forse vero? Continua...

GIOCARE CON I NOSTRI TELEFONINI MENTRE AVANZA IL BUIO ?
GIOCARE CON I NOSTRI TELEFONINI MENTRE AVANZA IL BUIO ?


di Carole Cadwalladr

Al TED di Vancouver Carole Cadwalladr, la cronista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo), ha spiegato come i social hanno influito sulla Brexit. E come stanno facendo del male alle democrazie di tutto il mondo
Quest'anno non sono riuscito ad andare al TED di Vancouver. Ma ho seguito qualcosa in rete. E mi hanno colpito due cose, collegate fra loro. La prima è il talk della giornalista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo). La seconda il fatto che uno degli sponsor principali di questa edizione del TED di Vancouver fosse proprio Facebook. Ce lo vedete un evento in Italia dove lo speaker principale è quello che attacca lo sponsor principale. O anche solo il giornale, la radio, la tv, l'agenzia di stampa.... Carole Cadwalladr ha fatto un lavoro giornalistico memorabile (per il quale è stata fra i finalisti del premio Pulitzer appena assegnato). Nel suo TED Talk ripercorre la vicenda e pone delle domande molto serie "agli dei della Silicon Valley" e a noi utenti dei social, sul futuro della democrazia. Per questo abbiamo ritenuto di tradurre subito in italiano il suo intervento.
(Riccardo Luna)
Il giorno dopo il voto sulla Brexit, quando la Gran Bretagna si è svegliata con lo choc di scoprire che stavamo davvero lasciando l’Unione Europea, il mio direttore al quotidiano Observer, mi ha chiesto di tornare nel Galles meridionale, dove sono cresciuta, e scrivere un reportage. E così sono arrivata in una città chiamata Ebbw Vale.Eccola (mostra la cartina geografica). È nelle valli del Galles meridionale, che è un posto abbastanza speciale. Aveva questa sorta di cultura di classe operaia benestante, ed è celebre per i cori di  voci maschili gallesi, il rugby e il carbone. Ma quando ero adolescente, le miniere di carbone e le fabbriche di acciaio chiusero, e l’intera area ne è rimasta devastata. Ci sono tornata perché al referendum della Brexit era stata una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “Leave”. Sessantadue per cento delle persone qui hanno votato per lasciare l’Unione Europea. E io volevo capire perché.Quando sono arrivata sono rimasta subito sorpresa perché l’ultima volta che era stata ad Ebbw Vale era così (mostra la foto di una fabbrica chiusa). E ora è così. (mostra altre foto). Questo è un nuovissimo college da 33 milioni di sterline che è stato in gran parte finanziato dall’Unione Europea. E questo nuovo centro sportivo fa parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni di sterline, finanziato dall’Unione Europea. E poi c’è questo tratto stradale da 77 milioni di sterline, e una nuova linea ferroviaria e una nuova stazione, tutti progetti finanziati dall’Unione Europea. E non è che la cosa sia segreta. Perché ci sono grossi cartelli ovunque a ricordare gli investimenti della UE in Galles.
Camminando per la città, ho avvertito una strana sensazione di irrealtà. E me ne sono davvero resa conto quando ho incontrato un giovane davanti al centro sportivo che mi ha detto di aver votato per il Leave, perché l’Unione Europea non aveva fatto nulla per lui. E ne aveva abbastanza di questa situazione. Continua...

