Il libro di Guerri ci dà la possibilità di addentrarci fra i suoi segreti, di esistenza e di pensiero. Una biografia può essere rigorosa come un saggio e affascinante come un romanzo? Sì, se il personaggio di cui si insegue la vita in un vertiginoso balzo all’indietro nel tempo è un uomo come Vincent van Gogh, e il biografo ha la bravura di Giordano Bruno Guerri. Noi non sappiamo davvero chi fosse van Gogh, benché questo pittore-genio sia tra i più celebri, tra i più visti e immaginati, oggetto di un culto collettivo indiscutibile e il più costoso sul mercato.
La ribellione contro la piccola borghesia filistea del XIX secolo, le infatuazioni mistiche, l’abbandono della fede e la riscoperta di una visione totalizzante della natura, il rapporto con le donne (le “amiche” e “sorelle” prostitute), il legame morboso con il fratello Theo, complice involontario di una sorta di inquietante transfert, la malattia mentale che infine prorompe in perfetto parallelismo con l’acquisizione di una estrema consapevolezza creativa: sono le tappe qui ripercorse e narrate al presente, quasi senza tirare il fiato, come se potessimo così impadronirci meglio, senza alcun filtro, dell’aura misteriosa che circondò il pittore per antonomasia, il folle della visione pura, il mistico del colore assoluto.
È una storia amara, di felicità intellettuale e sensuale raggiunta attraverso la solitudine più completa. Quella solitudine che consentì a Vincent van Gogh, nel dipingere alcuni dei capolavori assoluti dell’arte contemporanea, di “andare al cuore della gente, al cuore delle cose”.
“Van Gogh era pazzo? Non lo credo affatto. E se proprio pazzo lo si vuol definire, la sua era una forma di pazzia molto speciale.”