Due passi in giardino, cesoie alla cintola.
Qui un rametto da potare, là un pomodoro da legare.
Sugo di more di gelso mature, velluto di pesche e albicocche, un profumo inebriante.
Se l’umore del risveglio era nuvoloso, uscire di casa e immergersi in un corpo a corpo con la natura non può che aiutarci a uscire da noi stessi, da quel crampo mentale notturno che ci aveva lasciati intorpiditi, fiacchi svogliati depressi.
Fuori, un mondo intero che ha bisogno delle nostre cure e dei nostri gesti ci attende: un terreno incolto in cui lanciare manciate di semi, un davanzale dove stanno allineati bei vasi di coccio, una siepe dove ospitare uccelli o un orto da cui farsi nutrire.
«Lavorando in giardino» dice Pia Pera in queste pagine, «si rafforza in modo molto rasserenante la connessione tra azione e risultato.
L’esatto contrario della depressione, quel misero stato in cui si ha l’impressione che nessuna nostra iniziativa approderà mai a qualcosa di bello».