MICHEA: PERCHE' HO ROTTO CON LA SINISTRA
MICHEA: PERCHE' HO ROTTO CON LA SINISTRA

Intervista con Jean-Claude Michéa

Se sono arrivato a rimettere in discussione il vecchio schema destra/sinistra - insieme, tra gli altri, a Cornelius Castoriadis e Christopher Lasch - ritenendolo ormai una mistificazione, è semplicemente perché il compromesso storico siglato in seguito all'affare Dreyfus tra il movimento operaio socialista e la sinistra liberale e repubblicana (il "partito del movimento", dove il partito radicale e la massoneria volteriana dell'epoca marciavano fianco al fianco) sembra ormai aver esaurito tutte le sue qualità positive.
I libri di Jean-Claude Michéa si fanno sempre desiderare. Qualcuno ne attende l’uscita con trepidazione, qualcun altro affila i coltelli. In primo luogo perché le parole di questo filosofo, ispirato dal pensiero di George Orwell, di Guy Debord e del miglior Marx, sono riportate molto di rado dai media. Inoltre, dato che appartiene ad una specie politicamente ambidestra, purtroppo così poco rappresentata e spesso fraintesa, Michéa si mostra crudele verso una sinistra liberale ridotta ad una caricatura di sé stessa, impegnata a valorizzare tutte le presunte trasgressioni morali e culturali, ma riesce a restare lucido di fronte all’incredibile cinismo dei leader della destra attuale (Sarkozy e Copé in testa) che si atteggiano a difensori del “popolo minuto”, in realtà la principale vittima del loro programma economico dedicato all’espansione illimitata degli interessi del CAC 40(1).
Diciamolo subito: Mystères de la Gauche, edito in Francia da Climats, è il libro che tutti noi, da molti anni, attendevamo da Michéa. Vi sono molti aspetti che giustificano quest’attesa. In primo luogo il suo rifiuto definitivo di riconoscere nella “sinistra” il fronte popolare di liberazione a cui fa appello nei suoi scritti. “La sinistra” è un significante-padrone fatto prostituire già da molti anni: Michéa lo considera ormai foriero di “inutili divisioni, dal momento che è necessario riunire le classi popolari.”
Anche perché il filosofo risponde colpo su colpo alla “virata a destra” che gli viene regolarmente imputata. Così questo anti-capitalista conservatore ammette che l’attaccamento ai “valori tradizionali” può produrre delle derive inquietanti e che “su questo punto, i costanti allarmi lanciati dalla sinistra restano pienamente validi.” Una grande annata, quindi, per il filosofo orwelliano di Montpellier. Disturbante, pungente e spesso esilarante quando prende in giro l’autocelebrazione delle sinistra come “partito del domani” (Zola), Michéa riesce ad essere illuminante e quasi sempre convincente.
Marianne: Lei ritiene che sia urgente abbandonare il nome “sinistra”, cioè cambiare il significante che descriverà le forze politiche che prenderanno di nuovo in considerazione gli interessi della classe operaia … Questo nome non può più tornare in vita e superare le sue ferite storiche, i suoi fallimenti, il suo passato ingombrante? Lo stesso problema sussiste per la parola “socialismo”, che in origine indicava il mutuo soccorso operaio promosso da persone come Pierre Leroux e negli anni ’80 è diventato sinonimo delle pagliacciate à la Jack Lang. Non potremmo ravvisare, in questo desiderio di abolire un nome che ha fatto la storia, una sgradevole eco di quello spirito della tabula rasa che in altre occasioni ha denunciato in modo instancabile?
Jean-Claude Michea: Se sono arrivato a rimettere in discussione il vecchio schema destra/sinistra – insieme, tra gli altri, a Cornelius Castoriadis e Christopher Lasch – ritenendolo ormai una mistificazione, è semplicemente perché il compromesso storico siglato in seguito all’affare Dreyfus tra il movimento operaio socialista e la sinistra liberale e repubblicana (il “partito del movimento”, dove il partito radicale e la massoneria volteriana dell’epoca marciavano fianco al fianco) sembra ormai aver esaurito tutte le sue qualità positive. Continua...
PRIMA ERANO QUELLI DELLE RIVOLUZIONI
PRIMA ERANO QUELLI DELLE RIVOLUZIONI

di Maurizio Di Gregorio

Prima erano quelli delle rivoluzioni. Rivoluzioni assai particolari che non avvenivano mai oppure avvenivano sempre altrove. Oppure sempre rivoluzioni procrastinate nel tempo, in attesa delle condizioni ottimali. Rivoluzioni fuori dal proprio luogo o fuori dal proprio tempo. Eppure rivoluzioni comode da sognare sia la sera che la mattina, tanto utili e formative  della propria identità personale per la quale rinunciarvi non era proprio possibile.
Un comportamento normale negli anni di gioventù la cui persistenza in età adulta costituisce però una deriva patologica: ovvero il rifiuto sia di rendersi conto del reale come della mancanza di volontà e capacità di avere rapporti con essa. In due parole il rifiuto di crescere e di divenire adulti e responsabili.
Solo così, in fondo,  si può spiegare l’avvilente continua  e ripetuta baraonda di scissioni di quelle che furono (e non sono proprio più) sia le sinistre radicali che le destre radicali.
Occorre osservare e riconoscere che molti cosiddetti trasformatori del mondo, pur elaborando teorie fini e sofisticate, non incidono di un millimetro la situazione circostante e a lungo andare sono semplicemente trasformati dal sistema stesso a cui si oppongono.
E in questa dinamica assai spesso divengono peggiori di colori che avversavano: nella vita, nel lavoro, nelle relazioni.
Come nell’ attesa messianica di ogni credente, per loro il presente è sempre svilito in nome di un radioso sol dell’avvenire che  ricordiamolo -  così tanto ha funestato il secolo scorso.
Eppure l’utopia eletta a fondamento della propria esistenza presenta anche un risvolto ed un pericolo psicologico forse non adeguatamente indagato. Un errore sottile ma sostanziale sia di percezione che di azione nel reale.
Perché mai cambiare oggi davvero le cose, se per loro, il bello è oltre il cambiamento,dopo la rivoluzione,  in un futuro radioso e mai nel grigio oggi? Ecco una ragione arguta e insidiosa per non cambiare oggi mai nulla veramente.
E per non partecipare mai a nessun cambiamento. Solo così può essere spiegata l’incapacità di riconoscere il Movimento 5Stelle come agente di un cambiamento sia anticasta che ecologico e di giustizia sociale. E pertanto di riuscire a parteciparvi. Continua...
CE LO INSEGNANO I BAMBINI
CE LO INSEGNANO I BAMBINI


di Isabella Bresci

Vi sono due livelli di amore. Sovente, quando si dice di amare i bambini, ci si riferisce alle cure, alle carezze che si prodigano a quei bambini (…) Ma il livello di cui parlo io è un altro. L'amore non è più né personale, né materiale: chi serve i bambini sente di servire lo spirito dell'uomo, lo spirito che deve liberarsi (…) (Maria Montessori)
Mai dire mai... diceva mia madre. Infatti alla veneranda età di 54 anni, la Vita mi ha riportata alla professione per la quale avevo studiato ma che avevo da sempre accantonato per una moltitudine di ragioni: l'insegnante di scuola primaria... la maestra, come dicono i bambini.
Primo giorno di scuola, autunno 2016. Un flash-back. La classe di cui ho appena varcato la sogliaassomiglia spaventosamente a quella del mio primo giorno di scuola nell'autunno del 1967. Tutto sembra cristallizzato nel tempo. Fisicamente pare tutto quasi uguale e poco dopo scopro che, nella scuola in cui mi trovo, anche il metodo è quasi identico. I libri di tutti e cinque gli anni invece sono molto diversi, testo e immagini sono fitti e riempiono tutto lo spazio, alcuni degli argomenti che trattano, ricordo di averli studiati in terza media...Da lì si susseguono fino a giugno una pletora di forti sentimenti ed emozioni contrastanti e difficoltà di ogni genere che non sto ad elencare perché ci vorrebbe un articolo a parte oppure un libro Cuore 2.0 Durante le vacanze di Natale decido di concedermi un po' di “riposo spirituale” e acquisto un libro di cui avevo sentito parlare in una trasmissione culturale in tv.
L'autore è Davide Tamagnini, un maestro di scuola primaria di Varallo Pombia, un paesino del novarese presso il Ticino. Davide è uno di quei maestri col quale imparare diventa un'avventura, un gioco, un impegno a volte faticoso ma stimolante. Ciò che scrive nel libro mi ridona l'entusiasmo Continua...

L'APPRENDIMENTO INTELLIGENTE
L'APPRENDIMENTO INTELLIGENTE

di Alberto Nigi

“Laboratori e  biblioteche,  sale  e  portici  e  archi  e   dotte  conferenze… 
Tutto sarà vano se sono assenti il cuore saggio e l’occhio che sa vedere”. (Anthony De Mello)
 
Parlare in poche righe di apprendimento intelligente e di com’è e come dovrebbe essere la scuola oggi richiederebbe un libro intero, ma fatto sta che senza apprendimento intelligente non esiste scuola, almeno quella capace di raggiungere gli obiettivi che le competono. Ovvio che l’intelligenza, oltre ad essere una prerogativa di entrambi discente e docente, dovrebbe esserlo anche delle istituzioni.Quando ero studente liceale ho imparato ad apprendere con intelligenza grazie al mio professore di lettere Marcello Fruttini (oggi ultraottantenne preside a riposo, autore di numerose pubblicazioni). In seguito, grazie a lui, ho imparato ad insegnare con intelligenza e ad essere amato dai miei studenti.
Ecco il primo punto da tener presente: in termini tecnici, l’insegnamento altro non è che la giusta creazione metodologica di situazioni di apprendimento interattive e funzionali in cui l’informazione si muta in conoscenza (memoria a breve termine) e poi in formazione culturale (memoria a lungo termine). Ciò determina, nel tempo, scelte critiche e comportamenti adeguati individuali e sociali e orientamenti affettivi. Insomma, detto più semplicemente, tutto il complesso di una personalità in crescita dipende sì dall’eredità genetica e dall’ambiente, ma soprattutto dai percorsi educativi di cui la scuola è responsabile.In una società civile che si rispetti la figura del docente dovrebbe essere tenuta nella massima considerazione, così come spontaneamente avviene nelle comunità tribali dove la trasmissione dell’esperienza e la continuità della tradizione sono la base della sopravvivenza e fanno riferimento all’anziano capo tribù e allo stregone, depositari di tutta la conoscenza. Continua...

LA POVERA CASA DELLE DONNE DI ROMA
LA POVERA CASA DELLE DONNE DI ROMA

di Maurizio Di Gregorio

La vicenda della Casa delle Donne si Roma è un caso esemplare di cui si parla in questi giorni. La giunta Raggi, (come già la precedente giunta Marino) aveva chiesto che fossero pagati i fitti agevolati degli ultimi 10 anni (per un totale di 880.000 euro) ma si è trovata  davanti il consorzio  di gestione  della Casa delle Donne che ha cercato di continuare a fare quel che fa da sempre: non pagare.
 Dopo due anni di trattativa e dopo che all’ennesima richiesta comunale di pagamento dei fitti arretrati veniva risposto chiedendo addirittura l’assegnazione gratuita del Palazzo ove si trova il centro, la Giunta Raggi decide di affrontare la questione di petto: avoca a sé la gestione dell’ immobile della Casa delle Donna, predisponendo con delibera comunale il reintegro del bene comunale tra le disponibilità dell’amministrazione con l’intenzione di intervenire direttamente in un progetto complessivo comunale di servizi rivolti alle donne e articolato anche nelle zone di periferia.
 Cioè prende atto del fallimento del progetto Casa delle Donne ed interviene con un piano di riassegnazione degli spazi aperto anche alle associazioni attualmente ospitate dalla struttura ma anche alle altre. Con regolari Bandi di Concorso. Un voltare pagina ed un ritorno alla legalità.
 Apriti Cielo: il consorzio Casa delle Donne diffonde alcuni comunicati ed un volantino in cui proclama la  Guerra Santa contro il Comune che vuole sfrattare la Povera Casa delle Donne.
 Inizia anche la solita raccolta di firme di solidarietà e si giunge persino ad una manifestazione sotto il Comune di alcune centinaia di donne tra cui spicca la presenza gongolante di alcune ministre del PD come Marianna Madia, l’immancabile Laura Boldrini, Veronica Pivetti ed altre. Loredana De Petris e Fassina (Leu). Nei Social si sprecano i commenti anti5stelle e si diffondono le classiche dichiarazioni di solidarietà. Continua...
 
PERCHE' NON SONO PIU' UNA FEMMINISTA
PERCHE' NON SONO PIU' UNA FEMMINISTA

di Helen Pluckrose 

Non ricordo di non essere mai stata femminista. Ho partecipato alle marce negli anni settanta con mia madre. Lei si identificava come femminista fin dagli anni sessanta, dopo che le era stato negato un mutuo senza un garante maschio, e dopo che le era stato riferito che non avrebbe potuto studiare per gli esami di ragioniera perché “non ci sono ragionieri donne”.Dopo avere partecipato per breve tempo ai movimenti femministi radicali, ha rifiutato le loro idee in quanto estremiste e irrazionali: era stata criticata per la sua relazione eterosessuale e la sua passione per gli abiti femminili. Aveva trovato asilo nel femminismo liberale, e da lì è diventata molto attiva nella scrittura, nelle marce e nelle proteste a favore di cambiamenti che le dessero le stesse opportunità degli uomini. Nei tardi anni ottanta, mia madre ha capito che le battaglie più importanti erano ormai vinte e ha iniziato a ritirarsi dall’attivismo, nonostante continuasse a identificarsi come femminista e a studiare la storia delle donne.Vista la sua influenza, ovviamente mi identificavo io stessa come femminista, una femminista liberale. Crescendo, ho protestato contro la legalità dello stupro all’interno del matrimonio (criminalizzato nel 1990) e ho vinto una battaglia personale per portare i lavori manuali nelle scuole al posto dei corso di cucina (ero pessima anche in quelli, ma mai quanto lo sono in cucina!). Ho criticato i comportamenti sessisti sui luoghi di lavoro, i quali erano molto diffusi negli anni novanta.Il femminismo liberale già all’epoca era aggressivo, ma in un modo diverso dall’odio misandrico che va di moda oggi. Era ottimista, quasi giocoso. Eravamo sicure di potere vincere. Era divertente vedere come riuscivamo a sconvolgere i fanatici degli stereotipi sessisti e sfidare il sessismo di tutti i giorni, spesso con ironia. Non pensavamo che gli uomini fossero persone orribili e che dovessero essere puniti. Volevamo solo fargli capire che i tempi erano cambiati e dovevano adeguarsi. “Ora le donne sono dappertutto, fatevene una ragione”.Continua...

IL MOVIMENTO FEMMINISTA E LA CIA
IL MOVIMENTO FEMMINISTA E LA CIA

di  FioriGialli Dossier

Guardate questa donna. Il suo nome è Gloria Steinem. Nel 1996 Nancy Friday, nota femminista americana, pubblicò un libro The Power of Beauty (in Italia ripubblicato l'anno seguente da Corbaccio con il titolo Il Potere della Bellezza) che ebbe un certo successo internazionale ma fu poi ben presto ignorato dalla scena culturale femminista. E continuando a leggere ne comprenderete il perché.
Nelle sue 650 pagine Nancy Friday illustrava con rigore e partecipazione di vita vissuta molte delle tematiche e problematiche interne al movimento delle donne  tra cui in particolare il rapporto femminile con la bellezza, il sesso e le relazioni con gli uomini e descrive l'ascesa fulminante di Gloria Steinem alla leadership del movimento femminista americano succedendo a Betty Friedan. Questa nuova leadership portò ad un nuovo tipo di femminismo (separatista) in cui si sarebbe passati dal tema dell'uguaglianza tra uomini e donne al tema esclusivo dei diritti delle donne  portando alla metà degli anni '70 alla posizione di rifiuto dell'affido congiunto dei figli nelle cause di separazione familiari, cosa che provocò il definitivo allontanamento degli uomini dai movimenti di liberazione della donna (come Lawrence Farrell) e porterà poi alla attuale mentalità vittimistica (come oggi nel pervertito #metoo). Bene oggi si sa che Gloria Steinem lavorava per la Cia (e lo ha confermato lei stessa) ... Continua...
COME L'ABORTO HA TRADITO LE DONNE
COME L'ABORTO HA TRADITO LE DONNE

di Elizabeth Fox-Genovese

Molti fanno finta di credere che per una donna l’aborto sia una cosa senza gravi conseguenze. L’aborto si limita ad eliminare un ostacolo verso lo scopo reale della vita di una donna, qualunque sia lo scopo secondo lei. Eppure, come suggerisce l’esperienza delle mie amiche, raramente le donne prendono alla leggera l’esperienza dell’aborto. Per la maggior parte di loro la realtà dell’aborto mette a nudo il fallimento della pretesa che esso sia solo una questione di convenienza e di opportunità. La scelta dell’aborto espone una donna a una sfilza di rischi di carattere fisico, tra cui l’impossibilità permanente di avere bambini in futuro. (...) Inoltre, l’aborto espone la donna ad una serie di rischi psicologici, in particolare senso di colpa e depressione. Oltre ai rischi fisici e psicologici, l’aborto mette la donna di fronte a grandi quesiti esistenziali riguardo il senso della vita: Chi sono io? A che scopo esisto? 
Come le croci di pietra che una volta venivano erette ai crocicchi, l’aborto segna la convergenza delle più funeste questioni sociali, politiche e morali del nostro tempo. Domande che ci sfidano a definire le nostre attitudini verso lo scopo della vita e della società a cui apparteniamo – verso la vita, la morte e le nostre responsabilità nei confronti degli altri. Così come le domande convergono nell’aborto, le loro risposte divergono, conducendo rispettivamente, (...), alla cultura della vita o alla cultura della morte. Continua...
LE LEGGI NATURALI DEL BAMBINO
- CELINE ALVAREZ

LE LEGGI NATURALI DEL BAMBINO<br> - CELINE ALVAREZ


di Isabella Bresci

In settembre mi sono recata al Circolo dei Lettori di Torino perché avevo letto che nell'ambito del programma di “Torino Spiritualità 2017” era previsto un incontro dal titolo Nati per imparare - Le leggi naturali dei bambini.  Il tema e filo conduttore della manifestazione, quest'anno era: “Piccolo me – Restare o diventare bambini
“Il nostro sistema educativo non prende in considerazione i meccanismi naturali dell'apprendimento umano”, questa la tesi di Céline Alvarez, giovane maestra decisa a rivoluzionare dall'interno il sistema scolastico nazionale francese e magari internazionale...(...) Cèline Alvarez é  stata invitata per presentare il suo libro Le leggi naturali del bambino – La nuova rivoluzione dell'educazione. Definisce se stessa una “pacifica rivoluzionaria” perché nel suo piccolo, anni fa si pose l'obiettivo a dir poco ambizioso di smantellare dal di dentro il sistema scolastico francese  (...)  Provenendo lei stessa da un quartiere degradato, sceglie di insegnare in un sobborgo disagiato di Parigi.
Gli ostacoli e le resistenze al suo “non metodo” all'inizio sono enormi, quindi decide di avvalersi del supporto di un team di neuroscienziati per avere un riscontro scientifico alle sue “teorie” che altro non sono che quelle note dei pedagogisti più illustri come Maria Montessori, Jean Itard, Edouard Séguin, ecc... ma rivitalizzate dall'esperienza e reinterpretate alla luce delle nuove scoperte delle neuroscienze. Celine scrive: “(...) Non ho inventato nulla, ma mi impegno per dimostrare la validità e mettere in pratica le più illuminanti intuizioni dei grandi pedagogisti Continua... 

I DIRITTI CIVILI LIBERATI DAL PREGIUDIZIO FEMMINISTA
I DIRITTI CIVILI LIBERATI DAL PREGIUDIZIO FEMMINISTA

di Erin Pizzey

Oggi le femministe radicali sono impegnate ad attaccare qualsiasi uomo che osi mettere in dubbio la loro ideologia ed il loro potere su tutte le aree della nostra vita. Il loro dominio si estende in tutti i media: televisione, giornali, siti web e riviste. Ho visto retorica femminista radicale su internet che parla di castrare gli uomini, di uccidere i neonati maschi e minacciare i transessuali.
Quando finalmente gli uomini  cominciano ad alzare la testa ed a parlare della violenza internazionale contro di loro per mano di queste femministe radicali, dei loro centri, servizi sociali e tribunali da loro controllati, queste femministe etichettano ogni cosa detta dagli uomini come crimine di odio (hate crime). Vi è, infatti, una guerra in gran parte invisibile in cui uomini e gruppi di uomini si riuniscono per opporsi al movimento femminista radicale e al loro odio criminale. Vorrei prima raccontarvi una storia che spero possa spiegare perché siamo arrivati a questo punto.
Verso la fine degli anni Sessanta un nuovo movimento nacque da molte delle frustrazioni che le donne stavano vivendo in quel momento. Mi ricordo l’umiliazione di dover dimostrare che avevo intenzione di sposarmi prima che il mio medico accettasse di darmi la pillola. Negli anni cinquanta, ho conosciuto tante donne che erano incinte e sono rimaste vittime di aborti clandestini. Ho perso un’amica per una infezione contratta perché era troppo spaventata per andare in ospedale, temendo di aver commesso un atto illegale e di finire in prigione. Una donna  doveva avere una firma del padre o del marito a garanzia di un mutuo. Sì, ci sono stati motivi validi per abbracciare questo nuovo movimento che prometteva di ascoltare le voci delle donne e che diceva che si sarebbero unite per creare un mondo nuovo e migliore per tutti noi. Tutti i miei amici erano entusiasti quanto me di questo nuovo movimento. Continua...
FAI ATTENZIONE AL MONDO SMART
FAI ATTENZIONE AL MONDO SMART


di Ugo Mattei

Negli ultimi tre o quattro anni sono stati installati, soltanto nella parte occidentale del mondo, quindi nel nord globale, circa un miliardo e quattrocentomila sensori per l’internet delle cose. Gran parte dei quali sono costruiti nei muri delle case, nei nuovi televisori – in tutti gli apparecchi elettronici che comperiamo – e nelle automobili. Parte di questi sensori, che sono invece fissi, sono inseriti negli spazi pubblici e sono quelli con i quali i nostri meccanismi elettronici si collegano senza che noi lo sappiamo.

Queste cose vengono chiamate “Smart“, nel senso che noi sentiamo parlare costantemente di “Smart City“, “Smart Card” eccetera. Tutte le volte in cui si sente la parola “Smart” io penso sempre che gli “Smart” siano loro e i cretini siamo noi. Qui la situazione sta diventando davvero molto preoccupante, soprattutto alla luce di quello che è stato detto adesso. C’è in costruzione un gigantesco dispositivo (e qui proprio la parola “Dispositivo” studiata da Foucault è direttamente utilizzabile per parlare dei dispositivi elettronici che noi compriamo). Un gigantesco dispositivo di controllo sociale di tutti quanti, che viene ovviamente sperimentato per fare un passo in avanti in modo da rendere in qualche modo l’umanità coerente con la nuova frontiera.

Parliamo della frontiera di tanto tempo fa, del saccheggio coloniale e così via. Quella era la frontiera della modernità. Con la modernità si scoprono le Americhe, nelle Americhe si sperimenta tutto ciò che non si poteva fare all’interno del nostro continente europeo. Perché non si poteva fare? Perché la tradizione lo impediva. La tradizione giuridica impediva la sperimentazione di ideologie proprietarie come quelle di Locke, che presupponevano la tabula rasa, un’idea di un vuoto che viene colmato attraverso delle istituzioni giuridiche fortemente semplificate. Fra le quali due capisaldi della modernità che sono la proprietà privata assoluta, il dominio dispotico di cui hanno parlato i giuristi da un lato e la sovranità dello Stato. Che sono i due poli organizzativi intorno ai quali noi abbiamo costruito le categorie giuridiche e politiche della modernità: il pubblico e il privato. Continua...

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